Vettura contro un albero caduto a causa di un nubifragio: niente risarcimento dal Comune (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 11 ottobre 2021, n. 27527).

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

SEZIONE TERZA CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8322-2019 proposto da:

(OMISSIS) FRANCESCO, elettivamente domiciliato in ROMA, via GIUSEPPE (OMISSIS) 4, presso lo STUDIO dell’avv. ALOISIA (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. TOMMASO (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

COMUNE DI SCIACCA, in persona del Sindaco p.t., FRANCESCA VALENTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO (OMISSIS) 72, presso lo studio dell’avv. PAOLO (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. PELLEGRINA (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1736-2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 10 settembre 2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio dal Consigliere Dott.ssa MARILENA GORGONI;

Rilevato che:

Francesco (OMISSIS) conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Sciacca, il Comune omonimo, allegando che, in data 11 dicembre 2008, alla guida della sua Punto, andava ad urtare contro un grosso albero di eucalipto appena caduto sulla sede stradale, riportando danni fisici e materiali, di cui pretendeva il risarcimento.

Il Comune di Sciacca, costituitosi in giudizio, in via principale, negava ogni sua responsabilità, in subordine, chiedeva venisse accertato il concorso di colpa dell’attore nella causazione del sinistro.

Il Tribunale di Sciacca, con la sentenza n. 442/2012, respingeva la domanda dell’attore e regolava le spese di lite.

La Corte d’Appello di Palermo, cui si rivolgeva Francesco (OMISSIS), con la pronuncia n. 1736-2018, depositata il 10 settembre 2018, oggetto dell’odierno ricorso, rigettava l’appello e confermava, quindi, la decisione di prime cure.

In particolare, la Corte territoriale confermava che il danneggiato non aveva fornito la prova della concreta dinamica del sinistro né della caduta improvvisa dell’albero nell’imminenza del suo passaggio, giacché i testimoni escussi si erano limitati a descrivere la situazione dei luoghi e a ribadire che il giorno del sinistro sul territorio di Sciacca si era abbattuto un violento nubifragio; escludeva la responsabilità dell’ente convenuto non avendo quest’ultimo ragionevole possibilità di esercitare la custodia in considerazione della particolarità dell’evento generatore di danno e tenuto conto del comportamento colposo ascritto al danneggiato che aveva tenuto una velocità non adeguata allo stato dei luoghi, come confermato dalle «modalità dell’occorso (che ha visto lo (OMISSIS) incastrarsi con la propria automobile sopra i rami dell’albero)» e dalla conseguente «gravità delle lesioni subite» (p. 6).

Il ricorrente propone ricorso avverso detta pronuncia, formulando tre motivi.

Resiste con controricorso il Comune di Sciacca.

La trattazione del ricorso è stata fissata in Camera di Consiglio ai sensi dell’art. 380 bis n. 1 cod.proc.civ. e non sono state depositate conclusioni scritte da parte del PM.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Considerato che:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta «Violazione e falsa applicazione (art. 360 co. 1° n. 3 cod.proc.civ.) degli artt. 2727, 2729 cod.civ. e 115 cod.proc.civ.»

Oggetto di ricorso è il capo della sentenza d’appello che aveva confermato quella di prime cure, ritenendo non provata la concreta dinamica del sinistro, né la caduta improvvisa dell’albero proprio nell’imminenza del passaggio in auto del ricorrente e concordando circa l’inidoneità delle deposizioni testimoniali e della produzione fotografica e l’assenza di indizi gravi precisi e concordanti che consentissero il ricorso al ragionamento presuntivo.

Per il ricorrente, tutte le risultanze, ove esaminate dal giudice d’appello, dapprima analiticamente e poi in rapporto di vicendevole completamento, indicavano, invece, che l’albero era caduto improvvisamente e che non c’era stato modo di evitare l’impatto.

