Vendita di un SUV con caratteristiche diverse dalla scheda di valutazione (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 21 agosto 2020, n. 17603).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2201-2016 proposto da:

CENTRALCAR SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALARIA, 320, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CAPPELLINI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati STEFANO MAZZI, LEONARDO POLI;

– ricorrente –

contro

BALDUCCI LEONARDO, elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZA COLA DI RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato ELISABETTA NARDONE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALDO DE BELLIS;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 363/2015 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 15/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/12/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata il 15 giugno 2015 la Corte d’appello di Perugia, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da Centralcar s.p.a., al fine di ottenere la condanna di Leonardo Balducci al pagamento del minor valore dell’autoveicolo ceduto in permuta, che era risultato avere solo due e non quattro ruote motrici.

2. Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha osservato:

a) che il libretto di circolazione dell’autovettura non recava indicazioni circa il tipo di trazione del veicolo;

b) che, pertanto, era onere della concessionaria, non equiparabile ad un qualsiasi privato acquirente di un’autovettura, verificarne le caratteristiche;

c) che la scheda di valutazione, pur sottoscritta dal Balducci, «per quanto affermato dal P.M. nella sua richiesta di archiviazione, dall’esame degli elementi acquisiti all’interno del procedimento penale e dalle sommarie informazioni assunte in quella sede, non consentiva l’esatta affermazione del fatto che la scheda di valutazione fosse stata compilata» dal Balducci o da terza persona;

d) che il teste Mancini aveva confermato che la scheda tecnica era stata da lui redatta e che non vi erano prove che l’apposizione della dicitura «trazione integrale» sulla scheda di valutazione fosse riconducibile al Balducci;

e) che, in definitiva, la probabilità che siffatta dicitura fosse stata apposta da un dipendente della società acquirente giustificava la tesi, secondo la quale non era configurabile, nel caso di specie, alcuna promessa di vendita di cose avente caratteristiche – la trazione integrale – rivelatesi insussistenti;

f) che, infatti, il Balducci si era limitato a mettere a disposizione della concessionaria un veicolo, mentre la scheda di valutazione nella quale erano descritte le caratteristiche dell’autovettura doveva essere redatta dalla seconda.

3. Avverso tale sentenza la Centralcar s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui ha resistito con controricorso il Balducci.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis. 1, cod. proc. civ.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell’art. 2702 cod. civ. e degli artt. 214, 215, 211 cod. proc. civ.

La ricorrente rileva:

a) che la Corte territoriale aveva ritenuto probabile che l’apposizione sulla scheda di valutazione dell’usato (d’ora innanzi, SVU) dell’espressione «trazione integrale» fosse dovuta all’attività di un dipendente della società acquirente, in tal modo giungendo ad escludere l’esistenza, da parte del Balducci, di una promessa di vendita di cosa avente caratteristiche diverse da quelle effettive;

b) che, tuttavia, la riferibilità della scrittura a colui che non disconosca la propria sottoscrizione può essere messa in discussione solo con la querela di falso, alla quale non è equiparabile la querela penale per la falsità, che, peraltro, nel caso di specie, aveva condotto ad un procedimento archiviato.

2. Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell’art. 2702 cod. civ. e dell’art. 116 cod. proc. civ., sottolineando che, per effetto del mancato disconoscimento della SVU da parte del suo autore, la scrittura aveva assunto prova legale, con la conseguenza che la sua efficacia dimostrativa non avrebbe potuto essere superata valorizzando l’esame «degli elementi acquisiti all’interno del procedimento penale e delle sommarie informazioni assunte in quella sede […] tenendo conto anche degli atti prodotti in primo grado e relativi al procedimento penale».

Si aggiunge:

a) che, comunque, neppure nel processo civile erano stati raccolti elementi rilevanti rispetto alla presunta estraneità del Balducci al contenuto della SVU;

b) che, in particolare, il teste Mancini non aveva mai affermato che, al momento della sottoscrizione da parte del Balducci, non fosse presente la dicitura «integrale», essendosi limitato a riferire che il suo compito era solo quello preliminare di verificare e inserire nella SVU il numero di targa e i chilometri percorsi;

c) che, infine, gli elementi investigativi indicati nella richiesta di archiviazione, le sommarie informazioni, non costituiscono prova né nel giudizio civile, né in quello penale.

3. Con il terzo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte trascurato di considerare che la SVU, oltre alla ricordata espressione «integrale», conteneva anche il riferimento, nella descrizione del veicolo oggetto di permuta, alla caratteristica «4WD», ossia «4 wheel drive», confermativa del modello a trazione integrale. Si aggiunge che la valutazione economica era stata operata proprio con riferimento a quest’ultimo modello.

4. Con il quarto motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell’art. 1491 cod. civ., per avere la Corte d’appello ritenuto che la concessionaria avesse l’onere ci eseguire tutte le verifiche necessarie all’accertamento delle caratteristiche del veicolo, nonostante che la controparte avesse dichiarato espressamente che quest’ultimo possedeva le caratteristiche in realtà insussistenti, ossia la trazione integrale.

5. Con ii quinto motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 1175, 1176, secondo comma, e 1375, cod. civ.

Subordinatamente al mancato accoglimento del quarto motivo, si osserva che il riferimento alla diligenza della Centralcar s.p.a. era erroneo, giacché l’obbligo relativo gravava sul debitore della prestazione, ossia il Balducci, il quale non aveva agito, peraltro, secondo correttezza e buona fede.

6. I motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto sono logicamente correlati ad una questione preliminare, che investe il significato della SVU.

La Corte territoriale, come s’è visto, coerentemente peraltro alla stessa denominazione del documento, che esprime una valutazione tecnica del veicolo, ha escluso che l’atto, ancorché sottoscritto dal Balducci, integrasse una promessa di qualità, ossia assumesse un valore negoziale.

In questa cornice s’intende sia il riferimento agli oneri di verifica della ricorrente, che illuminano la finalità del documento del quale si discute e non valgono a giustificare una scorretta condotta del Balducci (e la puntualizzazione vale, in particolare, per il quinto motivo di ricorso), sia le considerazioni dedicate all’autore del documento stesso, espressione della Centralcar s.p.a.

Esclusa, pertanto, l’esistenza di una promessa di vendita da parte del Balducci – e siffatta premessa concernente il significato dell’atto, non avente la funzione di descrivere la cosa data in permuta, non è oggetto di alcuna critica specifica della ricorrente -, restano privi di fondamento i primi quattro motivi di ricorso, che, al contrario, presuppongono che la sottoscrizione da parte del controricorrente abbia assunto il significato di una attribuzione di paternità di dichiarazioni negoziali. 

7. In conseguenza, il ricorso va rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, alla luce del valore e della natura della causa nonché delle questioni trattate.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 19/12/2019.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.