Quando le manifestazioni sportive rilevano ai fini penali (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 22 ottobre 2021, n. 37934).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ANDREAZZA Gastone – Presidente

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. ACETO Aldo – Rel. Consigliere

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) ANDREA nato a MAROSTICA il 16/09/19xx;

avverso la sentenza del 02/05/2019 della CORTE APPELLO di VENEZIA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Aldo ACETO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Ciro ANGELILLIS che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per prescrizione.

RITENUTO IN FATTO

1. Il sig. Andrea (OMISSIS) ricorre per l’annullamento della sentenza del 02/05/2019 della Corte di appello di Venezia che, in riforma della sentenza del 09/06/2014 del Tribunale di Venezia, pronunciata a seguito di giudizio abbreviato e da lui impugnata, lo ha assolto dal reato di cui al capo A (art. 6, legge n. 401 del 1989) perché il fatto non sussiste, ha dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti in ordine al reato di cui al capo C (art. 4, legge n. 110 del 1975) perché estinto per prescrizione, ha dichiarato assorbito il reato di cui all’art. 6-ter, legge n. 401 del 1989, in quello di cui all’art. 6-bis, stessa legge, rubricato al capo B, ha rideterminato la pena nella misura di un anno di reclusione, ha confermato nel resto.

1.1. Con il primo motivo deduce l’erronea applicazione della legge n. 401 del 1989 osservando che:

a) l’evento sportivo, un torneo di calcetto denominato “Champions Beer & Girls”, era stato organizzato da pubblici esercenti del luogo e non dalla FGCI o dal CONI;

b) le squadre che vi partecipavano non erano iscritte alla FGCI o al CONI;

c) i giocatori non erano iscritti alla FGCI o al CONI;

d) non è sufficiente che la competizione rientri nel registro del CONI se l’evento non è anche organizzato dal CONI e/o dalla FGCI.

1.2. Con il secondo motivo deduce l’errata e la mancata valutazione delle circostanze addotte a sostegno della richiesta di applicazione delle circostanze attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il ricorso è fondato.

3. Dalla lettura della sentenza impugnata risulta che, nel corso della cerimonia di premiazione del torneo dilettantistico di calcio a 5 maschile e femminile denominato “Champions Beer and Girls” al quale avevano partecipato 28 squadre abbinate ad altrettanti esercizi pubblici del territorio, il ricorrente aveva lanciato un fumogeno in direzione del palco, ove si stava svolgendo l’evento, colpendo una donna che vi era salita cagionandole lesioni non gravi.

3.1. Per tale fatto, non contestato nella sua materialità, la Corte di appello ha definitivamente ritenuto l’imputato colpevole del reato di cui agli artt. 6-bis, legge n. 401 del 1989, in esso assorbito quello meno grave di cui all’art. 6-ter, stessa legge (capo C), e di quello di cui agli artt. 582, 585 cod. pen. (capo D).

3.2. La tesi difensiva dell’applicazione della fattispecie incriminatrice alle sole manifestazioni sportive previste e organizzate dalla FIGC e/o dal CONI è fondata nei termini di seguito illustrati.

3.3. La condotta tipizzata dall’art. 6-bis, comma 1, legge n. 401 del 1989, consiste, per quanto qui rileva, nel lanciare o utilizzare, in modo da creare un concreto pericolo per le persone, razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o di gas visibile, ovvero bastoni, mazze, materiale imbrattante o inquinante, oggetti contundenti, o, comunque, atti ad offendere, se tale condotta viene posta in essere nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive ovvero in quelli interessati alla sosta, al transito, o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime o, comunque, nelle immediate adiacenze di essi, nelle ventiquattro ore precedenti o successive allo svolgimento della manifestazione sportiva, e a condizione che i fatti avvengano in relazione alla manifestazione sportiva stessa.

3.4. L’art. 2-bis, comma 1, d.l. 20 agosto 2001, n. 336, convertito con modificazioni dalla legge n. 377 del 2001, ha stabilito che «per manifestazioni sportive» ai sensi della legge n. 401 del 1989 (e dell’art. 4, comma 3, legge n. 110 del 1975) «si intendono le competizioni che si svolgono nell’àmbito delle attività previste dalle federazioni sportive e dagli enti e organizzazioni riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI)».

3.5. Incontestata la connessione temporale/spaziale della condotta incriminata con la fase conclusiva del torneo di calcio indicato nell’imputazione, occorre stabilire se tale torneo costituisse “manifestazione sportiva” penalmente rilevante ai sensi dell’art. 6, legge n. 401, cit.

3.6. La Corte di appello fornisce riposta positiva al quesito affermando che nell’ambito del CONI operano anche le associazioni/società sportive dilettantistiche che praticano la disciplina del calcio a 5, sicché è sufficiente che la pratica sportiva oggetto di tutela sia astrattamente prevista come scopo sociale di un ente/federazione/organizzazione riconosciuto dal CONI.

