Azione di regresso: la restituzione opera nei limiti del prezzo ricavato dalla vendita dell’immobile ipotecato? (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 6 dicembre 2022, n. 35847)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RUBINO Lina – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Paola – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Rel. Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 4272 del ruolo generale dell’anno 2019, proposto da

(OMISSIS) Claudio, rappresentato e difeso, giusta procura allegata in calce al ricorso, dall’avvocato Monica (OMISSIS)

-ricorrente-

nei confronti di

(OMISSIS) Gioconda, rappresentata e difesa, giusta procura allegata in calce al controricorso, dagli avvocati Salvatore (OMISSIS) ed Enrica (OMISSIS)

-controricorrente-

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Firenze n. 1676/2018, emessa in data 11 luglio 2018;

udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 15 novembre 2022 dal Consigliere Dott. Augusto Tatangelo.

Fatti di causa

Claudio (OMISSIS), avendo concesso ipoteca su un immobile di cui era proprietario per il 50% a garanzia di un debito di Gioconda (OMISSIS) ed avendo subito l’escussione della garanzia da parte del creditore ipotecario, con la vendita coattiva dell’immobile stesso, ha agito in giudizio nei confronti della (OMISSIS) onde ottenere il regresso.

La domanda è stata accolta dal Tribunale di Livorno, il quale ha condannato la (OMISSIS) a pagare al (OMISSIS) l’importo di € 29.000,00, pari alla metà del valore dell’immobile ipotecato stimato in sede esecutiva.

La Corte di Appello di Firenze, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha ridotto l’importo della condanna in favore del (OMISSIS) ad € 7.500,00, pari alla metà della somma effettivamente ricavata e distribuita in sede esecutiva in seguito alla vendita dell’immobile ipotecato.

Ricorre il (OMISSIS), sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso la (OMISSIS).

È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis. 1 c.p.c. .

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia « Violazione e falsa applicazione degli articoli 2871 I comma c.c. in relazione all’articolo 360c. 1 n. 3 c.p.c.».

Con il secondo motivo si denunzia «ai sensi dell’ art. 360 comma I n. 5 c.p.c. , contraddittoria e insufficiente motivazione su un fatto decisivo della causa».

I due motivi del ricorso esprimono una censura sostanzialmente unitaria, sono connessi giuridicamente e logicamente e possono, quindi, essere esaminati congiuntamente.

Essi sono infondati.

Il ricorrente sostiene che, in sede di regresso nei confronti del debitore, il terzo datore di ipoteca che abbia subito l’escussione della garanzia avrebbe diritto ad ottenere l’effettivo valore di mercato del bene ipotecato e non, come ritenuto dalla corte di appello, il solo importo ricavato dalla vendita forzata dello stesso e oggetto di distribuzione all’esito dell’espropriazione promossa per la soddisfazione del credito oggetto di garanzia.

Va condivisa, a giudizio della Corte, la statuizione impugnata.

Nella specie, non vi è dubbio, ed è anzi pacifico, che il (OMISSIS) abbia esercitato nei confronti della (OMISSIS) l’azione di regresso di cui all’art. 2871, comma 1, c.c., ai sensi del quale «il terzo datore che ha pagato i creditori iscritti o ha sofferto l’espropriazione ha regresso contro il debitore».

In base a tale disposizione, sia in caso di pagamento spontaneo dei creditori iscritti, sia in caso di pagamento coattivamente eseguito a seguito di espropriazione dell’immobile ipotecato, al terzo datore di ipoteca spetta l’azione di regresso contro il debitore: la norma – dettata in tema di ipoteca concessa su un proprio immobile da un terzo non debitore – equipara le due indicate situazioni, attribuendo al terzo datore, in entrambi i casi, la medesima azione di regresso nei confronti del debitore.

L’oggetto dell’azione di regresso da parte del garante nei confronti del debitore è specificato, in via generale, nell’art. 1950 c.c. (norma dettata in tema di fideiussione, ma che esprime un principio generale applicabile anche per altre forme di garanzia), il quale stabilisce che il fideiussore che paga il creditore ha diritto al regresso contro il debitore principale e che tale regresso comprende il capitale, gli interessi e le spese fatte dopo la denunzia al creditore principale delle istanze a lui rivolte, nonché gli interessi legali sulle somme pagate dal giorno del pagamento.

Si deve concludere che l’azione di regresso, anche in caso di ipoteca concessa per un debito altrui ed escussa con l’espropriazione dell’immobile ipotecato, ha comunque ad oggetto l’importo pagato a soddisfazione del debito garantito, oltre gli accessori (cioè il capitale, gli interessi e le spese), non il valore effettivo dell’immobile ipotecato ed espropriato o, in generale, il danno subito dal terzo datore di ipoteca, non trattandosi di un’azione risarcitoria ma sostanzialmente di un’obbligazione restitutoria.

In proposito, va quindi affermato il seguente principio di diritto: l’azione di regresso è esercitabile dal garante per ottenere la restituzione dell’importo pagato al creditore ipotecario all’esito dell’escussione della garanzia e, dunque, opera nei limiti del prezzo ricavato e distribuito a seguito dalla vendita del bene ipotecato per la soddisfazione del predetto creditore garantito, mentre non dà diritto a pretendere il preteso effettivo valore di mercato dello stesso.

Che il regresso si possa esercitare esclusivamente per le somme di danaro erogate a i fini della soddisfazione del credito garantito e dei relativi accessori, trattandosi di azione avente ad oggetto il recupero di quanto corrisposto dal garante al creditore (spontaneamente o coattivamente), in luogo e nell’interesse del debitore, non di un’azione risarcitoria e, quindi, che ai suoi fini non rilevi il valore effettivo dell’immobile ipotecato ed eventualmente espropriato, trova indiretta conferma anche nella circostanza che lo stesso importo ricavato dalla liquidazione dell’immobile ipotecato ed espropriato potrebbe essere ben superiore a quello del credito oggetto di garanzia: in tale ultimo caso, l’attribuzione del ricavato residuo della vendita, dopo la soddisfazione del creditore garantito, spetta al terzo datore espropriato (ovvero ai suoi creditori personali eventualmente intervenuti nell’esecuzione) e, a maggior ragione, non si giustificherebbe il riconoscimento in suo favore dell’intero valore dell’immobile “ perduto ”, a carico del debitore.

La prospettazione posta alla base del ricorso finisce, in altri termini, per confondere l’azione di regresso prevista dall’art. 2871 c.c. con una vera e propria azione risarcitoria, azione che certamente non spetta al terzo datore di ipoteca in virtù del mero pagamento del creditore garantito (spontaneo o coatto che sia), quanto meno in difetto dei presupposti di cui all’art. 2043 c.c., e che, nella specie, non risulta comunque essere stata esercitata in concreto, essendo pacifico che il (OMISSIS) ha semplicemente agito in regresso ai sensi dell’art. 2871 c.c..

D’altra parte, è agevole osservare ulteriormente, in proposito, che il terzo datore di ipoteca potrebbe sempre evitare l’espropriazione dell’immobile e il conseguente danno, estinguendo il debito garantito (anche eventualmente mediante richiesta di conversione del pignoramento) ed esercitando poi l’azione di regresso in relazione all’intera somma pagata, nei confronti del debitore.

Per le ragioni sin qui esposte, il ricorso non può trovare accoglimento.

2. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

per questi motivi

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, liquidandole in complessivi € 4.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali(ri- getto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contri- buto unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il giorno 15 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.