Non solo: la Corte d’Appello, ad avviso del ricorrente, senza spiegare l’iter che l’aveva portata alla statuizione qui censurata, aveva ritenuto che la causa del sinistro dovesse, anche solo in maniera concausale, attribuirsi alla elevata velocità tenuta dal danneggiato, deducendolo prevalentemente dal fatto che l’auto che quest’ultimo conduceva era stata trovata sopra i rami dell’albero, il quale, dunque, non poteva che essere adagiato al suolo già prima dell’impatto, ma omettendo di considerare che non erano state rilevate tracce di frenata e che i carabinieri non avevano elevato alcuna contravvenzione per violazione del Codice della Strada nei confronti del danneggiato.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce «Omesso esame circa più fatti decisivi per il giudizio e che sono stati oggetto di discussione tra le parti (art. 360 co. 1° n. 5 cod.proc.civ.): specificamente, in ordine alla illogicità, contraddittorietà ed erroneità della motivazione che risulta meramente apparente».

In particolare, vengono lamentate:

a) la ricostruzione dei fatti, perché il giudice di prime cure aveva ritenuto che i testi escussi non erano stati in grado di riferire la dinamica del sinistro, essendosi limitati a descrivere lo stato dei luoghi ed a confermare che il giorno dell’incidente si stava abbattendo sul luogo un violento nubifragio; ciò avrebbe dovuto indurre la Corte d’Appello ad «effettuare una più compiuta e ponderata valutazione delle emergenze istruttorie», invece di limitarsi ad affermare, con motivazione giudicata apparente, che il Tribunale non aveva errato a ritenere le dichiarazioni dei testi inidonee a sorreggere l’assunto dell’appellante.

Così statuendo, ad avviso del ricorrente, avrebbe omesso di considerare che la strada teatro dell’incidente era particolarmente trafficata, come dimostrato dalla produzione fotografica, e che se l’albero fossero caduto prima del suo passaggio in auto, vi sarebbe stata una lunga coda di veicoli fermi; per di più le dimensioni dell’albero, oltre a renderlo visibile da almeno quindici metri di distanza, erano tali da rendere impensabile un tentativo di superarlo con l’auto;

b) la ricorrenza del fortuito ex art. 2051 cod.civ., individuata nella eccezionalità della precipitazione, senza tener conto del fatto che il caso fortuito avrebbe imposto la verifica della ricorrenza di alterazioni repentine e non specificamente prevedibili dello stato della cosa che, nonostante l’attività di controllo e la diligenza impiegata allo scopo di garantire un tempestivo intervento, non potevano essere rimosse o segnalate per difetto del tempo necessario a provvedere.

3. Con l’ultimo motivo il ricorrente imputa alla sentenza impugnata «Violazione e falsa applicazione (art. 360 co. 1° n. 3 cod.proc.civ.) dell’art. 2051 cod.civ. e dell’art. 2697 cod.civ.».

Oggetto di censura è la statuizione con cui la Corte territoriale aveva ritenuto ricorrente il fortuito, perché il Comune di Sciacca non aveva provato che l’albero era in condizioni statiche normali e in buone condizioni vegetative e manutentive, che ben conosceva lo stato di integrità dell’eucalipto, avendo effettuato la necessaria manutenzione, che l’evento dannoso era stato determinato da un fatto talmente eccezionale da essere causa esclusiva dello sradicamento dell’albero.

4. Va esaminato in via prioritaria il terzo ed ultimo motivo, assumendo la questione relativa alla ricorrenza del caso fortuito carattere assorbente rispetto alle altre censure mosse alla sentenza impugnata.

Il motivo non merita accoglimento.

La giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non sono emersi argomenti che facciano ritenere opportuno discostarsi, è concorde nel ritenere che « il caso fortuito può essere costituito da eventi che si inseriscono, spezzandola, nell’ordinaria serie causale che prende le mosse dall’esistenza della cosa custodita, eventi che (…) devono essere “non conoscibili né eliminabili con immediatezza” (…)».

