REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOGINI Stefano – Presidente –
Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere –
Dott. VILLONI Orlando – Consigliere –
Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere –
Dott. APRILE Stefano – Rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) ALFONSO nato a CUTRO il 26/09/19xx;
avverso la sentenza del 18/06/2020 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. STEFANO APRILE;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa GIUSEPPINA CASELLA che ha concluso per l’annullamento senza rinvio limitatamente al capo d), perché il reato è estinto per prescrizione, e il rinvio per la determinazione del trattamento sanzionatorio;
dato atto dell’assenza del difensore.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la sentenza pronunciata dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Reggio nell’Emilia in data 4 febbraio 2019 che ha dichiarato Alfonso (OMISSIS) responsabile dei delitti di ricettazione e detenzione di un’arma clandestina (artt. 648 cod. pen. e 23 I. n. 110 del 1975 – Capi A) e B), di detenzione di un fucile semiautomatico cal. 12, di una carabina cal. 22 e di due carabine ad aria compressa (artt. 2 e 7 I. n. 895 del 1967 – Capo C), di ricettazione del fucile semiautomatico cal. 12 e della carabina cal. 22 (art. 81 cpv. 648 cod. pen. – Capo D), nonché della detenzione di munizioni (art. 697 cod. pen. – Capo E), condannandolo, con la diminuente per il rito abbreviato, alla pena di anni tre di reclusione ed euro 2.000 di multa.
2. Ricorre Alfonso (OMISSIS), a mezzo del difensore avv. Nicola (OMISSIS), che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato con riferimento alla ricettazione della carabina cal. 22 (capo D), denunciando la violazione di legge, in relazione all’art. 157 cod. pen., e il vizio della motivazione perché il furto dell’arma è stato commesso il 1° gennaio 1993, sicché, tenuto conto che è incerta la data di ricezione dell’arma, la stessa deve essere retrodatata all’epoca del furto e, dunque, andava dichiarata prescritta.
Se si ritiene, invece, che le armi sono state ricevute nel medesimo contesto, come ammette l’imputato, non può riconoscersi la continuazione interna tra le varie condotte di ricettazione, trattandosi piuttosto della ricettazione di più armi, sicché vanno eliminate le porzioni di pena irrogate per la continuazione; viceversa, se gli acquisti sono avvenuti in epoche diverse non vi è motivo di post-datare la ricettazione della carabina cal. 22 (sottratta nel 1993) ad un momento successivo al furto del fucile cal. 12 (commesso nel 2017), solo perché essa è stata rinvenuta nel medesimo contesto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Va premesso che il giudice di merito, nell’affermare la responsabilità dell’imputato per tutti i reati contestati, ha individuato il reato più grave nel delitto di ricettazione dell’arma clandestina di cui al capo B), poi unificando ex art. 81 cpv. cod. pen. le residue condotte di detenzione dell’arma clandestina di cui al capo A), di ricettazione delle armi di cui al capo D), di porto delle armi comuni da sparo di cui al capo C) e di detenzione illegale delle munizioni di cui al capo E).
2. È infondato il motivo sulla prescrizione del delitto di ricettazione della carabina cal. 22.
2.1. Costituisce costante e consolidato principio di diritto, al quale è opportuno dare piena continuità, quello, impropriamente invocato dalla difesa, secondo il quale «ai fini del calcolo del termine di prescrizione relativo al reato di ricettazione, nell’ipotesi in cui manchi prova certa della data di acquisizione del bene da parte dell’imputato, il momento consumativo del reato deve essere individuato, in applicazione del principio del favor rei in prossimità della data di commissione del reato presupposto» (Sez. 2, n. 31946 del 09/06/2016, Minutella, Rv. 267480; Sez. 2, n. 5132 del 20/01/2010, Gligora, Rv. 246287).
Nel caso in esame è lo stesso imputato, come hanno concordemente evidenziato entrambi i giudici di merito senza ricevere una critica specifica, che ha dichiarato di avere «trovato» tutte le armi insieme, così ammettendo la contestualità del momento ricettivo e, per conseguenza, l’infondatezza dell’ipotizzata anteriore ricezione della carabina cal. 22, sottratta in data 1° ottobre 2013.
Sicché, la non contestata circostanza che una delle armi contestualmente «trovate» dall’imputato è stata sottratta nel 2017, consente di individuare la data della ricettazione di tutte le armi in epoca certamente successiva al 30 novembre 2017, data del furto del fucile cal. 12.
2.2. Ciò esclude la estinzione per prescrizione della ricettazione della carabina cal. 22 e determina l’infondatezza del relativo motivo di ricorso.
