Scippo – furto con strappo con danni fisici alle vittime, è un reato odioso. Nessuna attenuante (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 6 febbraio 2020, n. 5062).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo – Presidente

Dott. BRANCACCIO Matilde – Rel. Consigliere

Dott. MICHELI Paolo – Consigliere

Dott. MINCHELLA Antonio – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) Salvatore Giuliano nato a CATANIA il xx/xx/xxxx;

avverso la sentenza del 11/01/2019 della CORTE APPELLO di CATANIA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Matilde BRANCACCIO;

udito il Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa Paola FILIPPI che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la decisione in epigrafe, la Corte d’Appello di Catania ha confermato la sentenza del Tribunale di Catania del 19.4.2018, resa all’esito di giudizio abbreviato, con cui Salvatore Giuliano (OMISSIS) è stato condannato alla pena di anni tre e mesi otto di reclusione ed euro 445 di multa in relazione al reato di furto con strappo in continuazione e lesioni personali aggravate: i capi d’imputazione sono sei distinti ed attengono a quattro diversi episodi di scippo, cui sono seguite lesioni ai danni di due delle vittime dei reati.

2. Avverso la sentenza predetta propone ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, avv. Luca (OMISSIS), deducendo un unico motivo di ricorso con cui si eccepisce violazione di legge in relazione agli artt. 62-bis e 69 cod. pen. per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla contestate aggravanti e sulla recidiva specifica infraquinquennale.

La difesa rappresenta che, contrariamente a quanto dedotto dalla Corte d’Appello, la personalità del ricorrente desunta dal comportamento inequivocabile di ammissione delle proprie responsabilità e dalla richiesta del rito abbreviato si rivela come portatrice di un effettivo pentimento; la giovane età dell’imputato ed il grave disagio economico in cui vive egualmente dovrebbero deporre nel senso del giudizio di prevalenza: si cita per una analoga valutazione Sez. 1, n. 957 del 13/12/2006.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

2. La sentenza impugnata ha esplicitamente fatto riferimento alle ragioni in base alle quali si è ritenuto di confermare la valutazione del primo giudice di non operare un giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle aggravanti, peraltro sicuramente allarmanti, ritenute nei riguardi dell’imputato nei cui confronti è stata anche riconosciuta la recidiva reiterata specifica infraquinquennale.

Giova evidenziare, altresì che il ricorrente non ha spontaneamente e in maniera decisiva confessato le sue responsabilità per i numerosi, allarmanti reati commessi, eseguiti con modalità violente, ripetitive e particolarmente odiose nei confronti di persone anziane che venivano prepotentemente private della borsa che recavano indosso, in due casi cagionando la rovinosa caduta delle vittime e serie conseguenze lesive.

La prova dei fatti è stata, infatti, acquisita grazie ai riconoscimenti operati dalle vittime e dalle immagini di telecamere collocate nei luoghi teatro delle condotte; inoltre, dopo il riconoscimento, a seguito di perquisizione nell’abitazione del ricorrente, sono stati trovati gli indumenti riconosciuti come indossati per commettere i reati e, nella sua auto, parte della refurtiva.

La recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale, relativa a fatti commessi anche di recente, non ha deposto in chiave favorevole nel senso di un giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche, già compromesso per la gravità particolare delle condotte, sintomo di una personalità spiccatamente indicativa di allarme sociale e della spregiudicatezza con la quale, nonostante la giovane età, riesce a commettere reati seriali di sicura gravità, come è stato correttamente argomentato dalla Corte d’Appello.

3. Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonché, ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilità (cfr. sul punto Corte Cost. n.186 del 2000), al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 3.000.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 28 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.