Nessuna tenuità del fatto per chi tampona un velocipede senza fermarsi per accertarsi sulle condizioni del ferito (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 21 dicembre 2020, n. 36794).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente – 

Dott. NARDIN Maura – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere –

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere –

Dott. FERRANTI Donatella – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) CARMELO nato a (OMISSIS) il 12/10/1974;

avverso la sentenza del 03/10/2019 della CORTE APPELLO di PALERMO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa DONATELLA FERRANTI.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Palermo con la sentenza in epigrafe, confermava la pronuncia del Tribunale di Palermo del 30.11.2017, che aveva condannato (OMISSIS) Carmelo alla pena 5 mesi e giorni 10 di reclusione, in relazione ai reati di cui all’art. 189 commi 1, 6 e 7 C.D.S. Fatto commesso in Palermo il 14.01.2013.

1.1. L’imputazione riguarda l’avere, alla guida dell’autovettura Lancia Y tg XX xxx XX non ottemperato all’obbligo di fermarsi e di prestare assistenza in occasione del sinistro stradale in cui aveva investito la bicicletta condotta da (OMISSIS) Fausto che, urtato nella zona posteriore del proprio mezzo, era caduto a terra, e riportava trauma al rachide dorsale e trauma al polpaccio sinistro.

2. La Corte d’Appello confermava l’accertamento di responsabilità penale, ritenendo che il prevenuto, per sua stessa ammissione era alla guida dell’autovettura e aveva tamponato il ciclista; pur fermatasi momentaneamente dopo l’urto, si era poi allontanato senza lasciare le proprie generalità e senza neppure preoccuparsi delle condizioni della persona offesa che era rimasto a terra e grazie all’aiuto di un passante aveva annotato la targa dell’autovettura dell’investitore.

3. Ricorre per cassazione, a mezzo del difensore, il (OMISSIS) proponendo i seguenti motivi:

I) Violazione di legge e vizio di motivazione illogica e contraddittoria quanto all’affermazione di responsabilità penale in quanto, da una lato, afferma che la persona offesa era rimasta a terra in attesa dell’autombulanza, dall’altro, che la persona offesa aveva annotato il numero di targa quindi si presume fosse stata in piedi, vigile e in condizioni di efficienza fisica.

II) Violazione di legge con riferimento all’art. 131 bis cod.pen., perché, nonostante la specifica istanza difensiva, la Corte di appello ha omesso di considerare e valutare l’applicabilità in concreto della specifica causa di non punibilità.

4. Il Procuratore generale in sede con requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23 comma 8 DL 28.10.2020 n. 137 ha chiesto annullarsi la sentenza impugnata limitatamente all’esclusione della particolare tenuità del fatto con rinvio alla Corte d’Appello di Palermo per nuovo esame.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Quanto al primo motivo di ricorso è inammissibile per genericità e aspecificità delle censure che tendono sostanzialmente ad una rivalutazione delle risultanze probatorie non consentita in sede di legittimità.

Deve ancora una volta ribadirsi, anche in questa circostanza, in via di principio, che le doglianze relative ad asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione fattuale dell’episodio e dell’attribuzione dello stesso alla persona dell’imputato non sono proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da un percorso motivazionale che risulti comunque esteso a tutti gli elementi offerti dal processo, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata; le argomentazioni (prevalentemente di merito) svolte dal ricorrente non valgono a scalfire la motivazione fornita dalla Corte d’Appello in punto di responsabilità.

1.1. Ed invero la Corte distrettuale non ha mancato di richiamare espressamente gli elementi acquisiti a carico dell’imputato vagliando con argomentazioni logiche e coerenti la attendibilità della versione della persona offesa (fol. 4 e 5).

Mette conto sottolineare al riguardo che secondo il più recente ed ormai consolidato, nonché assolutamente condivisibile, indirizzo interpretativo di questa Corte, “in tema di circolazione stradale, l’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 189 C.d.S., comma 6 (punito solo a titolo di dolo) ricorre quando l’utente della strada, al verificarsi di un incidente – idoneo a recar danno alle persone e riconducibile al proprio comportamento – ometta di fermarsi per prestare eventuale soccorso, non necessario per contro essendo che il soggetto agente abbia in concreto constatato il danno provocato alla vittima” (in termini, “ex plurimis”, Sez. 4, Sentenza n. 7615 del 10/11/2004 Ud. – dep. 01/03/2005 – Rv. 230816, Imp, Verginella).

