REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Rel. Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –
Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21961-2019 proposto da:
ZARBO NICOLA, ZARBO GINA, ZARBO ANGELA, ZARBO FRANCESCA, TANNORELLA GIUSEPPA, ZARBO LILLO, tutti in proprio e nella qualità di eredi di Angelo Zarbo, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA C. NIGRA 51, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI DESIDERI, rappresentati e difesi dall’avvocato ERNESTO VECCHIO;
– ricorrenti –
contro
POST KARIN, nella qualità di ex titolare della RADIOLOGISCHE PRAXIS AM DIAKONIEKRANKENHAUS, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 170, presso lo studio dell’avvocato ADOLFO ZINI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati SUSANNE HEIN e FRANCESCO BONACCORSI;
HDI VERSICHERUNG AG (già HDI-GERLING FIRMEN & PRIVAT VERSICHERUNG AG), in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 170, presso lo studio dell’avvocato ADOLFO ZINI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato SUSANNE NEIN;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 118/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 17/01/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/10/2020 dal Consigliere FRANCESCO MARIA CIRILLO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale GIOVANNI GIACALONE, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati Ernesto Vecchio e Adolfo Zini.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato il 14 febbraio 2011 Gina, Angela, Francesca, Nicola e Lillo Zarbo e Giuseppa Tannorella, in proprio e in qualità di eredi del defunto Angelo Zarbo, convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Agrigento, lo studio medico Radiologische Nuklearmedizin Praxis, in persona della titolare dottoressa Karin Post, e la Compagnia di assicurazione HDI-Gerling Privat Versicherung, chiedendo che fossero condannati al risarcimento dei danni patiti dal loro congiunto in conseguenza della mancata tempestiva diagnosi di un carcinoma del pancreas.
A sostegno della domanda esposero che Angelo Zarbo si era sottoposto ad un’ecografia addominale presso la struttura sanitaria diretta dal dott.ssa Post, sita in Germania, in data 2 agosto 2005; indagine dalla quale, però, non era stato diagnosticato alcuno stato patologico relativo al pancreas.
Il cancro si era poi manifestato in Italia, dove il paziente era stato operato solo in data 21 novembre 2005 e dove era successivamente morto a causa della malattia non diagnosticata.
Si costituirono in giudizio tutte le parti convenute, eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice italiano e chiedendo, nel merito, il rigetto della domanda.
Il Tribunale dichiarò il difetto di giurisdizione del giudice italiano e condannò gli attori al pagamento delle spese di lite.
2. La pronuncia è stata impugnata dagli attori soccombenti e la Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 17 gennaio 2019, ha rigettato l’appello ed ha integralmente compensato le spese del grado.
Ha osservato la Corte territoriale che in materia contrattuale sono da applicare le norme contenute nel Regolamento CE n. 44 del 2001, in base alle quali vige il principio generale del domicilio del convenuto; tale regime è completato dai fori speciali applicabili nei soli casi previsti.
Detto Regolamento dispone all’art. 5, n. 1), punto a), che la persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta, in un altro Stato membro, davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta è stata o deve essere eseguita.
Nel caso in esame, l’omessa diagnosi era avvenuta pacificamente a Mannheim, in Germania, luogo dove aveva sede il laboratorio radiologico della dott.ssa Post.
Neppure poteva essere utilmente richiamato, secondo la Corte d’appello, l’art. 5, n. 3), del citato Regolamento; tale disposizione, avente ad oggetto gli illeciti extracontrattuali, stabilisce che la giurisdizione appartiene al giudice del luogo dove l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire, cioè il luogo dove l’azione o l’omissione è stata compiuta (c.d. danno iniziale), senza dare alcuno spazio al luogo dove si sono verificate le conseguenze future della lesione.
Correttamente, poi, il giudice di primo grado aveva ritenuto non applicabile l’art. 16 del citato Regolamento, avente ad oggetto la disciplina dei contratti conclusi da consumatori, posto che nel caso in esame non ricorreva nessuna delle ipotesi di cui all’art. 15 del Regolamento stesso.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Palermo propongono ricorso Gina, Angela, Francesca, Nicola e Lillo Zarbo e Giuseppa Tannorella con unico atto affidato a quattro motivi.
