Revocate le donazioni della moglie al marito che la tradisce con la cognata (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 20 giugno 2022, n. 19816).

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

TERZA SEZIONE CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Rel. Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio –  Consigliere

Dott. GUIZZI GIAIME Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul sul ricorso 28465/2019 proposto da:

(OMISSIS) Massimo, rappresentato e difeso dall’avvocato Alessandro (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato in Roma, (OMISSIS) (OMISSIS), nn. 163/171, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) Greta

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) Barbara, rappresentata e difesa dall’avvocato Simonetta (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata in Roma Via (OMISSIS) 53 presso lo studio dell’avvocato Edoardo (OMISSIS)

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1482/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 18/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/03/2022 dal cons. DANILO SESTINI

Rilevato che:

Barbara (OMISSIS) agì contro il marito Massimo (OMISSIS) per sentir revocare -per ingratitudine- alcune donazioni indirette (mobiliari ed immobiliari) dalla stessa effettuate;

individuò l’ingiuria grave commessa dal (OMISSIS) nella relazione extraconiugale che lo stesso aveva intrattenuto con la cognata (moglie del fratello dell’attrice), che si era sviluppata all’interno dell’azienda di famiglia dei (OMISSIS), in cui lavoravano anche i rispettivi coniugi;

il Tribunale accolse la domanda, ritenendo provate sia l’ingiuria grave commessa nei confronti della donante sia le donazioni indirette effettuate dalla (OMISSIS) in favore del coniuge;

la Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado, affermando, fra l’altro, che: premesso che l’elemento dell’ingiuria grave non può essere ravvisato sic et simpliciter nell’adulterio, nella specie erano le modalità con cui l’adulterio era stato consumato a determinare la gravità dell’ingiuria;

nello specifico, la gravità conseguiva al fatto che la relazione extraconiugale era stata intrattenuta con la moglie del fratello della donante (in un contesto che andava a «minare, oltre alla stabilità del rapporto coniugale […] anche quella familiare», essendo evidente come «le conseguenze della scoperta del tradimento abbiano avuto ripercussioni estese a tutto il tessuto familiare della (OMISSIS), non limitandosi al mero ambito matrimoniale») e alla circostanza che l’adulterio si era sviluppato all’interno dell’azienda di famiglia, cosicché «la scoperta del tradimento è […] inevitabilmente divenuta nota anche tra gli altri dipendenti e colleghi, riverberando l’infedeltà dell’appellante nell’ambito lavorativo, con evidente e innegabile ulteriore pregiudizio per la dignità della moglie»;

«la natura di donazioni indirette delle operazioni eseguite dalla (OMISSIS) in favore del marito è stata correttamente evidenziata dal Tribunale», atteso che dette operazioni erano state effettuate, per puro spirito di liberalità, con denaro e beni provenienti dal patrimonio del defunto padre dell’attrice, mentre il (OMISSIS) non aveva dimostrato di avere disponibilità economiche sufficienti a consentirgli di effettuare gli investimenti mobiliari e immobiliari di cui si trattava;

ha proposto ricorso per cassazione il (OMISSIS), affidandosi a due motivi;

ha resistito la (OMISSIS) con controricorso;

la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 bis 1. c.p.c.;

entrambe le parti hanno depositato memoria.

Considerato che:

il primo motivo denuncia «violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto e in particolare dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art.801 c.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., omessa valutazione di un fatto storico decisivo risultante dagli atti di causa ex art. 360 n. 5 c.p.c. e nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 4 per violazione dell’art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c.»;

il ricorrente censura la sentenza -sotto più profili- per avere ritenuto integrata una “ingiuria grave”, tale da giustificare, ai sensi dell’art. 801 c.c., la revocazione delle donazioni indirette;

premesso che il rapporto tra i due coniugi era già entrato in una crisi non più reversibile (sì che l’adulterio non era stato la causa della crisi, ma la sua conseguenza) e che la relazione extraconiugale era stata intessuta con modalità tali da essere mantenuta segreta, il (OMISSIS) rileva che «si ha ingiuria grave quando si [è] tenuto pubblicamente un comportamento di disistima, avversione e irriconoscenza» nei confronti del donante e afferma che è «lampante l’errore commesso dal giudicante del secondo grado per non aver letto e ben valutato tutti gli atti, prove e testimonianze svoltesi durante i vari procedimenti» (compreso quello di separazione dei coniugi);

