Acquistano un appartamento con un impianto di condizionamento dell’aria difettoso: escluso il risarcimento (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 10 ottobre 2022, n. 29349).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. PAPA Patrizia – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. LA BATTAGLIA Luigi – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n.7124/2017 R.G. proposto da:

(OMISSIS) ANNA MARIA e (OMISSIS) CLAUDIO, domiciliati ex lege in Roma, piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) ALESSANDRO per procura in calce al ricorso;

-ricorrenti-

contro

(OMISSIS) SRL;

(OMISSIS) DUEMILA SRL;

-intimate-

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze n. 299/2017, depositata il 07/02/2017.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/09/2022 dal Consigliere Dott. LUIGI LA BATTAGLIA.

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Anna Maria (OMISSIS) e Claudio (OMISSIS) acquistarono da (OMISSIS) 2000 s.r.l. un appartamento dotato di impianto di condizionamento dell’aria installato da (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) s.n.c. (ora (OMISSIS) s.r.l. ), che quest’ultima provvide, poi, a sostituire, nel 2008, in quanto non più funzionante.

A seguito di ulteriori perdite di pressione delle condutture, nel 2011 la (OMISSIS) intervenne nuovamente per la sostituzione di tutte le tubazioni.

Gli odierni ricorrenti convennero , pertanto , in giudizio, dinanzi al Tribunale di Grosseto, (OMISSIS) 2000 s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l. chiedendo, nei confronti della prima, la riduzione del prezzo in ragione del minor valore dell’immobile venduto, e nei confronti di entrambe il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.

Costituendosi in giudizio, le parti convenute formularono eccezione di prescrizione ex art. 1667 c.c., che il giudice di prime cure accolse, conseguentemente rigettando la domanda degli attori.

Interposto appello da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS), la Corte d’appello di Firenze, premessa la carenza di legittimazione passiva della venditrice dell’immobile rispetto all’azione di riduzione del prezzo ex art. 1668 c.c., ricondusse la fattispecie all’art. 1669 c.c., ritenendo non prescritta la relativa azione, in considerazione degli interventi di ripristino posti in essere dall’appaltatore.

I giudici di secondo grado rigettarono, peraltro, la domanda risarcitoria, ritenendo del tutto indimostrate le voci di danno invocate dagli appellanti.

Quanto al danno patrimoniale, osservò il collegio fiorentino che i difetti erano stati eliminati a cura e spese del venditore e dell’installatore sin dal marzo del 2011 (e che la precedente sostituzione dei vecchi macchinari, a spese degli appellanti, si era resa necessaria in ragione dell’obsolescenza degli stessi, ed era avvenuta a un prezzo concordato tra le parti); quanto al danno non patrimoniale, trattavasi di fastidi integranti – al più – un danno esistenziale, non suscettibile di assurgere alla soglia di risarcibilità delineata dalla più recente giurisprudenza di legittimità, a partire dalle sentenze c.d. di San Martino del 2008.

2. Hanno proposto ricorso per cassazione Anna Maria (OMISSIS) e Claudio (OMISSIS), sulla base di sei motivi.

Sono rimaste intimate (OMISSIS) 2000 s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l.

I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.

3. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 1667, comma 2, c.c., per non avere la Corte d’appello respinto l’eccezione di prescrizione, nonostante il riconoscimento del vizio, rappresentato dai ripetuti interventi di ripristino posti in essere dalle odierne intimate.

4. Con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza per l’omessa motivazione e l’omessa pronuncia sulla suddetta questione del riconoscimento del vizio.

5. Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 1669 c.c. per “erronea dichiarazione di difetto di legittimazione passiva del costruttore-venditore” ed “erronea esclusione di tutti i profili di danno”.

La Corte territoriale avrebbe errato “nel mandare assolto dal processo il costruttore-venditore (OMISSIS) 2000 posto che è assolutamente pacifico che ai sensi dell’art. 1669 c.c. sussiste la responsabilità anche di tale soggetto” (pag. 11 del ricorso).

Sotto altro profilo, la decisione sarebbe viziata in ragione del mancato riconoscimento di qualsivoglia pregiudizio, atteso che “il risarcimento in forma specifica copre solo una parte del danno complessivamente patito dai ricorrenti: il mancato pieno godimento dell’immobile, conseguente al vizio strutturale, oltre a costituire elemento della fattispecie ex art. 1669 c.c., integra anche specifica voce di danno risarcibile, anche quando sia limitato nel tempo” (pag. 14 del ricorso).

