REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente
Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere
Dott. SEMERARO Luca – Consigliere
Dott. CERRONI Claudio – Rel. Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro Maria – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto dal
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rimini
nel procedimento nei confronti di
(OMISSIS) Mirko, nato a (OMISSIS) di (OMISSIS) il 27/01/1964;
avverso l’ordinanza del 20/05/2020 del Tribunale di Rimini;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Claudio Cerroni;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Pasquale Fimiani, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 20 maggio 2020 il Tribunale di Rimini, quale Giudice del riesame delle misure cautelari reali, ha annullato il provvedimento del 30 aprile 2020, emesso dal Pubblico ministero, di convalida del sequestro probatorio, nonché i provvedimenti del 6 maggio 2020, emessi dal Giudice per le indagini preliminari, di convalida del sequestro preventivo e di contestuale emissione del sequestro preventivo relativamente a 9437 flaconi spray da 200 ml ciascuno di prodotto, messo in commercio dalla s.r.l. (OMISSIS) legalmente rappresentata da Mirko (OMISSIS), indagato per i reati di cui agli artt. 81 capoverso e 515 cod. pen., nonché 56 e 515 cod. pen., con rispettivo riferimento ai flaconi già venduti ovvero a quelli posti ancora in commercio.
2. Avverso il predetto provvedimento il Pubblico Ministero ha proposto ricorso per cassazione, con unico articolato motivo di impugnazione.
2.1. In particolare, il ricorrente ha sostenuto che – preso atto dell’operata distinzione da parte del Tribunale della libertà tra prodotti detergenti e prodotti biocidi, con funzione di disinfezione, i primi commerciabili senza particolare autorizzazione ministeriale, i secondi invece sottoposti a verifica amministrativa – andavano assoggettati alla predetta autorizzazione tutti i prodotti che vantavano azione di disinfezione, ivi compresi quelli che riportavano l’indicazione “sanitizzante/sanificante”.
In specie, i flaconi recavano l’indicazione “sanificante”, sì da trarre in inganno i consumatori attese le loro funzioni meramente detergenti, ossia di eliminazione dello sporco ma senza idoneità a distruggere gli elementi nocivi.
Vi era stato quindi un esplicito richiamo ad una funzione sanificante, che apparteneva solamente a prodotti che avevano ottenuto l’autorizzazione ministeriale, in specie mancante.
Sussisteva quindi, secondo il ricorrente, il fumus dei reati contestati, mentre, in relazione all’elemento soggettivo, la motivazione era del tutto assente.
3. E’ stata dimessa memoria con documenti da parte della difesa dell’indagato, eccependo la mancata prova della tempestività del deposito del ricorso e la carenza di interesse, attesa l’avvenuta sostituzione delle etichette senza la dicitura contestata, e comunque l’infondatezza dell’impugnazione, trattandosi dì prodotto detergente di libera vendita.
In ogni caso non sussisteva il fumus del reato, trattandosi al più di messa in commercio di prodotto senza autorizzazione e non di frode in commercio.
Né la descrizione resa del prodotto autorizzava a considerarlo altro che un detergente, come si evinceva dalla moltitudine di casi simili, mentre non poteva ingenerarsi alcuna confusione nell’acquirente, quanto alla messa in vendita di prodotto per la pulizia delle superfici come prodotto biocida.
In realtà si trattava di detergente venduto, appunto, come detergente.
4. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’annullamento con rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. In via del tutto preliminare va peraltro disattesa l’eccezione di tardività formulata dall’indagato.
Al riguardo, infatti, il termine per proporre ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. avverso le ordinanze emesse dal tribunale all’esito di appello o di riesame nei confronti di provvedimenti in materia di misure cautelari reali non è – come inteso dalla difesa dell’indagato – quello di dieci giorni previsto dall’art. 311, comma 1, cod. proc. pen., che si riferisce esclusivamente alla materia delle misure cautelari personali e non viene richiamato dal successivo art. 325 cod. proc. pen., ma quello ordinario di quindici giorni di cui all’art. 585, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. stabilito per le decisioni adottate in camera di consiglio, decorrente, secondo il disposto del successivo comma 2, lett. a), della medesima disposizione, dal momento della comunicazione o notificazione dell’avviso di deposito dell’ordinanza (Sez. 3, n. 13737 del 15/11/2018, dep. 2019, Ficarra, Rv. 275190).
Detto termine risulta rispettato, atteso che il ricorso è stato depositato nella Cancelleria del Giudice a quo previo deposito nella cancelleria della Procura della Repubblica ricorrente, avvenuto nel medesimo giorno – in data 29 giugno 2020, decimo giorno dalla comunicazione del provvedimento del Tribunale della libertà.
1.2. In relazione invece al motivo di censura siccome proposto, l’ordinanza impugnata ha inteso osservare – al fine di negare l’esistenza del fumus idoneo a giustificare il vincolo cautelare – che il prodotto sequestrato, da un lato, non aveva necessità di alcuna autorizzazione ministeriale al fine della sua commercializzazione, trattandosi di prodotto con mere qualità di detergente al di là di eventuali richiami a funzioni igienizzanti, e che, dall’altro, esso non presentava caratteri ingannatori proprio in ragione del fatto che la caratteristica di detergente si evinceva dalle modalità di uso del prodotto, tali da non indurre in errore l’acquirente, e non vi era riferimento a proprietà biocide inesistenti.
Al riguardo è stato richiamato il contenuto della nota del 20 febbraio 2019 del Ministero della Salute, secondo cui “I prodotti che riportano in etichetta diciture, segni, pittogrammi, marchi e immagini che di fatto riconducono a qualsiasi tipo di attività igienizzante e di rimozione di germi e batteri, senza l’indicazione della specifica autorizzazione di cui sopra, non sono da considerarsi come prodotti con proprietà disinfettanti/biocidi, bensì sono prodotti detergenti, ed in quanto tali immessi in commercio come prodotti di libera vendita”.
1.2.1. Ciò posto, l’ordinanza impugnata ha precipuamente tratto le caratteristiche del prodotto dalla descrizione delle sue modalità di uso (profilo per vero in alcun modo intaccato dal ricorso), mentre l’assenza di riferimenti ad una, inesistente, autorizzazione ministeriale si poneva del tutto coerentemente in relazione alla – non contestata – natura di quanto posto in libero commercio, ossia un mero detergente strumentale alla pulizia di superfici ed oggetti, e quindi alla rimozione di sporcizia e corpi estranei da tali luoghi, vale a dire all’esercizio di un’attività semmai propedeutica ad una successiva sanificazione (la quale invece comporta – ben diversamente dalla semplice detersione – tutti i processi necessari alla complessiva salubrità di un determinato ambiente).
1.2.2. Il percorso argomentativo si presenta pertanto del tutto idoneo a giustificare il provvedimento assunto.
Va da sé che ogni eventuale ulteriore questione è devoluta alla competente sede di merito.
2. Alla stregua dei rilievi che precedono, pertanto, l’impugnazione – che tra l’altro neppure si confronta appieno con i contenuti del provvedimento censurato – deve ritenersi manifestamente infondata, con la conseguente inammissibilità del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma il 30 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2020.