3.7. Non v’è dubbio che le manifestazioni sportive oggetto di tutela penale sono solo quelle specificamente “previste” dalle federazioni/enti/organizzazioni riconosciuti dal CONI, non essendo necessario, secondo quanto afferma il ricorrente, che siano anche “organizzate e gestite” da tali enti.

Quando il legislatore, nell’ambito del medesimo testo normativo, ha preteso che la manifestazione sportiva fosse, oltre che prevista, anche “organizzata” dalle federazioni riconosciute dal CONI, dall’UNIRE o da altri enti sportivi riconosciuti dallo Stato o dalle associazioni ad essi aderenti, lo ha detto espressamente (art. 1, comma 1, legge n. 401 del 1989).

Ciò non significa, tuttavia, come ritiene la Corte di appello, che sia sufficiente che l’attività sportiva oggetto della manifestazione sia astrattamente prevista da una qualsiasi federazione/ente/associazione; è necessario che la manifestazione «si svolga nell’ambito delle attività previste» dall’ente, che sia cioè specificamente calendarizzata, che rientri concretamente nel programma delle attività da svolgere, promuovere, eventualmente organizzare, in un ben preciso contesto spaziale e temporale.

Il requisito dello svolgimento della manifestazione sportiva, comporta che si tratti di manifestazione effettivamente e concretamente tenuta siccome prevista tra le attività della federazione/ente/associazione.

In quest’ottica anche le “partite delle sagre di paese” (così definite dal ricorrente) possono rientrare nell’ambito delle manifestazioni sportive previste/calendarizzate da un ente iscritto al CONI; non è il contesto nel quale si svolge la manifestazione che rileva, bensì, come detto, il fatto che essa sia concretamente prevista/calendarizzata da un ente iscritto al CONI, anche se materialmente organizzata da altri.

3.8. Altrimenti ragionando, la tutela penale delle manifestazioni sportive si estenderebbe a tutte e ogni le attività (anche dilettantistiche, amatoriali ed amicali) svolte quotidianamente sul territorio nazionale per il sol fatto di essere astrattamente previste come discipline sportive da associazioni/federazioni/enti riconosciuti dal CONI.

3.9. Nel caso di specie non è chiaro se, oltre ad essere organizzata dai gestori dei locali pubblici della zona, la manifestazione sportiva oggetto di imputazione fosse anche specificamente prevista (nel senso di “calendarizzata”) da un ente riconosciuto dal CONI.

L’interpretazione della Corte di appello ha impedito tale verifica, ormai non più necessaria essendo il reato di cui al capo B estinto per prescrizione.

4. Il secondo motivo, che riguarda (anche) il residuo reato di cui al capo D, è manifestamente infondato.

4.1. La Corte di appello ha negato l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche in considerazione della estrema potenzialità offensiva della condotta e della propensione del ricorrente ai contegni vietati in occasione di manifestazioni sportive.

Ha quindi condiviso con il primo Giudice il giudizio di inadeguatezza della somma corrisposta alla persona offesa a titolo di risarcimento del danno.

4.2. Si tratta di giudizio insindacabile in questa sede di legittimità.

4.3. Come più volte affermato dalla Corte di cassazione, nel motivare il diniego delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244; Sez. 2, n. 2285 del 11/10/2004, Alba, Rv. 230691; Sez. 1, n. 12496 del 21/09/1999, Guglielmi, Rv. 214570).

Si tratta di un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269).

4.4. Il ricorrente lamenta la stigmatizzazione della emissione di un precedente DASPO, provvedimento amministrativo emesso sulla base della ipotizzata consumazione di reati mai accertati.

4.5. Il rilievo non è fondato; ciò che rileva è che tale provvedimento non è mai stato annullato e ben può il giudice valutarlo quale sintomatico dell’indole violenta del suo destinatario.

4.6. L’inammissibilità del secondo motivo osta alla rilevazione della prescrizione del reato di cui al capo D della rubrica maturata dopo la sentenza impugnata (Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, Aiello, Rv. 268966 – 01, secondo cui, in caso di ricorso avverso una sentenza di condanna cumulativa, che riguardi più reati ascritti allo stesso imputato, l’autonomia dell’azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione impedisce che l’ammissibilità dell’impugnazione per uno dei reati possa determinare l’instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti siano inammissibili, con la conseguenza che per tali reati, nei cui confronti si è formato il giudicato parziale, è preclusa la possibilità di rilevare la prescrizione maturata dopo la sentenza di appello).

4.7. L’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata relativamente al reato di cui al capo B della rubrica, comporta la necessità del rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Venezia per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio del residuo reato di cui al capo D, per il quale resta irrevocabilmente accertata la penale responsabilità del ricorrente.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato residuo di cui al capo B) perché è estinto per prescrizione.

Dichiara inammissibile il ricorso nel resto e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Venezia per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio.

Dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui al capo D).

Così deciso in Roma, il 10/9/2021.

Depositata in Cancelleria, addì 22 ottobre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.