Il caso fortuito, ove ricorrente, spezza la serie causale ovvero «toglie di mezzo» gli effetti giuridici della serie causale ordinaria, rappresentando un quid che «esorbita dall’attività custodiate, ovvero dall’area del possibile propria della vigilanza: il fortuito è quel che è impossibile vigilare» (Cass. 23/01/2019, n. 1725; Cass. 12/05/2020, n. 8811).

Sulla scorta di quanto riportato, nel caso di specie doveva accertarsi se potesse esigersi da parte del Comune di Sciacca quell’ulteriore attività diretta ad eliminare gli elementi pericolosi non prevedibili, ma che si erano comunque verificati, giacché è in questi termini che si rapporta la concretizzazione della responsabilità del custode, escludendola nel caso in cui il custode non abbia avuto tempo sufficiente per intervenire a eliminare l’imprevisto/imprevedibile – anche qui definibile “caso fortuito” – e quindi disinserirlo dalla serie causale in cui coinvolta è la cosa custodita.

Da esaminare era dunque la ricorrenza di un evento caratterizzato da imprevedibilità ed inevitabilità.

Come già affermato da questa Corte, il concetto della prevedibilità si rapporta intrinsecamente a quello della conoscibilità, utilizzato per esprimere proprio l’obbligo del custode di prevedere lo status in cui può venire a trovarsi il bene che custodisce.

La vigilanza del custode, in ultima analisi, viene ad essere circoscritta dal suo opposto, cioè dal caso fortuito, che traduce in riferimento alla posizione del custode il generale principio ad impossibilia nemo tenetur.

Le caratteristiche della cosa custodita, infatti, plasmano e delimitano il caso fortuito, configurando l’obbligo custodiale sotto il profilo ex ante, ovvero della prevedibilità che rientra quindi nella possibilità giuridica dell’adempimento dell’obbligo stesso, da valutare non solo in base all’estensione dell’intero bene, ma anche alla luce di tutte le circostanze del caso concreto.

Tali principi valgono anche a confermare i precedenti arresti in materia di responsabilità degli enti proprietari delle strade ed a ritenere fermi i seguenti orientamenti che il Collegio condivide pienamente:

a) in tema di circolazione stradale è dovere primario dell’ente custode della strada di garantirne la sicurezza mediante l’adozione delle opere e l’assunzione dei provvedimenti necessari;

b) il custode della strada non è responsabile di ciò che non sia prevedibile oggettivamente ovvero di tutto ciò che rappresenta un’eccezione alla normale sequenza causale, che, invece, per quanto detto rapportato ad una valutazione ex ante o in astratto, integra il caso fortuito, quale causa non prevedibile: da tanto derivando che l’imprevedibilità, da un punto di vista oggettivizzato, comporta pure la non evitabilità dell’evento.

In questo complessivo contesto va calata la conclusione accolta dalla Corte territoriale, la quale merita conferma, avendo escluso la responsabilità del Comune di Sciacca, data la ricorrenza del caso fortuito costituito dall’alterazione imprevista, imprevedibile e non tempestivamente eliminabile o segnalabile della res custodita.

L’evento occorso, infatti, non era prevedibile e quindi non risultava evitabile da parte del Comune, in virtù della circostanza di essersi formato poco prima del sinistro per una causa estrinseca ed estemporanea creata da un nubifragio eccezionale; nella specie, dunque, l’evento era connotato da oggettiva imprevedibilità, da intendere «come obiettiva inverosimiglianza dell’evento» e da eccezionalità, cioè da «sensibile deviazione (ed appunto eccezione) dalla frequenza statistica accettata come “normale”, vale a dire entro margini di oscillazione – anche ampi – intorno alla media statistica, che escludano i picchi estremi, se isolati, per identificare valori comunemente accettati come di ricorrenza ordinaria o tollerabile e, in quanto tali, definibili come ragionevoli».

4.2. Data la ricorrenza di tali caratteri la colpa o l’assenza di colpa del custode restano del tutto irrilevanti ai fini della sua responsabilità ai sensi dell’art. 2051 cod.civ.

