Rapporto tra foglio di via obbligatorio e diritto di sciopero (Consiglio di Stato, Sezione III, Sentenza 6 novembre 2019, n. 7575).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

con l’intervento dei magistrati:

Dott. Franco Frattini, Presidente

Dott. Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore

Dott. Giulia Ferrari, Consigliere

Dott. Raffaello Sestini, Consigliere

Dott. Ezio Fedullo, Consigliere

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ai sensi degli artt. 38 e 60 c.p.a.

sul ricorso numero di registro generale 7764 del 2019, proposto dal Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’Avvocato Marina Prosperi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso il suo studio in Bologna, via Cesare Battisti, n. 33;

per la riforma

della sentenza -OMISSIS- del 24 luglio 2019 del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sede di Bologna, sez. I, resa in forma semplificata tra le parti, concernente il foglio di via obbligatorio emesso nei confronti dell’odierna appellata, -OMISSIS-, per la durata di anni due.

visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellata -OMISSIS-;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2019 il Consigliere Dott. Massimiliano Noccelli e uditi per l’odierna appellata, -OMISSIS-, l’Avvocato Marina Prosperi e per l’odierno appellante, il Ministero dell’Interno, l’Avvocato dello Stato Wally Ferrante;

sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 c.p.a.;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’odierna appellata, -OMISSIS-, ha impugnato avanti al Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sede di Bologna, il provvedimento con il quale la Questura di -OMISSIS- le ha ordinato di non fare ritorno nel Comune di -OMISSIS-, per la durata di due anni, salvo specifica e preventiva autorizzazione.

1.1. La motivazione del provvedimento di fonda sul fatto che, nei mesi di novembre e dicembre 2018, il sindacato -OMISSIS-, di cui -OMISSIS- è una dirigente, avrebbe indetto numerose manifestazioni non autorizzate davanti lo stabilimento della -OMISSIS- in -OMISSIS- nel corso delle quali i partecipanti avrebbero attuato un blocco di merci, ostacolando gli automezzi in entrata e in uscita dal suddetto stabilimento, con l’effetto di provocare il congestionamento del traffico.

1.2. Inoltre, nel corso delle suddette manifestazioni, si sarebbe creato un clima di tensione con le forze di polizia, che in alcuni casi sarebbe sfociata in vera e propria violenza nei confronti delle stesse e in una delle quali la ricorrente avrebbe assunto un ruolo attivo nel picchetto che bloccava il traffico veicolare in entrata e in uscita dallo stabilimento e, quando le forze dell’ordine si predisponevano per allontanare i manifestanti dall’ingresso dello stabilimento, si opponeva fronteggiandoli e spintonandoli energeticamente.

1.3. Per tali fatti la ricorrente è stata indagata per i reati di cui agli artt. 337 e 610 c.p. e risulterebbero altre denunce a suo carico, oltre ad una condanna per omicidio colposo.

1.4. Con il primo motivo dell’originario ricorso, proposto in prime cure, -OMISSIS- ha denunciato la violazione degli artt. 1 e 2 del d. lgs. n. 159 del 2011.

1.5. Il generico riferimento ad alcuni procedimenti penali pendenti senza neanche l’indicazione di elementi circostanziali di tempo e di luogo non avrebbero potuto costituire prova che la ricorrente sia dedita alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica, come richiede la disposizione che consente l’applicazione della misura di prevenzione.

1.6. Dal provvedimento impugnato non emergerebbe, inoltre, alcuna valutazione sulla rilevanza delle imputazioni mosse contro la ricorrente, non venendo specificato da quali elementi di fatto attuali e concreti possa desumersi la dedizione alla commissione di reati e l’attitudine offensiva di questi ultimi.

1.7. Per quanto riguarda i carichi pendenti, la ricorrente in prime cure ha opposto che contro i decreti penali di condanna è stata presentata opposizione e, pertanto, dovrà essere celebrato un processo penale per stabilire la responsabilità personale della ricorrente per i fatti alla stessa contestati.

