Mancata risposta al controllo delle forze dell’ordine ma braccialetto elettronico inattivo: dubbi sulla condanna per evasione (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 23 giugno 2025, n. 23339).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE PENALE

Composta da

Dott. Giorgio Fidelbo – Presidente –

Dott. Ersilia Calvanese – Consigliere –

Dott. Martino Rosati – Consigliere –

Dott. Maria Sabina Vigna – Consigliere –

Dott. Debora Tripiccione – Relatore –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza emessa il 20 maggio 2024 dalla Corte d’appello di Catania.

Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Debora Tripiccione;

lette le richieste formulate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.ssa Francesca Ceroni, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso

RILEVATO IN FATTO

1. (OMISSIS) (OMISSIS) ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Catania che ne ha confermato la condanna per il reato di cui all’art. 385 cod. pen.

Con un unico motivo di ricorso deduce vizi cumulativi di violazione di legge e di motivazione in ordine al giudizio di responsabilità in quanto formulato in contrasto con il canone di giudizio dell’oltre ogni ragionevole dubbio.

Si rileva, infatti, che tale giudizio si fonda sull’esito negativo del controllo effettuato presso l’abitazione del ricorrente, e sulla ritenuta irrilevanza, sulla base di una mera congettura, della circostanza, attestata dal teste di Polizia Giudiziaria, relativa alla mancata attivazione dell’allarme collegato al braccialetto elettronico applicato al ricorrente, elemento, questo, che, in assenza di accertamenti sulla funzionalità del dispositivo, conferma, invece, la versione difensiva fornita (ovvero di essersi addormentato al momento del controllo).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va, innanzitutto, premesso che, in base alla costante giurisprudenza di questa Corte, qui ribadita, la regola di giudizio compendiata nella formula “al di là di ogni ragionevole dubbio”, di cui all’art. 533, comma 1, cod. proc. pen., consente di pronunciare sentenza di condanna a condizione che il dato probatorio acquisito lasci fuori soltanto ricostruzioni alternative costituenti eventualità remote, pur astrattamente formulabili e prospettabili come possibili in rerum natura, ma la cui effettiva realizzazione, nella fattispecie concreta, risulti priva del benché minimo riscontro nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell’ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana (Sez. 3, n. 5602 del 21/1/2021, Rv. 281647; Sez. 5, n. 1282 del 12/11/2018, dep. 2019, Segreto, Rv. 275299; Sez. 1, n. 17921 del 03/03/2010, Giampà, Rv. 247449).

Le Sezioni Unite hanno, infatti, statuito che il canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio, per la sua immediata derivazione dal principio della presunzione di innocenza, esplica i suoi effetti conformativi non solo sull’applicazione delle regole di giudizio, ma anche, e più in generale, sui metodi di accertamento del fatto, imponendo protocolli logici del tutto diversi in tema di valutazione delle prove e delle contrapposte ipotesi ricostruttive in ordine alla fondatezza del tema d’accusa: la certezza della colpevolezza per la pronuncia di condanna, il dubbio originato dalla mera plausibilità processuale di una ricostruzione alternativa del fatto per l’assoluzione (Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, Troise, Rv. 272430, in motivazione).

Si tratta sia di una regola di giudizio, che definisce lo standard probatorio necessario per pervenire alla condanna dell’imputato, escludendo l’utilizzabilità di criteri alternativi di giudizio, quali “la consistente verosimiglianza” o la forte plausibilità” della ricostruzione adottata, sia di un metodo dialettico di accertamento del fatto, che obbliga il giudice a sottoporre, nella valutazione delle prove, la tesi accusatoria alle confutazioni costituite dalle ricostruzioni antagoniste prospettate dalle difese (cfr. Sez. 6, n. 45506 del 27/04/2023, Bagarella, Rv. 285548 – 15; Sez. 1, n. 41110 del 24/10/2011, Jvad, Rv. 251507).

Sul giudice grava, dunque, l’onere di individuare gli elementi di conferma dell’ipotesi accusatoria accolta, in modo da far risultare la non razionalità del dubbio derivante dalla prospettazione alternativa, non potendo detto dubbio fondarsi su un’ipotesi del tutto congetturale, seppure plausibile (cfr. Sez. 6, n. 10093 del 5/12/2018, dep. 2019, Esposito, Rv. 275290; Sez. 4, n. 22257 del 25/3/2014, Guernelli, Rv. 259204).

2. La sentenza impugnata non si è conformata a tale regola di giudizio e, senza alcuna valutazione della razionalità dell’alternativa ricostruzione offerta dal ricorrente, ne ha confermato il giudizio di colpevolezza sulla base, peraltro, di una errata nozione del concetto di “evasione”, ancorata all’esito negativo dell’accertamento di polizia giudiziaria, piuttosto che, secondo il significato proprio del termine, all’effettivo accertamento dell’allontanamento dal luogo di detenzione (cfr. Sez. 6, n. 38864 del 13/10/2021, Buzzetti, Rv. 281995).

La Corte territoriale, infatti, pur a fronte del parziale riscontro alla tesi difensiva, costituito dalle dichiarazioni del teste di polizia giudiziaria, è pervenuta a confermare la colpevolezza dell’imputato sulla sola base della apodittica equiparazione dell’esito negativo del controllo all’assenza dell’imputato dal luogo di detenzione, senza spendere alcuna argomentazione sul funzionamento del braccialetto elettronico e sulle ragioni per cui questo non ha inviato alcun segnale di allarme.

3. I rilevati vizi della decisione impugnata ne giustificano l’annullamento con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Catania affinché valuti se dal compendio probatorio possano desumersi elementi fattuali idonei a rivelare la non razionalità del dubbio derivante dall’ipotesi alternativa prospettata dalla difesa e a fondare, o meno, il giudizio di colpevolezza dell’imputato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Catania.

Così deciso il 26 marzo 2025

Depositato in Cancelleria, il 23 giugno 2025.

SENTENZA – copia non ufficiale -.

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