L’Amministrazione penitenziaria deve fornire al detenuto i mezzi adeguati per l’igiene personale e la pulizia della propria ‘camera’ (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 30 novembre 2021, n. 44209).

REPUBBLICA ITALIANA

A NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SIANI Vincenzo – Presidente –

Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere –

Dott. BINENTI Roberto – Consigliere –

Dott. MAGI Raffaello – Consigliere –

Dott. CENTOFANTI Francesco – Rel. Consigliere –

ha pronunciato il seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da

(OMISSIS) Antonio, nato a Gela il 30/06/19xx;

avverso l’ordinanza del 18/12/2020 del Tribunale di sorveglianza di Milano;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Francesco Centofanti;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Domenico A.R. Seccia, che ha chiesto rigettarsi il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Milano confermava l’anteriore decisione del locale Magistrato di sorveglianza, che aveva respinto il reclamo giurisdizionale proposto dal detenuto Antonio (OMISSIS), ristretto presso la casa di reclusione di Opera, in tema di fornitura di strumenti e prodotti per l’igiene personale e per la pulizia della camera detentiva.

Il reclamante aveva lamentato come l’Amministrazione penitenziaria, dopo aver provveduto ad una dotazione iniziale, all’atto del suo ingresso in istituto, non l’avesse successivamente reintegrata (se non limitatamente alla carta igienica), sul presupposto che egli disponesse di un peculio superiore a 50 euro e potesse pertanto autonomamente approvvigionarsi del necessario.

L’operato dell’Amministrazione violava, a suo giudizio, puntuali norme del regolamento penitenziario, approvato con d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 (di seguito, reg. es . Ord. pen.).

Secondo il Tribunale di sorveglianza, il comportamento dell’Amministrazione non incideva sul diritto del detenuto a rifornirsi di quanto occorrente per la cura e la pulizia della persona e della stanza, essendo i relativi prodotti acquistabili a sue spese tramite il c.d. sopravvitto e disponendo l’interessato di mezzi economici sufficienti.

Tale comportamento rifletteva una scelta organizzativa discrezionale, adottata con ordine di servizio interno all’istituto – quella di riservare, in corso di detenzione, la fornitura completa e gratuita dei prodotti ai soli detenuti indigenti – che doveva considerarsi condivisibile e razionale, in quanto realizzava un equo contemperamento tra gli interessi in gioco, tra cui andavano considerate le disponibilità di bilancio, giudizialmente non sindacabili.

2. Ricorre per cassazione il condannato, con il ministero del suo difensore di fiducia, articolando due motivi.

Con il primo motivo, il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 6 e 8 reg. es. Ord. pen., i quali porrebbero in capo all’Amministrazione il dovere incondizionato di fornire ai reclusi i prodotti e gli utensili necessari per la cura e la pulizia, rispettivamente, della persona e della camera di pernottamento, senza alcuna discriminazione su base censitaria.

Tale regolamentazione generale non sarebbe derogabile da disposizioni interne emanate dal singolo istituto di pena.

Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia vizio di motivazione, in punto di individuazione dei mezzi economici di cui egli potrebbe avvalersi.

Il suo peculio disponibile solo momentaneamente eccedeva il prescritto limite di 50 euro, perché eccezionalmente incrementato da un modesto donativo, finalizzato a fargli proseguire il percorso di studi.

Il giudice a quo non avrebbe tenuto conto di tale circostanza, pur adeguatamente rappresentata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è fondato.

2. Il rimedio giurisdizionale previsto dagli artt. 35-bis e 69, comma 6, lett. b), Ord. pen. ammette la tutela davanti alla magistratura di sorveglianza delle posizioni giuridiche soggettive qualificabili in termini di «diritto», incise da condotte dell’Amministrazione violative di disposizioni previste dalla legge penitenziaria, e dal relativo regolamento, dalle quali «derivi al detenuto o all’internato un attuale e grave pregiudizio».

Presupposti essenziali dell’intervento giurisdizionale sono dunque costituiti dall’esistenza, in capo al detenuto, di una posizione giuridica attiva, meritevole di incondizionata protezione, a lui riconosciuta da una specifica norma attributiva e non riducibile (o non riducibile ulteriormente) per effetto della carcerazione; nonché dal rilievo di una condotta, imputabile all’Amministrazione penitenziaria, che si ponga con tale posizione soggettiva in illegittimo contrasto, negandone la sostanza e così integrando la soglia di rilevanza della violazione in fattispecie evocata.