deduce che tale errore rileva sia sotto il profilo della violazione di legge -denunciabile «per violazione dell’art. 116 c.p.c. (non in sé e per sé considerato) allorquando la “valutazione imprudente” della prova sia grave risolvendosi in una interpretazione logicamente insostenibile, ed abbia determinato una errata ricostruzione del fatto e quindi una erronea applicazione della norma di diritto, l’art. 801 c.c.»- sia sotto il profilo della nullità della sentenza ex art. 132, 2° co. n. 4) c.p.c. (per irriducibile contraddittorietà e illogicità manifesta della motivazione), sia -infine- per omessa valutazione di fatti storici decisivi;

il motivo va, sotto ogni profilo, disatteso;

a prescindere dal rilievo che l’evocazione di un passo motivazionale di Cass. n. 11892/2016 non vale ad integrare un’argomentazione censoria, la doglianza concernente la violazione dell’art. 116 c.p.c. è inammissibile in quanto non risulta dedotta in conformità ai parametri individuati dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 11892/2016, Cass. n. 27000/2016 e Cass. n. 1229/2019): infatti, un’eventuale erronea valutazione del materiale istruttorio non determina, di per sé, la violazione o falsa applicazione dell’art.116 cod. proc. civ., che ricorre solo allorché si deduca che il giudice di merito abbia disatteso (valutandole secondo il suo prudente apprezzamento) delle prove legali oppure abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione;

né può ritenersi ricorrente la violazione dell’art. 801 c.c., che parrebbe veicolata dalla censura relativa all’art. 116 c.p.c. e che si porrebbe in termini di vizio di sussunzione della fattispecie esaminata dalla Corte territoriale entro il paradigma della “ingiuria grave”;

invero, la sentenza ha correttamente rilevato come non basti ad integrare tale ingiuria la mera relazione extraconiugale, ma ha ritenuto -con valutazione non manifestamente implausibile che non si presta a essere sindacata in sede di legittimità- che la circostanza che l’adulterio fosse maturato all’interno del nucleo familiare ristretto dei due coniugi e il fatto che si fosse sviluppato nella cornice di un comune ambiente lavorativo valessero a connotare in termini di gravità l’offesa all’onore patita dalla (OMISSIS) e ad evidenziare, nel (OMISSIS), un atteggiamento di noncuranza e di assenza di rispetto nei confronti della dignità della moglie;

infondato è l’assunto di carenza e/o irriducibile contraddittorietà della motivazione giacché la sentenza evidenzia il percorso logico- giuridico che ha condotto la Corte alla decisione di rigettare l’appello;

è inammissibile -infine- la censura concernente l’omesso esame di fatti decisivi, sia perché non consentita a fronte di una “doppia conforme” (ex art. 348 ter, 50 co. c.p.c.), sia -comunque- perché risulta volta, nella sostanza, a sollecitare un non consentito nuovo apprezzamento di merito della vicenda;

il secondo motivo (che deduce «omessa valutazione di un fatto storico decisivo risultante dagli atti di causa ex art. 360 n. 5 c.p.c., e in conformità a Cass. n. 11892/2016, violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art.1578 co. 2 c.c. ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.») censura la sentenza «per aver affermato che tutti i beni di proprietà del (OMISSIS) […] sono da considerare provenienti da “donazioni indirette”, e ciò solo perché (OMISSIS) prima del matrimonio non era in possesso di proprietà sue, ignorando quello che il (OMISSIS) ha guadagnato durante tutti questi anni con la propria attività lavorativa»;

aggiunge che, per aversi «una donazione indiretta, occorre l’animus donandi, che dev’essere dimostrato, ossia provato che al momento della compravendita e/o della cointestazione di conti correnti e/o dei vari investimenti, il proprietario dei beni mobili e/o immobili non aveva altro scopo che quello di liberalità» e che nel caso di specie una siffatta prova mancava;

il motivo è inammissibile, dovendosi richiamare, al riguardo, le considerazioni svolte in relazione al primo motivo circa la non configurabilità di una violazione dell’art. 116 c.p.c. e la non deducibilità del vizio di omesso esame di fatti decisivi, e dovendosi evidenziare, anche in questo caso, che le deduzioni svolte dal ricorrente tendono ad una non consentita nuova valutazione di merito, di segno contrario rispetto a quella effettuata dalla sentenza impugnata;

le spese di lite seguono la soccombenza;

sussistono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in euro 200,00) e agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Roma, 16.3.2022.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.