REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIANI Vincenzo – Presidente
Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere
Dott. MINCHELLA Antonio – Consigliere
Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere
Dott. CAPPUCCIO Daniele – Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FOGLIANI SERENA nata a GENOVA l’ 11/11/1990;
avverso l’ordinanza del 20/12/2019 del TRIB. LIBERTA’ di GENOVA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dot. Daniele CAPPUCCIO;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Procuratore generale, Dott. Tomaso EPIDENDIO, il quale conclude chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. FRACASSO Valentino, il quale conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale del riesame di Genova, con ordinanza ex art. 309 cod. proc. pen. del 20 dicembre 2019, ha confermato, in sede di rinvio, il provvedimento emesso il 4 luglio 2019 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova, nella parte in cui ha applicato a Serena Fogliani la misura cautelare degli arresti domiciliari.
2. L’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova si inserisce in una complessa vicenda investigativa, che vede Serena Fogliani indagata, in vinculis, per due ipotesi di riciclaggio.
In particolare, alla Fogliani si contesta, al capo 9) della provvisoria imputazione, di avere, nelle qualità di presidente del consiglio di amministrazione della s.r.l. Azzurra ’95, e di delegata ad operare sui conti correnti della medesima società, partecipato, unitamente alla madre Luciana Calabria ed alla sorella Chiara Fogliani — che della medesima condotta risponde a titolo di autoriciclaggio — ai trasferimenti delle somme provento del delitto di truffa aggravata ai danni della società statunitense Fleector Lux Holding 2, così compiendo operazioni tali da ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa di tali somme.
Al successivo capo 12), Serena Fogliani risponde, in concorso con la sorella Chiara, del riciclaggio commesso, nelle qualità sopra indicate ed anche in veste di diretta collaboratrice del padre Gregorio Fogliani, effettuando operazioni bancarie varie (di bonifici e giroconti), attraverso i conti n. 6591 e n. 6700 intestati, presso la Banca Esperia, ad Azzurra ’95 s.r.I., per un ammontare complessivo di euro 2.619.473,00, ostacolando in tal modo l’identificazione della provenienza illecita della somma, provento dei delitti di bancarotta per distrazione e dissipazione.
Il compendio indiziario sul quale si fondano le menzionate contestazioni si giova, tra l’altro, degli esiti di accertamenti bancari, dell’acquisizione della relativa documentazione, delle intercettazioni ambientali e telefoniche eseguite sulle utenze degli indagati.
Dalle espletate investigazioni è emerso, in particolare, un giro di bonifici tra società collegate o infragruppo, con flussi illeciti di denaro soprattutto attraverso Azzurra ’95 s.r.I., importante veicolo di transito di risorse che, provenienti dalle altre società riconducibili alla famiglia Fogliani, confluivano nei conti personali dei membri della stessa famiglia, i quali erano, dunque, destinatari, in termini di benessere economico, dei frutti dei reati perpetrati.In questo contesto, Azzurra ’95 s.r.l. fungeva da cassaforte dell’intera famiglia, i cui componenti hanno continuato ad effettuare operazioni anche dopo la dichiarazione di fallimento di Qui! Group S.p.a. e di Qui services s.r.I., così partecipando a dinamiche illecite che hanno portato ad ammanchi per il valore complessivo di 470 milioni di euro.
3. La Corte di cassazione, Sezione Quinta, ha annullato, con sentenza n. 48257 del 17 ottobre 2019, il provvedimento del Tribunale del riesame del 31 luglio 2019, confermativo dell’applicazione alla Fogliani della misura cautelare degli arresti domiciliari, restituendo gli atti al Tribunale ligure per un nuovo esame in ordine a sussistenza ed attualità delle esigenze cautelari.
