LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
dott. Roberta Crucitti Presidente –
dott. Michele Cataldi Consigliere –
dott. Valentino Lenoci Consigliere –
dott. Paolo Di Marzio Consigliere Rel. –
dott. Marcello M. Fracanzani Consigliere –
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(omissis) S.r..l, in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli Avv.ti (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) (omissis), che hanno indicato recapito PEC, avendo la ricorrente dichiarato di eleggere domicilio presso lo studio dei difensori, alla via (omissis) n. 25 in Roma;
-ricorrente-
contro
Agenzia delle Entrate Riscossione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma
-controricorrente-
e contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;
-controricorrente-
avverso
la sentenza n. 3749, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 23.6.2021, e pubblicata il 26.7.2021;
ascoltata la relazione svolta dal Consigliere dott. Paolo Di Marzio;
la Corte osserva:
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Entrate Riscossione notificava il 10.4.2018 alla (omissis) S.r.l. l’avviso di intimazione n. (omissis), con il quale richiedeva il pagamento della somma di € 6.619.167,50, riguardante una pluralità di cartelle di pagamento e tre avvisi di accertamento esecutivi, aventi ad oggetto tributi diversi.
2. La contribuente impugnava l’atto esattivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma contestando, innanzitutto, la radicale invalidità di undici delle trentaquattro prodromiche cartelle di pagamento per non essere state notificate, conseguendone l’estinzione del preteso debito tributario per prescrizione.
Rispetto ad altre undici cartelle di pagamento (sent. CTR, p. II), invece, adduceva la nullità della notifica per mancanza della firma digitale dei files trasmessi a mezzo Pec, che rendeva inidoneo il processo di notificazione.
Con riferimento agli avvisi di accertamento censurava il vizio di motivazione dell’intimazione.
La CTP respingeva il ricorso ritenendo in primo luogo la validità del formato digitale “pdf”, senza firma digitale, utilizzato dall’Agente della Riscossione per la notificazione delle cartelle esattoriali, e rilevando che in tema di Irpef la prescrizione è decennale.
Con riferimento agli avvisi di accertamento osservava che non avendo la ricorrente allegato copia dei documenti, non risultava possibile stimare la completezza della motivazione.
3. La società spiegava appello avverso la decisione sfavorevole assunta dai giudici di primo grado, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio.
La CTR confermava la decisione dai primi giudici, ad eccezione della pronuncia sulla quantificazione delle spese di lite di cui era stata gravata la ricorrente dalla CTP, che provvedeva a ridurre nell’ammontare.
4. Avverso la decisione adottata dal giudice dell’appello ha proposto ricorso per cassazione la contribuente, affidandosi a tre motivi di impugnazione.
L’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate Riscossione resistono mediante controricorso congiunto.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la contribuente contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21 e 48 del D.Lgs. n. 85 del 2005, dell’articolo 16 ter del Dl n. 179 del 2012, dell’art. 3 bis della legge n. 53 del 1994, degli articoli 26 e 60 del D.P.R. n. 602 del 1973 e dell’articolo 125 cod. proc. civ., per avere il giudice dell’appello erroneamente ritenuto idonea ad interrompere la prescrizione la notificazione delle cartelle esattoriali effettuata dall’Incaricato per l’esazione a mezzo Pec, senza alcuna sottoscrizione digitale e con invio da un indirizzo di posta elettronica non presente in pubblico registro.
2. Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente censura la nullità della sentenza della CTR, in conseguenza della violazione e falsa applicazione dell’art. 26, quarto comma, del D.pr n. 602 del 1972, per non avere il giudice del gravame rilevato la invalidità della notificazione delle cartelle esattoriali, sebbene l’Agente della riscossione non abbia prodotto in giudizio la copia integrale degli atti che si assumono notificati.
3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., la contribuente critica la nullità della decisione, e comunque la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del D.Lgs. n. 546 del 1992, dell’articolo 14, comma 3 ter, del Dpr n. 115 del 2002, dell’art. 5, commi 4, 5 e 6, del DM n. 55 del 2014 e degli articoli 91 e 287 cod. proc. civ., per avere la CTR errato nella determinazione delle spese legali.
La ricorrente censura, inoltre, la violazione dell’art. 288 cod. proc. civ., perché la CTR ha disposto la correzione dell’errore materiale contenuto nella sua pronuncia, ordinando la distrazione delle spese di lite in favore del procuratore di controparte, senza che la relativa istanza fosse stata neppure notificata alla società.
