Figli sottratti (illegittimamente) alle famiglie: Italia condannata (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Sezione I, Sentenza 18 luglio 2019, n. 37748/13).

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA R.V. E ALTRI c. ITALIA

(Ricorso n. 37748/13)

SENTENZA

STRASBURGO

18 luglio 2019

La presente sentenza diverrà definitiva alle condizioni stabilite dall’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.

Nella causa R.V. e altri c. Italia,

la Corte europea dei diritti dell’uomo (Prima Sezione), riunita in una Camera composta da:

Ksenija Turković, Presidente,

Krzysztof Wojtyczek,

Aleš Pejchal,

Pauliine Koskelo,

Tim Eicke,

Jovan Ilievski,

Raffaele Sabato, giudici,

Abel Campos, Cancelliere di Sezione,

dopo aver deliberato in camera di consiglio in data 18 giugno 2019,

pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1. All’origine della causa vi è un ricorso (n. 37748/13) proposto contro la Repubblica italiana con il quale una cittadina italo-francese, R. V. (“la prima ricorrente”), e due cittadini italiani. D. (“il secondo ricorrente”), e T. (“il terzo ricorrente”), hanno adito la Corte in data 29 aprile 2013 ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”). Il Presidente della Sezione ha deciso che i nominativi dei ricorrenti non dovessero essere divulgati (articolo 47 § 4 del Regolamento della Corte).

2. I ricorrenti sono stati rappresentati dall’avvocato R. Aiello, del foro di S. Il Governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo ex agente, Sig.ra E. Spatafora, e dal suo co agente, Sig.ra M. L. Aversano.

3. I ricorrenti hanno sostenuto che i provvedimenti che avevano disposto l’affidamento dei minori al Comune nonché l’attuazione di tali provvedimenti avevano violato i loro diritti di cui all’articolo 8 della Convenzione.

4. In data 2 giugno 2016 sono state comunicate al Governo le doglianze relative all’articolo 8 della Convenzione e il resto del ricorso è stato dichiarato irricevibile in applicazione dell’articolo 54 § 3 del Regolamento della Corte.

5. Il Governo francese non si è avvalso del diritto di intervenire nel procedimento (articolo 36 § 1 della Convenzione).

IN FATTO

I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

6. Tutti i ricorrenti risiedono in Italia.

A. I provvedimenti di affidamento e i procedimenti interni

7. La prima ricorrente contrasse matrimonio con S.M. ed essi ebbero due figli: D., nato nel 2002, e T., nato nel 2004.

8. Il 26 settembre 2005 S.M. e la madre della prima ricorrente si recarono al locale consultorio familiare, per chiedere assistenza a occuparsi della prima ricorrente e dei minori.

9. In pari data i Servizi sociali dell’Azienda sanitaria locale presentarono una relazione al Pubblico Ministero del Tribunale per i Minorenni di G., contenente un verbale dell’incontro con S.M. e la madre della prima ricorrente. Dal verbale si evince che la madre della prima ricorrente e S. erano preoccupati del recente comportamento della prima ricorrente. Dichiararono che la prima ricorrente la notte restava fuori fino a tardi e a volte portava i figli con sé senza dire a S.M. dove stessero andando, e non accudiva adeguatamente i figli. S.M. dichiarò che la prima ricorrente aveva dimostrato un atteggiamento aggressivo nei suoi confronti. Espressero il sospetto che la prima ricorrente potesse essere bulimica. La madre della prima ricorrente espresse preoccupazione per le liti che avevano avuto luogo tra la prima ricorrente e S.M. davanti ai figli. Dichiarò inoltre che la prima ricorrente non voleva mandare il maggiore dei figli all’asilo. S.M. dichiarò di aver parlato con la prima ricorrente della possibilità di separarsi legalmente, ma era preoccupato del fatto che la prima ricorrente avesse espresso ovviamente l’intenzione di ottenere l’affidamento dei figli.

10. In data 3 ottobre 2005 il Pubblico Ministero presentò una domanda al Tribunale per i Minorenni di G., chiedendo l’adozione di un provvedimento provvisorio al fine di proteggere i minori nelle more della decisione da parte delle competenti autorità giudiziarie.

11. Con decisione del 7 novembre 2005 il Tribunale per i Minorenni di Genova affidò i minori al Comune di S. su base provvisoria e d’urgenza. Le parti pertinenti del provvedimento recitano:

“Rilevato che viene segnalato un serio aggravarsi delle condizioni materne (condotte irregolari, comportamenti apparentemente riconducibili a situazioni bulimiche, elevata aggressìvitá nei rapporti familiari);

che tali condotte materne appaiono seriamente pregiudizievoli per i figli, in età tenerissima: i minori risultano esposti alle manifestazioni di aggressività, con conseguenti comportamenti reattivi, risultano non accuditi, o condotti dalla madre in luoghi non noti al padre, D. non frequenta l’asilo;

che il padre non appare in grado di fronteggiare tale situazione;

che appare indispensabile, a protezione della condizione dei minori, affidarli al servizio sociale affinché ne venga assicurata la migliore temporanea collocazione, preferibilmente endofamiliare ma, in caso di impraticabilità, anche extrafamiliare, per il tempo occorrente ai necessari approfondimenti sulla situazione e sulle risorse genitoriali;

(…)

DISPONE

L’affidamento di D. e T. al Comune di S., affinché, d’intesa con il Consultorio familiare, ne disponga l’immediata migliore collocazione protettiva, preferibilmente endofamiliare ma, in caso di impraticabilità, anche extrafamiliare, attui il miglior progetto di sostegno per i minori ed i genitori, valuti le risorse genitoriali ed individui le problematiche esistenti, indirizzando gli adulti agli opportuni interventi terapeutici o agli strumenti di sostegno occorrenti;

Relazioni entro il 30 novembre 2006, immediatamente in caso di necessità;

(..).”

12. Dagli atti del fascicolo risulta che i minori furono affidati temporaneamente alla prima ricorrente, benché nell’abitazione della madre della stessa.

13. In data imprecisata la prima ricorrente e S.M decisero di separarsi legalmente e instaurarono a tal fine una causa dinanzi al Tribunale di S.

14. In data 7 settembre 2005 si svolse un’udienza dinanzi al Tribunale per i Minorenni di G. La prima ricorrente espresse il desiderio di ottenere l’affidamento dei figli, nella propria abitazione, e dichiarò di essere pronta a sottoporsi ai controlli dei Servizi sociali. Lamentò il fatto che nessuno avesse parlato con i figli e, per questo motivo, contestò l’attendibilità della conclusione secondo la quale essi non erano accuditi adeguatamente. La madre della prima ricorrente espresse l’opinione che la prima ricorrente fosse in grado di svolgere il ruolo di madre e potesse vivere con i figli nell’abitazione (della prima ricorrente), con l’assistenza dei Servizi sociali. Aggiunse che aveva difficoltà a gestire l’attuale situazione. In pari data il giudice trasmise la trascrizione dell’udienza ai Servizi sociali, chiedendo agli stessi di valutare le soluzioni più opportune in ordine all’affidamento e alla collocazione dei minori alla luce delle dichiarazioni delle parti.

15. In data imprecisata i Servizi sociali individuarono quale soluzione provvisoria la collocazione della prima ricorrente e dei minori in una comunità protetta. La comunità avrebbe fornito sostegno e controllo in ordine all’accudimento dei minori.

16. In data imprecisata la prima ricorrente iniziò a seguire un percorso psicoterapeutico.

17. In data 16 dicembre 2005 la prima ricorrente e i minori si trasferirono nella comunità protetta.

18. In data 20 febbraio 2006, nell’ambito della causa di separazione dinanzi al Tribunale di S., la prima ricorrente e S.M. chiesero che i minori fossero collocati presso la madre di S.

19. In data 27 febbraio 2006 il Tribunale di S. emise una decisione con cui prese atto della decisione del Tribunale per i Minorenni di Genova del 7 novembre 2005, e osservò che i Servizi sociali non avevano svolto alcuna valutazione. A causa dell’assenza di tale valutazione, concluse di non avere scelta e di dover quindi confermare la decisione del Tribunale per i Minorenni di G. Il Tribunale ordinò inoltre ai Servizi sociali di redigere una relazione sulla situazione dei minori e sulla possibilità di collocarli presso la nonna paterna. Nominò un giudice istruttore e fissò un’udienza per il 4 maggio 2006.

