Concorso annullato, niente diritto alle retribuzioni perse senza la prova che i ricorrenti lo avrebbero vinto (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 18 maggio 2020, n. 9085).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Consigliere –

Dott. DELLA TORRE Paolo Negri – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. CIRIELLO Antonella – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2562-2014 proposto da:

CASAZZA ALESSANDRO, BEROLDO ENNIO, BRUNA BRUNO, CARUCCIO MARIA VELIA, RAMELLA GABRIELLA, SANTILLO TERESA, SCARFO’ LOREDANA, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GLORIOSO 13, presso lo studio dell’avvocato ANDREA BUSSA, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati SERGIO ACQUILINO, LIVO BUSSA;

– ricorrenti –

contro

REGIONE LIGURIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TOSCANA 10, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO RIZZO, rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRA MANIGLIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 487/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 14/10/2013 R.G.N. 465/2013. RG. 2562/2014

FATTI DI CAUSA

1. I ricorrenti, partecipanti non vincitori alla procedura concorsuale approvata con decreto del d.g. 130 del 1998, hanno agito contro la Regione Liguria per ottenere il risarcimento del danno che avrebbero subito in conseguenza delle condotte tenute dalla Regione, dopo l’annullamento da parte del Tar (con sentenza n. 1863/2007) della graduatoria, volte a non dare esecuzione alla sentenza del Tar così da mantenere a coloro che erano risultati vincitori i benefici loro derivanti da concorso annullato ed essere immessi nelle funzioni;

2. Il tribunale di Genova ha respinto le loro domande e la Corte di appello di Genova, con la sentenza n. 487/2013, ha confermato la sentenza di primo grado;

3. A fondamento del decisum, la Corte territoriale ha ritenuto, per quanto qui rileva, che la domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno in misura corrispondente alle retribuzioni che i ricorrenti avrebbero potuto percepire, avrebbe richiesto la prova – non fornita- che gli stessi avrebbero con sicurezza vinto il concorso; ha poi rilevato la Corte di appello, che i ricorrenti non hanno neppure allegato gli elementi che il diritto vivente pone a base del risarcimento da perdita di chance (atti cioè a dimostrare la concreta possibilità che essi avrebbero superato il concorso);

4. Avverso la decisione di secondo grado i ricorrenti in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

5. La Regione Liguria ha resistito con controricorso;

6. il P.G. non ha formulato richieste scritte.

7. entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Sintesi dei motivi

8. Con i primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione art. 97 cost. e degli artt. 1175, 1218, 1226, 1227, 1229, 1375, 2697 c.c., 112,115, 116, 210, 213, 421 c.p.c. e l’omesso esame di fatto decisivo per il I RG. 2562/2014 giudizio, in cui sarebbe incorsa la corte d’appello di Genova pervenendo al rigetto dell’impugnazione solo per la ritenuta omessa prova del nesso di causalità dei danni lamentati, nonostante l’illegittimità dell’operato della regione Liguria nella procedura concorsuale emergesse dalla sentenza amministrativa;

9. avrebbe errato la corte d’appello non esaminando il fatto che l’amministrazione, dopo l’annullamento della procedura da parte del Tar, avesse omesso di predisporre una nuova procedura, utilizzando una parte di funzionari individuati dalla graduatorie illegittima che risultavano per tal via promossi senza concorso ed escludendo i ricorrenti dalla possibilità di partecipare al concorso di ottenere il posto e non considerando che, per sottrarsi all’adempimento della sentenza amministrativa, la Regione Liguria avesse emanato due leggi regionali;

10. avrebbe errato la Corte d’appello nel ritenere non fornita la prova, da parte dei ricorrenti, che essi sarebbero risultati vincitori del concorso ove lo stesso avesse avuto regolare svolgimento, omettendo di comparare il dato aritmetico per cui alla selezione avevano partecipato 74 candidati per 41 posti, con la conseguenza che la probabilità di esito positivo per i concorrenti la superiore alla metà;

11. sarebbe, ancora, incorsa in errore la Corte d’appello rigettando il danno da perdita di chance nonostante i ricorrenti avessero fornito tutte le allegazioni elaborate dalla giurisprudenza, ossia la prova della rilevante probabilità di vincere, e non ammettendo le istanze istruttorie volte alla prova dei pregiudizi subiti;

12. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione art. 97 cost. e degli artt. 1175, 1218, 1226, 1227, 1229, 1375, 2697 c.c., 112,115, 116, 210, 213, 421 c.p.c. in cui sarebbe incorsa la corte territoriale respingendo la domanda volta al risarcimento del danno non patrimoniale patito dai ricorrenti sul rilievo che in relazione allo stesso sarebbero mancati motivi d’appello e comunque ogni elemento volto a dimostrare le sofferenze denunciate (dovendo, nella loro prospettazione, considerarsi evidente che le difese svolte in ordine all’illegittimità dell’operato della regione Liguria e circa il nesso causale tra lo stesso e i pregiudizi patiti dai ricorrenti fossero da ritenersi estese anche ai danni non patrimoniali);

