In caso di irreperibilità dell’imputato, il Giudice deve avvalersi anche della telefonia mobile, il cui numero era nella sua disponibilità (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 9 dicembre 2020, n. 34993).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE GREGORIO Eduardo – Presidente –

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere –

Dott. RICCARDI Giuseppe – Rel. Consigliere –

Dott. MOROSINI Elisabetta – Consigliere –

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) Romano, nato il xx/xx/19xx a Inveruno;

avverso la sentenza del 28/01/2019 della Corte di Appello di Milano;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe RICCARDI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. Tomaso Epidendio, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale;

udito il difensore, Avv. Federica D’Angelo, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 29/01/2019 la Corte di Appello di Milano – in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano del 17/12/2015, che aveva condannato (OMISSIS) Romano alla pena di 2 anni di reclusione, oltre alle pene accessorie, per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per avere, in qualità di legale rappresentante e poi di amministratore di fatto della TE Trasformatori Elettrici s.r.I., dichiarata fallita il 02/03/2012, distratto il patrimonio societario, prestando garanzia, mediante avallo di cambiali per C 64.440,00, in favore della Cotrafo s.r.I., riferibile al medesimo (OMISSIS), e per il reato di cagionamento del fallimento per operazioni dolose -, ha concesso la sospensione condizionale della pena ed ha ridotto la pena accessoria ad anni 4, confermando nel resto la decisione di primo grado.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS) Romano, Avv. Licia Dal Pozzo, deducendo due motivi.

2.1. Con un primo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla dichiarazione di irreperibilità.

Sotto un primo profilo, lamenta che le ricerche disposte dal PM e dal GIP siano state insufficienti, in quanto l’imputato non è stato contattato sull’utenza di telefonia mobile che era nella disponibilità dell’A.G. fin dal 09/07/2013, in epoca antecedente ai decreti di irreperibilità del 23/12/2013 e del 07/07/2014; la presenza dell’imputato al dibattimento, invece, è stata consentita proprio dal contatto telefonico del curatore che, sorpreso dell’assenza del (OMISSIS), gli ha telefonato sull’utenza mobile; l’imputato, lungi dall’essere irreperibile, non appena contattato, ha partecipato alle udienze residue, senza tuttavia poter accedere ai riti alternativi.

Inoltre, l’insufficienza delle ricerche è dimostrata anche dall’omissione delle stesse presso il luogo di esercizio dell’attività lavorativa (in via Raffaello (OMISSIS) x, a (OMISSIS)), e presso la residenza della consorte; profili sui quali la Corte di Appello ha omesso di pronunciarsi.

La motivazione della Corte territoriale sarebbe viziata, avendo rigettato la censura sul rilievo che “una sentenza” della Corte di Cassazione non riteneva necessarie le ricerche sull’utenza mobile, senza considerare la giurisprudenza, anche della CEDU, che favorisce il principio di effettività delle ricerche.

Ne consegue la nullità delle sentenze.

2.2. Con un secondo motivo deduce la violazione di legge in relazione all’art. 62 n. 6 cod. pen.: prima dell’apertura del dibattimento l’imputato ha versato alla parte civile la somma di C 34.486,79, giusta autorizzazione della transazione da parte del G.D., e la parte civile ha revocato la propria costituzione, ritenendosi integralmente soddisfatta; la Corte territoriale non ha riconosciuto l’attenuante del risarcimento, ritenendo che essa sia concedibile soltanto in presenza di una integrale restituzione della somma costituente il passivo, e non di una somma che ristori i danni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. È assorbente rilevare la fondatezza del primo motivo di ricorso.

2. Va, preliminarmente, dato atto della sussistenza di un contrasto interpretativo sulla questione dello spettro delle “ricerche” dell’accusato indispensabili per l’emissione del decreto di irreperibilità, con particolare riferimento alla necessità di utilizzare, ove disponibile, il numero dell’utenza di telefonia mobile del destinatario della notifica.