20. In data 6 aprile 2006 la prima ricorrente lasciò la comunità protetta, nella quale rimasero i figli.

21. In data 5 maggio 2006 il giudice istruttore del Tribunale di S. rigettò la domanda dei genitori che chiedeva che i figli fossero collocati presso la nonna fino a quando i Servizi sociali non avessero svolto le necessarie valutazioni.

22. Nel corso dell’udienza svoltasi il 22 giugno 2006 dinanzi al Tribunale di S. la prima ricorrente dichiarò che i figli avevano problemi nella comunità protetta, in quanto D. soffriva di alopecia e T. aveva difficoltà a dormire. Lamentò inoltre carenze da parte del personale della comunità protetta, e altresì che il personale non accudiva adeguatamente i figli. Queste ultime preoccupazioni furono condivise da S.M.

23. In data imprecisata i minori furono collocati presso la nonna paterna.

24. In data 20 giugno 2006 il Centro di Salute Mentale dell’Azienda sanitaria locale emise un certificato attestante che, come consigliato dai Servizi sociali, la prima ricorrente aveva compiuto un percorso psicoterapeutico presso la ASL fino al maggio 2006. Era inoltre certificato che la stessa non era in cura psichiatrica in quanto non erano stati diagnosticati “elementi psicopatologici degni di nota”.

25. In data 23 giugno 2006 il giudice istruttore del Tribunale di S. incaricò una psicologa, la Dott.ssa L., di effettuare una perizia indipendente della capacità dei genitori di svolgere il loto ruolo, di determinare la migliore collocazione per i minori e di presentare una relazione entro novanta giorni.

26. In data 23 gennaio 2007 la nonna paterna revocò formalmente il consenso alla collocazione dei minori presso di lei, pur dichiarando di essere disponibile a ospitarli nella sua abitazione fino a quando non fosse stata trovata un’altra soluzione.

27. In data 23 aprile 2007 fu emessa la perizia. Il consulente tecnico concluse, inter alia, che la sfera emotiva della prima ricorrente era caratterizzata da egocentrismo e narcisismo e che la stessa presentava un’immaturità globale nella sfera emotiva e relazionale che “inficiava parzialmente l’esercizio delle funzioni genitoriali”.

Secondo il consulente tecnico i minori stavano subendo un danno psicologico, che poteva esporli al rischio di sviluppare disordini psicopatologici. Riscontrò anche che il rapporto di D. con la madre era “privilegiato e totalizzante”, e che ciò conduceva a un comportamento regressivo, ad ansia e a insicurezza da parte del minore. Riscontrò anche che D. soffriva di un disturbo d’ansia di separazione. In ordine a T., la consulente rilevò che le sue sofferenze psicologiche derivavano principalmente dal “rapporto fusionale” della prima ricorrente con il figlio maggiore D.

Il consulente tecnico ritenne inoltre che nessuno dei prossimi congiunti dei minori avesse adeguate risorse che permettessero il collocamento endofamiliare dei minori. Raccomandò pertanto che i minori fossero collocati senza indugio presso una famiglia affidataria, e che fosse monitorato ogni rapporto con i genitori.

Raccomandò che fosse predisposto un programma di incontri, ma soltanto dopo che i minori si fossero stabilizzati nel nuovo ambiente familiare, e che i genitori dei minori seguissero un pertinente percorso psicoterapeutico.

28. In data imprecisata il Tribunale di S. trasmise la relazione al Tribunale per i Minorenni di G.

29. In data 27 aprile 2007 il Tribunale per i Minorenni di G. adottò un provvedimento d’urgenza, disponendo l’immediata sospensione di ogni contatto tra i genitori e i minori (sia diretto che indiretto). Il Tribunale ritenne che tali restrizioni fossero necessarie, a causa della possibilità che i genitori avrebbero potuto reagire negativamente alle conclusioni di un consulente tecnico indipendente e che ciò avrebbe potuto avere a sua volta conseguenze negative per i minori nel corso degli incontri. Il Tribunale chiese inoltre la nonna paterna osservasse il provvedimento e collaborasse pienamente con i Servizi sociali. Nel provvedimento non era specificata la durata della sospensione dei contatti.

30. In data 5 maggio 2007 il Tribunale di S., dopo aver esaminato la relazione del consulente tecnico d’ufficio, confermò il provvedimento che affidava i minori al Comune di S., e stabilì che i minori dovessero essere collocati provvisoriamente nella comunità protetta in cui avevano precedentemente soggiornato. Confermò il provvedimento che sospendeva ogni contatto con i genitori. Affermò che quest’ultima misura, benché dolorosa per tutte le parti coinvolte, contribuiva al collocamento dei minori presso una famiglia affidataria. Nel provvedimento non era specificata la durata della sospensione dei diritti di visita.

Secondo quanto consigliato dal consulente tecnico d’ufficio il Tribunale ritenne inoltre che la collocazione dei minori presso una famiglia affidataria non potesse più essere rinviata e trasmise il suo provvedimento al Tribunale per i Minorenni di G.

31. In data 1 agosto 2007 i minori furono collocati presso una famiglia di G.

32. In data 29 settembre 2008 la prima ricorrente presentò al Tribunale per i Minorenni di G. un’istanza urgente di revoca, chiedendo la revoca del decreto di affidamento. Chiese l’affidamento dei figli e una nuova perizia indipendente. Lamentò l’iniquità della decisione che limitava i suoi diritti genitoriali, in quanto era stata basata unicamente su quanto riferito da sua madre e da S.M., e non era stata svolta alcuna indagine finalizzata ad accertare la situazione in cui si trovavano i minori. Lamentò inoltre che, da quando era stato disposto l’affidamento dei suoi figli, le visite che avrebbero dovuto svolgersi una volta alla settimana non avevano avuto luogo con tale frequenza, ma piuttosto a discrezione dei Servizi sociali.

33. In data 19 gennaio 2009 il Tribunale per i Minorenni di G. nominò un consulente tecnico, la Dott.ssa L., ovvero la stessa psicologa che aveva compiuto la valutazione per il Tribunale di S.

34. In data 23 gennaio 2010 fu presentata la perizia. In ordine al funzionamento mentale della madre, il consulente tecnico confermò che era caratterizzato da “tratti di personalità paranoide, antisociale, narcisistico e istrionico” che inquadrò nosograficamente come “disturbo di personalità non altrimenti specificato”, che comprometteva parzialmente la capacità genitoriale della madre. In ordine ai minori riscontrò che si erano inseriti nella nuova famiglia e che la loro condizione globale stava migliorando, in quanto ricevevano un flusso stabile di attenzione e di affetto. D. aveva tuttavia ancora difficoltà nei rapporti emotivi e lottava con problemi connnessi all’abbandono, mentre T. dimostrava insicurezza e un comportamento regressivo.

Il consulente tecnico raccomandò che i minori rimanessero affidati al Comune di S. e collocati presso la famiglia affidataria.

Raccomandò inoltre che gli incontri con i genitori avessero luogo ogni tre settimane, con la vigilanza dei Servizi sociali.

Raccomandò anche che fossero organizzati incontri tra i genitori dei minori e la famiglia affidataria, e consigliò alla prima ricorrente di continuare il percorso psicoterapeutico.

35. In data 1 giugno 2010 la prima ricorrente presentò al Tribunale per i Minorenni di G. la perizia redatta da una psicologa che ella aveva nominato indipendentemente. La perizia contestava le conclusioni della Dott.ssa L. Tra le altre cose, la consulente tecnica sostenne che la Dott.ssa L. aveva stabilito un nesso diretto tra la sua valutazione del funzionamento mentale della prima ricorrente e il fatto che la capacità genitoriale della prima ricorrente fosse inficiata. La consulente dichiarò anche che i minori erano stati sottoposti ripetutamente a brusche separazioni dai punti di riferimento emotivi, con gravi conseguenze. Espresse preoccupazione per il fatto che i minori non vedevano i genitori da oltre cinque mesi, e concluse che la sospensione di ogni contatto esasperava le loro sensazioni di ansia e di insicurezza. Consigliò che avessero luogo frequenti incontri tra i minori e i loro genitori biologici.

36. Con provvedimento del 15 giugno 2019 il Tribunale per i Minorenni di G. fissò un incontro tra i genitori e i minori in data 18 giugno 2010, che avrebbe dovuto svolgersi presso lo studio del consulente tecnico e alla sua presenza. Il Tribunale dispose che fosse programmato un analogo incontro nel mese di luglio.