Ai fini della configurabilità del reato di “fuga”, quanto all’elemento psicologico, pur essendo richiesto il dolo, “la consapevolezza che la persona coinvolta nell’incidente ha bisogno di soccorso può sussistere anche sotto il profilo del dolo eventuale, che si configura normalmente in relazione all’elemento volitivo, ma che può attenere anche all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso l’esistenza” (in termini, “ex plurimis”, Sez. 4, n. 34134 del 13/07/2007 – dep. 06/09/2007- Rv. 237239, imp. Agostinone; conf: Sez. 4 n. 21445 del 10/04/2006 – dep. 21/06/2006 – Rv. 234570, imp. Marangoni; Sez. 4, n. 8103 del 10/01/2003 – dep. 19/02/2003- Rv. 223966, imp. Fanello).

Nella concreta fattispecie, l’impatto tra l’autovettura condotta dall’imputato e la bicicletta, a bordo della quale procedeva (OMISSIS), è un dato certo; così come è stato accertato che, a seguito dell’urto, la parte lesa era dolorante, era a terra e aveva riportato lesioni certificate dai sanitari del Pronto soccorso; ciò imponeva all’imputato l’obbligo della fermata e di sincerarsi concretamente e fattivamente delle condizioni di salute della persona che era rimasta incidentata.

Orbene, nel reato di fuga previsto dall’art. 189 C.d.S., comma 6, l’accertamento dell’elemento psicologico va compiuto in relazione al momento in cui l’agente pone in essere la condotta e, quindi, alle circostanze concretamente rappresentate e percepite a quel momento, che siano univocamente indicative di un incidente ricollegabile al proprio comportamento ed idoneo ad arrecare danno alle persone, dovendo riservare ad un successivo momento il definitivo accertamento delle effettive conseguenze del sinistro.

E giova evidenziare, altresì, che il dovere di fermarsi sul posto dell’incidente deve durare per tutto il tempo necessario all’espletamento delle prime indagini rivolte ai fini dell’identificazione del conducente stesso e del veicolo condotto, perché, ove si ritenesse che la durata della prescritta fermata possa essere anche talmente breve da non consentire né l’identificazione del conducente, né quella del veicolo, come è avvenuto nel caso di specie, (fol 6) né lo svolgimento di un qualsiasi accertamento sulle modalità dell’incidente e sulle responsabilità nella causazione del medesimo, la norma stessa sarebbe priva di ratio e di una qualsiasi utilità pratica (cfr., “ex plurimis”, Sez. 4, n. 20235 del 25/01/2006 ).

Conclusivamente, nel caso in esame, dal complesso motivazionale della sentenza impugnata si rileva che:

a) il ricorrente aveva percepito l’incidente;

b) era consapevole che l’incidente stesso era riconducibile al suo comportamento e concretamente idoneo a produrre eventi lesivi.

Ricorreva, quindi, l’elemento psicologico quantomeno nella forma del dolo eventuale considerato che, pur essendosi fermato momentaneamente, si era limitato ad addebitare ad una terza persona, allontanandosi con la macchina senza rilasciare le proprie generalità (il rilevamento della targa è avvenuto ad opera della parte offesa aiutata da un altro utente della strada).

Il convincimento così espresso, in quanto frutto di una valutazione delle risultanze acquisite, di cui è stato dato conto in maniera adeguata, coerente e corretta, sfugge al sindacato di legittimità.

1.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.

Come è stato affermato dalle Sezioni Unite, le ponderazioni sull’esistenza dei presupposti essenziali per l’applicabilità della causa di non punibilità ex art. 131- 4 bis cod. pen. (analisi e considerazione della condotta, delle conseguenze del reato e del grado della colpevolezza, negli articolati e peculiari termini di cui trattano i paragrafi 6-9 del ‘considerato in diritto’ della sentenza 13682/16, sono caratterizzate da un’intrinseca ed insuperabile natura di merito; e come tali sono proprie del giudizio di merito e quindi destinate ad essere tempestivamente proposte per essere poi valutate solo in tale sede.

Nel caso di specie il motivo di ricorso che tratta il punto della decisione afferente alla causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. sotto il profilo del vizio di motivazione è del tutto generico non autosufficiente e perciò inammissibile.

Va rilevato che al contrario il Giudice d’appello ha fornito esplicita risposta alla richiesta di applicazione dell’art. 131/bis cod. pen., si è speso nella ricostruzione del fatto e nella valutazione del concreto comportamento illecito sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo e ha escluso che l’offesa del bene giuridico protetto possa essere qualificata di particolare tenuità.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue il pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 16.12.2020.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.