La giurisprudenza di questa Corte distingue tra il diritto soggettivo del detenuto e il suo nucleo fondamentale, cui è garantita tutela, con le mere modalità di esercizio di esso, inevitabilmente assoggettate a regolamentazione (Sez. 1, n. 23533 del 07/07/2020, Mandalà, Rv. 279456-01; Sez. 7, n. 7805 del 16/07/2013, dep. 2014, Attanasio, Rv. 260117-01; Sez. 1, n. 767 del 15/11/2013, dep. 2014, Attanasio, Rv. 258398-01).

E la negazione del diritto in quanto tale ad integrare lesione suscettibile di reclamo giurisdizionale, mentre le modalità di esplicazione di esso restano affidate alle scelte discrezionali dell’Amministrazione penitenziaria, in funzione di esigenze organizzative che, ove non manifestamente irragionevoli, ovvero sostanzialmente inibenti la fruizione del diritto, non sono sindacabili in sede giudiziaria (Sez. 7, n. 373 del 29/05/2014, dep. 2015, Attanasio, Rv. 261549-01).

I contenuti che, caso per caso, entrano a costituire il diritto, nella sua conformazione intangibile, dipendono dal grado di specificità e precisione della norma attributiva, e quindi, in definitiva, dalla latitudine che essa assegna alla posizione soggettiva regolata e dall’eventuale ingerenza su di essa da parte dell’Amministrazione che, per esplicito o per implicito, la norma attributiva consenta.

3. Ciò premesso, il Collegio rileva che le disposizioni regolamentari, incidenti sulla situazione controversa, sono estremamente chiare.

4. L’art. 6 reg. es . Ord. pen., nel disciplinare le condizioni igieniche e di illuminazione delle camere di pernottamento, stabilisce, al comma 5, che i detenuti e gli internati, che ne siano in grado, provvedano direttamente alla pulizia delle camere stesse e dei relativi servizi igienici; a tal fine «sono messi a disposizione mezzi adeguati» da parte dell’Amministrazione.

La norma pone, in capo a quest’ultima, un dovere specifico di fornitura dei materiali, strumentali o di consumo, funzionali al soddisfacimento dell’esigenza tutelata; né la norma opera alcun condizionante riferimento alle disponibilità economiche del soggetto ristretto, come avviene in altre ipotesi (v., ad es., l’art. 38, comma 2, reg. es. cit., per la fornitura del materiale di corrispondenza epistolare e dell’affrancatura), e ciò allo scopo di prevenire in radice, in un ambito che direttamente involge la dignità delle condizioni di detenzione, possibili diseguaglianze di trattamento, tenuto anche conto della variabilità degli indici di non indigenza che, al riguardo, potrebbero essere volta per volta individuati (nel caso di specie, il limite è quello, veramente esiguo, di 50 euro di peculio disponibile).

E’ evidente che la fornitura, cui l’Amministrazione è tenuta, si identifica con quella basilare, strettamente correlata al perseguimento dello scopo, e che la discrezionalità amministrativa si riespande in relazione a ciò, anche in rapporto alle risorse finanziarie disponibili, senza poter tuttavia giungere alla totale negazione di un dovere di comportamento positivamente sancito.

5. Allo stesso modo, l’art. 8 reg. es . Ord. pen., dettato in tema di igiene personale, stabilisce, al comma 1, che «(g)li oggetti necessari per la cura e la pulizia della persona sono indicati con specifico riferimento alla loro qualità e quantità in tabelle, distinte per uomini e donne, stabilite con decreto ministeriale». La fornitura gratuita è qui implicitamente, ma non per questo con minore evidenza, presupposta.

La predisposizione di tabelle, contenenti specifiche indicazioni di tipo quantitativo e qualitativo, sottende che, nei limiti ivi stabiliti, sia l’Amministrazione a provvedere all’approvvigionamento; e, di nuovo, non vi è alcun riferimento alle condizioni economiche del ristretto.

Scelte organizzative discrezionali sono dunque ben possibili, anche in funzione delle concrete modalità, anche temporali, dei previsti rifornimenti dei beni di consumo, ma queste scelte non possono tradursi nella totale negazione di un diritto, strettamente attinente all’igiene e al decoro della persona detenuta o internata.

6. Poiché il Tribunale di sorveglianza non si è attenuto a tali principi, il primo motivo deve essere accolto.

7. Previo assorbimento del motivo ulteriore, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al giudice che l’ha adottata per rinnovato giudizio.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Milano.

Così deciso l’08/10/2021.

Depositato in Cancelleria, oggi 30 novembre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.