Concordato in appello, l’illegalità della pena travolge l’intero accordo (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 20 dicembre 2024, n. 47234).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. VITO DI NICOLA – Presidente –

Dott. PAOLA MASI – Consigliere –

Dott. EVA TOSCANI – Relatore –

Dott. ALESSANDRO CENTONZE – Consigliere –

Dott. MARCO MARIA MONACO – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI SALERNO

(omissis) (omissis) (CUI 0(omissis)8) nato a (omissis) (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 23/04/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Eva Toscani;

letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Olga Mignolo, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente al giudizio di comparazione tra circostanze.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in preambolo la Corte di Appello di Salerno, in accoglimento del concordato formulato dalle parti, ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., con parziale rinuncia ai motivi di appello avanzati dall’imputato, ha riformato la pronuncia resa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nocera Inferiore nei confronti di (omissis) (omissis), rideterminando nei suoi riguardi la pena irrogata per il reato di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011 in quella di sei mesi e ventiquattro giorni di reclusione.

2. Avverso tale sentenza ricorre il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Salerno e denuncia violazione di legge in punto di avvenuta rideterminazione della pena finale in violazione del divieto di prevalenza della recidiva di cui all’art. 99, comma 4, cod. proc. pen. sulle circostanze attenuanti generiche, previsto dall’art. 69, comma 4, cod. proc. pen. Osserva che la natura illegale per difetto della pena costituisce violazione che rende ammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 448, comma 2- bis, cod. proc. pen.

3. Il Sostituto Procuratore generale, dr.ssa Olga Mignolo, intervenuto con requisitoria scritta depositata in data 11 luglio 2024, ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente al giudizio di prevalenza della recidiva e la rideterminazione della pena da parte del Collegio.

4. Il difensore dell’imputato ha depositato conclusioni scritte in data 28 agosto 2024 con cui, osservato che la recidiva contestata non rientra nei casi per i quali è previsto il divieto di bilanciamento tra circostanze, ha chiesto il rigetto del ricorso del Procuratore generale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. Preliminarmente va detto che è corretto il rimedio esperito dal Procuratore generale avverso la sentenza, in considerazione del vizio dedotto.

Invero, è ammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi a vizi attinenti alla determinazione della pena che si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge.

E, secondo l’insegnamento di questa Corte (Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, Sacchettino, Rv. 283886), «La pena determinata a seguito dell’erronea applicazione del giudizio di comparazione tra circostanze eterogenee concorrenti è illegale soltanto nel caso in cui essa ecceda i limiti edittali generali previsti dagli artt. 23 e seguenti, nonché 65 e 71 e seguenti, cod. pen., oppure i limiti edittali previsti per le singole fattispecie di reato, a nulla rilevando il fatto che i passaggi intermedi che portano alla sua determinazione siano computati in violazione di legge».

3. Nel caso che ci occupa, risulta dagli atti, che il Collegio è autorizzato a consultare attesa la natura processuale del vizio dedotto (Sez. U, 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220093), che a (omissis) è stata contestata la recidiva reiterata infraquinquennale di cui all’art. 99, comma quarto, cod. pen. e che la stessa è stata ritenuta correttamente contestata e certamente sussistente dal Giudice di primo grado.

Il divieto di cui all’art. 69, quarto comma, cod. pen. era, pertanto, pienamente operativo, ove si consideri che, nel giudizio di comparazione delle circostanze, in caso di recidiva reiterata di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen., il divieto di prevalenza delle attenuanti opera soltanto se il giudice, in concreto, ritenga di disporre l’aumento di pena per la recidiva, oltre che nel caso in cui la recidiva medesima sia obbligatoria per essere il nuovo delitto compreso nell’elencazione di cui all’art. 407, comma secondo, lett. a) cod. proc. pen. (Sez. 4, Sentenza n. 16628 del 31/03/2016, Marongiu, Rv. 266530).

Ciò nonostante, il Giudice di appello, in violazione del menzionato divieto, ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen., operando una non consentita riduzione di un terzo della pena base, già indicata nella misura pari al minimo edittale di un anno di reclusione, così pervenendo ad una pena finale inferiore al limite consentito e, come tale, illegale.

Conseguentemente, la decisione fondata sull’accordo riguardante una pena illegale dev’essere annullata.

4. Nella giurisprudenza di questa Corte è, però, discusso se in una siffatta ipotesi l’annullamento della sentenza gravata debba essere disposto limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio al giudice di merito per una nuova decisione solo su tale punto (in tal senso, si veda Sez. 6, n. 44625 del 03/10/2019, Kadha Hamza, Rv. 277381 – 01; Sez. 6, n. 43641 del 11/09/2019, Marzulli, Rv. 277374 – 01) o, al contrario, se l’annullamento della sentenza debba essere disposto senza rinvio perché, venendo meno un elemento essenziale dell’accordo raggiunto dalle parti ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., deve considerarsi venuto meno l’intero accordo e, dunque, anche la sentenza che su quel negozio processuale aveva trovato la sua giustificazione, così che si rivela necessario consentire alle parti di rivedere anche la stessa opportunità in se dell’accordo (si veda, sul tema dell’intervenuta illegalità della pena a seguito di declaratoria d’incostituzionalità, Sez. 6, n. 16192 del 16/03/2021, Di Maria, Rv. 280881 – 01; Sez. 4, n. 21901 del 10/07/2020, Abbrescia, Rv. 279765 – 01; Sez. 6, n. 41461 del 12/09/2019, Baglio, Rv. 276803; Sez. 6, n. 41254 del 04/07/2019, Leone, Rv. 277196 – 02).