3. Poste tali premesse è pure infondata la doglianza difensiva che si appunta sulla unitarietà della condotta di ricettazione delle armi, pur dovendosi correggere la motivazione della sentenza impugnata ex art. 619 cod. proc. pen.
3.1. Il giudice di primo grado aveva espresso la perplessità che, esclusa la possibilità di retrodatare la ricezione della carabina cal. 22, la condotta di ricettazione potesse essere considerata unitaria con riguardo a più oggetti ricettati nel medesimo contesto spazio temporale, facendo richiamo a un precedente di legittimità in tema di riciclaggio (Sez. 2, n. 52645 del 20/11/2014, Montalbano, Rv. 261624 – 01) che, tuttavia, non si confà al caso oggetto del giudizio.
Il medesimo giudice ha, poi, correttamente distinto tra la ricettazione dell’arma clandestina di cui al capo B) e la ricettazione delle armi comuni da sparo di cui al capo D), sulla base della diversa natura delle armi, così applicando il concorso di reati e unificando la pena per la continuazione tra il capo B) e il capo D), determinando la pena per quest’ultimo anche in riferimento alla pluralità delle armi ricettate (fucile cal. 12 e carabina cal. 22).
3.2. Il giudice di appello ha, per parte sua, ritenuto, in base all’evidente inverosimiglianza della versione dell’imputato che ha riferito di avere rinvenuto casualmente le armi in un campo — valutazione che non viene specificatamente contrastata dal ricorso —, la distinta ricezione di esse, così confermando la decisione del primo giudice sul concorso di reati.
4. Ciò premesso, va rammentato che costituisce costante e condiviso principio di diritto, al quale il Collegio intende espressamente richiamarsi, quello secondo il quale «in tema di ricettazione, la condotta di chi riceve una pluralità di beni, ciascuno dei quali abbia una propria autonomia ed una distinta provenienza delittuosa, realizza una pluralità di eventi giuridici e, quindi, di reati, che non può essere esclusa per il solo fatto che il soggetto abbia ricevuto i beni nel medesimo contesto temporale e dalla stessa persona» (Sez. 2, n. 11024 del 12/11/2019 – dep. 2020, Alì Agengo, Rv. 278514).
4.1. L’applicazione del richiamato principio al caso in esame, per come accertato in fatto in modo non specificamente contestato dal ricorso, consente di giudicare infondata la doglianza relativa alla unitarietà del delitto di ricettazione delle armi rinvenute in possesso dell’imputato.
Esclusa la retrodatazione della ricettazione della carabina cal. 22, resta accertato che l’imputato ha ricettato più armi, ciascuna delle quali provento di distinto ed autonomo reato, sicché, nell’irrilevanza della eventuale contestualità della ricezione, egli ha posto in essere tre distinte condotte di ricettazione: una, giudicata più grave, relativa alla ricettazione dell’arma clandestina (capo B); le altre due, unificate per la continuazione, relative alla ricezione delle due armi comuni da sparo, ciascuna provento di un diverso furto (capo D).
4.2. Si è, del resto, chiarito che «in tema di ricettazione, la pluralità dei delitti presupposto commessi in relazione al medesimo oggetto non determina pluralità di reati, limitandosi l’art. 648 cod. pen. a sanzionare la condotta di chi acquista, riceve od occulta cose provenienti da un qualsiasi delitto, e non essendo, tale pluralità dei delitti presupposto, rilevante ai fini dell’offensività della condotta.
Fattispecie in cui l’imputato, pur essendo stato trovato in possesso di una sola arma da guerra modificata, era stato condannato per due distinte ipotesi di ricettazione, l’una conseguente al reato di porto e detenzione illegale di armi e l’altra al delitto di alterazione di armi» (Sez. 6, n. 29677 del 22/10/2020, Nuzzi, Rv. 279692).
Nel caso in esame, a differenza di quello testé richiamato, sussiste la pluralità delle armi e la pluralità dei reati presupposto della ricettazione di ciascuna di esse.
4.3. Deve, quindi, essere ribadito che, in tema di ricettazione di armi, la condotta di chi riceve una pluralità di beni, ciascuno dei quali abbia una propria autonomia ed una distinta provenienza delittuosa, realizza una pluralità di eventi giuridici e, quindi, di reati, che non può essere esclusa per il solo fatto che il soggetto abbia ricevuto i beni nel medesimo contesto temporale e dalla stessa persona.
Ciò determina l’infondatezza del relativo motivo di ricorso.
5. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali.
Così deciso, il 19 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2022.