37. In data 17 settembre 2010 si svolse un’udienza dinanzi al Tribunale per i Minorenni di G. La Dott.ssa L. confermò le conclusioni esposte nella sua relazione del 23 gennaio 2010 e presentò una relazione di replica alla valutazione effettuata dal consulente tecnico indipendente nominato dalla prima ricorrente. Presentò anche l’elaborato di uno psichiatra che aveva visitato, su sua richiesta, i genitori dei minori e ribadì di poter ospitare nel suo studio gli incontri protetti tra i genitori e i minori.

Nel corso della stessa udienza la prima ricorrente ribadì la domanda di revoca del provvedimento di affidamento e della collocazione provvisoria dei minori presso una famiglia affidataria. Chiese inoltre l’adozione di misure finalizzate al ricongiungimento, per facilitare il ritorno dei minori presso di lei. S. chiese inoltre la revoca del provvedimento di affidamento e dichiarò di non avere obiezioni al ritorno dei minori con la prima ricorrente, a condizione che fossero garantiti i suoi diritti di visita.

38. In data 30 aprile 2011 la prima ricorrente presentò al Consiglio dell’Ordine Regionale degli Psicologi un esposto nei confronti della Dott.ssa L.

39. Con decisione del 7 dicembre 2011 il Tribunale per i Minorenni di G. confermò la collocazione dei minori presso la famiglia affidataria, con la quale essi già vivevano. Per raggiungere la conclusione che tale misura fosse ancora necessaria, il Tribunale rinviò alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio.

In ordine ai diritti di visita dei genitori il Tribunale per i Minorenni di G. decise che provvisoriamente gli incontri monitorati avrebbero avuto luogo ogni tre mesi, sarebbero dovuti durare due ore e avrebbero dovuto essere svolti in un ambiente neutrale. L’organizzazione pratica degli incontri fu affidata ai Servizi sociali di S., che agivano in collaborazione con i Servizi sociali di G. Qualsiasi decisione relativa agli incontri doveva essere preliminarmente approvata dal consulente tecnico d’ufficio, Dott.ssa L. Il Tribunale stabilì anche che fino al momento in cui i Servizi sociali non avessero definito le soluzioni necessarie per gli incontri, questi sarebbero avvenuti su base mensile, in conformità alle indicazioni impartite dalla Dott.ssa L.

40. In data 1 giugno 2012 la prima ricorrente propose reclamo alla Corte di Appello di G. avverso la decisione del Tribunale per i Minorenni di G. Formulò, tra l’altro, i seguenti rilievi:

  1. la decisione di affidare i minori al Comune non era stata corroborata da sufficienti motivazioni.
  2. La durata del decreto che aveva disposto l’affidamento dei minori era stata eccessiva, in quanto era in vigore dal 2005. A tale riguardo, contestò anche la base giuridica della collocazione presso la famiglia affidataria – che i Tribunali definivano a volte la “famiglia d’accoglienza”), espressione vaga – in quanto le pertinenti decisioni non erano basate su disposizioni giuridiche relative all’affidamento, bensì erano state emesse utilizzando disposizioni relative ai provvedimenti d’urgenza. Sostenne che l’affidamento dovrebbe essere una soluzione provvisoria per aiutare i genitori che si trovavano in difficoltà, e che se la situazione fosse stata irreversibile, o si fosse ritenuto che i minori coinvolti si trovassero in stato di abbandono, avrebbe dovuto essere instaurato un procedimento di adozione. Sostenne che l’affidamento a tempo indeterminato, come era avvenuto nel caso di specie, era illegittimo.
  3. Il procedimento era stato caratterizzato da eccessivi ritardi. Per esempio, l’istanza urgente di revoca presentata dalla prima ricorrente, depositata nel settembre 2008, era stata decisa dal Tribunale per i Minorenni di G. soltanto nel dicembre 2011. Il procedimento era stato caratterizzato anche dalla tardiva presentazione delle relazioni da parte del consulente tecnico d’ufficio, in assenza di richieste di proroghe.
  4. I minori erano stati collocati a G., città distante dal luogo di residenza della prima ricorrente, e i contatti erano stati sospesi a discrezione dei Servizi sociali, in assenza di provvedimenti giudiziari in tal senso (per esempio, dal dicembre 2009 al giugno 2010). Chiese anche un aumento del numero di incontri che poteva effettuare.
  5. I minori non erano stati sentiti dal Tribunale per i Minorenni.

41. In data 31 ottobre 2012 la Corte di Appello di G. rigettò il reclamo della prima ricorrente. Rinviando alla relazione della Dott.ssa L. del 14 gennaio 2010, la Corte ritenne che la prima ricorrente non avesse superato i suoi problemi personali né quelli relativi al suo rapporto con i figli, e rilevò che la prima ricorrente dimostrava “tratti di personalità paranoide, antisociale, e narcisistica e istrionico”, che compromettevano parzialmente la sua capacità genitoriale.

La Corte rilevò che la prima ricorrente si spostava da S. a un’altra città, nella quale svolgeva un’attività professionale che la Corte considerava incompatibile con la funzione di genitore a tempo pieno. La Corte rilevò che, sulla base di una relazione dei Servizi sociali emessa in data 12 dicembre 2012, i minori si erano inseriti bene nella famiglia affidataria, godevano di buona salute, e avevano superato almeno in parte le difficoltà riferite dalla Dott.ssa L.

La Corte rigettò inoltre per gli stessi motivi la domanda della prima ricorrente tesa a ottenere l’aumento del numero di incontri che aveva con i figli, e rimise qualsiasi ulteriore decisione in materia al Tribunale per i Minorenni di G., organo giudiziario cui era affidato il compito di monitorare continuamente l’evoluzione della situazione.

42. In data imprecisata il difensore della prima ricorrente chiese il parere (pro veritate) di un team di psicologi. Il parere fu emesso in data 12 settembre 2013 e fu trasmesso al Tribunale per i Minorenni di G. Tra le altre cose, il parere conteneva le seguenti raccomandazioni:

  1. che fossero immediatamente ripristinati i contatti telefonici tra la prima ricorrente e i minori.
  2. che fosse introdotto un incontro settimanale da svolgere dalle ore 10:00 alle ore 19:00, durante il quale la prima ricorrente poteva trascorrere la giornata con i figli senza essere monitorata.
  3. che dopo alcuni mesi i minori potessero trascorrere un giorno nell’abitazione della prima ricorrente durante il fine-settimana (dalle ore 10:00 alle ore 19:00) e che dopo qualche tempo fosse introdotto un pernottamento.
  4. che la ricorrente partecipasse gradualmente in misura maggiore alle decisioni relative ai figli (in materia di istruzione, salute, sports, attività ricreative, e così via).
  5. che fossero programmati incontri che durassero da sette a quattordici giorni consecutive, durante i quali i minori potessero trascorrere il tempo con la prima ricorrente nella sua abitazione o in vacanza.

Gli psicologi raccomandarono inoltre il definitivo trasferimento dei minori presso la madre, concedendo alla famiglia affidataria il diritto di visita. Raccomandarono inoltre che l’intera procedura fosse monitorata attentamente dai Servizi sociali, e fosse garantito a tutte le parti coinvolte, compresa la famiglia affidataria, un sostegno psicologico.

43. Nel 2014 l’istituto scolastico frequentato da D. inviò una nota ai Servizi sociali, esprimendo preoccupazione per il benessere di D., in quanto egli aveva attacchi di panico e iperventilazione, e vomitava prima delle verifiche. Riferì anche che D. era fuggito dalla scuola e si era gettato nel traffico proveniente dalla direzione opposta, nonostante gli sforzi compiuti da un insegnante per fermarlo.

44. In data 5 agosto 2014 la prima ricorrente presentò un’altra istanza al Tribunale per i Minorenni di G., chiedendo la revoca del provvedimento di affidamento. Ribadì diverse doglianze contenute nella sua istanza del settembre 2008. Lamentò inoltre, tra l’altro, che nei nove anni in cui i minori erano stati affidati al Comune di S. e nei sette anni in cui erano stati collocati presso la famiglia affidataria, le autorità non avevano mai attuato alcun tipo di programma finalizzato a ricongiungerla con i suoi figli. Inoltre esse non avevano mai modificato il calendario degli incontri, che vigeva da oltre sette anni e si era “cristallizzato” in un calendario che permetteva un incontro monitorato di due ore ogni tre settimane. La prima ricorrente sostenne espressamente che erano stati violati i suoi diritti di cui all’articolo 8 della Convenzione. Secondo le ultime informazioni ricevute dalla Corte, nel luglio 2017, non era stata ancora emessa alcuna decisione giudiziaria relativa a tale istanza.

45. In data 26 febbraio 2015, il difensore della prima ricorrente depositò un’istanza presso il Tribunale per i Minorenni di G. chiedendo che i minori fossero sentiti dal Tribunale.