1.8. Il secondo motivo contesta che la memoria presentata a seguito della comunicazione dell’avvio del procedimento volto all’irrogazione della misura non sono state interamente valutate dall’autorità che ha emesso il provvedimento.

1.9. In particolare, ad avviso della ricorrente in prime cure, non sarebbe stata valutata la circostanza che le manifestazioni cui ha presenziato la ricorrente sono espressione della libertà di partecipare a manifestazioni sindacali.

1.10. Il Ministero dell’Interno si è costituito nel primo grado del giudizio per chiedere la reiezione del ricorso.

1.11. Il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sede di Bologna, con la sentenza -OMISSIS- del 24 luglio 2019, ha accolto il ricorso e ha annullato il provvedimento questorile in quanto ha ritenuto che -OMISSIS- non rientri in alcuna delle categorie di cui all’art. 1, comma 1, del d. lgs. n. 159 del 2011.

2. Avverso tale sentenza ha proposto appello il Ministero dell’Interno e ne ha chiesto, previa sospensione dell’esecutività, la riforma, con la conseguente reiezione del ricorso proposto in primo grado.

2.1. Si è costituita l’odierna appellata -OMISSIS-, con la memoria depositata il 18 ottobre 2019, per chiedere la reiezione dell’appello.

2.2. Nella camera di consiglio del 24 ottobre 2019, fissata per l’esame della domanda cautelare proposta dal Ministero appellante, il Collegio, sentiti i difensori delle parti e ritenuto di poter decidere la controversia in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a., l’ha trattenuta in decisione.

3. L’appello deve essere respinto.

4. Il Ministero appellante sostiene che -OMISSIS-, odierna appellata, rientri a pieno titolo nelle categorie dei soggetti che, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. c), del d. lgs. n. 159 del 2011, risultano dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.

4.1. Secondo la giurisprudenza consolidata, rammenta ancora il Ministero, l’ampiezza del concetto espresso dalla locazione «elementi di fatto» conferirebbe all’autorità procedente discrezionalità nell’individuare gli elementi da cui trarre fondamento per la formulazione del giudizio inerente alla pericolosità sociale, che può basarsi anche su semplici indizi, finanche sospetti a carico dell’interessato, ritenuti significativi della sua personalità, individuati anche con riferimento alle modalità di commissione degli illeciti, alle abitudini di vita, alle circostanze di tempo e di luogo nelle quali si è manifestata la sua personalità.

4.2. Il foglio di via obbligatorio emesso nei confronti dell’appellata conseguirebbe all’oggettiva valutazione dei vari elementi di fatto emersi nel corso dell’istruttoria e, in particolare, rileverebbero:

a) i comportamenti generali posti in essere da -OMISSIS-;

b) il complesso contesto degli iscritti -OMISSIS- nel quale l’appellata abitualmente opera;

c) le denunce riportate dalla stessa -OMISSIS-.

4.3. A differenza di quanto avrebbe ritenuto il primo giudice, dunque, la pubblica amministrazione ha fornito una serie di risultanze fattuali idonee a definire un giudizio prognostico sulla probabilità che l’appellata possa commettere ancora, in futuro, gli stessi reati che offendono o mettono in pericolo la tranquillità o la sicurezza pubblica.

4.4. Il giudizio di pericolosità espresso sul conto di -OMISSIS- sarebbe stato formulato non sulla base di un singolo episodio, bensì tenuto conto dei diversi episodi contrari alla legge, di particolare gravità, ripetuti nel tempo e indicati nel foglio di via obbligatorio.