In sede di rinvio, il Tribunale del riesame di Genova, dopo aver accertato la sussistenza del giudicato cautelare in merito ai gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen., ha nuovamente confermato, con provvedimento del 20 dicembre 2019, l’ordinanza applicativa degli arresti domiciliari nei confronti dell’indagata, ritenendo, tuttavia, sfumata l’attualità delle esigenze cautelari di cui alle lett. a) e b) dell’art. 274 cod. proc. pen. e, al contrario, la perdurante attualità e concretezza del pericolo di reiterazione del reato di cui alla lett. c) dell’art. 274 cod. proc. pen., tanto intenso da rendere non idonee misure meno afflittive di quella prescelta dal Giudice per le indagini preliminari.
4. Serena Fogliani propone, con l’assistenza dell’avv. Giuseppe Iannaccone, ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 20 dicembre 2019, articolando due motivi, con il primo dei quali denuncia l’inosservanza dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen., nonché violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del pericolo di reiterazione dei reati.
Lamenta, in particolare, che il Tribunale del riesame abbia disatteso i principi di diritto enunciati dalla Corte di Cassazione, che aveva precisato come, ai fini dell’affermazione del pericolo di reiterazione del reato, la gravità delle condotte di bancarotta fraudolenta, reato cui l’indagata è estranea, possa essere valorizzata solo ove siano chiariti i termini della sua concreta incidenza in chiave cautelare e prognostica, dovendosi, peraltro, considerare che, medio tempore, lo scenario di riferimento è stato stravolto dalle dichiarazioni di fallimento e dai sequestri di quote societarie e conti correnti; puntualizzazioni, queste, delle quali il Tribunale avrebbe dimostrato di non aver fatto tesoro.
La ricorrente eccepisce, poi, che il Tribunale del riesame, ancora sviando il sentiero tracciato nella sentenza di annullamento, avrebbe omesso di ponderare l’effettiva probabilità che l’indagata replichi, anche in contesti diversi, condotte omogenee a quelle a lei contestate e si sarebbe, invece, limitato ad esaltare episodi del passato, inidonei a rendere attuale il pericolo di reiterazione dei reati.
Inoltre, illogico e infondato, nonché frutto del travisamento degli elementi di prova, sarebbe l’ulteriore argomento che àncora la concretezza del pericolo di reiterazione dei reati al mancato ritrovamento di tutto il profitto illecito dei reati di distrazione contestati agli altri imputati.
La ricorrente contesta, in quanto apodittica ed indimostrata, l’affermazione, contenuta nel provvedimento impugnato, secondo cui l’attività imprenditoriale condotta da Fogliani, incentrata sull’emissione di ticket per la ristorazione, era del tutto priva del rischio di perdite significative, dalla quale discende l’illazione che quanto distratto e non rinvenuto sia stato oggetto di appropriazione da parte della famiglia Fogliani.
Si duole, poscia, che il non avere ella, in sede di interrogatorio, fornito informazioni utili al rinvenimento di quanto distratto sia stato utilizzato in chiave accusatoria dal Tribunale del riesame, in spregio ai canoni ermeneutici vigenti in materia, attestanti che l’esercizio della facoltà di non rispondere o di non collaborare osta alla formulazione di una prognosi sfavorevole in ordine al pericolo di commissione di altri reati, pena la trasformazione della misura cautelare «in un mezzo di pressione per l’indagato a rendere dichiarazione, in violazione del principio di libera autodeterminazione della propria strategia difensiva» (Sez. 6, n. 11905 del 03/02/2005, Ben Hassine, Rv. 230995).
Avuto riguardo agli ingenti investimenti di Fogliani all’estero, e segnatamente in Brasile, sui quali il pubblico ministero ha affermato essere in corso accertamenti, la ricorrente rivendica la neutralità della circostanza e rimanda alle fonti di prova — in particolare, la relazione ex art. 33 R.D. 16 marzo 1942, n. 267, dei curatori del fallimento di Qui Business s.r.l. e le sommarie informazioni rese da Attilio Serrone, ex manager della Qui Business s.r.l. — ignorate dal Tribunale del riesame, che smentirebbero la natura illecita dell’investimento brasiliano, come, del resto, confermato da Andrea Testino, già responsabile amministrativo di Qui Group S.p.a.
