Privo di lavoro e di redditi legali, legittimo il ‘foglio di via’ (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 8 aprile 2021, n. 13226).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano – Presidente

Dott. CIAMPI Francesco Maria – Consigliere

Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere

Dott. SARACENO Rosa Anna – Rel. Consigliere

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) FRANCESCO nato a (OMISSIS) il 01/01/19xx;

avverso la sentenza del 20/11/2019 della CORTE APPELLO di NAPOLI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Rosa Anna SARACENO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. LUCA TAMPIERI che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;

udito il difensore.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la decisione in epigrafe la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza in data 24 maggio 2018, con cui il Tribunale della sede aveva condannato Francesco (OMISSIS) alla pena di mesi sei e giorni dieci di arresto, in quanto ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 76, comma 3, D.Lgs. n. 159/2011, per avere ripetutamente contravvenuto al foglio di via obbligatorio, emesso dal Questore il 16 settembre 2013, notificatogli il 15 dicembre 2014, che ne aveva disposto l’allontanamento dal comune di Napoli e il divieto di farvi ritorno per la durata di anni tre; fatti accertati in Napoli il 13 e 21 ottobre 2015.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore, avvocato Elisabetta (OMISSIS), che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi:

– inosservanza o erronea applicazione della legge penale, mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo all’affermazione di responsabilità.

La Corte territoriale non ha offerto congrua risposta alle doglianze articolate con l’appello; in particolare, ha omesso di cogliere i profili di illegittimità del provvedimento amministrativo presupposto, del tutto carente sotto il profilo della esplicitazione degli elementi di fatto posti a fondamento del giudizio di appartenenza dell’imputato ad una delle categorie previste dall’art. 1 d.lgs. n. 159/2011 e dell’operata valutazione di pericolosità del ricorrente;

– violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche, del cui riconoscimento l’imputato era meritevole, non risultando inserito in circuiti di criminalità organizzata, né ritraendo le proprie fonti di reddito dal compimento di attività delittuose e avendo, in aggiunta, serbato leale condotta processuale, lasciandosi giudicare “allo stato degli atti”.

3. L’impugnazione è inammissibile perché basata su motivi aspecifici e manifestamente infondati.

3.1. Come già affermato da questa Corte con orientamento costante, ben noto alla difesa che nel ricorso si è profusa in una sovrabbondante citazione di massime estrapolate dalle decisioni di legittimità, il giudice penale non può sostituire la propria valutazione al giudizio di pericolosità espresso dal Questore, in quanto in tal modo eserciterebbe un inammissibile sindacato giurisdizionale di merito sull’atto amministrativo mentre, invece, è consentito -e doveroso- il sindacato di legittimità sul provvedimento, consistente nella verifica della sua conformità alle prescrizioni di legge, tra le quali rientra l’obbligo di motivazione sugli elementi da cui viene desunto il giudizio di pericolosità del soggetto.

Ciò significa che il provvedimento, per fungere da valido presupposto del reato, deve esplicitare gli elementi di fatto, in base ai quali esprime il giudizio di appartenenza del destinatario ad una delle categorie indicate nell’art. 1 d.lgs. n. 159/2011 e indicare i motivi che inducono a ritenerlo socialmente pericoloso, non essendovi coincidenza tra la appartenenza a una delle categorie di cui al citato art. 1 e la pericolosità sociale del soggetto, che va desunta da ulteriori circostanze di fatto, delle quali si deve dare atto in modo specifico.

Pertanto, nel caso in cui il provvedimento del Questore sia sufficientemente motivato, indichi in modo chiaro, intelligibile e razionale le ragioni dell’affermata pericolosità del sottoposto a foglio di via obbligatorio, esso può essere disapplicato solo a fronte dell’accertata insussistenza degli elementi addotti a sostegno della ritenuta pericolosità.

3.2. A tali superiori e condivisi principi il provvedimento impugnato si è correttamente attenuto; ha, infatti, valorizzato quanto emerso dal decreto del Questore, che aveva esposto gli elementi fattuali, sui quali si è incentrato il giudizio di pericolosità formulato a carico del (OMISSIS), costituiti: dalle numerose attività delinquenziali svolte a scopo di lucro dal prevenuto e puntualmente richiamate nel provvedimento (contrabbando, violazioni della normativa fiscale, invasioni di terreni ed edifici) oltre che imbrattamento di cose altrui, e inosservanza dei provvedimenti dell’autorità; dall’assenza di qualsiasi attività lavorativa; dalla presenza nel territorio di Napoli per svolgere l’attività di parcheggiatore abusivo, per la quale era già stato in passato ripetutamente sanzionato.

Se ne è dedotto, dunque, che egli viveva, almeno in parte, con i proventi di tali attività delittuose e, come tale, era soggetto socialmente pericoloso anche al momento dell’emissione del decreto di rimpatrio.

3.3. La motivazione della decisione, sintetica ma compiuta, ha, dunque, riscontrato nel provvedimento amministrativo la presenza di idonea specificazione sia della pericolosità del soggetto sia degli elementi a tal fine significativi.

Piuttosto l’impugnazione, al di là dei generici rilievi formali, non smentisce i dati conoscitivi valorizzati nel provvedimento, né l’assenza di attività lavorativa e di redditi legali, e, pertanto, non offre argomenti per superare gli orientamenti pedissequamente citati, prescindendo da un efficace e completo confronto con le ragioni della avversata decisione.

3.4. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo.

La Corte ha giustificato il diniego delle generiche, valorizzando la duplicità della violazione, l’assenza di comportamenti sintomatici di ravvedimento e comunque la totale carenza di elementi suscettibili di favorevole valutazione.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella proposizione di siffatta impugnazione (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro tremila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, l’8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria l’8 aprile 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.