Il reato di omicidio stradale è una fattispecie speciale e autonoma rispetto a quella dell’art. 586 c.p. (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 9 giugno 2021, n. 22768).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere

Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere

Dott. CALASELICE Barbara – Rel. Consigliere

Dott. FRANCOLINI Giovanni – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) DANIEL nato a (OMISSIS) (ROMANIA) il 10/10/19xx;

avverso la sentenza del 05/04/2019 della CORTE APPELLO di VENEZIA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Barbara CALASELICE;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. LUIGI BIRRITTERI che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità;

udito il difensore della parte civile che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità, con condanna alle spese con distrazione degli onorari.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello di Venezia ha confermato la condanna, pronunciata dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Treviso, in data 28 marzo 2017, nei confronti di Daniel (OMISSIS) alla pena di anni due di reclusione, ritenuta la continuazione, con la pena accessoria della revoca della patente di guida e la condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile con assegnazione di una provvisionale.

1.1. La condanna è stata emessa nei confronti dell’imputato, in relazione ai reati di cui agli artt. 9 C. d. S. (capo a), art. 586 cod. pen. (capo b), art. 189, comma 1 e 7 C. d. S., per aver gareggiato in velocità con altro veicolo, nonché per aver cagionato la morte di Timis (OMISSIS) il quale, nell’effettuare una manovra di sorpasso, perdendo il controllo, usciva di strada alla propria destra collidendo contro un platano e riportando lesioni letali, il tutto senza prestare assistenza ed allontanandosi dal luogo del sinistro, senza allertare i soccorsi.

2. Avverso la sentenza indicata, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, deducendo, nei motivi di seguito riassunti, quattro vizi.

2.1. Con il primo motivo si denuncia inosservanza o erronea applicazione dell’art. 9-ter d. Igs 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) e correlato vizio di motivazione circa l’elemento oggettivo del reato e il mancato riconoscimento della dedotta assenza di dolo.

Si contesta la sussistenza di una “gara” tra i veicoli in senso tecnico non potendosi questa ricavare, come emerge dal provvedimento censurato, dalla velocità delle vetture (in assenza di elementi dai quali trarre l’esistenza di una turbativa atta ad interferire con la marcia dell’altro veicolo), dal fatto che le due vettura, per un tratto, si fossero trovate appaiate, ben potendosi configurare un ordinario sorpasso.

Né, infine, per la difesa, assumerebbe preminente rilievo la circostanza, indicata dalla Corte di appello, dell’esistenza di uno stridio di gomme sul fondo stradale alla partenza delle vetture.

Quanto all’elemento soggettivo, non vi sarebbe prova di alcun sorpasso tra vetture, né gli “informatori” avrebbero attestato che uno dei veicoli procedesse a zig zag, a dimostrazione della necessità di mantenere la testa della corsa, né emergerebbe che uno dei motori delle vetture coinvolte fosse stato truccato.

2.2. Con il secondo motivo si denuncia inosservanza o erronea applicazione dell’art. 189, comma 1 e 4, d. Igs. n. 285 del 1992 e correlato vizio di motivazione.

Secondo le risultanze della consulenza tecnica svolta dalla pubblica accusa, la morte sarebbe avvenuta immediatamente, fatto del quale, per le modalità della deflagrazione, non avrebbe potuto non accorgersi l’imputato, secondo le regole della logica e della comune esperienza.

Dunque, non si sarebbero realizzati gli elementi tipici del reato, per inesistenza dell’oggetto, richiamando giurisprudenza di legittimità (Sez. 4, n. 39088 del 2016).

2.3. Con il terzo motivo si denuncia inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 62-bis e correlato vizio di motivazione, potendo concedersi le circostanze invocate, anche al solo fine di adeguare la pena al fatto.

2.4. Con il quarto motivo si denuncia inosservanza o/e erronea applicazione dell’art. 589-bis, comma 7, C. d. S. e correlato vizio di motivazione.

Causa della morte accertata è stata la perdita di controllo della vettura da parte del deceduto che si trovava, peraltro, in condizioni di grave intossicazione alcolica ai limiti del coma etilico.