2.1. Un primo orientamento ritiene che non è illegittimo il decreto di irreperibilità preceduto da ricerche svolte senza utilizzare il numero di utenza mobile del destinatario della notifica, pur in possesso dell’autorità competente (Sez. 2, n. 32331 del 29/04/2011, Morari, Rv. 250764); tale principio è stato altresì ribadito da Sez. 2, n. 2886 del 16/01/2015, Baltag, Rv. 262287, con la precisazione che è legittimo il decreto di irreperibilità preceduto da ricerche svolte senza considerare il numero di utenza mobile del destinatario della notifica, pur in possesso dell’autorità competente, in quanto l’utenza cellulare è priva di qualsiasi collegamento certo ad una persona o ad un luogo, a differenza della utenza telefonica fissa, la cui conoscenza permette di allargare la ricerca anche al luogo ove l’utenza è installata, con possibile acquisizione di ulteriori notizie circa l’attuale dimora del ricercato.

Secondo quanto precisato in motivazione da Sez. 2, n. 32331 del 29/04/2011, Morari, Rv. 250764, “L’utenza cellulare, in quanto utenza mobile, è priva di qualsiasi collegamento certo ad una persona e ad un luogo.

L’utilizzo di tale utenza non assicura il contatto con la persona ricercata, in particolare quando la stessa, come nel caso di specie non ha avuto alcun contatto con l’autorità procedente.

Ma anche nel caso in cui si realizzi un effettivo contatto con la persona ricercata la stessa non può che essere invitata presso gli Uffici dell’Autorità procedente per ricevere la notificazione dell’atto.

Evidenti esigenze di ordine garantistico hanno infatti indotto il legislatore ad escludere l’imputato dal novero dei soggetti che possono essere avvisati o convocati a mezzo telefono anche nei casi di urgenza. (…).

Diversa è invece la conoscenza di un’utenza fissa che consente il collegamento con un luogo determinato e permette di allargare la ricerca anche in tale luogo con possibile acquisizione di ulteriori notizie circa l’attuale dimora del ricercato.

L’avverbio “particolarmente” di cui all’art. 159 c.p.p., nella lettura data dalla Relazione al Codice e dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 399/98 ha lo scopo di non rendere esaustiva, e quindi limitativa, l’indicazione dei luoghi ove ricercare l’imputato ma non anche quello di allargare la ricerca con mezzi che non consentono non solo l’esatta individuazione del destinatario, ma anche alcun collegamento con luoghi specifici dove poter allargare le ricerche.

Nessuna negligente omissione può pertanto ravvisarsi nel comportamento degli organi delegati alla ricerca nel non prendere contatto con un’utenza mobile indicata in atti come utilizzata dall’imputato”.

2.2. Un secondo orientamento affermatosi nella giurisprudenza di questa Corte sostiene, al contrario, che è illegittimo il decreto di irreperibilità preceduto da ricerche svolte senza utilizzazione del numero di utenza mobile del destinatario della notifica pur in possesso dell’autorità competente (Sez. 1, n. 5476 del 13/01/2010, Liberatore, Rv. 245914), poiché tale omissione, rendendo le ricerche incomplete, viola il principio di effettività della ricerca, sotteso alle previsioni contenute nell’art. 159 cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 47746 del 24/09/2015, Solhi, Rv. 265327).

In tale orientamento, teso a valorizzare il principio di effettività delle ricerche necessarie per l’emissione del decreto di irreperibilità, va inscritta, altresì, Sez. 3, n. 52326 del 20/11/2014, C, Rv. 261710, che, con principio di portata più generale rispetto all’utilizzazione del numero di utenza cellulare, ha affermato che è nullo il decreto di irreperibilità emesso sulla base di ricerche eseguite mediante consultazione di banche-dati o archivi non aggiornati, o comunque non in grado di rivelare notizie attendibili sulla effettiva residenza o dimora dell’imputato, il quale ha diritto ad essere restituito nel termine per l’esercizio delle facoltà difensive che non abbia potuto precedentemente esercitare.