5. I motivi di appello, così riassunti, non meritano accoglimento.

5.1. Occorre qui ricordare, ai fini che qui rilevano, che per l’adottabilità del foglio di via obbligatorio sono richiesti elementi di fatto, attuali e concreti, in base ai quali può essere formulato un giudizio prognostico sulla probabilità che il soggetto commetta reati che offendono o mettono in pericolo la tranquillità e sicurezza pubblica, perché, diversamente, si finirebbe per fondare la misura sulla responsabilità collettiva per fatti addebitabili ad anonimi esponenti di un gruppo o, come nel caso di specie, di un movimento sindacale.

5.2. In particolare, come questo Consiglio di Stato ha già evidenziato, assumono rilievo centrale, sul piano istruttorio e motivazionale, il profilo soggettivo, relativo alla “dedizione” del soggetto alla commissione di reati, e quello oggettivo, inerente alla attitudine offensiva dei medesimi reati nei confronti dei beni nominativamente individuati dal legislatore e cioè, per quanto di interesse, quelli della sicurezza e della tranquillità pubblica.

5.3. La misura preventiva in questione si presenta, sul piano della sua tipizzazione normativa, fortemente caratterizzata in termini penalistici, nel senso che entrambi i predetti profili, soggettivo e oggettivo, devono essere ricostruiti, da un lato, attingendo al vissuto criminale del soggetto interessato (nei suoi risvolti pregressi ed in quelli prognostici) e, dall’altro lato, analizzando il potenziale offensivo insito nelle condotte criminose alle quali il medesimo risulti essere dedito, con una precisa direzionalità lesiva, quanto ai beni esposti a pregiudizio (Cons. St., sez. III, 20 giugno 2018, n. 3782).

5.4. Queste considerazioni valgono, a maggior ragione, dopo la recente sentenza n. 24 del 27 febbraio 2019 della Corte costituzionale che, in seguito alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 23 febbraio 2017, De Tommaso c. Italia, e seppure con riferimento alle ipotesi di cui alle lett. a) e b) dell’art. 1, comma 1, del d. lgs. n. 159 del 2011, ha sottolineato l’esigenza generale di rispettare, anche per il diritto della prevenzione, essenziali garanzie di tassatività sostanziale, inerente alla precisione, alla determinatezza e alla prevedibilità degli elementi costitutivi della fattispecie legale, che costituisce oggetto di prova, ed altrettanto essenziali garanzie di tassatività processuale, attinente invece alle modalità di accertamento probatorio in giudizio.

5.5. Ciò impone una interpretazione rigorosa e tassativizzante delle misure di prevenzione emesse dal Questore.

6. E proprio al rigore di tale doverosa interpretazione e alla connessa violazione dell’art. 1, comma 1, lett. c), del d. lgs. n. 159 del 2011 non si sottrae il provvedimento questorile in questa sede impugnato ed emesso nei confronti di -OMISSIS- che, come ha bene rilevato il primo giudice, non rientra in nessuna delle categorie di cui all’art 1, comma 1, del d. lgs. n. 159 del 2011, richiamato dall’art. 2.

6.1. Il provvedimento si fonda sull’erroneo presupposto che la medesima sia dedita alla commissione di reati, quali la resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.), la violenza privata (art. 610 c.p.) e la contravvenzione di cui all’art. 18 del T.U.L.P.S., per il solo fatto di avere assunto un non meglio specificato «ruolo attivo nel picchetto che di fatto bloccava il traffico veicolare in entrata e in uscita dallo stabilimento e, quando le Forze di Polizia si predisponevano per allontanare i manifestanti dall’ingresso dello stabilimento, andava a creare un cordone di due o più file di persone che, al fine di far desistere i PP.UU. dal compimento di un atto d’ufficio, vi si opponeva fronteggiandoli e spintonali energicamente», con condotte asseritamente ripetute nell’arco della giornata -OMISSIS- dicembre 2018.

6.2. Orbene, fermo ogni accertamento dei fatti, nella competente sede penale, che non si vuole certo qui anticipare o sostituire, il picchettaggio non può ritenersi attività in sé vietata o pericolosa, rientrando nel legittimo esercizio del diritto di sciopero (art. 40 Cost.), purché non avvenga con modalità violente o minacciose tali da condizionare la libertà dei lavoratori non scioperanti o da mettere a repentaglio, appunto, la pubblica sicurezza.

