REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente –
Dott. ESPOSITO Aldo – Rel. Consigliere –
Dott. NARDIN Maura – Consigliere –
Dott. CENCI Daniele – Consigliere –
Dott. BRUNO Mariarosaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) GIUSEPPE DOMENICO nato a (OMISSIS) il 11/01/19xx;
avverso la sentenza del 29/03/2019 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ALDO ESPOSITO;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa MARILIA DI NARDO che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Reggio Emilia del 20 luglio 2010, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) Giuseppe Domenico in relazione al reato di cui all’art. 186 C.d.S. (capo 2) per intervenuta prescrizione e ha rideterminato in anni due e mesi dieci di reclusione la pena in ordine al reato di cui all’art. 589, comma 2 cod. pen., 143 e 186 C.d.S., perché alla guida dell’autovettura Mercedes Classe A tg. C(OMISSIS)T, percorrendo la SP 62R con direzione Guastalla-Mantova, giunto alla progressiva chilometrica 151,950, per colpa consistita in imprudenza, negligenza, imperizia, violazione delle citate norme sulla circolazione stradale, e, in particolare, per aver circolato in stato di elevata ebbrezza conseguente all’uso di sostanze alcoliche (tasso alcolemico riscontrato pari a 2,34 g/l) ed inoltre per non aver tenuto un’adeguata distanza laterale in fase di sorpasso di un velocipede condotto da (OMISSIS) Alberto, che veniva investito, cagionava al medesimo lesioni personali gravissime che ne determinavano il decesso sul luogo dell’incidente – con l’aggravante della violazione delle norme sulla circolazione stradale – in Guastalla il 4 agosto 2007 (capo 1).
1.1. Il compendio probatorio descritto dal Tribunale era costituito dalle dichiarazioni testimoniali, dai rilievi effettuati dalla pattuglia della Polizia Stradale di Guastalla intervenuta sul luogo del sinistro.
Gli operanti della Polstrada di Guastalla, (OMISSIS) Davide e (OMISSIS) Cristian riferivano di essere giunti il 4 agosto del 2007 sul luogo dell’incidente, ove avevano riscontrato i veicoli in posizione di quiete: l’autovettura Mercedes Classe A si trovava parcheggiata sulla propria corsia di marcia con direzione Guastalla ed in posizione parallela rispetto all’asse stradale, mentre il velocipede era nella scarpata di destra, con la ruota anteriore staccata, ad una altezza di circa sei metri dal piano viabile.
Il conducente dell’autovettura – identificato poi nell’attuale imputato – si trovava ancora sul posto ed evidenziava i sintomi di ebbrezza alcolica, descritti dai poliziotti quali “alito vinoso, occhi lucidi e pronunzia di frasi sconnesse”.
Alla luce di ciò il (OMISSIS) era sottoposto all’alcoltest, avente risultanze positive in ragione di un saggio rilevato pari a 2.30 g/l alla prima prova effettuata alle ore 21.16 e a 2.34 g/I alla seconda effettuata alle ore 21.27.
Il corpo esanime della vittima (OMISSIS) Alberto, che procedeva a bordo del velocipede, si trovava ancora sul posto mentre il personale sanitario di un’autolettiga nel frattempo intervenuta cercava inutilmente di rianimarlo.
La ricostruzione della dinamica recepita dal Giudice era stata resa possibile alla luce dell’esame della posizione dei veicoli e dei danni riportati dai veicoli stessi.
I veicoli stavano procedendo nello stesso senso di marcia; mentre il (OMISSIS) percorreva il margine destro della carreggiata, da tergo sopraggiungeva l’autovettura che, probabilmente non avvedendosi della presenza del (OMISSIS), lo urtava con la sua fiancata destra sulla parte sinistra della bicicletta.
Si notava la presenza di segni di urto della sella che era stata poi ruotata di circa 30 gradi verso destra e graffiata proprio in corrispondenza dell’altezza del punto dove si trovavano detti segni sul veicolo.
Erano altresì visibili dei segni di vernice blu, sulla bicicletta e sulla carrozzeria del veicolo.
Risultava il vetro sfondato, che probabilmente quando l’autovettura aveva caricato il (OMISSIS) aveva incrinato il parabrezza con la testa o con il corpo, e non c’erano tracce di frenate.
L’urto era laterale fra il veicolo ed il velocipede. Il conducente dell’autovettura tentava il sorpasso del velocipede situato alla sua destra.
Il secondo teste riferiva di aver rinvenuto tracce della bicicletta o del conducente della bicicletta su parti del veicolo, in particolare un taglio sul paraurti anteriore spigolo anteriore destro del veicolo, presumibilmente prodotto dalla pedivella del velocipede.
