Mandato arresto europeo. Sì all’estradizione di tre cittadini italiani, rei di vari reati sul suolo francese (Corte di Cassazione, Sezione Feriale Penale, Sentenza 29 luglio 2021. n. 29895).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE FERIALE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASSILLO Adriano – Presidente –

Dott. TALERICO Palma – Consigliere –

Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere –

Dott. SESSA Renata – Consigliere –

Dott. CALVANESE Ersilia – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi proposti da

1. (OMISSIS) Antonio, nato a (OMISSIS) il 28/01/19xx;

2. (OMISSIS) Cicito, nato a (OMISSIS) il 28/06/19xx;

3. (OMISSIS) Roberto, nato a (OMISSIS) il 24/12/19xx;

avverso la sentenza del 16/06/2021 della Corte di appello di Sassari;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere, Dott.ssa Ersilia Calvanese;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Mariella De Masellis, che ha concluso chiedendo che i ricorsi siano dichiarati inammissibili.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Sassari disponeva la consegna, con la condizione del reinvio, di (OMISSIS) Antonio, (OMISSIS) Cicito e (OMISSIS) Roberto, richiesta dalle autorità giudiziarie francesi con mandato di arresto europeo al fine del loro perseguimento per i reati di violenza e minaccia a pubblico ufficiale, ostacolo alle funzioni pubbliche, di violazioni ambientali e in materia di pesca in area destinata a riserva naturale.

2. Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli interessati, denunciando, a mezzo del comune difensore, i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Violazione di legge, in relazione al diritto di difesa e agli artt. 2 I. n. 69 del 2005, 111 Cost., 5 e 6 CEDU.

Fissata l’udienza per la decisione di consegna per il 16 giugno 2021, perveniva in cancelleria in pari data la traduzione in lingua italiana del m.a.e., fino a quel momento disponibile nella sola lingua francese.

Veniva concessa alla difesa solo un’ora per l’esame dell’atto, così arrecando una sicura lesione al diritto di difesa dei ricorrenti, garantito dalle norme sopra richiamate.

2.2. Violazione di legge, in relazione agli artt. 6 e 18-bis I. n. 69 del 2005 e 24 Cost.

Il m.a.e. è carente quanto alle informazioni necessarie previste dalla legge n. 69 del 2005.

E’ scarsa ed inesistente in particolare la descrizione del fatto, anche con riferimento al luogo di commissione (c’è stato un inseguimento iniziato in acque francesi e il fermo dei ricorrenti è avvenuto in acque italiane) e al grado di partecipazione al reato da parte dei ricorrenti. La Corte di appello era pertanto tenuta a richiedere informazioni aggiuntive al fine di stabilire l’applicabilità dell’art. 18-bis, comma 1, lett. a) I. n. 69 del 2005.

3. Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla I. 18 dicembre 2020, n. 176 (così come modificato per il termine di vigenza dal di. 10 aprile 2021, n. 44), in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili per le ragioni di seguito illustrate.

2. Quanto al primo motivo, va preliminarmente osservato che le cadenze temporali per il procedimento di consegna sono dettate dalla legge n. 69 del 2005, anche in particolare a seguito dell’intervento di riforma da parte del d.lgs. 2 febbraio 2021 n. 10, al fine di consentirne la conclusione entro i termini massimi previsti dalla decisione quadro 2002/584/GAI.

In particolare, la decisione sulla consegna da parte della Corte di appello deve essere emessa “nel più breve tempo possibile e, comunque, entro quindici giorni dall’esecuzione della misura cautelare dì cui all’articolo 9 o, nel caso previsto dall’articolo 11, dall’arresto della persona ricercata” (art. 17, comma 2, I. n. 69 del 2005).

Nella specie, l’arresto dei ricorrenti è avvenuto il 5 giugno 2021 e quindi il 16 giugno 2021 veniva a cadere il termine massimo previsto per l’emissione della decisione.

Quindi la concessione di un termine a difesa andava correlata all’esigenza di assicurare il rispetto delle suddette cadenze temporali.

In ogni caso, va rammentato che, secondo un principio già affermato da questa Corte, il diniego di termini a difesa può dar luogo ad una nullità a regime intermedio in forza della norma generale posta dall’art. 178, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., in quanto incidenti sull’assistenza dell’imputato, sempreché l’eccezione sia stata tempestivamente formulata (Sez. 2, n. 5773 del 10/01/2019, Rv. 275523).

Nella specie, dal verbale dell’udienza tenuta davanti alla Corte di appello risulta che la difesa dei ricorrenti non ha sollevato alcun eccezione al termine fissato dalla Corte di appello.

3. Il secondo motivo articola censure generiche e manifestamente infondate.

4. Quanto alla descrizione del fatto, la Corte di appello ha dato atto della compiuta descrizione delle condotte oggetto del m.a.e. compreso il grado di partecipazione (ovvero della commissione dei reati da parte dei ricorrenti in concorso tra loro) e il luogo di commissione (segnatamente, la riserva naturale francese delle Bocche di Bonifacio).

Il mandato di arresto europeo conteneva invero la sufficiente descrizione delle indagini che avevano portato all’identificazione dei responsabili dei reati contestati in via cautelare.

In ogni caso, la difesa in ordine alla descrizione del fatto non ha evidenziato le lacune che non hanno consentito allo Stato italiano di esercitare i prescritti controlli sul mandato di arresto europeo e ai difensori conseguentemente di difendersi (in tema di completezza delle informazioni, tra le tante, Sez. 6, n. 8132 del 18/02/2015, Rv. 262805).

In ordine alla questione della giurisdizione, i ricorrenti non si confrontano con l’orientamento oramai consolidato di questa Corte, secondo cui l’art. 18-bis, comma 1, lett. a), I. n. 69 del 2005 prevede un’ipotesi di rifiuto facoltativo che richiede in ogni caso la sussistenza di indagini già avviate sul fatto oggetto del mandato di arresto europeo e sintomatiche dell’effettiva volontà dello Stato di affermare la propria giurisdizione (per tutte, Sez. 6, n. 5929 del 11/02/2020, Rv. 278329): su tale pregiudiziale e dirimente profilo di analisi i ricorrenti non hanno dedotto alcun elemento specifico.

5. Alla stregua di tali rilievi i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.

I ricorrenti devono, pertanto, essere condannati, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.

In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che ciascun ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La Cancelleria provvederà agli adempimenti di rito.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, I. n. 69 del 2005.

Così deciso il 27/07/2021.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.