Professione forense. Quando si consuma il reato di patrocinio infedele? (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 6 marzo 2023, n. 9382)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIDELBO Giorgio – Presidente –

Dott. ROSATI Martino – Consigliere –

Dott. VIGNA Maria Sabina – Rel. Consigliere –

Dott. APRILE Ercole – Consigliere –

Dott. D’ARCANGELO Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto dalla parte civile:

(OMISSIS) Antonino nato a Trapani il 11/09/19xx;

nel procedimento a carico di:

(OMISSIS) Giuseppe nato a Melito Di Porto Salvo il 09/01/19xx;

avverso la sentenza del 12/04/2022 della Corte di appello di Palermo;

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott.ssa Maria Sabina Vigna;

Lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Vincenzo Senatore, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Trapani del 16 marzo 2021, che ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Giuseppe (OMISSIS) in ordine ai reati di cui agli artt. 380 cod. pen. (capo A) e 640, 61 n. 11, cod. pen. (capo B) per intervenuta prescrizione maturata prima della data della citazione a giudizio (1 luglio 2019), rigettando le richieste risarcitorie della parte civile (OMISSIS) Antonino.

In particolare, quanto al reato di cui all’art. 380 cod. pen. (sul quale verte il ricorso), si contesta a (OMISSIS), nella sua qualità di patrocinatore, di essersi reso infedele ai suoi doveri professionali, non depositando il ricorso in sede di appello, nonostante avesse ricevuto la relativa procura alle liti da (OMISSIS) Antonino in relazione al procedimento civile n. 761/2007. Fatto commesso in Trapani il 18 febbraio 2013.

All’imputato era, inoltre, contestato il reato di truffa, perché, inducendo in errore (OMISSIS), circa la possibilità di proporre l’atto di ricorso in appello di cui al capo A), si procurava un ingiusto profitto facendosi consegnare dalla medesima persona offesa la somma di euro 300,00 finalizzata al pagamento del contributo unificato.

Con artifici e raggiri consistiti nel consegnare copia del ricorso in appello a (OMISSIS) e nel fare firmare la relativa procura alle liti senza poi dare materialmente seguito al deposito degli atti nei termini di legge.

La pronuncia di primo grado fondava la declaratoria di prescrizione sul tempus commissi delicti in contestazione (ritenuto perfezionatosi il 5 marzo 2013, data di deposito della rinuncia all’atto di appello) e sulla circostanza che il decreto di citazione a giudizio era stato emesso il 1 luglio 2019, ovverosia dopo il decorso del termine ordinario della prescrizione pari a sei anni (13 marzo 2019).

La Corte d’appello, nel condividere la valutazione del Tribunale cerca la avvenuta prescrizione dei reati, ha ritenuto corretta la indicazione del tempus commissi delicti nel 18 febbraio 2013 poiché in tale data si era verificato il primo nocumento(1) per (OMISSIS) e cioè la richiesta di corresponsione da parte di (OMISSIS) della somma di euro 300,00 finalizzata al pagamento del contributo unificato e la richiesta di apporre la firma su un foglio bianco, ove asseritamente doveva apporre la procura ad appellare, che, invece, utilizzò per rinunciare all’appello.

2. Avverso la sentenza ricorre per cassazione (OMISSIS), deducendo, la violazione di legge e il vizio di motivazione della impugnata sentenza per avere rilevato che il termine ordinario di prescrizione in relazione al contestato delitto di cui all’art. 380 cod. pen. era già spirato in data 18 dicembre 2019 e, dunque, in epoca antecedente l’emissione del decreto di citazione a giudizio (avvenuta 11 luglio 2019), con conseguente rigetto delle richieste risarcitorie avanzate dalla parte civile.

Il reato di infedele patrocinio si è consumato nel momento in cui, dopo avere accettato l’incarico, ricevuto l’acconto di euro 300,00 ed essersi fatto rilasciare una firma per la predisposizione della procura, il professionista fece inutilmente decorrere il termine previsto per l’impugnazione di tale provvedimento giudiziario e cioè il 9 dicembre 2013. In realtà (OMISSIS), dopo avere ricevuto i trecento euro, formò la procura per l’appello e predispose l’appello.