1.2. Secondo la Corte di appello, la sentenza impugnata ha dato conto, in modo completo e dettagliato, della ricostruzione del fatto e delle risultanze processuali.
La puntuale descrizione della vicenda infortunistica era asseverata dai rilievi effettuati nella immediatezza (anche fotografici) di chiara efficacia illustrativa del campo del sinistro ad ampia visibilità e del punto di contatto tra i due mezzi, con la documentazione medica del riscontrato decesso.
Rilevavano gli esiti dell’alcooltest ai quali il conducente era stato sottoposto, che indicavano un superamento del valore soglia, in entrambi i momenti di effettuazione, particolarmente elevato, osservandosi inoltre, in questa sede, come il secondo dato sia maggiore del primo, ciò che induceva a ritenere l’assunzione di alcool molto prossima al momento di inizio della guida del veicolo ed, in quanto ingravescente, ne esprime una curva il cui culmine era da completarsi.
Tali emergenze rimarcavano la gravità della condotta del conducente postosi in elevata alterazione alcoolica alla guida della propria Mercedes, quale condotta propedeutica al delitto, primo riscontrato addebito (gravemente) colposo. Le condizioni di viabilità e visibilità molto ampie ed agevoli rendevano marcata la censurabilità del mancato – o quanto meno difettoso – avvistamento del ciclista.
Il (OMISSIS) non aveva rispettato la norma di riferimento (art. 143 C.d.S.) per la dimostrata imperizia nel sorpassare con un mezzo più grande e veloce (autovettura Mercedes), senza mantenere adeguata distanza dal mezzo da superare.
Tale emergenza impediva di dare credito alla ricostruzione offerta dall’appello, oltretutto espressa in via meramente ipotetica ed assolutamente sfornita di qualsivoglia riscontro specifico.
Anche se il ciclista avesse sbandato verso la vettura in fase di sorpasso, l’auto guidata dall’imputato comunque si trovava ad una distanza così prossima (almeno quella della traiettoria angolare della bicicletta) al medesimo velocipede, violando la prescrizione normativa, che presupponeva l’adeguatezza della distanza durante la fase di sorpasso ed il celere allontanamento dal mezzo antagonista.
2. Il (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello per violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 192 cod. proc. pen..
Si deduce che entrambi i giudici di merito hanno dato atto della assenza di certezza nella ricostruzione della dinamica del sinistro, che era stata svolta in via del tutto deduttiva, non essendo stati presenti testimoni al tragico episodio.
Non poteva escludersi che l’incidente fosse dovuto ad una oscillazione o ad uno sbandamento dello stesso velocipede condotto dalla vittima. Peraltro, in tale fase, trovandosi l’auto dì fianco al velocipede non poteva sostenersi che fosse stato violato l’art. 148 C.d.S. o altra disposizione del Codice della Strada.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. Con l’unico motivo di ricorso si censura l’affermazione di responsabilità del (OMISSIS).
2.1. La Corte territoriale, con motivazione lineare e coerente, ha sottolineato la sussistenza di evidenti profili di colpa in capo all’imputato, conducente di un’autovettura Mercedes, che si pongono in intimo collegamento con la caduta di (OMISSIS) Alberto, che si trovava alla guida di un velocipede.
In base agli elementi probatori riportati nella sentenza impugnata, il (OMISSIS) operava il sorpasso del velocipede, alla sua sinistra, colpendolo e causandone la caduta in una scarpata.
Ai sensi dell’art. 148, comma 3, C.d.S., peraltro, il conducente che sorpassa un veicolo o altro utente della strada che lo precede sulla stessa corsia, dopo avere fatto l’apposita segnalazione, deve portarsi alla sinistra dello stesso, superarlo rapidamente, tenendosi da questo ad una adeguata distanza laterale e riportandosi a destra appena possibile, senza creare pericolo o intralcio.
Nel caso in specie, il (OMISSIS) non si conformava a tali regole in quanto avrebbe dovuto effettuare il sorpasso mantenendo un’adeguata distanza dal velocipede e, in caso di necessità, anche desistere da tale manovra ed attendere di effettuarla in un tratto stradale dove operare in piena sicurezza.
Sul punto, secondo il consolidato principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, nel sorpassare velocipedi e motocicli, aventi un equilibrio particolarmente instabile, il conducente deve lasciare una distanza laterale di sicurezza che tenga conto delle oscillazioni e deviazioni che le accidentalità della strada o altre cause possano rendere più o meno ampie nel veicolo sorpassato (Sez. 4, n. 23079 del 30/01/2017, Scenini, Rv. 270198; Sez. 4, n. 15211 del 12/10/1990, Dal Bosco, Rv. 185805).
