LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE CIVILE
composta da:
Rosa Maria Di Virgilio – Presidente –
Aldo Carrato – Consigliere –
Linalisa Cavallino – Consigliere – Rel. –
Rossana Giannaccari – Consigliere –
Remo Caponi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 34701/2018 R.G. proposto da:
(omissis) (omissis) rappresentata e difesa dell’avv. (omissis) (omissis) elettivamente domiciliata in Roma, presso l’avv. (omissis) (omissis) nel suo studio in viale (omissis);
ricorrente
contro
(omissis) (omissis) rappresentata e difesa dall’avv. (omissis) (omissis) con domicilio digitale (omissis);
controricorrente
nonché contro
(omissis) (omissis), (omissis) (omissis), quali eredi di (omissis) (omissis);
intimati
avente a oggetto la sentenza n. 6856/2018 della Corte d’appello di Roma depositata il 29-10-2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10-4-2024 dal Consigliere dr.ssa Linalisa Cavallino.
FATTI DI CAUSA
1. (omissis) (omissis) alla quale in corso di causa è subentrata quale erede (omissis) (omissis), ha citato avanti al Tribunale di Cassino (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) quali parti del contratto di vendita con costituzione di vitalizio stipulato da (omissis) (omissis) a favore di (omissis) (omissis) il 10-2-2005, ha dichiarato di essere coniugata in regime di comunione legale con (omissis) (omissis) e che in costanza di matrimonio e con l’apporto patrimoniale di entrambi i coniugi era stato edificato il fabbricato oggetto di quel contratto; quindi, sull’assunto di vantare il cinquanta per cento del valore del fabbricato, ha chiesto che fosse dichiarata la nullità dell’atto, in quanto il marito aveva disposto anche della quota spettante all’attrice; in subordine ha chiesto che i convenuti fossero condannati al pagamento in suo favore del corrispettivo pari al cinquanta per cento del valore dell’immobile.
Si sono costituiti (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) contestando la domanda e con sentenza n. 31/2013 depositata il 10-1-2013 il Tribunale di Cassino ha dichiarato la nullità del contratto.
2. (omissis) (omissis) hanno proposto appello, che la Corte d’appello di Roma ha rigettato con sentenza n. 6856/2018 pubblicata il 29-10-2018.
La sentenza ha rigetta to la tesi degli appellanti secondo la quale la nullità del contratto era stata dichiarata per ii fatto che l’atto non conteneva gli estremi della concessione edilizia e della domanda in sanatoria; ha dichiarato che la nullità era stata accertata in quanto ii bene non era di proprietà esclusiva dell’alienante, ma rientrava nella comunione legale con il coniuge (omissis) (omissis).
Quindi ha dichiarato che (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) erano coniugi in regime di comunione legale all’epoca dell’alienazione e, al fine di disporre autonomamente del bene, (omissis) (omissis) avrebbe dovuto dimostrare che il manufatto gli apparteneva in via esclusiva; ha dichiarato che tale prova non era stata acquisita, perché (omissis) aveva documentato che il terreno era pervenuto al suo genitore (omissis) per donazione e aveva poi prodotto la denuncia di successione al fine di dimostrare il suo diritto di proprietà esclusiva del terreno e quindi del manufatto in forza di accessione; ha dichiarato che la documentazione non era sufficiente, richiamando Cass. 14395/2004 secondo cui la denuncia di successione aveva efficacia ai fini fiscali ed era inidonea a fornire prova del diritto di proprietà.
3. Avverso la sentenza (omissis) (omissis) ha proposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
(omissis) (omissis) ha resistito con controricorso.
II ricorso e stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ., in prossimità dell’udienza entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa e con ordinanza interlocutoria n. 28898/2023 depositata all’esito della camera di consiglio del 12-5-2023 e stata disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di (omissis) (omissis) al quale non risultava notificato il ricorso per cassazione, o nei confronti dei suoi eredi.
La ricorrente ha depositato copia del ricorso per cassazione ritualmente notificato a mezzo posta nel termine perentorio fissato a (omissis) (omissis) unitamente alla copia della denuncia di successione di (omissis) (omissis) dalla quale risultava la loro qualità di eredi.
(omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) ai quali la notificazione è stata ritualmente eseguita a mezzo posta e con consegna del piego rispettivamente il 5-12-2023 e il 12-12-2023, sono rimasti intimati.
In prossimità della nuova adunanza in camera di consiglio, la ricorrente ha depositato altra memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 10-4-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso (omissis) (omissis) sostiene che erroneamente la Corte d’appello abbia ritenuto (omissis) (omissis) comproprietaria dell’immobile solo perché coniuge in regime di comunione legale di (omissis) (omissis) rileva che la comunione legale è regolata dagli artt. 177 e 179 cod. civ., i quali stabiliscono quali beni ne facciano parte e quali beni ne siano esclusi ed evidenzia che quel terreno ne era escluso ai sensi dell’art. 179 lett. b) cod. civ., perché pervenuto a (omissis) (omissis) per successione paterna.
Aggiunge che, di fronte a tale affermazione di (omissis) (omissis) era onere dell’attrice dimostrare il proprio titolo di proprietà, invece la Corte d’appello aveva invertito l’onere della prova e per di più aveva erroneamente ritenuto l’irrilevanza della dichiarazione di successione e della pratica di sanatoria edilizia.