46. In data 2 aprile 2015 il Tribunale per i Minorenni di G. accolse l’istanza e fissò quale data per l’audizione il 5 giugno 2015. Il giudice decise che i minori dovessero essere sentiti in assenza dei genitori e dei difensori degli stessi.

47. In data 14 maggio 2015 il difensore della prima ricorrente chiese che i difensori delle parti potessero osservare l’audizione dietro uno specchio unidirezionale, per evitare di essere visti dai figli, pur essendo tuttavia presenti.

48. In data 29 maggio 2015 il Tribunale di G. rinviò l’audizione a una futura data da destinarsi, in quanto il Tribunale non possedeva una stanza dotata dell’apparecchiatura necessaria (uno specchio unidirezionale e un impianto audio) per svolgere l’audizione in conformità all’istanza della prima ricorrente. Il Tribunale rinviò a data da destinarsi anche l’udienza di comparizione dei genitori.

49. In data 29 giugno 2015 il difensore della prima ricorrente presentò un’istanza al Tribunale di G., chiedendo che fosse fissata senza ulteriore indugio una nuova data per l’audizione dei minori. Chiese anche di fissare la data per la comparizione dei genitori. Sottolineò che il tempo era un fattore essenziale nelle cause concernenti minori che erano stati separati dai genitori biologici, e chiese non soltanto una sollecita fissazione delle udienze, bensì anche una sollecita conclusione della causa, eccessivamente lunga, relativa all’affidamento dei minori.

50. In data 21 settembre 2015 il Tribunale di G. fissò quale data per l’audizione dei minori il 14 ottobre 2015. Entrambi i minori dovevano essere sentiti simultaneamente. Precisò che i difensori dei genitori e il Pubblico Ministero avevano la possibilità di presentare un elenco di argomenti proposti da discutere con i minori.

51. In data 2 ottobre 2015 il rappresentante della prima ricorrente presentò un elenco di argomenti proposti per la discussione e chiese che i minori fossero sentiti separatamente, in modo da garantire la loro libertà e la loro spontaneità.

52. In data 13 ottobre 2015 il Tribunale di G. rigettò la domanda con la quale era stato chiesto che i minori fossero sentiti separatamente, in quanto un’audizione simultanea avrebbe “minimizzato il loro stress”.

53. Come programmato, l’audizione ebbe luogo il 14 ottobre 2015. Secondo la sintesi del verbale dell’audizione, elaborata dal Tribunale per i Minorenni di G. e presentata dal Governo nelle sue osservazioni, i minori dissero al giudice, fra le altre cose, di essere felici di vivere con la famiglia affidataria.

B. Incontri tra la prima ricorrente e i suoi figli

54. Secondo la relazione elaborata dai Servizi sociali di S. fornita dal Governo nelle sue osservazioni, dall’aprile 2006 all’agosto 2006 furono programmati degli incontri protetti due volte a settimana, che si svolsero nella comunità.

55. Successivamente alla sospensione di ogni contatto nel maggio 2007, disposta dai tribunali interni (si vedano i paragrafi 29 e 30 supra), furono organizzati due incontri protetti, uno nell’ottobre e uno nel dicembre 2007.

56. Secondo la relazione elaborata dai Servizi sociali di cui al paragrafo 54, i Servizi sociali, di propria iniziativa, sospesero nuovamente gli incontri dal gennaio al maggio 2008, riferendo che i minori non avevano reagito positivamente ai precedenti due incontri con i genitori. Gli incontri protetti ripresero nuovamente e si svolsero su base mensile presso l’Ufficio per i Minori del Comune di S. dal giugno 2008 al marzo 2008 e dall’aprile 2009 gli incontri mensili si svolsero nello studio del consulente tecnico d’ufficio. La relazione non precisa la durata degli incontri mensili.

57. Secondo la stessa relazione, dal gennaio al maggio 2010 fu nuovamente sospeso ogni incontro. Secondo il funzionario che ha elaborato la relazione ciò era dovuto alla perizia e al procedimento giudiziario in corso. Gli incontri mensili protetti ripresero a decorrere dal giugno 2010 e si svolsero presso l’Ufficio per i Minori del Comune di S.

58. Secondo il verbale degli incontri fornito dal Governo nelle sue osservazioni, dal marzo 2012 al 2016 gli incontri si svolsero ogni tre settimane, per due ore, con la vigilanza di assistenti sociali di una cooperativa sociale cui i Servizi sociali avevano delegato la responsabilità.

C. Coinvolgimento del Garante Regionale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza

59. In data imprecisata la prima ricorrente presentò reclamo all’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza. In data 11 settembre 2014 l’Autorità trasmise il reclamo alla pertinente Autorità Garante Regionale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, in prosieguo “l’Autorità Garante Regionale”), chiedendo che svolgesse un’indagine sul caso e riferisse.

60. In data 16 gennaio 2015 i minori furono sentiti separatamente da due rappresentanti dell’Autorità Garante Regionale. I minori descrissero come trascorrevano le giornate, quali sports praticavano, i compiti scolastici e l’andamento degli incontri con i genitori biologici. Gli operatori che svolsero il colloquio notarono che i minori non dimostravano di avere difficoltà ad accettare lo sviluppo dell’attuale situazione in cui vivevano. La trascrizione dell’incontro fu trasmessa per conoscenza al Tribunale per i Minorenni di G.

61. In data 29 giugno 2015 l’Autorità Garante Regionale emise una relazione sul caso.

62. La relazione osservava preliminarmente la mancanza di collaborazione dei Servizi sociali di S., che avevano rifiutato di fornire informazioni e non avevano risposto a lettere con le quali erano stati chiesti incontri finalizzati all’ascolto delle parti per svolgere una valutazione approfondita del caso. Sulla base di quanto riferito, il rappresentante dell’Autorità Garante Regionale era stato accusato di aver compiuto “ingerenze” nel caso.

63. La relazione esaminava poi le relazioni degli operatori sociali incaricati del compito di monitorare gli incontri con i genitori, e citava un estratto che indicava che vi erano prove del forte attaccamento dei minori alla “famiglia d’accoglienza”.

64. Tra le altre cose, la relazione sottolineò le seguenti preoccupazioni:a) L’affidamento dei minori, che avrebbe dovuto essere una misura provvisoria, era diventato di fatto un affidamento a tempo indeterminato. Sulla base dei documenti di cui disponeva l’Autorità Garante Regionale, e dell’esperienza dei funzionari che elaborarono la relazione, l’affidamento alla “famiglia d’accoglienza” aveva acquisito le caratteristiche di un’adozione.

  1. Ai genitori biologici erano permessi soltanto contatti sporadici con i figli, ed era loro proibito qualsiasi contatto con i figli per lunghi periodi.
  2. I minori erano stati collocati in una città che distava 140 chilometri dal luogo di residenza dei genitori biologici.
  3. I procedimenti giudiziari erano stati caratterizzati da ritardi e il consulente tecnico d’ufficio aveva presentato varie relazioni con ritardo, senza documentare i motivi di tale ritardo.
  4. Vi erano incoerenze tra le relazioni dei Servizi sociali e quelle presentate dagli educatori in ordine al comportamento della madre nel corso degli incontri.

La relazione descriveva la situazione sorta un problema “che ovviamente non aveva soluzione”. L’Autorità Garante Regionale sottolineò il carattere provvisorio dell’affidamento, rilevando che la collocazione presso la “famiglia d’accoglienza” non era stata attuata sulla base di un provvedimento di affidamento, e sottolineò la situazione di incertezza generata da ciò. I funzionari che elaborarono la relazione commentarono che vivere per molti anni con un’altra famiglia non generava un diritto di “usucapione” come avviene con un bene immobile.

Tra le conclusioni tratte nella relazione, l’Autorità Garante Regionale espresse l’opinione che un graduale riavvicinamento della prima ricorrente ai figli corrispondesse all’interesse superiore dei minori. Le raccomandazioni formulate nella relazione comprendevano quelle enumerate nel parere pro veritate (si veda il paragrafo 42 supra), che l’Autorità Garante Regionale dichiarò di approvare.

II. IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

A. Il Codice civile

65. L’articolo 330 del Codice civile prevede:

“Il giudice può pronunziare la decadenza dalla potestà quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio.

In tale caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l’allontanamento del figlio dalla residenza familiare.”

66. L’articolo 332 del Codice civile recita:

“Il giudice può reintegrare nella potestà il genitore che ne è decaduto, quando, cessate le ragioni per le quali la decadenza è stata pronunciata, è escluso ogni pericolo di pregiudizio per il figlio.”