Il Collegio ritiene di aderire alla seconda delle indicate soluzioni, peraltro conforme all’orientamento prevalente che si sta formando sul tema.

Com’è stato chiarito, milita in suo favore la considerazione in forza della quale l’art. 599-bis c.p.p., comma 1, nel prevedere che la Corte di appello emette una sentenza in camera di consiglio «quando le parti … ne fanno richiesta dichiarando di concordare sull’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri motivi» e che «se i motivi dei quali viene richiesto raccoglimento comportano una nuova determinazione della pena» le parti «indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d’accordo», fa intendere che «esiste un nesso funzionale inscindibile tra la richiesta concordata delle parti sull’accoglimento di uno o alcuni dei motivi dell’appello, e la eventuale rinuncia di altri motivi degli stessi atti di impugnazione.

Nesso la cui esistenza può desumersi, oltre che dalla circostanza che, per espressa previsione codicistica, le forme sia della rinuncia ai motivi sia della richiesta concordata devono essere le stesse, quelle previste in generale dall’art. 589 c.p.p. per la rinuncia all’impugnazione, dal fatto che è pacifico – pure valorizzando quanto puntualizzato dall’art. 602 c.p.p., comma 1-bis, a proposito della prosecuzione del giudizio dibattimentale ovvero delle conseguenze della decisione del giudice difforme dall’accordo – che la mancata accettazione dell’accordo da parte del giudice fa venir meno gli effetti tanto dell’intesa quanto della rinuncia ai motivi, imponendo l’esame di tutti i motivi del gravame» (così la citata sentenza n. 41461 del 2019).

Si è anche evidenziato che «se è vero che nulla esclude che dinanzi al giudice di secondo grado le parti possano formulare una richiesta concordata sull’accoglimento di motivi senza che a essa sia collegata una rinuncia ad altri motivi, perché non formulati (come si evince agevolmente dall’impiego dell’aggettivo “eventuali” a proposito delle doglianze oggetto di rinuncia), è anche vero che le esigenze di economia processuale sottostanti l’istituto – proprio quelle esigenze che, dopo l’abrogazione dell’analogo concordato previsto dal vecchio art. 599 c.p.p., commi 4 e 5, hanno giustificato la scelta del legislatore del 2017 di reintrodurne la disciplina con il nuovo art. 599-bis – hanno fatto emergere, anche nell’esperienza giudiziaria, la stretta interconnessione esistente tra la richiesta concordata sull’accoglimento di uno o alcuni motivi dell’appello e la contestuale rinuncia di tutti altri motivi operata dall’autore di quell’atto di impugnazione.

Poiché nella pratica il caso più frequente è quello nel quale le parti formulano una richiesta concordata di accoglimento di uno o più motivi che comporta una nuova determinazione della pena, con indicazione al giudice della pena finale su cui le stesse parti hanno raggiunto l’intesa e che a tale accordo è quasi sempre collegata la rinuncia da parte dell’imputato ad uno o più motivi ulteriori del suo appello, è ragionevole ritenere che il raggiunto negozio processuale abbia una natura “complessa”, proprio perché l’intesa non sarebbe stata ammissibile se non vi fosse stata la contestuale rinuncia da parte dell’imputato agli altri motivi della sua impugnazione» (così la già citata sentenza n. 41461 del 2019,).

Pur con le differenze che qualificano gli istituti, la situazione oggetto di scrutinio appare sostanzialmente parificabile a quella considerata dalla giurisprudenza di questa Corte con riferimento alla nullità dell’accordo posto a fondamento di una sentenza di patteggiamento in ragione della illegalità sopraggiunta della pena dovuta alla successiva dichiarazione di incostituzionalità della relativa disciplina sanzionatoria (v. Sez. U, n.33040 del 26/02/2015, Jazouli, Rv. 264206), sicché deve ritenersi che nel caso l’illegalità della pena concordata dalle parti, inficia tanto la richiesta concordata quanto la connessa rinuncia anche parziale ai motivi di appello, manifestazioni di volontà collegate sulle quali si era fondata l’emissione della sentenza camerale ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen.

5. Per tali ragioni la sentenza dev’essere annullata senza rinvio e gli atti vanno trasmessi alla Corte di appello di Salerno per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Salerno per l’ulteriore corso.

Così deciso, il 12 settembre 2024

Il Consigliere estensore                                                                                                Il Presidente

Eva Toscani                                                                                                                    Vito  Di Nicola

Depositato in Cancelleria, oggi 20 dicembre 2024.

SENTENZA