Tale obbligo di cautela risulta particolarmente intenso nei casi in cui il mezzo che precede nella marcia manifesti anomalie nella guida, da cui possa ragionevolmente prevedersi che la manovra di sorpasso comporti ragione di intralcio della circolazione e motivo di pericolo per gli altri utenti della strada, così che in tali evenienze il conducente è tenuto a rinunciare al sorpasso, attendendo che le condizioni di marcia e quelle ambientali consentano di procedere alla manovra senza mettere in pericolo la incolumità degli utenti della strada.
2.2. A tale proposito, questa Corte ha affermato che io spazio libero sufficiente, previsto dall’art. 148 C.d.S. in tema di sorpasso, deve essere inteso non soltanto nel senso della distanza che separa il conducente da eventuali ostacoli che si trovino o sopraggiungano nell’opposta corsia di marcia, ma anche nel senso di un’adeguata distanza laterale alla sinistra del veicolo da sorpassare.
Pertanto, qualora manchi o sia insufficiente un tale spazio per qualsiasi motivo, e quindi anche nel caso che il veicolo da sorpassare circoli fuori mano invadendo una parte della corsia sinistra della carreggiata, il conducente che si accinge al sorpasso deve desistere da tale manovra, finché non sia possibile effettuarla senza pericolo.
Infatti, poiché, il sorpasso postula condizioni di assoluta sicurezza, il conducente non può esimersi dall’obbligo di rinunciarvi quando, per la mancanza di un congruo spazio libero, in una valutazione di comune prudenza, possa apparire che il sorpasso medesimo è malagevole e pericoloso (Sez. 4, n. 23079 del 2017 cit.; Sez. 4, 01/10/1987, Magiiano, Rv. 177903).
Pertanto, ogni qualvolta il conducente riscontri una situazione di potenziale pericolo quale conseguenza della operazione di sorpasso, deve desistere dal portarlo a compimento (Sez. 4, n. 23079 del 2017 cit.; Sez. 4, n. 10583 del 20/09/1988, Miccinelli, Rv. 179576).
Il conducente di un veicolo, nell’accingersi ad un sorpasso – che costituisce manovra pericolosa e complessa – non solo deve attivare la propria attenzione, ma altresì constatare che vi sia spazio libero sufficiente perché detta manovra possa avvenire senza alcun pericolo, dovendo soprassedere laddove, in relazione alle circostanze contingenti, non abbia la certezza della sussistenza di spazio sufficiente ad escludere ogni possibilità di collisione (Sez. 3 civ., n. 31009 del 30/11/2018, Rv. 651866 – in fattispecie in cui, in applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito la quale, nell’esaminare la dinamica del sinistro, aveva ritenuto applicabile la regola sussidiaria di cui all’art. 2054, comma 2, cod. civ., del tutto omettendo di esaminare la specifica disciplina dettata dall’art. 148, comma 3„ C.d.S. che impone al conducente durante la manovra di sorpasso di tenersi ad una adeguata distanza laterale di sicurezza dal veicolo sorpassato; tanto più che, nella specie, trattandosi di sorpasso di un velocipede da parte di un autocarro, il conducente di quest’ultimo avrebbe dovuto tener conto delle possibili oscillazioni e deviazioni, dovute a circostanze accidentali, del veicolo sorpassato che si caratterizza per un equilibrio particolarmente instabile; Sez. 3 civ., n. 5505 del 29/02/2008, Rv. 601864 – nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito la quale, nell’applicare l’art. 106 del previgente codice della strada, aveva ritenuto che il conducente, ai fini della valutazione dello spazio sufficiente per l’effettuazione della manovra di sorpasso, dovesse tenere conto anche di una eventuale apertura di uno sportello dell’autovettura da sorpassare).
Tale dovere sicuramente incombeva in capo al (OMISSIS), il quale aveva avuto modo di procedere agevolmente, stante le condizioni di luminosità e la larghezza della strada.
Peraltro, la ricostruzione della dinamica è stata effettuata dalla Corte territoriale in modo completo ed esauriente alla luce delle risultanze probatorie (deposizioni testimoniali, rilievi eseguiti dagli organi di P.G. e accertamenti sullo stato di intossica- zione da alcool del (OMISSIS)).
La tematica di una responsabilità esclusiva o concorrente della vittima è stata pro- spettata dal ricorrente solo nella presente sede di legittimità in violazione del principio di devoluzione.
In ogni caso, la Corte di merito ha richiamato le risultanze peritali relativamente alle ragioni dello sbandamento del motoveicolo (spostamento d’aria o turbativa), evidenziando la loro irrilevanza nell’eziologia dell’evento morte, individuando correttamente nella ridotta distanza laterale il fattore causale decisivo.
3. Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non sussistendo ragioni di esonero – al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, l’8 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2021.