Disoccupato e senza dimora, vive dell’attività illecita: logico presumere la pericolosità sociale (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 4 febbraio 2021, n. 4427).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere

Dott. SEMERARO Luca – Rel. Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) nato il 15/04/1990;

avverso la sentenza del 21/02/2019 della CORTE APPELLO di TORINO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. LUCA SEMERARO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. DOMENICO SECCIA.

Il P.G. conclude: inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza del 21 febbraio 2019 la Corte di appello di Torino, In parziale riforma di quella del 11 luglio 2018 del Tribunale di Torino emessa all’esito del giudizio abbreviato, ritenuta la sussistenza di un’unica ipotesi di reato ex art. 73 comma 5 d.P.R. 309/1990 (in Torino il 9 luglio 2018), ha rideterminato la pena inflitta a (OMISSIS) (OMISSIS) in 6 mesi di reclusione ed € 1.200 di multa.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato deducendo l’inosservanza dell’art. 99 comma 4 cod. pen. ed il vizio della motivazione sul rigetto del motivo di appello con cui si chiese l’esclusione della recidiva.

La Corte di appello avrebbe ritenuto sussistente l’accresciuta pericolosità sociale solo in base alle precedenti condanne e non avrebbe motivato sui presupposti per la sussistenza della recidiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

In risposta al motivo di appello, la corte territoriale ha ritenuto sussistente la recidiva non in base alla mera analisi dei precedenti penali ma effettuando la valutazione sulla relazione qualificata tra il reato per cui si procede ed i precedenti penali: ha infatti osservato che la reiterazione del reato oggetto della condanna è espressione dell’accresciuta pericolosità perché l’attività illecita non è occasionale, in relazione alle condizioni di vita disagiate (l’imputato è disoccupato e senza fissa dimora, sicché vive dei proventi dell’attività di cessione).

Inoltre, l’accresciuta pericolosità è stata valutata sotto il profilo soggettivo perché la commissione di altro reato, sempre per reati relativi alle sostanze stupefacenti, nonostante le precedenti condanne, è la dimostrazione di una negativa personalità.

Dunque, corretta è stata l’applicazione della recidiva ed insussistente è il vizio della motivazione dedotto.

2. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, si condanna altresì il ricorrente al pagamento della somma di euro 2.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 04/11/2020.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.