LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
dott. Andreina Giudicepietro – Presidente –
dott. Maria Luisa De Rosa – Consigliere –
dott. Valentino Lenoci – Consigliere –
dott. Paolo Di Marzio – Consigliere Rel. –
dott. Riccardo Rossetti – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(omissis) (omissis) rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale stesa a margine del ricorso, dall’Avv. (omissis) (omissis) che ha indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore, in Roma;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege, dall’Avvocatura Genera le dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;
– controricorrente –
avverso
la sentenza n. 3031, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 15.5.2017, e pubblicata ii 26.5.2017;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere dott. Paolo Di Marzio;
la Corte osserva:
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Entrate notificava a (omissis) (omissis) già dipendente civile a “statuto internazionale” della Nato, l’avviso di accertamento n. (omissis) con il quale accertava, ai fini Irpef ed in relazione all’anno 2007, il maggior reddito imponibile di Euro 65.400,80 (ric., p. II), corrispondente agli importi ricevuti a titolo di pensione dall’Organizzazione Internazionale.
2. II contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, affermando la natura di retribuzione differita delle somme ricevute e la non imponibilità di quanto percepito dalla Nato anche a seguito della cessazione del rapporto di lavoro. La CTP accoglieva il ricorso ed annullava l’avviso di accertamento.
3. L’Agenzia delle Entrate spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio. La CTR riteneva che l’esenzione dall’imposizione fosse applicabile soltanto in costanza del rapporto di lavoro, e non più a seguito della sua cessazione, pertanto riformava la decisione adottata dai primi giudici e riaffermava la piena validità ed efficacia dell’avviso di accertamento.
4. II contribuente ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione pronunciata dal giudice del gravame, affidandosi ad un unico articolato strumento d’impugnazione. L’Amministrazione finanziaria resiste mediante controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il suo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., il contribuente contesta la violazione dell’art. 8, c), del Dpr n. 2083 del 1962, e dell’art. 49 del Dpr n. 917 del 1986, nonché degli artt. 1 e 12 delie disposizioni sulla legge in generale, per avere il giudice dell’appello erroneamente ritenuto che le somme versate al ricorrente debbano essere qualificate come una pensione, e siano perciò imponibili.
2. Evidenzia (omissis) (omissis) che gli importi per cui é causa gli sono stati corrisposti dalla Nato, suo datore di lavoro, ente non italiano e non previdenziale, quale retribuzione differita, dipendendo dall’erogazione di somme accantonate durante il rapporto di lavoro attivo, anche in considerazione dei vincoli perduranti a seguito della cessazione del rapporto di lavoro attivo.
Sottolinea il ricorrente che le retribuzioni corrisposte dalla Nato, anche per le prestazioni di lavoro fornite in Italia, sono esenti da imposizione. Anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro attivo, il dipendente dell’Organizzazione internazionale rimane sottoposto al controllo ed al potere disciplinare del datore di lavoro, che può sanzionarlo per la violazione dei suoi perduranti obblighi, fino a negargli la corresponsione della retribuzione differita.
La CTR, in ogni caso, ha mancato “di pronunciarsi sulla natura retributiva o pensionistica del trattamento di quiescenza NATO percepito dal contribuente, trascurando in questo modo di sviluppare un punto cruciale per la decisione della controversia” (ric., p. XV). “II trattamento di quiescenza … rappresenta il corrispettivo del perdurante vincolo di soggezione del dipendente al potere datoriale” (ric., p. XVI).
2.1. La CTR rileva che “il legislatore ha stabilito, ai fini della spettanza del beneficio fiscale” dell’esenzione, “due condizioni tassative: deve trattarsi di ‘redditi derivanti dagli stipendi ed emolumenti’, corrisposti al personale civile ‘dai quartieri generali interalleati nella loro qualità di impiegati di detti quartieri generali’.
É chiaro, dunque che la norma prevede un trattamento tributario speciale per il personale in servizio presso le organizzazioni internazionali, in relazione alle finalità istituzionali da queste perseguite, e che tale regime agevolativo non trova applicazione per coloro che non vi prestano più la loro opera.