Se il danneggiato vuol far valere 1″eventuale colpa del custode – in questa direzione sembra muoversi una parte delle argomentazione del ricorrente -, peraltro in replica alla gravata sentenza, si è al di fuori del perimetro della responsabilità di cui all’art. 2051 cod.civ., ed il danneggiato deve assumersi i ben più gravosi oneri assertivi e probatori della generale fattispecie dell’art. 2043 cod.civ., e, quindi, dimostrare, prima di ogni altra cosa, la colpa del danneggiante e non solamente il nesso causale tra presupposto della responsabilità ed evento dannoso; per contro, quando l’azione è proposta ai sensi dell’art. 2051 cod.civ., la deduzione di omissioni, violazione di obblighi di legge, di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode può essere diretta soltanto a rafforzare la prova dello stato della cosa e della sua attitudine a recare danno, sempre ai fini dell’allegazione e della prova del rapporto causale tra l’una e l’altro.

4.3. L’operazione logica da compiersi, nella fattispecie per cui è causa, era quella di identificazione del nesso causale, sulla base dei fatti prospettati dalle parti ed acquisiti in causa: operazione che il giudice avrebbe dovuto effettuare anche di ufficio, giacché in tema di responsabilità per i danni cagionati da una cosa in custodia, ai sensi dell’art. 2051 cod.civ., l’allegazione del fatto del terzo o dello stesso danneggiato, idonea ad integrare l’esimente del caso fortuito, deve essere esaminata e verificata anche d’ufficio dal giudice, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste formulate dalla parte, purché risultino prospettati gli elementi di fatto sui quali si fonda l’allegazione del fortuito; deve affermarsi, inoltre, che, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente (p. 27), non è precluso al giudice avvalersi del ragionamento inferenziale per verificare la ricorrenza del caso fortuito (Cass. 15/03/2019, n.7361).

4.4. Tanto comporta che risponde a diritto la conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale, in applicazione del principio, secondo cui è esclusa la responsabilità da cose in custodia in capo all’ente proprietario e gestore della strada per i danni patiti dal conducente di un veicolo che abbia impattato contro un grosso albero caduto sulla strada in prossimità del suo passaggio, non potendo il custode rispondere dei danni cagionati da un evento da qualificarsi oggettivamente non prevedibile come corrispondente alla normale regolarità causale nelle condizioni date dei luoghi e non tempestivamente eliminabile o segnalabile.

5. La ricorrenza del fortuito, che ha interrotto il nesso di causa tra custodia ed evento di danno, rende inutile accertare se, nel caso di specie, il danneggiato abbia tenuto o meno un comportamento colposo, come tale suscettibile , a sua volta, di integrare gli estremi del fortuito o del concorso di responsabilità.

5.1. I primi due motivi di ricorso sono dunque assorbiti.

La ricorrenza del caso fortuito interrompe, infatti, il nesso di causa e rende inutile accertare se il conducente danneggiato con la sua condotta abbia concorso a cagionare il danno: concorso che, peraltro, la Corte d’Appello ha affermato sulla base di un ragionamento inferenziale correttamente censurato dal ricorrente, perché basato su indizi – la posizione dell’auto sopra e non sotto i rami dell’albero – sprovvisti dei caratteri della gravità, della precisione e della concordanza.

Deve ricordarsi che la gravità si rifà a principi di logica in genere oppure a principi di una qualche logica particolare, per esempio di natura scientifica o propria di una qualche lex artis che facciano ritenere probabile che dato un fatto noto A si sia verificato il fatto ignoto B, la precisione è indice della probabilità che la conoscenza del fatto noto A indirizzi verso il fatto ignoto B e non anche verso un altro o altri fatti, la concordanza indica che alla conoscenza del fatto ignoto si è giunti in modo concordante con altri elementi probatori (Cass., Sez. Un., 24/01/2018, n. 178).

6. Il ricorso è, conclusivamente, rigettato.

7. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Le spese seguono la soccombenza e sono regolate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in euro 1.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte Suprema di cassazione, in data 30 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria l’11 ottobre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.