Resistono lo studio medico Radiologische Nuklearmedizin Praxis, in persona della titolare dottoressa Karin Post, e la Compagnia di assicurazione HDI-Gerling Privat Versicherung, con separati controricorsi affiancati da memoria.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, chiedendo che il ricorso venga rigettato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 1), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione delle norme sulla competenza giurisdizionale del giudice adito, in relazione al luogo di residenza del defunto.
Osservano i ricorrenti che la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto del fatto che le norme sul foro del consumatore non possono essere richiamate in relazione a prestazioni rese dal servizio sanitario pubblico, mentre sono applicabili in relazione a prestazioni rese in ambito privatistico. In tal senso si sarebbe espressa la giurisprudenza nazionale ed anche quella dell’Unione europea, entrambe favorevoli ad assicurare ai consumatori il massimo grado di effettività della tutela giurisdizionale.
2. Col secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Affermano i ricorrenti che la sentenza impugnata non avrebbe tenuto in considerazione due pronunce della Corte di giustizia dell’Unione europea citate nel giudizio (la sentenza 27 giugno 2000 nel caso Oceano/Marciano e quella del 6 settembre 2012 nella causa C-190/11), secondo le quali l’art. 15, par. 1, lettera c), del Regolamento n. 44 del 2001 deve essere interpretato nel senso che il consumatore può citare il professionista nel luogo del proprio domicilio anche se il contratto intercorso non sia stato stipulato a distanza.
3. Col terzo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione delle norme sulla responsabilità extracontrattuale.
La doglianza censura l’affermazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che a norma dell’art. 5, n. 3), del Reg. cit. sussiste la giurisdizione esclusiva del luogo ove l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire.
Poiché la morte di Angelo Zarbo è avvenuta a Palma di Montechiaro (AG), la giurisdizione dovrebbe ritenersi radicata presso il Tribunale di Agrigento, dove correttamente è stata incardinata.
La nozione di «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto» non dovrebbe, secondo i ricorrenti, essere collegata con il luogo in cui si è verificato il danno iniziale; per cui la sentenza in esame, non interpretando correttamente la giurisprudenza sull’argomento, avrebbe dimenticato che «l’obbligazione da fatto illecito sorge nel luogo in cui il fatto produttivo di danno, l’evento, si verifica e nella nozione di fatto rientra, oltre al comportamento illecito, anche l’evento dannoso che ne deriva».
In caso di mancata coincidenza tra i due luoghi, quindi, il forum commissi delicti di cui all’art. 20 cod. proc. civ. dovrebbe coincidere col luogo in cui l’evento è avvenuto.
4. Col quarto motivo di ricorso si lamenta che la sentenza impugnata non avrebbe tenuto presente che la disciplina applicabile sarebbe quella della Convenzione di Roma del 1980, secondo cui i contratti conclusi dai consumatori sono regolati dalla legge del Paese in cui il consumatore ha la sua residenza abituale.
Anche in base all’art. 4 del Regolamento CE n. 864/2007 la legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali è quella del Paese in cui il danno si verifica, e in tal senso sarebbe anche la legge 31 maggio 1995, n. 218; tanto più che l’obbligazione oggetto di causa dovrebbe essere qualificata secondo le norme di diritto materiale dell’ordinamento italiano.
5. I motivi di ricorso non sono fondati.
5.1. Giova innanzitutto premettere che, come correttamente ha rilevato la Corte d’appello di Palermo, la vicenda in esame ha ad oggetto un caso di responsabilità contrattuale, posto che la pretesa risarcitoria avanzata dagli eredi del defunto Angelo Zarbo nei confronti dello studio medico Radiologische Nuklearmedizin Praxis, in persona della titolare dottoressa Karin Post, e della Compagnia di assicurazione HDI-Gerling Privat Versicherung riguarda un errore conseguente alla presunta omessa diagnosi di un tumore del pancreas nonostante l’avvenuto espletamento di un’ecografia addominale.
Trattandosi di responsabilità contrattuale, va tenuto presente, innanzitutto, l’art. 57 della legge 31 maggio 1995, n. 218, in base al quale le obbligazioni contrattuali sono regolate dalla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980, resa esecutiva con la legge 18 dicembre 1984, n. 975.
Secondo l’art. 4, comma 1, di quest’ultima, nel caso in cui la legge che regola il contratto non sia stata scelta, esso è regolato «dalla legge del paese col quale presenta il collegamento più stretto».
