Quando si configura estorsione in un rapporto di lavoro? (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 9 luglio 2025, n. 25359)

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE PENALE

Composta da

Dott. GIOVANNA VERGA – Presidente –

Dott. DONATO D’AURIA – Consigliere –

Dott. SANDRA RECCHIONE – Consigliere –

Dott. GIOVANNI ARIOLLI – Relatore –

Dott. MARZIA MINUTILLO TURTUR – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI SALERNO

nel procedimento a carico di:

(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 14/03/2025 della CORTE APPELLO di SALERNO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso del P.G. c/o la Corte di appello di Salerno;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIOVANNI ARIOLLI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto P.G., Dott.ssa LIDIA GIORGIO, la quale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio alla Corte d’Appello di Salerno.

Udito il difensore l’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) in difesa di (OMISSIS) (OMISSIS) insiste per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Salerno ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Salerno del 14/03/2025, con cui è stata confermata la sentenza del Tribunale di Salerno che ha assolto Acconcia Gennaro dal reato di cui all’art. 629 cod. pen.

2. Il P.G. ricorrente affida il ricorso ad un unico motivo, con cui denuncia la violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in cui sarebbero incorsi i giudici di secondo grado allorquando hanno escluso, mediante richiami alla giurisprudenza di legittimità, la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato stante l’assenza di danno in capo alla persona offesa, essendo emerso che il rapporto di lavoro era stato da sempre connotato dall’accettazione, da parte del prestatore di lavoro, di condizioni deteriori rispetto a quelle previste dalla contrattazione collettiva.

In realtà, la Corte di merito non aveva considerato che gli orientamenti giurisprudenziali citati distinguono, ai fini della configurabilità dell’estorsione, tra la fase genetica del rapporto di lavoro e quella esecutiva, ove assume rilievo penale la pretesa del datore di lavoro di ottenere vantaggi patrimoniali attraverso la modifica peggiorativa delle previsioni dell’accordo tra le parti, destinate a regolare gli aspetti aventi rilevanza patrimoniale, prospettando financo l’interruzione del rapporto attraverso il licenziamento del dipendente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. La Corte territoriale non risulta avere fatto corretta applicazione dei principi di diritto enunciati in materia dalla Corte di legittimità.

In particolare, secondo l’orientamento di legittimità prevalente, va esclusa l’estorsione allorché, nel momento genetico del rapporto lavorativo, il datore di lavoro prospetti agli aspiranti dipendenti l’alternativa tra la rinunzia a parte della retribuzione e la perdita dell’opportunità di lavoro, in quanto, pur sussistendo un ingiusto profitto per il primo, costituito dal conseguimento di prestazioni d’opera sottopagate, non ricorre la prova che l’ottenimento di un impiego rechi un danno ai lavoratori rispetto alla preesistente situazione di disoccupazione (Sez. 2, n. 21789 del 04/10/2018, Roscino, Rv. 275783 – 01).

Laddove, invece, il rapporto di lavoro sia già in atto, pur se solo di fatto e non conforme ai modelli legali, va ricondotta nel paradigma dell’estorsione la pretesa di ottenere vantaggi patrimoniali da parte del datore di lavoro attraverso la modifica in senso peggiorativo delle previsioni dell’accordo tra le parti, destinate a regolare gli aspetti aventi rilevanza patrimoniale, prospettando l’interruzione del rapporto di lavoro attraverso il licenziamento del dipendente (Sez. 2, n. 7128 del 10/11/2023, dep. 2024, Bonafede, non mass., con la giurisprudenza ivi richiamata).

Pertanto, il principio di diritto applicato dalla sentenza impugnata che fa leva sulla persistente accettazione da parte del lavoratore di condizioni deteriori rispetto a quelle previste dalla contrattazione collettiva, se risulta confacente al momento genetico del rapporto e, in ipotesi, alle fasi di “riassunzione” del lavoratore a seguito dei reiterati licenziamenti (così pare esprimersi la sentenza impugnata), non pare pertinente con riguardo all’ulteriore condotta costrittiva del dipendente volta a sottoscrivere, quale conseguenza di quei reiterati licenziamenti, anche modelli di disoccupazione pur continuando a lavorare in nero, ipotesi che, per sua natura, non inerisce al momento costitutivo del rapporto di lavoro, bensì al suo svolgimento.

In tal caso, non si è al cospetto della prospettazione dell’esercizio di una facoltà o di un diritto spettante al soggetto agente, bensì di un modus operandi che integra gli estremi della minaccia “contra ius“, facendosi ricorso al licenziamento per coartare la volontà altrui ed ottenere scopi non consentiti o risultati non dovuti, né conformi a giustizia, se si considera che, proprio in conseguenza di tale agire, il lavoratore perdeva sistematicamente il diritto alla contribuzione, anche ai fini del TFR.

3. In conclusione, il ricorso deve essere accolto, annullandosi la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli.

Spetterà al Giudice del rinvio valutare se la compilazione dei modelli di disoccupazione ai quali conseguiva la prestazione di attività lavorativa in nero, con assenza della dovuta contribuzione, fosse ascrivibile al momento “genetico” del rapporto di lavoro e, dunque, all’originario disegno perseguito dall’imputato di ottenere una complessiva prestazione lavorativa sottopagata, ovvero rilevi quale elemento di novità scaturito nella fase di esecuzione del rapporto di lavoro, accertando, altresì, il nesso eziologico con la minaccia di licenziamento.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli.

Così deciso, in Roma il 11/06/2025

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2025.

SENTENZA – copia non ufficiale -.

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