Osserva, infine, che l’ordinanza impugnata non chiarisce sulla base di quali condotte della stessa specie di quelle per cui si procede, concretamente e attualmente realizzabili da parte dell’indagata, ella potrebbe perpetrare il delitto di riciclaggio.
Con il secondo motivo, la ricorrente segnala mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine all’adeguatezza della misura degli arresti domiciliari ed al rigetto delle richieste subordinate di sostituzione di detta misura con altre meno gravose.
Addebita, in proposito, al Tribunale del riesame di essersi limitato ad affermare che l’unica esigenza cautelare ritenuta ancora sussistente non può essere tutelata con misura meno afflittiva di quella degli arresti domiciliari senza fornire una puntuale spiegazione di tale assunto, soprattutto alla luce del radicale mutamento del contesto criminale derivato dai fallimenti e dall’esecuzione delle misure cautelari personali e reali.
5. Il 26 febbraio 2020 la difesa dell’indagata ha depositato copia dell’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova, il 9 gennaio 2020, preso atto della scadenza di termini massimi di durata della custodia cautelare, ne ha dichiarato la cessazione di efficacia con contestuale emissione di ordinanza applicativa dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, ex art. 282 cod. proc. pen., nonché dei motivi nuovi già depositati in vista della precedente udienza di cassazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e, pertanto, passibile di rigetto.
2. Il tema di indagine, per come delimitato dal provvedimento impugnato e dal ricorso, è circoscritto al rispetto, da parte del giudice del rinvio, delle indicazioni contenute nella sentenza di annullamento, alla sussistenza ed all’attualità delle esigenze cautelari specialpreventive (per la cui verifica persiste l’interesse della ricorrente anche rispetto alla misura in atto, attesa la latitudine della relativa doglianza), oltre che all’adeguatezza ed alla proporzionalità della misura degli arresti domiciliari.
Occorre, pertanto, prendere le mosse dalla decisione della Corte di cassazione, Quinta Sezione, n. 48257 del 17 ottobre 2019 che ha, in primo luogo, enunciato il pertinente principio di diritto affermando, in specie, che — stando al testo dell’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., novellato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47 — al fine di ritenere concreto ed attuale il pericolo di reiterazione della condotta criminosa, non è sufficiente ipotizzare che l’imputato, presentandosene l’occasione, ricadrà nel delitto, ma è necessario ipotizzare anche l’elevato grado di probabilità che l’occasione del delitto si verificherà.
Ne consegue, hanno aggiunto i giudici di legittimità, che «il giudizio prognostico non può più fondarsi sullo schema logico secondo cui “se si presenta l’occasione sicuramente, o molto probabilmente, la persona sottoposta alle indagini reitererà il delitto”, ma dovrà seguire la diversa impostazione per cui, “siccome è certo o comunque altamente probabile che si presenterà l’occasione del delitto, altrettanto certamente o comunque con elevato grado di probabilità l’imputato tornerà a delinquere” (ex multis Sez. 3, n. 36919 del 19/05/2015, Sancimino, in motivazione; Sez. 4, n. 47837 del 04/10/2018, C., Rv. 273994; Sez. 3, n. 34154 del 24/04/2018, Ruggerini, Rv. 273674)».
In definitiva, ha ritenuto la Corte di cassazione, «ciò che è richiesto al giudice è di prevedere, in termini di alta probabilità, che all’imputato si presenti effettivamente un’occasione per compiere ulteriori delitti della stessa specie, e la relativa prognosi comporta la valutazione, attraverso la disamina della fattispecie concreta, della permanenza della situazione di fatto che ha reso possibile o, comunque, agevolato la commissione del delitto per il quale si procede, mentre, nelle ipotesi in cui tale preliminare valutazione sia preclusa, in ragione delle peculiarità del caso di specie, il giudizio sulla sussistenza dell’esigenza cautelare deve fondarsi su elementi concreti – e non congetturali – rivelatori di una continuità ed effettività del pericolo di reiterazione, attualizzata al momento della adozione della misura, e idonei a dar conto della continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, da apprezzarsi sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi dell’effettività di un concreto ed attuale pericolo di reiterazione (Sez. 5, n. 12618 del 18/01/2017, Cavaliere e altri, Rv. 269533)».