67. La legge 28 marzo 2001 n. 149 ha modificato alcune disposizioni del Libro I, Titolo VIII, del Codice civile e della Legge n.184/1983.

68. L’articolo 333 del Codice civile, come modificato dall’articolo 37 comma 2 della Legge n.149/2001 prevede:

“Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall’articolo 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice, secondo le circostanze, può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l’allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore.”

69. L’articolo 336 del Codice civile, come modificato dall’articolo 37 comma 3 della stessa Legge, prevede:

“I provvedimenti indicati negli articoli precedenti sono adottati su ricorso dell’altro genitore, dei parenti o del pubblico ministero e, quando si tratta di revocare deliberazioni anteriori, anche del genitore dell’interessato. Il tribunale provvede in camera di consiglio, assunte informazioni e sentito il pubblico ministero; dispone, inoltre, l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore se capace di discernimento. Nei casi in cui il provvedimento è richiesto contro il genitore, questi deve essere sentito. In caso di urgente necessità il tribunale può adottare, anche d’ufficio, provvedimenti temporanei nell’interesse del figlio.

Per i provvedimenti di cui ai commi precedenti, i genitori e i minori sono assistiti da un difensore, anche a spese dello Stato nei casi previsti dalla legge.”

B. L’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza

70. L’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza è stata istituita dalla Legge 12 luglio 2011 n. 112. Ha il mandato di proteggere e promuovere i diritti dei minori e degli adolescenti, in conformità alle disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, della Convenzione europea sui diritti dell’uomo e di altri strumenti internazionali. L’Autorità ha varie funzioni, tra cui quella di esaminare e indagare sulle doglianze sottoposte alla sua attenzione.

III. IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNAZIONALE

71. Un estratto delle Linee-guida delle Nazioni Unite per l’assistenza alternativa ai minori, adottate con Risoluzione 64/142 del 24 febbraio 2010 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, recita:

“14. L’allontanamento di un minore dalla famiglia dovrebbe essere considerato una misura di ultima istanza, e, ogniqualvolta possibile, dovrebbe essere temporaneo e durare il più breve tempo possibile. La decisione di allontanamento dovrebbe essere riesaminata regolarmente e nell’interesse superiore del minore dovrebbe essere previsto il ritorno del minore presso i genitori quando le cause originali che hanno dato luogo all’allontanamento sono state risolte o sono scomparse ( …)”

IN DIRITTO

I. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE

72. La prima ricorrente, che ha dichiarato di agire anche per i figli, ha lamentato che i provvedimenti di affidamento, nonché l’attuazione di tali provvedimenti, avevano violato il loro diritto al rispetto della loro vita familiare previsto dall’articolo 8 della Convenzione, che recita:

“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.
2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.

73. Il Governo ha contestato tale rilievo.

A. Sulla ricevibilità

74. La Corte osserva innanzitutto che niente impedisce alla prima ricorrente di agire anche nell’interesse dei suoi figli. La Corte ha già accettato in diverse occasioni che genitori privati dei diritti genitoriali potessero adirla nell’interesse dei loro figli minori (si veda Lambert e altri c. Francia [GC], n. 46043/14, § 94 e i riferimenti ivi contenuti, CEDU 2015 (estratti)).

75. La Corte rileva che il ricorso non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 § 3, lettera a) della Convenzione. Osserva inoltre che non incorre in altri motivi di irricevibilità. Deve pertanto essere dichiarato ricevibile.

B. Sul merito

1. Rilievi delle parti

a) I ricorrenti

76. I ricorrenti hanno sostenuto che i provvedimenti contestati avevano violato i loro diritti di cui all’articolo 8 per diversi motivi, che possono essere riassunti come segue:

  1. la decisione di disporre l’affidamento dei minori non era supportata da motivi sufficienti e non era stata svolta alcuna istruttoria;
  2. la collocazione dei minori in affidamento, che avrebbe dovuto essere un provvedimento temporaneo, era stata prorogata a tempo indeterminato e si protraeva da oltre dieci anni;
  3. i provvedimenti adottati dalle autorità erano incompatibili con il fine di ricongiungere la madre con i figli, e non era stato compiuto alcun passo finalizzato al ricongiungimento;
  4. i procedimenti interni non erano stati svolti diligentemente, avevano avuto una durata eccessiva, e non si era tenuto conto degli interessi della madre e dei figli; e
  5. le limitazioni degli incontri, che non erano state revocate né modificate per dieci anni, non erano proporzionate – gli incontri erano stati completamente sospesi e altre volte erano stati fissati in modo irregolare, e a volte la loro organizzazione era stata lasciata alla discrezione dei Servizi sociali e del consulente tecnico d’ufficio.

77. La prima ricorrente ha sottolineato che l’affidamento dei minori a terzi avrebbe dovuto essere una misura di ultima istanza, adottata soltanto qualora la famiglia biologica non fosse stata idonea a compiere i suoi doveri, in quanto la dissoluzione di una famiglia avrebbe potuto avere conseguenze pregiudizievoli e traumatiche per i minori. Ha contestato le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio nominato dai tribunali interni in ordine alla sua idoneità genitoriale e ha rilevato che la seconda relazione peritale era stata presentata con un ritardo di un anno, benché la relazione fosse una mera conferma di quella presentata precedentemente.

78. La prima ricorrente ha inoltre lamentato le numerose limitazioni degli incontri, e ha enumerato esempi in cui gli incontri erano stati completamente sospesi, sostenendo che l’interruzione degli incontri aveva avuto un effetto pregiudizievole per il suo rapporto con i figli, nonché per il benessere psicologico degli stessi. Ha sottolineato che gli incontri con i suoi figli erano sempre stati monitorati da operatori sociali, e che ciò aveva posto una barriera nel rapporto madre-figli.

b) Il Governo

79. Il Governo ha contestato i rilievi della prima ricorrente. Ha sostenuto in primo luogo che le autorità interne avevano compiuto una valutazione e avevano trovato un delicato equilibrio tra gli interessi concorrenti nel caso di specie. Citando la sentenza della Corte relativa alla causa Scozzari e Giunta c. Italia ([GC], nn. 39221/98 e 41963/98, CEDU 2000 VIII), ha asserito che, in considerazione del fatto che i minori avevano sofferto a causa delle particolari circostanze del caso di specie, tutte le decisioni erano state adottate nel loro interesse superiore al fine di prevenire un danno alla loro salute e alla loro crescita, e ciò aveva infine condotto ad adottare soluzioni che non coincidevano con gli interessi della madre.

80. Invocando la causa T.P. e K.M. c. Regno Unito Unito ([GC], n. 28945/95, CEDU 2001 V (estratti), il Governo ha sostenuto che le misure contestate erano state necessarie ai sensi della giurisprudenza della Corte. In ordine alle decisioni relative all’affidamento dei minori, compresa la collocazione presso la famiglia affidataria, ha sostenuto che tutte queste decisioni erano state adottate a seguito di una valutazione approfondita del caso di specie, e tenendo presenti i problemi psicologici irrisolti della prima ricorrente. Il Governo ha inoltre sottolineato che erano stati contemplati diversi tipi di collocazione prima di collocare i minori in affidamento alternativo, ma tali collocazioni non avevano avuto successo a causa dell’indisponibilità delle parti coinvolte.

81. In ordine alle limitazioni degli incontri, il Governo ha sostenuto che tutte le decisioni relative a tale sfera erano state adottate nell’interesse superiore dei minori. Ha sottolineato che in un’occasione era stato organizzato un incontro tra i minori, i genitori biologici e la famiglia affidataria, senza la supervisione dei Servizi sociali, e che in futuro avrebbe potuto essere riscontrato qualche sviluppo positivo, che avrebbe potuto eventualmente condurre a un aumento del numero degli incontri.

82. Il Governo ha sottolineato il carattere temporaneo dei provvedimenti di affidamento, evidenziando in particolare che erano stati emessi e attuati in conformità a una procedura che esso ha definito “flessibile”, prevista dagli articoli 333 e 336 del Codice civile italiano, mediante la quale le decisioni relative all’affidamento potevano essere riviste in qualsiasi momento se le condizioni che avevano dato luogo all’emissione delle decisioni fossero cambiate. Ha inoltre sostenuto che la prima ricorrente non era mai stata privata permanentemente della potestà genitoriale.