A sostegno di tale interpretazione, viene inoltre il Regolamento pensionistico delie ‘organizzazioni coordinate’, che prevede la tassazione delle pensioni in oggetto nello Stato in cui risiede il beneficiario, in base alle norme vigenti … gli emolumenti pensionistici hanno comunque funzione previdenziale e possono essere ritenuti quale corrispettivo della prestazione lavorativa solo in senso lato … quindi, ove sia prevista una particolare agevolazione fiscale per un emolumento da lavoro dipendente, ciò non vuol dire che essa debba applicarsi automaticamente a quella retribuzione differita che e il reddito da pensione … Le norme fiscali che prevedono esclusioni o esenzioni, infatti, sono regole di stretta interpretazione, che non trovano applicazione se non nelle ipotesi da esse espressamente contemplate” (sent. CTR, p. II ss.).
2.2. Invero questa Corte regolatrice ha già avuto modo di esaminare la questione dibattuta in questo giudizio ed ha raggiunto un orientamento che può ben essere riprodotto, poiché gli argomenti proposti dal ricorrente non inducono a rivederlo.
Si é infatti osservato che l’art. 8, primo comma, lett. c), del d.P.R. n. 2083 del 1962, ai fini della esenzione dal pagamento delle imposte sui redditi, presuppone per l’applicabilità del beneficio due condizioni tassative, ossia che si tratti di “redditi derivanti da stipendi ed emolumenti” e che essi siano corrisposti al personale civile “dai quartieri generali interalleati nella loro qualità di impiegati di detti quartieri generali”. La disposizione normativa fa, quindi, esclusivo riferimento agli stipendi ed agli “emolumenti” percepiti in costanza del rapporto lavorativo, senza menzionare le pensioni corrisposte dopo la cessazione del medesimo.
Tale limitazione, come é stato evidenziato nella Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate del 16/12/2009, n. 285/E, trova la sua ratio nella funzione stessa della norma che ha lo scopo di prevedere un trattamento speciale in relazione alle finalità istituzionali perseguite dalle Organizzazioni Internazionali attraverso la loro struttura, della quale fa parte ii personale in servizio, per cui tale regime agevolativo non trova applicazione per coloro che non vi prestano più la loro opera.
2.2.1. A supporto della interpretazione fornita dall’Amministrazione finanziaria soccorre il Regolamento pensionistico delle “Organizzazioni Coordinate”, tra le quali rientra la N.A.T.O., ed in particolare la disciplina dettata dall’art. 42 di detto Regolamento (Pensioni soggette alla legislazione fiscale nazionale), laddove si prevede, al comma 1, che “la pensione e l’adeguamento sono tassabili quali redditi ai sensi della legislazione fiscale in vigore in tale paese” (comma 1), ossia sono assoggettate ad imposizione nello Stato di appartenenza in cui risiede il beneficiario e secondo le disposizioni contenute nella legislazione fiscale dello Stato stesso.
2.2.2. II regolamento sopra richiamato, per quello che attiene al trattamento tributario delle pensioni erogate ai dipendenti della N.A.T.O., non introduce una disciplina difforme rispetto a quanto già previsto dalle fonti internazionali N.A.T.O. le quali, con riguardo alle esenzioni fiscali, escludono dalla tassazione i soli salari e gli emolumenti, e dunque quelle attribuzioni che sono erogate in costanza del rapporto di lavoro, senza fare mai riferimento al trattamento pensionistico. Ciò si evince, in particolare, dalla lettura dell’Accordo di Ottawa del 20 settembre 1951 (ratificato con legge n. 1126 del 10 novembre 1954), ii cui art. 19 utilizza i termini salaries and emoluments, come pure dall’art. X della Convenzione di Londra del 1951 (ratificata con legge n. 1335/1955) e dall’art. 7 del Protocollo di Parigi del 28.8.1952 (ratificato con legge del 30/11/1955, n. 1338), nei quali e assente qualsiasi riferimento al termine “pensione”.
2.2.3. La disciplina dettata dalla legge del 1962 non può, ovviamente, discostarsi da quella sovranazionale emergente dal richiamato art. 42 del Regolamento pensionistico, in virtù del quale l’importo della pensione concorre alla formazione del reddito imponibile del percettore residente, considerato che l’art. 8, primo comma, lett. c), del d.P.R. n. 2083/1962, si configura come norma speciale di stretta interpretazione, il cui tenore letterale depone per l’applicabilità del beneficio solamente a coloro che rivestono la qualità di “impiegati” e con riguardo esclusivamente agli “stipendi ed emolumenti” percepiti.