Pertanto, nel solco di tale interpretazione della norma, ispirata a garantire l’effettività del reperimento del destinatario della notifica, al fine di assicurare la conoscenza del procedimento, si afferma che “qualora l’autorità procedente sia in possesso del suo numero cellulare e non lo utilizzi nelle ricerche, incorre in una negligente omissione che si traduce nella incompletezza dell’attività di ricerca, inficiando il successivo decreto di irreperibilità ed ogni atto processuale ad esso connesso” (Sez. 4, n. 47746 del 24/09/2015, Solhi, Rv. 265327, che, in motivazione, afferma altresì: “Nel caso di specie, gli organi di polizia giudiziaria incaricati della ricerca erano in possesso del numero di cellulare dell’indagato in quanto sottoposto ad intercettazione telefonica).

La conoscenza dell’utenza cellulare e la facilità del contatto immediato propria di tale strumento telefonico, dovevano indurre l’autorità inquirente ad avvalersene per ricercare il destinatario della notifica.

Il mancato ricorso a tale modalità di ricerca, pur in possesso del numero dell’utenza mobile, rende le ricerche finalizzate all’emissione del decreto di irreperibilità incomplete, proprio in considerazione della facilità del contatto, tale da rendere doveroso il tentativo di ricercare il destinatario della notifica attraverso il telefono cellulare in suo uso e di cui gli organi preposti alla notifica siano a conoscenza”.

3. Registrandosi sul punto un contrasto di giurisprudenza, la questione era stata, dunque, rimessa alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 618 cod. pen., formulando il seguente quesito interpretativo: “Se sia legittimo il decreto di irreperibilità preceduto da ricerche svolte senza utilizzazione del numero di utenza mobile del destinatario della notifica eventualmente in possesso dell’autorità competente”.

4. Il Primo Presidente Aggiunto ha restituito gli atti a questa Sezione, ritenendo che il contrasto potesse ritenersi “in via di superamento”, nel senso di una valorizzazione del principio di effettività delle ricerche ai fini dell’emissione del decreto di irreperibilità.

5. Ciò posto, va osservato che la questione della necessità o meno dell’utilizzazione del numero di utenza di telefonia mobile ai fini delle ricerche necessarie ex art. 159 cod. proc. pen. è rilevante ai fini della decisione del ricorso, in quanto l’A.G. procedente, pur avendo la disponibilità dell’utenza dell’odierno ricorrente, non ha disposto le ricerche anche mediante l’utilizzo del predetto numero di telefonia; viceversa, l’imputato, una volta contattato sulla propria utenza mobile dal curatore fallimentare, si è presentato alle residue udienze dibattimentali del giudizio di primo grado, chiedendo altresì la rimessione in termini per l’accesso ai riti alternativi; l’istanza veniva tuttavia respinta sul rilievo che le notifiche fossero “virtualmente corrette” nei confronti di un imputato dichiarato irreperibile, e non ricorressero le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore.

La divergenza interpretativa rilevata si concentra sul nomos dei riflessi ermeneutici dell’avverbio (utilizzato nell’art. 159 cod. proc. pen. per indicare i luoghi ove eseguire le ricerche) “particolarmente”, che, nel contesto della proposizione, è adoperato nell’accezione di “in modo particolare”, “specialmente”, e sul logos dell’intensità del collegamento certo ad una persona o ad un luogo dell’utenza cellulare, soprattutto nell’attuale realtà sociale.

Questo Collegio condivide il secondo orientamento richiamato, cui intende dare continuità, secondo cui è illegittimo il decreto di irreperibilità preceduto da ricerche svolte senza utilizzazione del numero di utenza mobile del destinatario della notifica pur in possesso dell’autorità competente (Sez. 1, n. 5476 del 13/01/2010, Liberatore, Rv. 245914), poiché tale omissione, rendendo le ricerche incomplete, viola il principio di effettività della ricerca, sotteso alle previsioni contenute nell’art. 159 cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 47746 del 24/09/2015, Solhi, Rv. 265327; in senso analogo, Sez. 3, n. 52326 del 20/11/2014, C, Rv. 261710).