83. Il Governo ha inoltre sostenuto che i procedimenti relativi all’affidamento dei minori era stati svolti sollecitamente e con il massimo rispetto sia delle esigenze dei minori che di quelle dei genitori. Ha rilevato in particolare che la decisione della Corte di Appello di G. era stata emessa tempestivamente e che il Tribunale per i Minorenni di G. aveva trattato sollecitamente l’istanza della prima ricorrente del 2015 che chiedeva che i minori fossero sentiti.

84. Con particolare riguardo ai ritardi del consulente tecnico nel presentare le sue relazioni, il Governo ha sottolineato che il consulente tecnico doveva impiegare “un certo tempo” a causa della complessità della causa e dell’“ampio spettro di aspetti” che la caratterizzavano.

85. Il Governo ha inoltre dichiarato che i minori si erano integrati bene nella famiglia affidataria e godevano di uno stile di vita equilibrato e di cure e istruzione appropriate. Ha citato la conclusione del consulente tecnico del 2010 che dichiarava che la condizioni globali dei minori erano migliorate a causa della “continuità dell’affetto” fornito dalla famiglia affidataria. La decisione di tenere i minori presso la famiglia affidataria era stata confermata nel 2011 dal Tribunale per i Minorenni di G. sulla base del fatto che le condizioni dei minori erano migliorate e che la collocazione aveva avuto conseguenze positive, e il Governo ha riferito che nel 2012 la Corte di Appello di G. aveva riscontrato che i minori erano in buona salute, sereni e avevano parzialmente superato i loro problemi. Ha sostenuto che le dichiarazioni rese dai minori nel corso dell’udienza a porte chiuse dinanzi al Tribunale per i Minorenni di G. nell’ottobre 2015 aveva fornito ulteriori prove del fatto che i minori erano felici della famiglia affidataria e non desideravano che la loro situazione fosse modificata. Un’ulteriore conferma poteva essere trovata nel colloquio svolto dall’Autorità Garante Regionale. Secondo il Governo tale esito positivo per i minori poteva essere interpretato come una prova dell’”effettività e dell’appropriatezza” delle decisioni adottate dalle autorità.

2. Valutazione della Corte

a) Sulla questione di sapere se vi fosse stata un’ingerenza nel diritto dei ricorrenti al rispetto della loro vita familiare

86. La Corte ritiene che i provvedimenti di affidamento in questione nel caso di specie, che hanno comportato il proseguimento dell’affidamento dei minori, con diverse soluzioni, per oltre dieci anni, e le limitazioni imposte agli incontri con i ricorrenti, abbiano costituito una ”ingerenza” nel loro diritto al rispetto della loro vita familiare.

b) Sulla questione di sapere se l’ingerenza fosse giustificata

87. La Corte ribadisce che un’ingerenza nel diritto al rispetto della vita familiare comporta la violazione dell’articolo 8, a meno che essa sia “prevista dalla legge”, abbia uno o più fini legittimi ai sensi dell’articolo 8 § 2, e sia “necessaria in una società democratica” per conseguire il fine o i fini summenzionati.

(i) Se fosse prevista dalla legge

88. I ricorrenti hanno espresso affermazioni generali relative all’uso improprio delle disposizioni legislative interne che consentivano la proroga a tempo indeterminato dei provvedimenti di affidamento temporaneo. La Corte rileva che i provvedimenti contestati si basavano sulle disposizioni di cui agli articoli 333 e 336 del Codice civile (si vedano i paragrafi 65-69). Benché la Corte esprima qualche preoccupazione per tale quadro giuridico (si veda il paragrafo 107 infra), alla luce delle modalità con le quali sono state formulate le doglianze dei ricorrenti essa può accettare, ai fini del caso di specie, che l’ingerenza nei diritti dei ricorrenti fosse stata “prevista dalla legge”.

(ii) Se avesse un fine legittimo

89. Secondo la Corte, i provvedimenti contestati potrebbero essere considerati finalizzati a proteggere la “salute o la morale” e i “diritti e le libertà” dei minori. Conseguentemente, è convinta del fatto che perseguissero fini legittimi ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 8.

(iii) Se fosse necessaria in una società democratica

(α) Principi pertinenti

90. Passando alla necessità dell’ingerenza contestata, i principi pertinenti sono stati riassunti recentemente nella causa Jansen c. Norvegia, n. 2822/16, §§ 88-95, 6 settembre 2018.

91. In particolare, la Corte ribadisce che l’affidamento di un minore deve essere considerato una misura temporanea che deve cessare appena le circostanze lo permettono, e qualsiasi misura di attuazione dell’affidamento provvisorio dovrebbe essere compatibile con il fine fondamentale del ricongiungimento del genitore naturale con il figlio (si vedano Covezzi e Morselli c. Italia, n. 52763/99, § 118, 9 maggio 2003, e R.M.S. c. Spagna, n. 28775/12, § 89, 18 giugno 2013). Il dovere positivo di adottare misure finalizzate al ricongiungimento familiare, appena ciò è ragionevolmente possibile, inizia a pesare sulle autorità responsabili con forza progressivamente crescente dall’inizio del periodo di affidamento, pur dovendo essere sempre controbilanciato dal dovere di tener conto dell’interesse superiore del minore (Kutzner c. Germania, n. 46544/99, § 76, CEDU 2002 I). Quando è trascorso un notevole lasso di tempo dal momento in cui il minore è stato collocato per la prima volta in affidamento, l’interesse del minore di non subire ulteriori modifiche fattuali della sua situazione familiare può prevalere sull’interesse dei genitori di vedere la famiglia riunita (si veda K.A. c. Finlandia, n. 27751/95, § 138, 14 gennaio 2003).

92. Inoltre, la Corte ha precedentemente ritenuto che le decisioni adottate dai tribunali nel campo del benessere dei minori possano diventare irrevocabili. Conseguentemente si tratta di un campo in cui vi è ancora maggiore esigenza di quanto avviene solitamente di protezione contro ingerenze arbitrarie (si veda, per esempio, N.P. c. Repubblica di Moldavia, n. 58455/13, § 67, 6 ottobre 2015).

93. La Corte ribadisce inoltre che, benché l’articolo 8 non contenga espliciti requisiti procedurali, il processo decisionale relativo alle misure di ingerenze deve essere equo e tale da garantire il dovuto rispetto degli interessi protetti dall’articolo 8 (si vedano W. C. Regno Unito sentenza dell’8 luglio 1987, Serie A n. 121, p. 29, § 64, e Cincimino c. Italia, n. 68884/13, § 64, 28 aprile 2016). A tale riguardo la Corte può tener conto della durata del processo decisionale dell’autorità locale e di qualsiasi procedimento giudiziario connesso (si vedano W. c. Regno Unito, sopra citata, § 65). L’effettivo rispetto della vita familiare esige che i futuri rapporti tra un genitore e il figlio siano determinati unicamente alla luce di qualsiasi considerazione pertinente, e non dal mero decorso del tempo (si vedano Ignaccolo-Zenide c. Romania, n. 31679/96, § 102, CEDU 2000 I; D’Alconzo c. Italia, n. 64297/12, § 64, 23 febbraio 2017; e Barnea e Caldararu c. Italia, n. 37931/15, § 86, 22 giugno 2017). Se ciò non avviene, la vita familiare non sarà rispettata, e l’ingerenza derivante dalla decisione non potrà essere considerata “necessaria” ai sensi dell’articolo 8. A tale riguardo, la Corte ha inoltre chiarito che nelle cause concernenti il rapporto di un genitore con il figlio, vi è il dovere di agire rapidamente e di esercitare un’eccezionale diligenza, in considerazione del rischio che il decorso del tempo possa comportare una determinazione della causa de facto (si vedano, mutatis mutandis, Kautzor c. Germania, n. 23338/09, § 81, 22 marzo 2012 e, nel contesto dei diritti di visita, Endrizzi c. Italia, n. 71660/14, § 48, 23 marzo 2017, e Improta c. Italia, n. 66396/14, § 45, 4 maggio 2017).

(β) Applicazione nel caso di specie

94. Ai fini della presente analisi, la Corte ritiene utile ricapitolare i provvedimenti di affidamento in questione. I minori sono stati affidati al Comune di S. nel novembre 2005, al fine di garantire il loro affidamento protettivo temporaneo, per il tempo necessario a svolgere una valutazione della situazione familiare (si veda il paragrafo 11 supra). A decorrere da tale data i Servizi sociali hanno tentato diverse soluzioni di affidamento provvisorio, compreso l’affidamento dei minori ai nonni e la collocazione con la madre in una comunità protetta (si vedano i paragrafi 15 e 23 supra). Nel maggio 2007 l’iniziale provvedimento di affidamento è stato reso più stringente, in quanto il Tribunale ha confermato la necessità di separare formalmente i minori dai genitori biologici e di collocarli presso una famiglia affidataria sostitutiva (si veda il paragrafo 30 supra). I minori sono stati affidati a una famiglia sostitutiva nell’agosto 2007 (si veda il paragrafo 31 supra). A decorrere da tale data il provvedimento di affidamento è stato abbinato a limitazioni degli incontri tra i minori e i loro genitori biologici. In alcuni periodi è stato sospeso ogni incontro con i genitori (si vedano i paragrafi 29, 30 e 57) e in altri periodi gli incontri sono stati limitati a incontri su base mensile o ogni tre settimane (si vedano i paragrafi 54 58 supra).