Il successivo comma 2 specifica che di regola «si presume che il contratto presenti il collegamento più stretto col paese in cui la parte che deve fornire la prestazione caratteristica ha, al momento della conclusione del contratto, la propria residenza abituale o, se si tratta di una società, associazione o persona giuridica, la propria amministrazione centrale».
All’art. 57 della legge n. 218 del 1995 deve essere affiancata la normativa di cui al Regolamento CE n. 44 del 2001, applicabile ratione temporis all’odierna fattispecie, posto che il giudizio è stato intrapreso nel 2011, cioè prima che le disposizioni di tale Regolamento fossero sostituite da quelle del successivo Regolamento CE n. 1215 del 2012.
Sono da tenere presenti, ai fini che interessano, gli artt. 2 e 5 del Reg. n. 44 del 2001, dai quali si traggono le seguenti regole:
la prima, di carattere generale, è che «le persone domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti ai giudici di tale Stato membro» (art. 2);
la seconda è che la persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro, in materia contrattuale, «davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita» (art. 5, n. 1, Reg. cit.).
In relazione ai contratti che hanno ad oggetto la prestazione di servizi — come nel caso oggi in esame — la lettera b) del cit. art. 5, n. 1), dispone che in tale caso il luogo di esecuzione dell’obbligazione è quello «situato in uno Stato membro, in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto».
5.2. Leggendo in modo coordinato il complesso delle disposizioni fin qui richiamate, ne risulta senza possibilità di dubbio che la giurisdizione appartiene al giudice tedesco.
La società convenuta è, infatti, di diritto tedesco ed ha sede in Germania, così com’è residente in Germania la dottoressa Post; il luogo in cui l’obbligazione doveva essere prestata – ed è stata poi effettivamente prestata – è parimenti la Germania, perché l’ecografia dalla quale i ricorrenti deducono la responsabilità professionale ha avuto luogo a Mannheim.
Il Paese col quale il contratto presenta il «collegamento più stretto» cui fa riferimento il citato art. 4 della legge n. 975 del 1984 è pure la Germania, perché la parte che doveva compiere la prestazione, cioè lo studio medico convenuto, risiedeva in Germania.
La precedente giurisprudenza di queste Sezioni Unite conferma tale approdo interpretativo. In particolare, l’ordinanza 22 novembre 2010, n. 23593, alla quale l’odierna pronuncia intende dare continuità, ha già affermato che in base all’art. 5 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, resa esecutiva con legge del 21 giugno 1971 n. 804, il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato in un altro Stato contraente, in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita; luogo che va determinato in conformità della legge che disciplina l’obbligazione controversa secondo le norme di conflitto del giudice adito, nella specie italiano, e quindi, in base all’art. 57 della legge n. 218 del 1995, vertendosi in materia contrattuale, secondo la legge del Paese con il quale il contratto presenti il collegamento più stretto. In quel caso, nel quale l’attore italiano chiedeva il risarcimento dei danni derivanti da interventi chirurgici eseguiti in Svizzera, la giurisdizione fu attribuita al giudice di detto Stato, nel cui territorio la prestazione sanitaria aveva avuto esecuzione ed i convenuti (clinica e medici) avevano la sede e il domicilio principale.
Nel caso odierno, molto simile, la giurisdizione spetta quindi al giudice tedesco.
5.3. Il terzo motivo di ricorso sostiene che la giurisdizione spetterebbe al giudice italiano perché, trattandosi di responsabilità extracontrattuale, dovrebbe trovare applicazione l’art. 5, n. 3), del Regolamento n. 44 del 2001, in base al quale in materia di «illeciti civili dolosi o colposi» assume rilievo, ai fini del riparto di giurisdizione, il luogo «in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire». E siccome, argomentano i ricorrenti, la morte di Angelo Zarbo è avvenuta in Italia, la giurisdizione dovrebbe spettare al giudice italiano.
Osserva il Collegio che, a prescindere dall’evidente incoerenza derivante dall’invocare l’applicazione delle norme sulla responsabilità extracontrattuale in relazione ad una fattispecie di responsabilità contrattuale, nemmeno tali argomenti giovano ai ricorrenti.
Per costante giurisprudenza di queste Sezioni Unite, infatti, ai fini della determinazione della giurisdizione in materia aquiliana ai sensi dell’art. 5 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, il luogo dell’evento dannoso è quello in cui è avvenuta la lesione del diritto della vittima, senza avere riguardo al luogo in cui si sono verificate o potranno verificarsi le conseguenze future di tali lesioni.
