Covid-19: essendo il ricorrente giovane, sano e senza patologie a rischio, può rimanere in carcere (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 4 dicembre 2020, n. 34674).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente –

Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere –

Dott. BASSI Alessandra – Consigliere –

Dott. AMOROSO Riccardo – Rel. Consigliere –

Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) Antonino, nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

avverso l’ordinanza del 26/05/2020 del Tribunale di Caltanissetta;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Riccardo Amoroso;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Ciro Angelillis, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Caltanissetta, adito ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., ha rigettato l’appello proposto dal ricorrente avverso l’ordinanza emessa in data 17/04/2020 dal G.i.p. del Tribunale di Gela con la quale è stata respinta la richiesta di sostituzione della custodia cautelare in carcere applicata nei confronti del ricorrente per il reato di cui agli artt. 73, commi 1 e 4, 80 d.P.R. 309/90, con la misura degli arresti domiciliari.

2. Con atto a firma del difensore di fiducia, (OMISSIS) Antonino chiede l’annullamento del provvedimento, deducendo vizio della motivazione circa la diversa valutazione degli stessi elementi rispetto alla decisione presa dal Gip nei confronti di altro coimputato ((OMISSIS)), avendo trattato in modo difforme posizioni sostanzialmente identiche.

In particolare si denuncia che il decorso del tempo e la scelta del giudizio abbreviato erano stati gli elementi che il medesimo G.i.p. aveva valutato come idonei ad accogliere la richiesta di sostituzione della custodia in carcere con la misura degli arresti domiciliari, soltanto undici giorni prima nei confronti del coimputato (OMISSIS), sebbene la posizione di quest’ultimo fosse addirittura più grave di quella del (OMISSIS).

Si lamenta anche che con riferimento al (OMISSIS), il Pubblico Ministero aveva fornito parere favorevole in ragione della situazione sanitaria collegata alla diffusione della pandemia da Covid-19, mentre il G.i.p. aveva ritenuto del tutto inconferente tale dato rispetto al ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

Si deve preliminarmente osservare che la dedotta disparità di trattamento rispetto ad altro imputato in separato provvedimento non costituisce vizio di motivazione censurabile in cassazione.

I vizi di legittimità deducibili a norma dell’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen. sono sempre interni al provvedimento impugnato, con la conseguenza che non hanno alcun rilievo, sotto il profilo del vizio di motivazione o di qualsiasi altro tipizzato profilo di ricorso di legittimità ex art. 606 cod. proc. pen., la disparità di trattamento o il contrasto di giudizi con altro caso più o meno analogo (Sez. 1, n. 4875 del 19/12/2012, Abate, Rv. 254193).

Nell’ordinanza impugnata viene fornita una giustificazione assolutamente congrua delle ragioni del rigetto dell’istanza sul piano della coerenza intrinseca alla motivazione del provvedimento.

Le doglianze del ricorrente sono state adeguatamente respinte sia sotto il profilo della irrilevanza del raffronto con la diversa decisione assunta nei confronti di altro imputato, e sia con riguardo alle ragioni specifiche riferite alla posizione del ricorrente:

1) irrilevanza del tempo, perché breve;

2) della scelta processuale;

3) della emergenza epidemiologica da Covid-19, essendo il ricorrente giovane, sano e senza patologie a rischio.

Tutte valutazioni che non contengano illogicità, ma che appaiono sorrette da argomentazioni congrue e coerenti alle risultanze istruttorie acquisite.

3. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in tremila euro.

La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso in Roma il giorno 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.