13. che i due motivi sono infondati;

14. I ricorrenti pur richiamando formalmente e promiscuamente le censure contenute sia nel n. 3) che nel n. 5) del comma 1 dell’art. 360 c.p.c., in realtà, come si evince dalla parte argomentativa delle censure, lamentano l’errata ricostruzione dei fatti di causa ad opera del giudice di merito per inadeguata valutazione del materiale probatorio e omessa ammissione delle prove;

15. in particolare, la censura di omessa valutazione di un fatto decisivo (pag. 33) formulata con estrema genericità, non appare conforme ai parametri del nuovo testo dell’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, applicabile in causa ratione temporis, secondo cui consiste un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Al compito assegnato alla Corte di Cassazione resta infatti estranea una verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti che implichi un raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito.

16. I ricorrenti, nel caso di specie, non si dolgono del mancato esame di un fatto storico ma, in sostanza, della valutazione di merito in ordine ai fatti esaminati in sentenza, non sindacabile -per quanto sopra detto- da questa Corte e segnatamente dell’utilizzo della potestà normativa regionale, dalla quale, nella loro prospettazione, sarebbero illegittimamente stati stabilizzati gli altri lavoratori.

17. Tuttavia la gravata sentenza, ha dato conto , concordando con la valutazione svolta dal giudice di primo grado, che tutti gli elementi allegati dai ricorrenti e dei quali essi volevano fornire la prova o che comunque emergevano documentalmente e della cui omessa valutazione i ricorrenti si dolgono, configurano un quadro dal quale non scaturiscono i diritti risarcitori dedotti in giudizio.

18. Non scaturisce, ha osservato la corte, il diritto al risarcimento del danno patrimoniale equivalente alle retribuzioni che gli attori, ove vincitori, avrebbero potuto percepire, poiché essi non sono in grado di fornire la prova che sarebbero risultati certamente vincitori; non scaturisce il danno da cosiddetta perdita di chance, poiché manca una valutazione comparativa tra candidati idonea a soddisfare i principi giurisprudenziali elaborati riguardo, ossia gli elementi atti a dimostrare, seppure in modo presuntivo, e sulla base di un calcolo delle probabilità, la possibilità che essi avrebbero avuto di vittoria del concorso, che non può derivare dal calcolo matematico tra numero dei concorrenti e i posti da assegnare, dovendo essere comparati titoli e requisiti posseduti dai candidati (cfr. Sez. L, Sentenza n. 495 del 14/01/2016, Rv. 638519 – 01);

19. Quanto ai danni non patrimoniali (la cui domanda è respinta dalla corte poiché ritenuta non correttamente formulata in appello e che risulterebbe comunque assorbita in relazione alle argomentazioni svolte dalla corte riguardo alla prova del nesso di causalità, escluso dalla sentenza gravata e certamente rilevante per entrambi le figure di danno neppure si confronta realmente, il ricorso, con la affermazione contenuta nella sentenza che evidenzia come, con riferimento ai danni non patrimoniali, manchino i motivi di appello (pagina cinque); ed infatti, sul punto, i ricorrenti si limitano a richiamare le allegazioni svolte in primo grado senza confrontarsi realmente con le statuizioni della sentenza di appello che, nell’interpretare l’atto introduttivo del giudizio di appello, esclude la esistenza di tal allegazioni, così sfuggendo all’onere di specificazione dei motivi di ricorso, nel dedurre la relativa doglianza.

20. Del resto, le censure di violazione di legge, non risulterebbero accoglibili, anche sulla base della mera lettura dei motivi ove vengono formulate, perché prive di specificità considerato che, con riferimento alla violazione e falsa applicazione di legge, ex art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., il vizio va dedotto, a pena di inammissibilità, non solo con l’indicazione delle norme di diritto asseritamente violate ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. n. 287 del 2016; Cass. n. 635 del 2015; Cass. n. 25419 del 2014; Cass. n. 16038 del 2013; Cass.n. 3010 del 2012);

21. il motivo non prospetta, poi, una questione di interpretazione ed applicazione delle suddette norme di legge ma deduce, piuttosto, una erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione; non sono, pertanto, neppure ravvisabili omessi esami di fatti storici, deducibili come vizio di motivazione della sentenza;

22. il ricorso deve, pertanto, essere rigettato; al rigetto segue la condanna dei ricorrenti, secondo il principio della soccombenza, alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità che, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del DPR n. 115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13 se dovuto.

Così deciso, in Roma il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.