2.1. A tali principi non si è attenuta l’ordinanza del Tribunale del riesame di Genova del 31 luglio 2019, che ha ancorato il pericolo di reiterazione, innanzitutto, all’oggettivo coefficiente di gravità di reati, quali quelli di bancarotta, non ascrivibili a Serena Fogliani, anziché delle condotte delle quali si assume ella sia stata autrice.
2.2. Ulteriore profilo di illegittimità è stato rinvenuto nell’assenza di motivazione in ordine all’incidenza che la dismissione, da parte della Fogliani, delle cariche sociali da lei ricoperte ed il sequestro delle partecipazioni e dei conti a lei riconducibili hanno prodotto sul pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quelli per cui si procede, la cui concretezza il Tribunale del riesame ha illogicamente ritenuto sulla scorta di elementi probatori afferenti a vicende passate e non anche sintomatiche dell’effettiva probabilità che la donna replichi, anche in contesti diversi, condotte omogenee a quelle a lei contestate.
La Corte di cassazione imputa, poi, al Tribunale del riesame di non avere chiarito il ruolo effettivamente svolto da Serena Fogliani nella vicenda criminale che ha riguardato il gruppo Qui, che ha avuto il padre come esclusivo ed indiscusso protagonista.
Analogamente, di scarsa significatività, nell’ottica considerata, si palesano, ha evidenziato la Corte di cassazione nella sentenza di annullamento, la conversazione in cui ella manifesta alla madre le proprie ambizioni professionali ma, al contempo, si duole che non le sia stato, sino a quel momento, attribuito un ruolo significativo nell’ambito delle società gestite dal padre, ed il fatto che ella, al pari di sorella e madre, abbia ampiamente beneficiato dei frutti dei reati contestati, destinandoli, anche dopo l’esplosione della crisi del gruppo, all’acquisto di beni voluttuari.
3. Il Tribunale del riesame di Genova, con l’ordinanza emessa quale giudice del rinvio, ha, in prima battuta, esposto che Serena Fogliani si è occupata prevalentemente della gestione degli immobili della famiglia, è stata titolare di cariche di rilievo in seno alle società del gruppo e, in particolare, a Qui Business s.r.l. e ad Azzurra ’95 s.r.I., nonché delegata ad operare sui conti del gruppo presso la Ca.Ri.Ge., ivi compresi quelli accesi a nome di Qui! Group S.p.a., Qui Services s.r.I., Qui Business s.r.I., Moody s.r.I., nonché sui conti accesi presso il Monte dei Paschi di Siena, il Banco di Sardegna e la BNL da Qui Group S.p.a. e Qui Services s.r.l. Serena Fogliani ha, inoltre, condiviso con la madre e la sorella intestazioni e deleghe ad operare sui conti ed i depositi di Azzurra ’95 s.r.l. presso Mediobanca.
Il Tribunale del riesame, oltre a ricordarne l’ambizione ad assumere ruoli di maggiore evidenza e responsabilità, anche in relazione alla posizione assunta dalla sorella Chiara, ha aggiunto che, per quanto emerso dalle conversazioni intercettate, la donna, al pari della sorella, parlava regolarmente con il padre della attività imprenditoriale delle società del gruppo, discutendone e supportandone le decisioni, anche quelle più importanti, partecipando alle riunioni con i collaboratori e con i manager delle società, seguendo al suo fianco anche le vicende della procedura fallimentare.
Serena Fogliani è stata, inoltre, attiva concorrente nell’elaborazione del business plan della Welfare Company s.r.l. in vista della cessione dell’azienda a futuri possibili acquirenti interessati, piano che presupponeva, tra l’altro, la fraudolenta esposizione di un più elevato indice di redditività, secondo quanto emerso dalla conversazione intercorsa il 25 settembre 2018 con la sorella Chiara.