7. Il picchettaggio è definibile come un complesso di comportamenti materiali di diversa natura, aventi come carattere comune la tendenza a rafforzare la partecipazione, la riuscita, l’efficacia di uno sciopero e più specificamente, con riferimento all’elemento teleologico della condotta ed ai soggetti cui si rivolge l’azione dei picchetti, si è detto che «sotto la nozione di picchettaggio si ricomprendono tutte quelle attività e quei metodi posti in essere dagli scioperanti per indurre i lavoratori dissenzienti a non accedere nei luoghi di lavoro per fornire la prestazione lavorativa».

7.1. Il vocabolo trae origine dal linguaggio militare, laddove si collega alle funzioni di vigilanza e di controllo svolte da gruppi di soldati preposti al controllo degli accessi alle caserme e agli accampamenti.

7.2. Dal francese piquet, riferito alla picca, e cioè all’arma di normale dotazione dei militi addetti a tali incarichi, esso ha fatto ingresso nel gergo sindacale anglosassone (picketpicketing), per definire i gruppi di operai stazionanti all’ingresso degli stabilimenti presso i quali è in corso uno sciopero, che in Gran Bretagna costituiscono praticamente una costante di ogni conflitto industriale.

7.3. Di qui la traduzione italiana «picchettaggio» oppure il desueto «picchettamento».

7.4. L’attività dei picchetti può assumere rilevanza sotto diversi profili giuridici, dal momento che, nella pratica, essa tende ad assumere connotati tanto più energici quanto maggiore è l’asprezza del conflitto sindacale in corso.

7.5. Il picchettaggio viene notoriamente praticato per contrastare il fenomeno del crumiraggio e, cioè, il comportamento tenuto dai lavoratori dipendenti dall’azienda ovvero esterni, i quali ultimi concludono in occasione dello sciopero un contratto di lavoro – cosiddetti crumiri – stipulato dall’imprenditore al fine di attenuare od eliminare il pregiudizio economico derivante dallo sciopero e, quindi, vanificare gli intenti perseguiti dagli scioperanti.

7.6. I lavoratori dipendenti dell’azienda o esterni infatti, dissociandosi dall’azione di lotta, ben possono mettere a disposizione del datore di lavoro le proprie energie lavorative ed eventualmente subentrare nelle posizioni ricoperte all’interno dell’organizzazione aziendale dai lavoratori assenti per sciopero.

7.7. Non è questa la sede per esaminare, in astratto, la complessa natura del picchettaggio, quale forma del diritto di sciopero (art. 40 Cost.), e l’altrettanto complesso problema che investe i limiti della sua liceità penale, con particolare riferimento al blocco delle merci e/o della circolazione stradale, né, come detto, è questa la sede, in concreto, per valutare se i fatti -OMISSIS- dicembre 2018 siano penalmente sanzionabili.

8. La stessa descrizione dei fatti contestati nel foglio di via all’odierna appellata, ai fini che qui rilevano, difetta però di specificità e di individualità, in contrasto con la sopra menzionata esigenza di interpretazione tassativizzante della normativa in materia, in quanto dalla lettura del foglio di via non si comprende se l’odierna appellata abbia usato in senso proprio violenza nei confronti delle forze dell’ordine, al di là del vago riferimento ad una “energica” contrapposizione tra manifestanti e dette forze non infrequente in questo tipo di conflitti sindacali e, sicuramente, nella c.d. vertenza -OMISSIS-, né se in seno al picchetto, comunque, la presunta violenza sia attribuibile specificamente alla sua condotta.

