Agevolazione prima casa su immobile acquistato in regime di separazione dei beni (Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, Sentenza 2 febbraio 2023, n. 3123).

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZONI Enrico – Presidente –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

 

el. ha pronunciato la seguente ORDINANZA

sul ricorso N. 8899/2016R.G. proposto da:

(OMISSIS) MATTEO, (OMISSIS) ISABELLA, (OMISSIS) MARIANTONIETTA e (OMISSIS) ANTONIO, tutti elettivamente domiciliati in Roma, Via (OMISSIS) n. 28, presso lo studio legale (OMISSIS) Associati, rappresentati e difesi dall’avv. Vito (OMISSIS), come da procura in calce al ricorso

-ricorrenti-

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, Via Dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura dello Stato, che la rappresenta e difende per legge

-controricorrente-

avverso la sentenza n. 2114 / 201 5 del la COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della PUGLIA, depositata in data 8.10.2015;

udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale non partecipata del 15.12.2022 dal Consigliere relatore dr. Salvatore Saija.

FATTI DI CAUSA

I coniugi Matteo (OMISSIS) e Isabella (OMISSIS), unitamente ai figli Mariantonietta e Antonio (OMISSIS), acquirenti di un immobile ad uso abitativo sito in Gioia del Colle in forza di atto pubblico del 20.7.2010 – i primi quali titolari del diritto di abitazione, ciascuno per il 50% indiviso, e i secondi della nuda proprietà, ancora ciascuno per il 50% indiviso – proposero ricorso avverso l’avviso di liquidazione e irrogazione sanzioni loro notificato il 12.10.2012, con cui l’Ufficio di Bari recuperava a tassazione il maggior importo per IVA all’aliquota del 10%, oltre accessori: ciò a causa del mancato trasferimento della residenza nel comune di Gioia del Colle, da parte del solo Matteo (OMISSIS), entro i 18 mesi dal rogito, con conseguente decadenza dai benefici “prima casa” di cui al n. 21, Tabella A, parte seconda, allegata al d.P.R. n. 633/1972; i restanti acquirenti venivano ritenuti responsabili in solido col predetto.

L’adita C.T.P. di Bari accolse parzialmente il ricorso con sentenza n. 58/06/14 del 13.1.2014, rilevando che – poiché la (OMISSIS) ed i figli avevano assolto l’onere di trasferire la residenza entro il termine di legge – la decadenza dal beneficio fiscale era illegittima nei loro confronti, mentre non altrettanto poteva dirsi quanto a Matteo (OMISSIS).

Tutti i ricorrenti proposero appello avverso detta decisione, che venne tuttavia confermata dalla C.T.R. della Puglia con sentenza dell’8.10.2015; osservò, in particolare, il giudice d’appello che correttamente la C.T.P. aveva rigettato il ricorso di Matteo (OMISSIS), perché, secondo la giurisprudenza di legittimità, la condizione affinché il coniuge non residente possa comunque godere del beneficio è che l’acquisto ricada nella comunione legale, solo in tal caso potendo dunque venire in rilievo il concetto di “residenza della famiglia”.

Matteo, Mariantonietta e Antonio (OMISSIS), nonché Isabella (OMISSIS), ricorrono ora per cassazione, sulla base di un unico motivo.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con l’unico motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.143, 144, 1100 e 1022 c.c., nonché dell’art. 1, nota II-bis, della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.

Rilevano i ricorrenti che, nella specie, l’acquisto dell’immobile è avvenuto in regime di comunione ordinaria sia quanto al diritto di abitazione (50% indiviso tra i coniugi), sia quanto al diritto di nuda proprietà (50% indiviso tra i figli).

In queste condizioni, tenuto conto della peculiare funzione del diritto reale parziario in discorso (l’art. 1022 c.c. stabilisce che “Chi ha il diritto di abitazione di una casa può abitarla limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia”), diventa irrilevante che tra i coniugi sia vigente il regime della separazione patrimoniale dei beni, perché l’acquisto dell’immobile per cui è processo si è esteso a tutti i componenti della famiglia, e viene quindi in rilievo la residenza della famiglia stessa, al contrario di quanto ritenuto dal giudice d’appello.

2.1 – Il ricorso è infondato.

É costante l’orientamento di questa Corte secondo cui “In tema di imposta di registro e dei relativi benefici per l’acquisto della prima casa, ai fini della fruizione degli stessi, il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l’immobile va riferito alla famiglia, con la conseguenza che, in caso di comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che l’immobile acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre non assume rilievo in contrario la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza anagrafica in tale Comune, e ciò in ogni ipotesi in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ai sensi dell’art. 177 c.c., quindi sia in caso di acquisto separato che in caso di acquisto congiunto del bene stesso” (Cass. n. 22557/2022; conf. Cass. n. 16604/2018; Cass. n. 13335/2016). Ovviamente, si tratta di principio estensibile all’IVA.

2.2 – Ora, la tesi sviluppata col mezzo in esame si fonda sull’argomento per cui, nella specie – ove pacificamente l’acquisto del diritto reale di godimento, tra i coniugi, avvenne in regime di separazione patrimoniale – il diritto acquistato è quello di abitazione ex art. 1022 c.c., a mente del quale il titolare “può abitarla limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia”.

Questo, unitamente al contemporaneo acquisto dello stesso diritto da parte della moglie, accomunerebbe l’ipotesi suddetta a quella dell’acquisto in comunione legale, perché essa avvenne senz’altro in regime di separazione, ma nella sostanza con una originaria destinazione univoca e complessiva per la destinazione dell’abitazione a residenza familiare (completata anche dall’acquisto del diritto di usufrutto da parte dei figli).

In proposito, ritiene la Corte che la tesi non colga nel segno, perché la ratio della univoca giurisprudenza di legittimità, prima riportata, è che – poiché l’acquisto in comunione legale si estende ex lege alla posizione dell’altro coniuge, a prescindere dal proprio personale apporto, anche finanziario – in tal caso rileva la posizione della famiglia in sé, cui occorre dunque riferire la verifica della residenza: il che rende sufficiente che anche uno solo dei coniugi rispetti il requisito soggettivo della residenza nel comune del luogo in cui si trova l’immobile.

Nell’ipotesi qui in esame, invece, l’acquisto del diritto assume una connotazione “egoistica” (o “individualistica”) in capo a ciascuno dei coniugi, e i bisogni della famiglia non sono riferiti al diritto del nucleo familiare in quanto tale: a quest’ultimo si attribuisce rilevanza in via meramente indiretta, cioè per il tramite del titolare del diritto di abitazione, che resta il “protagonista” della fattispecie.

Non v’è quindi ragione per discostarsi dal consolidato indirizzo prima rievocato, neanche in relazione alle peculiarità offerte dalla fattispecie.

3.1 – In definitiva, il ricorso è rigettato.

Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 1.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte de i ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno 15 dicembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.