Rileva che l’attività di costruire su terreno ereditato, oltre a comportare accettazione dell’eredità, determinava anche l’acquisto della proprietà esclusiva del fabbricato in capo al proprietario del terreno per la regola dell’accessione ex art. 934 cod. civ.
2. Il ricorso, diversamente da quanto eccepito dalla controricorrente, è ammissibile, in quanto è evidentemente proposto ai sensi dell’art. 360 co.1 n. 3 cod. proc. civ. per dedurre la violazione degli artt. 177, 179, 934 e 2697 cod. civ.; queste disposizioni, tra le altre, con il riferimento alla violazione dell’art. 360 co.1 n. 3 cod. proc. civ., sono indicate alla pag.1 del ricorso, per cui risulta irrilevante che le disposizioni non siano state nuovamente riportate nella rubrica del motivo di ricorso, il cui contenuto è evidentemente finalizzato a illustrare la violazione delle disposizioni medesime.
Ricorrono i presupposti per applicare il principio, posto da Cass. Sez. U 8-11-2021, n. 32415 Rv. 662880-01, secondo il quale il ricorso per cassazione deve essere articolato in specifiche censure riconducibili in maniera immediata e inequivocabile a uno dei cinque motivi di impugnazione previsti dall’art. 360 co. 1 cod. proc. civ., ma non è necessaria l’adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di uno dei predetti motivi, essendo indispensabile esclusivamente che le censure individuino con chiarezza i vizi prospettati tra quelli inquadrabili nella tassativa griglia normativa.
3. Il ricorso è altresì fondato.
L’art. 179 co.1 lett. b) cod. civ. dispone che non costituiscono oggetto di comunione legale i beni acquistati dal coniuge per effetto di successione.
Nella fattispecie, sulla base dei fatti dei quali da atto la stessa sentenza impugnata per essere stati documentati da (omissis) (omissis) il terreno era di proprietà del padre di (omissis) (omissis) ed era stato trasmesso allo stesso (omissis) per successione del padre.
Allorché la sentenza ha dichiarato che non erano stati acquisiti altri elementi di prova, in aggiunta alla denuncia di successione, per accertare che effettivamente il terreno fosse di proprietà esclusiva di (omissis) (omissis) ha violato la disposizione dell’art. 179 cod. civ., in quanto non ha considerato che i beni ricevuti per successione non sono oggetto di comunione legale; ha violato anche la disposizione dell’art. 2697 cod. civ. sull’onere della prova, in quanto la denuncia di successione attestava i beni compresi nella successione del padre del quale (omissis) era erede e quindi, a fronte di quei dati offerti da (omissis) (omissis) era l’attrice a dovere dimostrare il suo titolo di comproprietà.
Erroneamente la sentenza ha richiamato il precedente di Cass. 14395/2004 sull’efficacia solo indiziaria della denuncia di successione al fine della prova del diritto di proprietà, perché non ha considerato che nella fattispecie la denuncia di successione era stata prodotta per attestare che l’immobile sul quale era stata eseguita la costruzione era compreso nella successione paterna e perciò per attestare che il titolo di provenienza del terreno era tale da escludere che il bene fosse compreso nella comunione legale.
In effetti, secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, la stessa attrice aveva agito sostenendo di essere proprietaria per la metà del fabbricato esclusivamente per il fatto che la costruzione era avvenuta in costanza di matrimonio e con l’apporto di entrambi i coniugi in regime di comunione legale e non per il fatto di avere un qualche titolo sul terreno.
Posto che il terreno non era compreso nella comunione legale, si doveva altresì escludere che la costruzione realizzata in costanza di matrimonio e in regime di comunione legale da entrambi i coniugi su quel terreno fosse stata acquistata in comproprietà tra i coniugi, dovendosi applicare ii principio generale dell’accessione di cui all’art. 934 cod. civ., che non trova deroga nella disciplina della comunione legale.
Come già statuito da Cass. Sez. 1 4-11-2019 n. 28258, Rv. 655630-01, il principio generale dell’accessione posto dall’art. 934 cod. civ., in base al quale il proprietario del suolo acquista ipso iure al momento dell’incorporazione la proprietà della costruzione su di esso edificata, non trova deroga nella disciplina della comunione legale tra coniugi, in quanto l’acquisto della proprietà per accessione avviene a titolo originario senza la necessità di apposita manifestazione di volontà, mentre gli acquisti ai quali è applicabile l’art. 177 co.1 cod. civ. hanno carattere derivative, essendone espressamente prevista una genesi di natura negoziale; ne consegue che la costruzione realizzata in costanza di matrimonio e in regime di comunione legale da entrambi i coniugi sul terreno di proprietà esclusiva di uno di essi e a sua volta personale è di proprietà esclusiva di quest’ultimo, mentre al coniuge non proprietario che abbia contribuito all’onere della costruzione spetta, previo assolvimento dell’onere della prova di avere fornito il proprio sostegno economico, il diritto di ripetere nei confronti dell’altro coniuge le somme spese a tale fine (nello stesso senso Cass. Sez. 1 30-9-2010 n. 20508 Rv. 614312-01, Cass. Sez. 28-5-1996 n. 4273 Rv. 497470-01, Cass. Sez. U 27-1-1996 n. 651 Rv. 495599-01).
4. In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che deciderà facendo applicazione dei principi esposti e attenendosi a quanto sopra ritenuto, statuendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il 10-4-2024
Il Presidente
Rosa Maria Di Virgilio
Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2024.