Al riguardo, ai fini della rituale emissione del decreto di irreperibilità e della conseguente notifica dell’atto giudiziario presso il difensore di ufficio, secondo quanto prescritto dall’art. 159 c.p.p. le ricerche dell’indagato o imputato, destinatario dell’atto, non devono essere limitate ai luoghi espressamente indicati da detto articolo, in quanto l’avverbio “particolarmente” – alla stregua di una interpretazione costituzionalmente orientata che valorizzi il principio di effettività delle ricerche e la conoscenza del processo da parte dell’imputato – indica che a quei luoghi specificamente menzionati dalla norma deve essere accordata preferenza, ma non che ad essi solo debba essere circoscritta la ricerca del destinatario della notifica, rimanendo salva la possibilità di estenderla altrove e con altri mezzi.

Invero, la ratio della norma è quella di assicurare un’effettiva ed efficace ricerca dell’indagato o imputato in tutti i posti dove, per conoscenze o informazioni acquisite, si presuma possa trovarsi, prima di emettere il decreto di irreperibilità, utilizzando nei modi più efficaci notizie ed informazioni in possesso dell’autorità procedente, prescindendo da rigorosi formalismi, in considerazione del rilievo costituzionale degli interessi tutelati.

Pertanto, nel solco di tale interpretazione della norma, ispirata a garantire l’effettività del reperimento del destinatario della notifica, al fine di assicurare la conoscenza del procedimento, va affermato il seguente principio di diritto: “qualora l’autorità procedente sia in possesso del numero cellulare dell’accusato e non lo utilizzi nelle ricerche, incorre in una negligente omissione che si traduce nella incompletezza dell’attività di ricerca, inficiando il successivo decreto di irreperibilità ed ogni atto processuale ad esso connesso”.

6. Con riferimento al rilievo dell’opposto orientamento ermeneutico, secondo cui l’utenza cellulare è priva di qualsiasi collegamento certo ad una persona o ad un luogo, a differenza della utenza telefonica fissa, la cui conoscenza permette di allargare la ricerca anche al luogo ove l’utenza è installata, con possibile acquisizione di ulteriori notizie circa l’attuale dimora del ricercato, l’argomento non appare decisivo, in quanto, se è vero che l’utenza mobile non assicura un contatto con la persona del ricercato né consente di individuare con certezza i luoghi ove esso possa trovarsi, tuttavia proprio la formulazione dell’art. 159 cod. proc. pen. – nell’indicare i luoghi ove, prioritariamente, ma non in termini esclusivi e limitativi, il destinatario dell’atto deve essere ricercato, lasciando salva la possibilità di ricercarlo altrove e diversamente — afferma una regola che concretizza il principio della effettività della ricerca al fine di assicurare la conoscenza dell’atto all’interessato.

7. Da tale principio discende che, qualora emergano elementi che impongano di estendere le ricerche in luoghi diversi da quelli menzionati, il decreto di irreperibilità non può essere adottato.

Di conseguenza, ove l’autorità procedente sia a conoscenza dell’utenza mobile del destinatario della notifica, le ricerche devono essere effettuate anche avvalendosi di tale canale, ed il mancato utilizzo di esso rende incomplete le ricerche con conseguente nullità – assoluta, insanabile, e rilevabile in ogni stato e grado del giudizio – del decreto di irreperibilità emesso senza fare ricorso a tali modalità di rintraccio.

8. Ne consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e della sentenza di primo grado e la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e la sentenza di primo grado e trasmette gli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano per l’ulteriore corso.

Così deciso in Roma, il 09/10/2020.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.