6. Con il quarto motivo di ricorso si censura l’omissione di pronuncia (e di motivazione) “sulla questione di cui si è trattato nel motivo n. 3 in punto di concorrente responsabilità del costruttore- venditore (..)” (pag. 15 del ricorso).

7. Il quinto motivo si incentra sul la violazione degli artt. 115, 183 e 187 c.p.c. (con riferimento all’art. 356, comma 1, c.p.c.), nonché – sotto l’egida dell’art. 360, n. 4, c.p.c. – sul l’omessa motivazione, con riferimento alla mancata ammissione dei mezzi istruttori richiesti nelle memorie istruttorie ex art. 183, comma 6, nn. 2 e 3, nel corso del giudizio di primo grado.

8. Con il sesto motivo , infine, viene censurata la statuizione sulle spese di lite, avendo il giudice di merito condannato gli appellanti all’integrale pagamento delle stesse, nonostante la riforma della sentenza di primo grado.

9. I primi due motivi di ricorso (che possono esaminarsi congiuntamente, stante la loro evidente connessione) sono infondati.

Premesso che (secondo quanto è dato ricostruire della vicenda fattuale sottostante dagli atti processuali) nessun rapporto contrattuale intercorse tra gli odierni ricorrenti e la (OMISSIS) s.r.l. (installatrice dei condizionatori), la sentenza impugnata ha correttamente osservato come l’art. 1667 c.c. sia inapplicabile nel rapporto tra acquirente e venditore, ponendosi in linea con l’orientamento affermato (anche di recente) da questa Corte, secondo cui “la circostanza che il venditore sia anche il costruttore del bene compravenduto non vale ad attribuirgli le veste di appaltatore nei confronti dell’acquirente con la conseguenza che quest’ultimo non acquista la qualità di committente nei confronti del primo.

L’acquirente non può pertanto esercitare l’azione per ottenere l’adempimento del contratto d’appalto e l’eliminazione dei difetti dell’opera a norma degli artt. 1667 e 1668 c.c., spettando tale azione, di natura contrattuale, esclusivamente al committente nel contratto d’appalto, diversamente da quella prevista dall’art.1669 c.c. di natura extracontrattuale operante non solo a carico dell’appaltatore ed a favore del committente, ma anche a carico del costruttore ed a favore dell’acquirente” (Cass., n. 26574/2017).

È evidente, dunque, che, una volta (correttamente) esclusa in radice la ricorrenza della menzionata fattispecie, nessun rilievo poteva assumere la questione della prescrizione della relativa azione, con la conseguenza che il giudice non era tenuto in alcun modo a motivare in ordine all’avvenuta interruzione della stessa per effetto dell’effettuazione di interventi di riparazione.

10. Anche i l terzo e quarto motivo di ricorso (dei quali parimenti può condursi un esame congiunto, atteso il loro stretto collegamento logico) sono palesemente infondati, atteso che una violazione dell’art. 1669 c.c. non può – all’evidenza – essere integrata dal rilievo del difetto della legittimazione passiva di (OMISSIS) 2000 rispetto alla diversa fattispecie di cui agli artt. 1667- 1668 c.c.

Dall’angolo visuale dell’art. 1669 c.c., la Corte d’appello di Firenze si è anzi uniformata alla prospettazione degli appellanti, come essi stessi mostrano di riconoscere laddove, a pag. 11 del ricorso, affermano che “la corte territoriale, andando di contrario avviso e riformando sul punto la sentenza di primo grado, ha affermato la sussistenza della responsabilità per difetti strutturali, ai sensi dell’art. 1669 c.c., respingendo l’eccezione di prescrizione”.

Per quel che riguarda, invece, il profilo attinente alla prova del danno (sulla cui insussistenza la sentenza impugnata ha fondato il rigetto della domanda risarcitoria), i ricorrenti deducono di aver ricevuto – mediante la sostituzione dell’impianto – il risarcimento in forma specifica del danno consistente nel mancato funzionamento dello stesso, ma allegano un’ulteriore voce di pregiudizio (patrimoniale), corrispondente all’impossibilità di godere dell’immobile, sul presupposto che sia “connaturale al vizio strutturale di cui all’art. 1669 c.c. il fatto di arrecare un apprezzabile danno alla funzione economica e una sensibile menomazione del normale godimento dell’edificio destinato ad abitazione” (pag. 14 del ricorso).

Il tema del danno da abusiva occupazione di immobili è attualmente all’esame delle Sezioni Unite, cui è stato rimesso con le ordinanze interlocutorie nn. 1162 e 3946 del 2022.

