REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Rel. Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23211/2020 proposto da:
(OMISSIS) RAFFAELLA PATRIZIA, rappresentata e difesa dagli avv.ti ALDO (OMISSIS) e UMBERTO (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato presso l’indirizzo pec aldo(OMISSIS) avvocatinapoli.(OMISSIS)it;
– ricorrente –
contro
AZIENDA SANITARIA LOCALE NAPOLI 3 SUD;
– intimata –
avverso la sentenza n. 4830/2019 della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI, depositata il 2.1.2020, NRG 529/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/1/2022 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO BELLE’.
RITENUTO CHE
1. Raffaella Patrizia (OMISSIS) ha partecipato — e vinto — ad un concorso da dirigente presso la Azienda Sanitaria Locale Napoli 3 Sud (di seguito, ASL);
2. la graduatoria è stata approvata nel 2006, ma l’assunzione non vi è stata, se non nell’aprile 2012, con pari decorrenza;
3. la (OMISSIS) ha agito nei confronti della ASL per il risarcimento del danno che il Tribunale e poi la Corte d’Appello le hanno riconosciuto, in misura corrispondente alle retribuzioni non percepite, ma solo a far data dalla messa in mora (dicembre 2011) della ASL, attuata mediante offerta della prestazione;
4. la lavoratrice ha quindi proposto ricorso per cassazione, sulla base di un motivo, mentre la ASL è rimasta intimata;
5. la proposta del relatore è stata comunicata alla ricorrente, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;
6. la ricorrente ha quindi depositato memoria;
CONSIDERATO CHE
1. con l’unico motivo di ricorso Raffaella Patrizia (OMISSIS) denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt.1206, 1207, 1218, 1321, 1326, 1328, 1336 e 2094 c.c.;
2. la ricorrente afferma che dall’approvazione della graduatoria discenderebbe il diritto all’assunzione del candidato utilmente collocato, con obbligo di adempimento della P.A. e conseguente risarcimento in caso di inosservanza;
3. l’obbligo di pagamento e quello consequenziale risarcitorio — assume ancora la ricorrente – trovano la propria genesi nel bando di concorso e negli atti di approvazione della graduatoria, essendo – la partecipazione al concorso – da intendere come accettazione della proposta di lavoro contenuta nel bando, sicché, sorgendo un negozio irrevocabile, nessuna diffida è necessaria e solo spetta al candidato l’assunzione, con effetto dall’approvazione della graduatoria;
4. il motivo non può essere accolto;
5. è indubbio che, dalla vittoria del concorso, derivi il diritto all’assunzione (v, da ultimo, C. 26838/2020; C. 12368/2020) e ciò nei termini eventualmente previsti dal bando o in quelli congrui rispetto al caso di specie;
6. non è invece condivisibile, almeno in senso generale, l’assunto della ricorrente secondo cui dall’approvazione delle graduatorie deriverebbe di per sé l’assunzione, in quanto essa è da regolare mediante contratto (art. 35, co. 1, d. lgs. 165/2001) e quindi vi è naturalmente un margine di tempo successivo all’ultimazione delle operazioni per procedere all’assunzione;
7. l’ipotesi, certamente eccezionale, in cui il rapporto sia da considerare costituito sulla base della sola approvazione della graduatoria, andrebbe dimostrata e potrebbe ricorrere solo se il bando nel caso di specie contenesse l’intera regolazione del rapporto a venire e stabilisse la decorrenza immediata degli effetti dall’approvazione della graduatoria, il che è ignoto, né la ricorrente riporta nel ricorso per cassazione passaggi del bando che siano utili a concludere in tal senso (per precedenti in tema di assunzioni obbligatorie, v. C. 24833/2015; C. 4915/2014 e in tema di assunzioni per accordi sindacali, C. 12516/2003);
8. dunque, in assenza di tali presupposti e di un termine indicato nel bando o altrimenti stabilito (art. 1183 c.c.), è indubbio che il risarcimento del danno presupponga la costituzione in mora della parte tenuta alla stipula del contratto, nelle forme dell’intimazione, in questo caso comuni alla mora del creditore — art. 1217 c.c. — e del debitore — art. 1219, co. 1, c.c., quale contemporaneamente è la P.A. rispetto al contratto da stipulare, per quanto ciò che rileva, quando chi agisce sia pronto alla prestazione di contrarre è l’inadempimento debitorio della controparte e dunque la mora del debitore;
9. ciò secondo principi civilistici evidenti, tali per cui il ritardo rilevante a fini risarcitori, di cui all’art. 1223 c.c. è quello che deriva, quale ritardo colpevole, dalla mora, che è ex re se vi è un termine, ai sensi dell’art. 1219 n. 3 c.c., o che consegue altrimenti all’intimazione ad adempiere o a ricevere la prestazione, principi pacificamente applicati nel tempo (v. già la risalente C. 862/1962) e propri anche dell’ambito lavoristico (C. 16665/2020);
10. la Corte territoriale ha dunque correttamente concluso in tal senso, il che comporta la reiezione del ricorso per cassazione, senza alcuna regolazione in punto spese, stante che la P.A. è rimasta intimata;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 20.1.2022.
Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2022.