Si deve, pertanto, secondo la difesa riconoscere l’attenuante speciale di cui all’art. 589-bis cod. pen. estendendo l’operatività della norma al caso di cui all’art. 586 cod. pen., in ossequio al principio di eguaglianza.

3. Il Procuratore generale presso questa Corte, ha fatto pervenire ai sensi dell’art. 23 d.l. n. 137 del 2020, requisitoria scritta con la quale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

3.1. La parte civile ha fatto pervenire in data 12 febbraio 2021, conclusioni scritte con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con condanna alle spese e distrazione degli onorari in favore del difensore, come da nota spese.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è, in parte, manifestamente infondato e, in parte, devolve censure non consentite in sede di legittimità.

1. Il primo motivo è inammissibile.

Esso attiene alla reputata insussistenza di una gara automobilistica tra l’imputato e la vittima.

La censura è, invero, meramente riproduttiva di identico motivo di gravame e si traduce in valutazioni di merito che, peraltro, non tengono conto degli esisti della prova dichiarativa, indicata nelle convergenti sentenze di merito, secondo la quale i due giovani, imputato e vittima, si sfidarono, su chi fosse riuscito ad arrivare per primo in un bar della zona, dando luogo ad una vera e propria competizione tra loro.

Sicché, sotto tale profilo, motivo è aspecifico (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822; Sez. 2, n. 5522 del 22/10/2013, Rv. 258264; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Rv. n. 254584).

Corretta è, poi, la qualificazione della condotta.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, è configurabile una gara di velocità, vietata dall’art. 9-ter C.d.S., quando due o più conducenti di veicoli, senza preventivo accordo e per effetto di una tacita e reciproca volontà di voler competere l’uno con l’altro, pongono in essere una contesa, consistente nel tentativo di superarsi, ingaggiando una competizione da cui deriva un vicendevole condizionamento delle modalità di guida (Sez. 4, n. 52876 del 30/11/2016, Gugliandolo, Rv. 268794).

E’ noto, poi (cfr. ex multis, Sez. 4, n. 10669 del 04/12/2019, dep. 2020, Forestieri, Rv. 278651) che, in tema di circolazione stradale, in caso di violazione del divieto di gareggiare in velocità a cui consegua la morte di una o più persone, è configurabile il delitto di cui all’art. 9-ter, comma 2, C.d.S. e non anche il reato di omicidio stradale di cui all’art. 589-bis cod. pen., difettandone gli elementi costitutivi, atteso che, in tal caso, la morte non è determinata da una condotta colposa bensì dolosa, alla quale si accompagna la sola prevedibilità dell’evento.

Questa Corte di legittimità, infatti, ha chiarito che nel caso in cui, nel contesto della gara, la morte sia dipesa da violazioni cautelari diverse dal gareggiare e sia presente anche la colpa, l’imputato potrà rispondere dell’omicidio colposo ex art. 589-bis cod. pen. (oltre che del reato di cui al comma 1 dell’art. 9-ter C.d.S.), mentre, qualora la morte sia derivata tanto dal gareggiare che da altre violazioni cautelari e ciascuna sia assistita dal correlativo elemento soggettivo, avrà luogo il concorso materiale dei reati.

1.2. Il secondo motivo è inammissibile essendo incontroversa la sussistenza dell’obbligo di prestare assistenza nella fattispecie in esame.

Invero, secondo un indirizzo più rigoroso, il reato di omissione di assistenza, di cui all’art. 189, comma 7, cod. strada, presuppone quale antefatto non punibile, un incidente stradale da cui sorge l’obbligo di assistenza anche nel caso di assenza di ferite in senso tecnico, essendo sufficiente lo stato di difficoltà della vittima, di per sé indicativo del pericolo che, dal ritardato soccorso, può derivare per la vita o l’integrità fisica della persona (Sez. 4, n. 21049 del 06/04/2018, Barbieri, Rv. 273255).

E’ stato da altra pronuncia di questa Corte precisato, che il reato di omissione di assistenza richiede, comunque, che il bisogno dell’investito sia effettivo.

Sicché, secondo tale indirizzo, non è configurabile il reato in questione nel caso di assenza di lesioni o di morte o allorché altri abbia già provveduto e non risulti più necessario né utile o efficace, l’ulteriore intervento dell’obbligato.