4. Con il primo mezzo d’impugnazione la ricorrente lamenta la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice dell’appello per aver erroneamente ritenuto valida, e pertanto idonea ad interrompere la prescrizione dei pretesi crediti tributari, la notificazione effettuata tramite Pec delle cartelle esattoriali, che però non riportano alcuna sottoscrizione digitale e sono state spedite da un indirizzo di posta elettronica non presente in Reginde, né in altro pubblico registro.
4.1. In proposito, con riferimento alla contestazione della mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento, questa Corte regolatrice, esprimendo un orientamento estensibile e condivisibile, ha già avuto occasione di chiarire che “in tema di riscossione delle imposte sul reddito, l’omessa sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, la cui esistenza non dipende dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che il documento sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, tanto più che, a norma dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo l’apposito modello approvato con d.m., che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice”, Cass. sez. V, 4.12.2019, n. 31605.
Non vi sono ragioni per non ritenere applicabile questa chiara interpretazione nel caso in cui la cartella, originariamente analogica, sia stata poi trasmessa in forma digitale (cfr. Cass. sez. V, 19.12.2023, n. 35541), e neppure nel caso in cui la stessa sia stata redatta fin dall’origine in forma digitale.
4.1.1. Possono quindi integrarsi le condivisibili indicazioni già fornite da questa Corte regolatrice sul punto, indicandosi il principio di diritto secondo cui: “In tema di riscossione delle imposte sul reddito, nel caso in cui la cartella esattoriale sia stata redatta e notificata su supporto cartaceo, come pure nell’ipotesi che il documento, originariamente analogico, sia stato poi trasmesso in forma digitale, ed anche nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata redatta fin dall’origine e notificata in forma digitale, l’omessa sottoscrizione della cartella esattoriale da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, la cui esistenza non dipende dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che il documento sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, tanto più che, a norma dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo l’apposito modello approvato con d.m., che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice”.
4.2. Riguardo, invece, alla censura relativa alla affermata invalidità della notificazione della cartella tramite un indirizzo di posta non presente nei pubblici registri, premesso che la legge protegge, mediante la previsione dell’iscrizione in pubblici registri, il corretto indirizzo di notificazione del destinatario, non del mittente, questa Corte regolatrice ha condivisibilmente statuito che “la notifica avvenuta utilizzando un indirizzo di posta istituzionale, non risultante nei pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’oggetto”, Cass. S.U., 18.5.2022, n. 15979; e non si è mancato di specificare che “in tema di notificazione a mezzo PEC della cartella esattoriale, da parte dell’agente della riscossione, l’estraneità dell’indirizzo del mittente dal registro INI-Pec non inficia “ex se” la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui essa risulta provenire, testualmente ricavabile dall’indirizzo del mittente, occorrendo invece che la parte contribuente evidenzi quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa siano dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento da un indirizzo diverso da quello telematico presente in tale registro”, Cass. sez. V, 3.7.2023, n. 18684.
Deve allora rilevarsi che, nel caso di specie, la ricorrente neppure allega quale pregiudizio avrebbe avuto a soffrire la propria difesa dalla provenienza della cartella esattoriale, notificata a mezzo Pec, da indirizzo non iscritto in pubblici registri. Il primo strumento di impugnazione risulta quindi infondato e deve essere perciò respinto.
5. Mediante il secondo motivo di ricorso la contribuente censura la nullità della sentenza della CTR per non avere rilevato la invalidità della notificazione delle cartelle esattoriali, sebbene l’Agente della riscossione non abbia prodotto in giudizio la copia integrale degli atti che si assumono notificati.
5.1. L’Agente della riscossione ha replicato di aver soddisfatto il proprio onere probatorio, dal momento che oggetto della prova è la notifica della cartella, e non già il contenuto della stessa.
5.2. In proposito questa Corte di legittimità ha condivisibilmente rilevato, pronunciando un principio estensibile, che “in tema di notifica della cartella esattoriale ex articolo 26, comma 1, seconda parte, del Dpr 602/ 1973, la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione e della relativa data è assolta mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, non essendo necessario che l’agente della riscossione produca la copia della cartella di pagamento, la quale, una volta pervenuta all’indirizzo del destinatario, deve ritenersi ritualmente consegnata a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’articolo 1335 del codice civile, superabile solo se il medesimo provi di essersi trovato senza sua colpa nella impossibilità di prenderne cognizione”, Cass. sex. III, 17.3.2022 n. 8803 (conf. Cass. sez. V, 28.12.2018, n. 3536; Cass. sez. VI-III, 15.9.17, n. 21533).
Anche il secondo mezzo d’impugnazione risulta pertanto infondato, e deve pertanto essere respinto.