Si è affermato, in altri termini, che ciò che conta è il c.d. danno iniziale, essendo irrilevante il luogo del c.d. danno conseguenza (in tal senso, v. le ordinanze 28 aprile 2015, n. 8571, 27 dicembre 2011, n. 28811, 22 maggio 2012, n. 8076, e la sentenza 26 ottobre 2018, n. 27164).
È appena il caso di ricordare che l’art. 5 della Convenzione di Bruxelles è stato ripreso, senza significative modifiche, dal citato art. 5, n. 3), del Regolamento n. 44 del 2001; e in tal senso è anche l’art. 7 del Regolamento n. 1215 del 2012 attualmente vigente.
Ne consegue che nel caso in esame il danno iniziale si è pacificamente determinato in Germania, perché lì è avvenuto l’errore diagnostico del quale si discute, mentre è irrilevante che la morte dello Zarbo sia avvenuta in Italia.
5.4. Qualche riflessione va fatta, infine, a proposito del foro del consumatore.
Il Collegio rileva, innanzitutto, l’evidente incongruenza della linea difensiva dei ricorrenti, i quali invocano nel primo e secondo motivo la lesione del c.d. foro del consumatore mentre nello stesso tempo lamentano, come si è detto, la violazione delle regole sulla responsabilità da fatto illecito (in tal senso, correttamente, la requisitoria del P.G. il quale ha evidenziato il contrasto tra il contemporaneo richiamo delle regole sul consumatore e di quelle sulla responsabilità aquiliana).
Tralasciando questo rilievo preliminare, la Corte osserva che, trattandosi di un caso di responsabilità contrattuale, deve essere vagliata anche la possibilità di fare applicazione delle norme a tutela del consumatore.
A questo proposito si ricorda che l’art. 15, comma 1, del Regolamento CE n. 44 del 2001, il cui contenuto è transitato nell’art. 17, comma 1, del Regolamento CE n. 1215 del 2012, dispone che le regole di competenza nei contratti del consumatore trovano applicazione nelle tre ipotesi di cui alle lettere a), b) e c) ivi previste.
Escludendo, per ovvi motivi, le fattispecie di cui alle lettere a) e b) , resta da considerare solo quella della lettera c), secondo cui tali criteri trovano applicazione nel caso di contratto concluso «con una persona le cui attività commerciali e professionali si svolgono nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore o sono dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale Stato membro o verso una pluralità di Stati che comprende tale Stato membro, purché il contratto rientri nell’ambito di dette attività».
Nel caso in esame è evidente che le parti originariamente convenute nel presente giudizio non svolgono la loro attività commerciale o professionale nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore (cioè l’Italia), posto che tale attività si svolge in Germania; né viene sostenuto dai ricorrenti, anzi neppure ipotizzato, che l’attività dello studio medico Radiologische Nuklearmedizin Praxis sia diretta, «con qualsiasi mezzo», verso l’Italia.
È opportuno ricordare – come puntualmente ha fatto il Procuratore generale nella sua requisitoria scritta – che la Corte di giustizia dell’Unione europea ha più volte affermato che l’art. 15, paragrafo 1, del regolamento n. 44 del 2001 trova applicazione nell’ipotesi in cui ricorrano tre condizioni, ossia qualora, in primo luogo, una parte contrattuale abbia la qualità di consumatore e agisca in un contesto che può essere considerato estraneo alla sua attività professionale; in secondo luogo, il contratto tra il consumatore e il professionista sia stato effettivamente concluso e, in terzo luogo, tale contratto rientri in una delle categorie di cui al paragrafo 1, lettere da a) a c), di detto articolo 15.
Tali condizioni devono essere soddisfatte cumulativamente, di modo che, qualora venga meno una delle tre, la competenza non può essere determinata secondo le disposizioni in materia di contratti conclusi dai consumatori (Corte di giustizia, 28 gennaio 2015, C-375/13 Kolassa).
La sicura mancanza del terzo requisito esclude, dunque, l’applicabilità delle particolari regole in tema di azioni proposte dal consumatore (art. 16 del Regolamento n. 44 del 2001).
6. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale esito segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 10 marzo 2014, n. 55.
Sussistono inoltre le condizioni di cui all’art. 13, comma 1- quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 4.200, di cui euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2020.