95. La Corte è consapevole del fatto che i provvedimenti emessi dal Tribunale per i Minorenni nell’ambito del quadro giuridico applicabile non diventano definitivi, nel senso che possono essere revocati o modificati in qualsiasi momento a causa del cambiamento delle circostanze che ne costituiscono la base (si veda, nel contesto dei diritti di visita, D’Alconzo c. Italia, n. 64297/12, § 47, 23 febbraio 2017). La Corte rileva che nel contesto di tale quadro giuridico, nel caso di specie era stato previsto che i provvedimenti relativi all’affidamento fossero temporanei, in quanto si basavano su una base giuridica prevista per i provvedimenti temporanei che possono essere adottati in caso di urgente necessità (si vedano i paragrafi 65 69 supra). Il carattere temporaneo dei provvedimenti è stato sottolineato anche dal Governo nelle sue osservazioni. La Corte rileva inoltre che le decisioni interne non indicano che vi fosse la previsione di un affidamento extra-familiare di lunga durata, né indicano che la separazione fosse finalizzata a disporre infine l’adozione dei minori. Il fatto che la prima ricorrente non sia mai stata privata definitivamente della potestà genitoriale, come sottolineato anche dal Governo, costituisce un’ulteriore prova del carattere temporaneo di tali provvedimenti. La Corte rileva, inoltre, che nella decisione del novembre 2005, che ha avviato la procedura di affidamento, il Tribunale per i Minorenni di G. ha lasciato al Comune, in coordinazione con i Servizi sociali, la decisione relativa al tipo di collocazione più appropriata per i minori, e anche se tale collocazione dovesse essere disposta nell’ambito del contesto familiare o all’esterno della famiglia (si veda il paragrafo 11 supra). La Corte osserva con preoccupazione che tale elemento di delega rivela l’ampia libertà concessa nel caso di specie dal Tribunale per i Minorenni di G. ai Servizi sociali.

96. Nonostante il fatto che i provvedimenti avessero carattere temporaneo, la Corte osserva che in pratica i minori sono stati affidati ininterrottamente al Comune di S. dal 2005, quindi per oltre dieci anni, secondo le ultime informazioni ricevute dalla Corte nel luglio del 2017. Quando nel 2007 il secondo e il terzo ricorrente sono stati affidati a una famiglia alternativa essi avevano rispettivamente l’età di cinque e tre anni, quindi hanno trascorso gran parte dell’infanzia presso tale famiglia. Con il decorso del tempo, secondo la Corte, le possibilità che la famiglia dei ricorrenti fosse riunificata sono progressivamente diminuite.

97. A fronte di tale contesto, la Corte dovrà valutare se si possa ritenere che la proroga dei provvedimenti di affidamento con tali modalità per oltre dieci anni sia stata “necessaria” ai sensi dell’articolo 8. Dati i fatti della causa in esame, quello che sarà particolarmente rilevante per la determinazione della Corte è stabilire se le autorità interne abbiano agito sollecitamente e con l’”eccezionale diligenza” che deve essere esercitata nelle cause riguardanti il benessere di minori (si veda il paragrafo 93 supra e le cause ivi citate). Nel compiere tale valutazione, la Corte dovrà essere convinta del fatto che nel caso di specie i rapporti genitori-figli siano stati determinati soltanto alla luce di tutte le considerazioni pertinenti, e non per il mero decorso del tempo (ibid.).

98. Passando ai fatti oggetto della causa, la Corte ribadisce innanzitutto che la decisione che ha avviato l’intera procedura di affidamento è stata la decisione del Tribunale per i Minorenni di G. del 7 novembre 2005 (si veda il paragrafo 11 supra). L’iniziale decisione del novembre 2005 non ha assunto una posizione in ordine all’esistenza di effettivi danni o pericoli per i minori, ma ha ritenuto che i problemi riferiti dalla madre della prima ricorrente e da S. fossero accuse che giustificavano un’azione precauzionale e ha sottolineato che era necessaria un’ulteriore valutazione della situazione (si veda il paragrafo 11 supra). La Corte rileva che, nel contesto del parallelo procedimento concernente la separazione legale della prima ricorrente e di S., nel febbraio del 2006 il Tribunale di S. ha dichiarato che i Servizi sociali non avevano svolto alcuna valutazione e che per tale motivo esso doveva confermare il decreto del novembre 2005 (si veda il paragrafo 19 supra). La Corte ritiene problematica la conferma e la conseguente proroga temporale di tale provvedimento di affidamento su tale base, soprattutto alla luce della gravità delle accuse – fino a quel momento non corroborate – relative alla condotta della prima ricorrente.

99. La Corte rileva inoltre che successivamente alla decisione del Tribunale di S. del febbraio 2006, sono trascorsi un anno e due mesi prima che in data 5 maggio 2007 fosse emessa un’altra decisione giudiziaria che confermava tale provvedimento (si veda il paragrafo 30 supra). Inoltre, la Corte rileva che tale decisione, che è stata emessa un anno e cinque mesi dopo l’emissione del decreto di affidamento del 2005, è stata la prima dell’intera procedura di affidamento che ha confermato il provvedimento di affidamento sulla base di una valutazione psicologica indipendente dei genitori.

100. La Corte rileva inoltre che i procedimenti sono stati caratterizzati anche dalla intempestiva presentazione delle perizie, dalle quali dipendevano le decisioni dei tribunali. A tale riguardo la Corte rileva che il 23 giugno 2006 il giudice istruttore designato dal Tribunale di S. ha incaricato un consulente tecnico di svolgere una valutazione della capacità dei genitori di svolgere il loro ruolo, e ha concesso al consulente tecnico il termine di novanta giorni (si veda il paragrafo 25 supra). La perizia è stata presentata con notevole ritardo, vale a dire dieci mesi dopo la nomina del consulente tecnico e sei mesi dopo la scadenza del termine. La Corte non mette in discussione la necessità di sospendere il procedimento per ottenere una perizia. Essa non dubita neanche del fatto che nel caso di specie il consulente tecnico avesse bisogno di “un certo tempo”, come ha sostenuto il Governo, a causa dell’”ampio spettro di aspetti” che caratterizzano il caso. Nonostante ciò essa non è interamente persuasa dei rilievi formulati dal Governo a tale riguardo, in quanto il fatto che i tribunali interni abbiano concesso un termine di novanta giorni per la presentazione della perizia appare, per la Corte, significativo e indicativo dell’urgenza dell’esame della causa. La Corte rileva inoltre che preoccupazione per il ritardo nella presentazione delle perizie e per l’assenza di motivi documentati di tale ritardo è stata espressa anche dall’Autorità Garante Regionale nella sua valutazione del caso (si veda il paragrafo 64 supra).

101. Le precedenti considerazioni sono già sufficienti per far dubitare del processo decisionale, dal momento dell’introduzione delle misure, nel novembre 2005, al momento della loro conferma, nel maggio 2007, sia in ordine alla rapidità che alla diligenza. La Corte ribadisce che i minori sono stati affidati a una famiglia alternativa nell’agosto 2007 (si veda il paragrafo 31 supra). Secondo la Corte, la necessità che i procedimenti fossero svolti rapidamente e con eccezionale diligenza è diventata ancora più cruciale a decorrere da tale momento, dato l’allontanamento fisico dei minori dai genitori biologici e la possibilità che i minori sviluppassero dei legami con la famiglia affidataria. Tale possibilità, con le sue potenziali ripercussioni di vasta portata sulla vita familiare dei ricorrenti, era ancora più concreta alla luce della tenera età dei minori al momento della collocazione presso la famiglia alternativa, unita alle limitazioni poste agli incontri con i genitori biologici (si veda il paragrafo 94 supra, in fine).

