REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BONI Monica – Presidente –
Dott. FIORDALISI Domenico – Consigliere –
Dott. CENTOFANTI Francesco – Rel. Consigliere –
Dott. SANTALUCIA Giuseppe – Consigliere –
Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da
(OMISSIS) Giuseppe, nato a Roma il 17/03/19xx;
avverso la sentenza del 12/01/2021 del G.i.p. del Tribunale di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Francesco Centofanti;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Luigi Birritteri, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
lette le conclusioni del difensore dell’imputato, avvocato David (OMISSIS) (OMISSIS), che ha chiesto accogliersi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe il G.i.p. del Tribunale di Palermo dichiarava Giuseppe (OMISSIS) colpevole del reato di cui all’art. 677, terzo comma, cod. pen. – perché, quale soggetto obbligato alla conservazione e vigilanza di un immobile, sito nel capoluogo siciliano, versante in stato di degrado e minacciante rovina, ometteva di provvedere ai lavori di messa in sicurezza, ordinati dalla competente Autorità municipale – e lo condannava alla pena di cinquecento euro di ammenda.
2. L’imputato ricorre per cassazione, con rituale ministero difensivo, sulla base di tre motivi.
Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio della motivazione, per averne il giudice a quo affermato la penale responsabilità, senza aver previamente accertato se dall’omissione dei lavori fosse derivato un pericolo concreto per l’incolumità delle persone, indeterminatamente considerate.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio della motivazione, per avere il medesimo giudice considerato integrato il reato a suo carico, quale soggetto chiamato all’eredità, nonostante egli non avesse consapevolezza della delazione e dell’esistenza stessa dell’immobile, non avendo neppure mai ricevuto la notifica dell’ordinanza comunale asseritamente trasgredita.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio della motivazione, per avere il medesimo giudice omesso di riconoscere la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.
3. Il giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è fondato.
La sentenza impugnata non ha adeguatamente considerato che, a differenza della condotta illecita, ormai depenalizzata, di cui al primo comma dell’art. 677 cod. pen., relativo all’omissione dei «lavori necessari per rimuovere il pericolo», generico e presunto, in un edificio «che minacci rovina», la fattispecie criminosa prevista dal terzo comma della medesima disposizione, contestata nel processo, pretende invece che dalla omissione dei lavori in discorso «derivi pericolo per le persone» e per la loro incolumità; pericolo da accertarsi in concreto (Sez. 1, n.16285 del 03/05/2006, Vetusto, Rv. 234435-01), anche solo in relazione all’occasionale passaggio di persone nel luogo in cui insiste l’edificio (Sez. 1, n. 6596 del 17/01/2008, Corona, Rv. 239127-01).
La prospettiva dell’insorgenza di un pericolo siffatto non è mai implicita nella sola emissione dell’ordinanza sindacale che prescriva l’effettuazione dei lavori e deve essere oggetto di specifico accertamento da parte del giudice, di cui occorre conto nella motivazione.
Nel caso di specie non solo quest’ultima non riflette l’esito di un accertamento siffatto, ma la relazione tecnica, richiamata dall’ordinanza sindacale (dal ricorrente allegata all’atto di impugnazione), descrive lo stato dei luoghi e facendo risaltare che il primo piano dell’immobile era disabitato, il secondo piano era in procinto di essere sgomberato e non vi era rischio di collasso strutturale dell’edificio con interessamento di aree esterne allo stesso.
Il pericolo richiesto dal menzionato art. 677, terzo comma, cod. pen. si rivela dunque, in positivo, inconsistente.
2. A tale rilievo segue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., perché il fatto contestato non sussiste, previo assorbimento dei motivi ulteriori di impugnazione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.
Così deciso il 19/05/2022.
Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2022.