In ogni caso, secondo tale orientamento si tratta di circostanze che non possono essere ritenute ex post, dovendo l’investitore essersene reso conto, in base ad obiettiva constatazione, prima dell’allontanamento (Sez. 4, n. 39088 del 03/05/2016, Maracine, Rv. 267601).

Dunque, si rileva, alla luce degli indirizzi riportati, che la censura proposta non è specifica posto che non tiene conto della completa motivazione del provvedimento censurato, nella parte in cui si descrive la condotta tenuta dall’imputato nelle immediatezze.

Questi, secondo la ricostruzione in fatto dei convergenti provvedimenti di merito, non rivedibile in questa sede, si era soltanto interessato di verificare, una volta avvenuto l’incidente, se la sua vettura avesse riportato danni, senza accertarsi, in alcun modo, delle condizioni fisiche della vittima.

1.3. Il terzo motivo è inammissibile perché genericamente formulato e solo enunciato e, comunque, attinente alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, giudizio di fatto rimesso, come è noto, all’apprezzamento del giudice di merito, nella specie supportato da idonea e completa motivazione.

1.4. Il quarto motivo è manifestamente infondato.

Esso attiene al mancato riconoscimento della speciale attenuante di cui all’art. 589-bis, comma 7, cod. pen.

Sul punto, il Collegio osserva che proprio la natura speciale di detta attenuante, ne giustifica la non applicabilità al diverso delitto di cui all’art. 586 cod. pen. per il quale il ricorrente ha riportato condanna.

In via generale, infatti, va osservato che la previsione di cui all’art. 586 cod. pen. non prevede, per ogni categoria di omicidio e lesioni colpose, l’automatica applicazione dell’art. 589 e 590, ma solo che, qualora l’evento effettivamente cagionato sia sussumibile in tali disposizioni, le relative pene siano aumentate.

Quando, invece, i fatti sono sussumibili nella fattispecie speciale di cui all’art. 589-bis cod. pen., l’aumento di pena previsto dall’art. 586 non si applica, perché esso trova applicazione solo in relazione ai reati di cui agli artt. 589 e 590 cod. pen. (Sez. 3, n. 25538 del 14/02/2019, Jarmouni Bouchaib, Rv. 276007).

Le disposizioni di cui all’art. 589-bis cod. pen., dunque, sono speciali rispetto alle fattispecie richiamate dall’art. 586 cod. pen., in quanto le condotte di cui agli artt. 589 e 590 cod. pen. sono poste in essere dall’agente con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale.

Ebbene, proprio di tale particolarità non si può non tener conto nella applicazione dell’art.586 cod. pen., secondo cui “quando un fatto preveduto come delitto doloso deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la morte o la lesione di una persona, si applicano le disposizioni dell’articolo 83 cod. pen., ma le pene stabilite negli articoli 589 e 590 sono aumentate”.

Si tratta di una particolare applicazione dell’aberratio delicti di cui all’art. 83 cod. pen., sicché, quando si è in presenza di condotte speciali tenute dall’agente trovano applicazione le disposizioni di cui agli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen., in luogo degli aumenti di cui all’art. 586 cod. pen.

Non si ravvisa, dunque, alcuna violazione del principio di eguaglianza, ma anzi discende dalla totale autonomia della previsione speciale di cui all’art. 589- bis cod. pen. rispetto a quella di cui all’art. 586 cod. pen., la mancata applicazione dell’invocata attenuante di cui al comma 7 dell’art. 589-bis cod. pen. al caso di specie, come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale.

2. Consegue, a quanto fin qui esposto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché — ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità — al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma indicata in dispositivo, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

2.1. Segue, altresì, la condanna alle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile.

Queste vanno anticipate al procuratore, come da richiesta, tenuto conto della previsione di cui all’art. 93, comma 1, cod. proc. civ., potendo il difensore munito di procura speciale richiedere, come avvenuto nelle conclusioni scritte prodotte dal procuratore della parte civile, che le spese che dichiara di aver anticipato e gli onorari non riscossi, siano distratti in suo favore.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile liquidate in euro 3000,00 oltre accessori di legge da distrarsi in favore del difensore della parte civile.

Così deciso il 18/02/2021.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.