102. La Corte osserva che nel settembre 2008 la prima ricorrente ha presentato al Tribunale per i Minorenni di G. un’istanza urgente chiedendo, inter alia, la revoca dei provvedimenti di affidamento (si veda il paragrafo 32 supra). Dopo sei mesi il Tribunale per i Minorenni di G. ha stabilito che era necessaria una nuova perizia e ha successivamente nominato lo stesso perito che era stato nominato dal Tribunale di S. (si veda il paragrafo 33 supra). Il Tribunale per i Minorenni di G. ha pronunciato una decisione con la quale ha rigettato l’istanza della prima ricorrente e in data 7 dicembre 2011 ha confermato il decreto di affidamento e la collocazione dei minori in affidamento alternativo, vale a dire quasi tre anni dopo il deposito dell’istanza di revoca delle misure. La Corte non desidera minimamente sottovalutare la complessità della situazione affrontata dalle autorità interne e le sfide inerenti l’equilibrio degli interessi contrastanti in gioco nel caso di specie. Apprezza inoltre la complessità dei procedimenti concernenti l’affidamento dei minori in questione, come sottolineato dal Governo. Ciononostante, la Corte ritiene che un arco temporale di tre anni – durante i quali i giovani minori sono rimasti in affidamento alternativo – per pervenire a una decisione giudiziaria, che ha rigettato un’istanza d’urgenza nel contesto di misure temporanee, non appaia un termine ragionevole.

103. La Corte ribadisce che nel contesto di quest’ultimo procedimento dinanzi al Tribunale per i Minorenni di G. è stata richiesta una nuova perizia, la quale è stata presentata ancora una volta con notevole ritardo. L’elaborato peritale è stato depositato il 23 gennaio 2010, circa undici mesi dopo la data in cui era stato formalmente disposto dal Tribunale, nonostante il fatto che il Tribunale avesse concesso al consulente tecnico il termine di novanta giorni per presentare la perizia (si veda il paragrafo 34 supra). La Corte rileva che la valutazione è stata svolta dallo stesso consulente tecnico che si era occupato precedentemente del caso. Le è stato chiesto di presentare un nuovo parere su una causa che era senza dubbio complessa, ma certamente non nuova per lei. Il ritardo deve pertanto essere considerato particolarmente lungo.

104. La Corte osserva che in data 5 agosto 2014 la prima ricorrente ha presentato un’altra istanza al Tribunale per i Minorenni di G., chiedendo ancora una volta la revoca del decreto di affidamento (si veda il paragrafo 44 supra). Secondo le informazioni fornite dalle parti, all’epoca in cui il Governo è stato informato della causa, vale a dire nel giugno 2016, quasi due anni dopo la presentazione del ricorso, il Tribunale per i Minorenni non aveva pronunciato alcuna decisione. La Corte sottolinea che durante tale lasso di tempo i minori sono rimasti presso la famiglia affidataria e sono rimate in vigore le limitazioni degli incontri (si veda il paragrafo 94 supra, in fine).

105. Oltre a sottolineare, ancora una volta, il protratto arco temporale che caratterizza i procedimenti, le osservazioni della Corte esposte nel precedente paragrafo rivelano anche il fatto che in quasi dieci anni dalla conferma dei provvedimenti di affidamento nel maggio 2007, secondo le informazioni fornite dalle parti, vi è stata soltanto una decisione giudiziaria da parte del Tribunale incaricato del compito di monitorare l’evoluzione della situazione, ovvero il Tribunale per i Minorenni di G., che si è pronunciato sul merito dei provvedimenti di affidamento e sulla necessità di mantenerli o di revocarli.

106. In considerazione di tutti gli elementi di cui sopra, la Corte non è persuasa del fatto che la condotta delle autorità interne possa conciliarsi con i requisiti di sollecitudine e di “eccezionale diligenza” che devono essere esercitati nelle cause concernenti il benessere di minori. Le considerazioni esposte nei precedenti paragrafi rafforzano anche la conclusione della Corte secondo la quale il decorso del tempo – alimentato dai protratti archi temporali che hanno caratterizzato il processo decisionale interno – è stato un fattore influente nella determinazione dei rapporti tra la prima ricorrente e i figli. Da questo punto di vista, l’enfasi posta dal Governo sull’esito in definitiva positivo per i minori non è di per sé sufficiente a sminuire l’importanza della rapidità e della diligenza nel processo decisionale e a impedire che il decorso del tempo abbia conseguenze inopportune sul rapporto genitore-figlio.

107. Infine, quale considerazione complessiva, la Corte esprime preoccupazione per un sistema che il Governo loda per la sua flessibilità (si veda il paragrafo 82 supra), ma che rende anche possibile, come dimostrato dai fatti oggetto della causa, l’affidamento allo Stato sulla base di una legislazione che prevede che i “provvedimenti temporanei” che possono essere adottati in una situazione di “urgente necessità” siano protratti a tempo indeterminato, senza fissare un termine di durata dei provvedimenti o di riesame giudiziario degli stessi, con ampie deleghe da parte dei Tribunali ai Servizi sociali, e in definitiva senza che siano determinati i diritti genitoriali.

108. Per quanto sopra esposto, e in particolare visti i vari ritardi individuati, la Corte ritiene che il processo decisionale, che ha comportato l’affidamento ininterrotto dei minori per oltre dieci anni, incompatibile con i requisiti dell’articolo 8. Vi è conseguentemente stata violazione di tale disposizione della Convenzione.

109. Per effetto di tale conclusione, non è necessario che la Corte esamini le ulteriori doglianze dei ricorrenti distintamente.

II. APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

110. L’articolo 41 della Convenzione prevede:

“Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.”

A. Danno

111. I ricorrenti hanno chiesto un totale di 28.000,000 euro (EUR) per il danno non patrimoniale, nell’ambito di tale somma EUR 8.000,000 dovevano essere accordati alla prima ricorrente ed EUR 10.000,000 ciascuno al secondo e al terzo ricorrente.

112. La prima ricorrente ha inoltre dichiarato di aver sviluppato problemi di salute, tra i quali una tiroidite cronica, e di vivere in uno stato di profonda tristezza e infelicità, con gravi ripercussioni per la sua vita personale, familiare e sociale, in conseguenza dello stress emotivo cui era stata sottoposta. Ha inoltre sostenuto che la situazione lamentata aveva avuto effetti psicologicamente nocivi per i minori.

113. Il Governo ha replicato che la richiesta era eccessiva. Ha inoltre sostenuto che non erano state presentate prove che dimostrassero un nesso causale tra la situazione lamentata e i problemi di salute asseritamente patiti dalla prima ricorrente.

114. Benché la Corte ritenga che le richieste formulate dai ricorrenti siano eccessive, ammette che essi debbano aver patito angoscia e sofferenza emotiva che non possono essere risarcite soltanto mediante la constatazione della violazione. Deliberando in via equitativa, la Corte ritiene opportuno accordare ai ricorrenti EUR 33.000, congiuntamente, per il danno non patrimoniale.

B. Spese

115. La prima ricorrente ha chiesto inoltre EUR 34.614.18 per le spese sostenute, senza fornire ulteriori dettagli, e ha invitato la Corte a esaminare le note spese e le fatture allegate alle osservazioni.

116. Il Governo ha contestato tale importo e ha dichiarato che la pretesa della prima ricorrente non era sufficientemente dettagliata, come richiede la Corte.

117. Secondo la giurisprudenza della Corte un ricorrente ha diritto al rimborso delle spese soltanto nella misura in cui ne siano dimostrate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole. Nel caso di specie, visti i documenti di cui è in possesso e i summenzionati criteri, la Corte ritiene ragionevole accordare la somma di EUR 17.000 per i procedimenti interni. Non essendo stata presentata alcuna specifica richiesta in ordine alle spese sostenute dinanzi alla Corte, non è accordato nulla a tale titolo.

C. Interessi moratori

118. La Corte ritiene opportuno basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea, maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITA’

  1. Dichiara il ricorso ricevibile;

2. Ritiene che vi sia stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione,

3. Ritiene che lo Stato convenuto debba versare, entro tre mesi a decorrere dalla data in cui la sentenza diverrà definitiva in conformità all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:

a. EUR 33.000 (trentatremila euro), ai ricorrenti, congiuntamente, oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno non patrimoniale;

b. EUR 17.000 (diciassettemila euro), alla prima ricorrente, oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per le spese;

c. che a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, maggiorato di tre punti percentuali.

Fatta in inglese e poi notificata per iscritto in data 18 luglio 2019, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del Regolamento della Corte.

Ksenija Turković
Presidente

Abel Campos
Cancelliere

Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli affari di giustizia traduzione eseguita dalla Dott.ssa Maria Caterina Tecca, funzionario linguistico.

Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court’s database HUDOC