Per giustificare il fatto di non avere predisposto l’appello, sulla presunta dichiarazione di rinuncia è stata indicata una data, quella del 5 marzo 2013, in cui ancora non era decorso il termine per la presentazione dell’impugnazione.

La presunta dichiarazione è stata predisposta nel novembre 2017, subito dopo l’avviso di conclusioni delle indagini preliminari.

Il danno si concretizzò e assunse i caratteri della irrevocabilità solo nel momento in cui spirarono i termini per l’impugnazione e, sul punto, nessuna rilevanza può avere la formazione della falsa rinuncia all’appello, in quanto temporalmente successiva.

3. Il difensore della parte civile ha depositato conclusioni scritte insistendo per l’accoglimento del ricorso.

4. Il difensore dell’imputato ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

5. Il ricorso è stato trattato, ai sensi dell’art. 23, commi 8 e 9, d.l. n. 137 del 2020, senza l’intervento delle parti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Occorre osservare che costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo il quale il delitto di cui all’art. 380, primo comma, cod. pen. richiede, per il suo perfezionamento, in primo luogo, una condotta del patrocinatore irrispettosa dei doveri professionali stabiliti, per fini di giustizia, a tutela della parte assistita e, in secondo luogo, un evento che implichi un nocumento agli interessi di quest’ultimo.

Pertanto, poiché l’evento del reato di patrocinio infedele va identificato con il nocumento arrecato al patrocinato, è da tale data che il reato può ritenersi consumato ed è quindi da tale momento che inizia a decorrere il termine di prescrizione (vedi, Sez. 2, 14/02/2019, Musmeci, Rv. 275383).

2.1. In merito alla nozione di nocumento, è già stato osservato da parte della giurisprudenza di legittimità che lo stesso può essere costituito anche dal mancato conseguimento di vantaggi formanti oggetto di decisione assunte dal giudice nelle fasi intermedie o incidentali di una procedura (Sez. 6, n. 8617 del 30/01/2020, Bruno, Rv. 278710 – 01; Sez. 6, n. 2689 del 19/12/1995, Forti, Rv. 204509 – 01).

Per quanto interessa nel caso in esame, è bene rimarcare anche che il nocumento, per poter assumere rilevanza, deve essere conseguente alla violazione dei doveri professionali, non potendo evidentemente essere presi in considerazione effetti pregiudizievoli derivanti da ragioni diverse, eziologicamente non dipendenti dalle suddette violazioni deontologiche.

Si deve, inoltre, considerare che nell’ambito del rapporto professionale e durante lo svolgimento del procedimento giudiziario, tenuto conto delle diverse fasi in cui esso si articola, si possono individuare eventi pregiudizievoli per la parte assistita anche indipendenti dall’esito favorevole o sfavorevole del giudizio, potendo rilevare anche il mero ritardo della definizione del procedimento, o anche una semplice preclusione processuale conseguente alla scadenza di un termine che abbia reso impossibile per la parte allegare una prova a suo favore o comunque di esercitare una facoltà spettante alla stessa quale parte processuale, e potendo rientrare nella nozione di nocumento anche la c.d. “perdita di chances“, consistente nella perdita di una concreta occasione favorevole al conseguimento di un bene determinato o di un risultato positivo.

3. La Corte di appello ha dato corretta applicazione a tale principio di diritto, ritenendo sussistente la prescrizione intermedia.

Come correttamente sostenuto dai giudici di merito, il reato in esame si è perfezionato il 5 marzo 2013, data di deposito della rinuncia all’atto di appello, perché è in quel momento che si è verificato il danno per (OMISSIS), il quale, del tutto ignaro, era convinto di avere adempiuto a tutte le formalità per impugnare la sentenza di primo grado.

E’, quindi, del tutto irrilevante la circostanza che il termine per proporre l’impugnazione nel processo civile in cui (OMISSIS) difendeva (OMISSIS) sarebbe spirato il 9 dicembre 2013.

4. Al rigetto del ricorso, segue la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 30 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.

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