Queste ultime hanno demandato al massimo consesso della giurisprudenza di legittimità di scolpire gli oneri di allegazione e prova incombenti sul proprietario che invochi il risarcimento del pregiudizio conseguente all’ingiusta deprivazione della disponibilità di un bene immobile di sua proprietà (o sul quale eserciti il possesso), in particolare se tale pregiudizio possa ritenersi sussistente sulla base della mera prova della abusiva occupazione del cespite da parte di terzi, ovvero se necessiti dell’allegazione (e/o della prova, sia pure per presunzioni) dell’uso che il proprietario/possessore avrebbe fatto dello stesso, ove l’illecito non si fosse verificato.

Orbene, per la decisione del ricorso in esame non è necessario attendere la decisione delle Sezioni Unite, difettando in radice i presupposti della fattispecie di cui si sta discutendo.

I ricorrenti, infatti, neppure deducono di aver dovuto abbandonare l’immobile o di non averlo potuto utilizzare (in tutto o in parte) secondo la sua destinazione economica, a causa del malfunzionamento o della necessità di sostituire i condizionatori.

Pertanto, l’allegata “compressione” o “limitazione” del godimento dell’appartamento, non sfociata nella perdita della disponibilità dello stesso, finisce per tradursi in un “personale disagio o sacrificio” (così, testualmente, a pag. 14 del ricorso), inquadrabile nei termini di un danno non patrimoniale, la cui risarcibilità è in radice esclusa dall’impossibilità di configurare la lesione di un diritto inviolabile costituzionalmente garantito, suscettibile di attivare la tutela risarcitoria (anche) al cospetto di un inadempimento contrattuale (si veda, sul punto, il fondamentale arresto di cui a Cass., Sez. Un., n. 26972/2008).

Si verte, dunque, tutt’al più nel campo di quei fastidi o disagi che non assurgono al rango della gravità dell’offesa e della serietà del pregiudizio (ulteriori requisiti di risarcibilità del danno non patrimoniale, delineati dalla già citata sentenza delle Sezioni Unite, e costantemente ribaditi dalla successiva giurisprudenza di legittimità), e divengono recessivi rispetto al principio di tolleranza che permea i rapporti tra i consociati.

11. Inammissibile è il quinto motivo di ricorso, dal momento che, “in sede di ricorso per cassazione, qualora il ricorrente intenda lamentare la mancata ammissione da parte del giudice di appello della prova testimoniale – non ammessa in primo grado perché superflua e riproposta in secondo grado – deve dimostrare, a pena di inammissibilità, di aver ribadito la richiesta istruttoria in sede di precisazione delle conclusioni davanti al giudice di appello” (Cass., n. 22883/2019), ciò che i ricorrenti non hanno fatto.

Più in generale, deve in questa sede ribadirsi che “la censura contenuta nel ricorso per cassazione relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale è inammissibile qualora con essa il ricorrente si duole della valutazione rimessa al giudice del merito, quale è quella di non pertinenza della denunciata mancata ammissione della prova orale rispetto ai fondamenti della decisione, senza allegare le ragioni che avrebbero dovuto indurre ad ammettere tale prova, né adempiere agli oneri di allegazione necessari a individuare la decisività del mezzo istruttorio richiesto e la tempestività e ritualità della relativa istanza di ammissione” (Cass., n. 8204/2018).

Nel caso di specie, i ricorrenti non hanno riportato nel ricorso i contenuti dei capitoli di prova richiesti, né esplicitato le specifiche circostanze di fatto alla cui dimostrazione essi erano intesi.

12. Infine, dev’essere rigettato anche l’ultimo motivo di ricorso, tenuto conto che “il sindacato della S.C. è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, esula[ndo] da tale sindacato e rientra[ndo] nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare, in tutto o in parte, le spese di lite (..)” (Cass., n. 20457/2011).

La statuizione di condanna al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio, emessa nei confronti degli appellanti, appare, del resto, del tutto coerente con “l’esito della controversia, con il rigetto nel merito delle domande risarcitorie (..), anche tenuto conto del rifiuto opposto dagli appellanti alla proposta transattiva ampiamente satisfattiva loro offerta dalla appellata medesima” (pag. 7 della sentenza impugnata).

13. In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato, senza alcuna statuizione in ordine alle spese del giudizio di legittimità, stante il mancato deposito del controricorso da parte delle intimate.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dell’articolo 13 del d.p.r. n. 115/2002.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15/09/2022.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.