6. Con il terzo motivo di ricorso la contribuente critica la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice del gravame per avere errato nella quantificazione delle spese processuali. Inoltre la ricorrente censura che la CTR ha disposto la correzione dell’errore materiale contenuto nella sua pronuncia, ordinando la distrazione delle spese di lite in favore del procuratore di controparte, senza che la relativa istanza le fosse stata neppure notificata.
6.1. Occorre allora innanzitutto ricordare che la contribuente aveva indicato il suo ricorso come avente valore indeterminabile, ma non ha avuto cura di dimostrare il fondamento di questa affermazione. Il ricorso ha ad oggetto un’intimazione di pagamento relativa a somme esattamente individuate, ed il suo valore deve calcolarsi secondo le regole ordinarie per i giudizi tributari (con esclusione degli accessori).
Merita anche di essere ricordato che il ricorso della contribuente è stato parzialmente accolto dalla CTR, la quale ha ridotto l’importo delle spese liquidate a suo carico in primo grado.
6.1.1. Tanto premesso, questa Corte di legittimità ha già avuto occasione di chiarire che “in tema di liquidazione delle spese giudiziali ai sensi del d.m. n. 140 del 2012, la disciplina secondo cui i parametri specifici per la determinazione del compenso sono, “di regola”, quelli di cui alla allegata tabella A, la quale contiene tre importi pari, rispettivamente, ai valori minimi, medi e massimi liquidabili, con possibilità per il giudice di diminuire o aumentare “ulteriormente” il compenso in considerazione delle circostanze concrete, va intesa nel senso che l’esercizio del potere discrezionale del giudice contenuto tra i valori minimi e massimi non è soggetto a sindacato in sede di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice medesimo decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili sia le ragioni dello scostamento dalla “forcella” di tariffa, sia le ragioni che ne giustifichino la misura”, Cass. sez. L, 10.5.2019, n. 12537.
Nel caso di specie la ricorrente neppure allega che il giudice dell’appello abbia liquidato le spese processuali superando i valori massimi previsti dalla tabella.
6.2. Mediante lo stesso strumento di impugnazione la parte lamenta pure che il giudice dell’appello, con ordinanza di correzione di errore materiale indicata come depositata il 27.10.2021, ha modificato il dispositivo della sentenza impugnata in questa sede, integrandolo mediante la previsione della distrazione delle spese processuali in favore del difensore della controparte, dichiaratosi antistatario.
La ricorrente contesta la violazione dell’art. 288 cod. proc. civ., nella parte in cui prevede che se l’istanza di correzione non è proposta congiuntamente dalle parti, debba essere notificata alla parte non proponente e si provveda alla fissazione dell’udienza per la comparizione delle parti.
6.2.1. Risulta in proposito applicabile il condivisibile orientamento interpretativo ripetutamente proposto da questa Corte regolatrice, statuendo che “il principio contenuto nell’art. 100 cod. proc. civ., secondo il quale per proporre una domanda o per resistere ad essa è necessario avervi interesse, si applica anche al giudizio di impugnazione, nel quale, in particolare, l’interesse ad impugnare una data sentenza o un capo di essa va desunto dall’utilità giuridica che dall’eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo propone, e non può consistere nella sola correzione della motivazione della sentenza impugnata ovvero di parte di essa, per cui deve considerarsi inammissibile per difetto di interesse l’impugnazione proposta ove non sussista la possibilità per la parte che l’ha fatta di conseguire un risultato utile e giuridicamente apprezzabile”, Cass. sez. III, 9.12.2003, n. 18736 (conf. Cass. sez. II, 27.1.2012, n. 1236).
Nel caso di specie la ricorrente neppure allega quale sia il suo interesse ad opporsi alla pronuncia.
Non contesta che il procuratore della controparte si fosse effettivamente dichiarato antistatario, non chiarisce quale danno possa derivarle dal versare le somme che è stata condannata a pagare per le spese di lite ad un soggetto piuttosto che ad un altro, neppure illustra quale concreto pregiudizio sia stato arrecato al suo diritto di difesa.
Anche il terzo motivo di ricorso risulta pertanto infondato e deve essere rigettato.
In definitiva il ricorso deve essere respinto.
7. Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni affrontate e del valore della controversia, tenendo conto che risultano vincitrici due parti rappresentate dal medesimo difensore.
7.1. Deve ancora darsi atto che ricorrono le condizioni processuali per il versamento, da parte della ricorrente, del c.d. doppio contributo.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
rigetta il ricorso proposto dalla (omissis) s.r.l. in persona del rappresentante legale, pro tempore, che condanna al pagamento delle spese di lite in favore delle costituite controricorrenti, e le liquida in complessivi Euro 17.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024
Il Presidente
Roberta Crucitti
Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2024.