8.1. La semplice presenza in un picchetto di molte persone finalizzato ad ostacolare gli automezzi in entrata o in uscita dallo stabilimento industriale, non connotata da elementi fattuali che consentano di rintracciare specifici e individuali condotte di violenza o minaccia da parte di un determinato soggetto, non può integrare da sola sintomo di pericolosità sociale a carico di questo, se non si vuole trasformare il diritto della prevenzione e, in particolare, il foglio di via obbligatorio in un surrettizio, indebito, strumento di repressione della libertà sindacale e del diritto di sciopero e, in ultima analisi, in una misura antidemocratica.

8.2. Elementi di maggiore tassatività, sia sostanziale che processuale, non si colgono poi per il caso di specie nemmeno nel riferimento, che si legge nel foglio di via, a precedenti denunce di -OMISSIS- per violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale e violazione dell’art. 18 del T.U.L.P.S., secondo la mera e generica elencazione di tali denunce che si legge nel foglio stesso, né in quello ai due decreti penali di condanna, che risultano essere stati opposti dall’odierna appellata, o in una risalente, e comunque non pertinente, condanna per omicidio colposo in seguito a sinistro stradale del 1990, che nulla ha a che vedere con la pericolosità qui ipotizzata.

8.3. Anche la menzione di accertamenti tecnici eseguiti su materiale informatico, sul piano della c.d. tassatività processuale, non offre adeguata prova di un ruolo attivo di -OMISSIS- in specifici episodi di violenza avvenuti in occasione del picchettaggio.

9. Il provvedimento questorile, insomma, non indica realmente, specificamente e sufficientemente le precise modalità aggressive per la sicurezza e la tranquillità pubblica con le quali -OMISSIS- avrebbe esercitato il diritto di sciopero e/o manifestato il proprio pensiero, tale non potendo ritenersi la mera partecipazione al picchettaggio -OMISSIS- dicembre 2018 e la sua presenza ad alcune fasi concitate del conflitto sindacale, con la conseguenza violazione, nel caso di specie, dell’art. 1, comma 1, lett. c), del d. lgs. n. 159 del 2011.

10. Ne segue che la sentenza impugnata, la quale ha ritenuto che l’odierna appellata non appartenga ad alcuna delle categorie di cui all’art. 1 del d. lgs. n. 159 del 2011, merita conferma nella sua statuizione annullatoria.

10.1. Merita invece correzione la motivazione della sentenza nella parte in cui sembra avere perentoriamente escluso che la misura di prevenzione possa essere adottata nei confronti di soggetti che, anche in occasione di conflitti sindacali, usino violenza o minaccia nei confronti delle forze dell’ordine, perché l’esercizio del diritto di sciopero, anche nella forma del c.d. picchettaggio, non deve mai legittimare l’impiego della violenza o della minaccia, e la commissione di reati, come quelli di cui all’art. 337 c.p. o dell’art. 610 c.p., ben può essere assunta a presupposto anche delle misure di prevenzione, ove offenda o metta a repentaglio la sicurezza o la tranquillità pubblica.

10.2. Nel caso di specie, per quanto detto, non vi sono sufficienti elementi per ritenere che ciò sia avvenuto ad opera di -OMISSIS- per la stessa descrizione dei fatti, generica e non individualizzata, contenuta nel foglio di via obbligatorio, che conseguentemente va annullato per gli indicati motivi.

11. Le spese del presente grado del giudizio, attesa la novità e la complessità del caso, implicante un delicato bilanciamento degli interessi costituzionali in gioco, e di cui non constano a questo Collegio precedenti in termini specifici, possono essere interamente compensate tra le parti.

11.1. Rimane definitivamente a carico del Ministero appellante il contributo unificato richiesto per la proposizione del gravame.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, proposto dal Ministero dell’Interno, lo respinge e per l’effetto conferma, ai sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata.

Compensa interamente tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

Pone definitivamente a carico del Ministero dell’Interno il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, del d. lgs. n. 196 del 2003 (e degli artt. 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità di -OMISSIS-.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il giorno 6 novembre 2019.

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