Tale conclusione é, d’altro canto, ulteriormente avvalorata dalla considerazione che lo schema pensionistico applicato alle cd. “organizzazioni coordinate” prevede anche il meccanismo del tax adjustment, ovvero del rimborso ai pensionati delle organizzazioni di circa il 50 per cento delle imposte sul reddito pagate sulla pensione, con ciò riconoscendo implicitamente la legittimità della tassazione delle pensioni stesse.
2.2.4. Lo stesso art. 42 del Regolamento parla, inoltre, del calcolo e “dell’importo delle imposte sul reddito per tutti i beneficiari di pensioni che sono contribuenti nel paese interessato” (comma 3), e di “detrazioni e sgravi fiscali” per carichi familiari (comma 4), elementi tutti che evidenziano la esistenza di un regime diverso tra il trattamento economico fiscalmente esente in corso di rapporto, espressamente previsto dal citato art. 8, e quello non esente che trova applicazione esclusivamente dopo la cessazione del rapporto di lavoro, spiegabile solo con l’intento di limitare al massimo ogni forma di soggezione o pressione, diretta o indiretta, degli Stati membri sul singolo dipendente N.A.T.O.
L’interpretazione letterale dell’art. 8, primo comma, lett. c), del d.P.R. n. 2083/1962, che impone di attribuire la esenzione unicamente agli emolumenti derivanti dai rapporti di lavoro in corso di svolgimento, trova, peraltro, conferma nei principi enunciati da questa Corte nella sentenza n. 16098 del 18/8/2004 (che ha deciso in ipotesi analoga in cui era prevista l’esenzione per i redditi da lavoro prestato all’estero), secondo cui «i redditi da pensione sono equiparati ai redditi da lavoro dipendente solo ai fini della loro inclusione nella base imponibile, ma non anche ai fini della loro esclusione, per cui l’esenzione disposta per gli uni (quali, appunto i redditi da lavoro dipendente prestato all’estero) non si estende in mancanza di una espressa disposizione di legge, ai redditi da pensione derivanti dal medesimo lavoro», e ciò in quanto «le norme fiscali che prevedono esclusioni o esenzioni sono regole di stretta interpretazione, che non trovano applicazione se non nelle ipotesi da esse espressamente contemplate».
L’equiparazione dei redditi da pensione a quelli da lavoro dipendente e, infatti, dettata dalla finalità di “omogeneizzare il relativo trattamento tributario”, e non anche per estendere ai primi una disposizione speciale prevista solo per una categoria ben precisa di lavoro dipendente.
2.2.5. Merita peraltro di essere ricordato come le stesse Sezioni Unite, sempre nell’ambito di controversie di lavoro, hanno precisato che gli emolumenti pensionistici, anche qualora siano erogati dallo stesso datore di lavoro ed abbiano natura di “retribuzione differita”, conservano la loro funzione previdenziale e non sono esattamente equiparabili ai redditi da lavoro dipendente, perché «sono ascrivibili alla categoria delle erogazioni solo in senso lato in relazione di corrispettività con la prestazione lavorativa» (Cass. Sez. U., n. 974 del 1/2/1997), e sono conseguentemente sottratti al criterio in derogabile di proporzionalità alla quantità e qualità del lavoro che caratterizza gli emolumenti da lavoro.
Queste le condivisibili affermazioni rese da Cass. sez. V, 15.1.2019, così massimata: “In tema di IRPEF, le pensioni erogate in Italia ai dipendenti della N.A.T.O. sono soggette ad imposizione, non trovando applicazione l’esenzione prevista dall’art. 8, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 2083 del 1962, norma speciale di stretta interpretazione, limitata agli stipendi ed agli emolumenti percepiti dagli impiegati di tale organismo internazionale in costanza del rapporto lavorativo” (conf. Cass. sez. V, 14.10.2021, n. 27965).
Rimane pertanto anche confermato che non rileva, ai presenti la distinzione tra la natura retributiva (differita) o pensionistica delle somme corrisposte al ricorrente.
In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., rigettandosi l’originario ricorso proposto dal contribuente.
3. Tenuto conto che quando ii ricorso e stato proposto non si rinveniva ancora un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia, appare equo dichiarare compensate tra le parti le spese di lite dei gradi di merito del processo cosi come del giudizio di legittimità.
3.1. Risultano comunque integrati i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, del c.d. doppio contributo.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
rigetta il ricorso proposto da (omissis) (omissis) e compensa le spese processuali, sia dei gradi di merito sia del giudizio di legittimità.
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10.5.2024.
Il Presidente
Andreina Giudicepietro
Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2024.