L’ordinanza impugnata ha, di seguito, descritto, anche attraverso le dichiarazioni del coindagato Rodolfo Chiriaco, il pieno coinvolgimento di Serena Fogliani nella gestione aziendale e, precipuamente, nel settore personale ed organizzazione servizi generali ed acquisti.
Il Tribunale del riesame ha, indi, posto l’accento sulla propensione, comune alla sorella, della giovane donna ad avvalersi delle risorse provenienti dalle aziende di famiglia per sostenere spese assai ingenti e mantenere — anche quando il gruppo era, ormai, sull’orlo del fallimento per avere accumulato enormi debiti verso terzi creditori — un tenore di vita improntato al lusso, per come dimostrato dal vorticoso giro di denaro innescato dalla celebrazione dello sfarzoso matrimonio tra Chiara Fogliani ed Andrea Ferretto Prodi, lui pure beneficiario, nell’occasione, di una sostanziosa elargizione priva di qualsivoglia giustificazione, nonché dall’importo, pari a 70.000 euro, della spesa sostenuta nel 2018 per abbigliamento e calzature e dalla disponibilità di autovetture di pregio e di due ville in Forte di Marmi, acquistate con risorse provenienti, in massima parte, dalle società fallite.
Ha rimarcato che, a fronte del pericolo che le somme, prelevate dai conti dei genitori e destinate alle spese per il matrimonio della sorella, fossero sottoposte a pignoramento, è stata proprio Serena a proporre l’adozione di accorgimenti finalizzati a frustrare la legittima iniziativa dei creditori.
Il Tribunale del riesame ha, successivamente, illustrato le più significative attività ascrivibili a Serena Fogliani e collocate in epoca successiva alla dichiarazione di fallimento della Qui Group S.p.a. e, alcune di esse, della Qui Services s.r.l.
Ella, in specie, ha sottoscritto, in data successiva ai fallimenti dell’autunno del 2018, un contratto preliminare di acquisto di immobili da parte di Azzurra ’95 s.r.I., finanziato da somme ricavate dalla della truffa aggravata, contestata, al capo 8), alla sorella e ad altri indagati, in danno della Fleector Lux Holding 2.
Da una conversazione del 22 ottobre 2018 emerge, poi, la sua partecipazione al piano per la cessione di rami di azienda nella disponibilità di Fogliani, con la progettata sottoscrizione di un accordo tra Fogliani e la Domec di suddivisione in parti eque della nuova eventuale società e degli utili da essa prodotti; del resto, è proprio Serena, si è già detto, ad attivarsi per aggirare un pignoramento in corso che potrebbe compromettere le ingenti spese per il matrimonio della sorella; ella è autrice di molti giroconti e bonifici, anche in epoca successiva ai fallimenti, con spendita di denaro sottratto ai creditori, nonché beneficiaria di accrediti che si protraggono sino al giugno del 2019.
Nella stessa direzione milita il fatto che Serena Fogliani, tra il novembre 2018 ed il gennaio 2019, abbia acceso un conto corrente bancario presso la Deutsche Bank e sia stata delegata ad operare su un altro, pure attivato da quell’istituto di credito.
Il Tribunale del riesame ha, ulteriormente, segnalato che l’ingentissimo capitale distratto è stato sottoposto a vincolo solo in piccola parte, non essendo state reperite risorse per diverse centinaia di milioni di euro e non avendo l’indagata, rendendo interrogatorio, fornito utili indicazioni al riguardo.
Ha, quindi, ritenuto che l’insieme delle descritte circostanze rende concreto ed attuale il pericolo che il recupero di maggiore libertà venga sfruttato dalla Fogliani per commettere altre condotte delittuose analoghe dirette a garantire l’ulteriore dispersione ed il futuro godimento per sé ed i familiari del patrimonio illecitamente distratto.
Ha aggiunto che, tenuto conto dell’occultamento degli ingenti capitali distratti, del loro riciclaggio, anche personalmente ad opera della Fogliani, e del loro perdurante mancato ritrovamento, la attuale dismissione (necessitata e non spontanea) delle cariche sociali perde sostanzialmente di rilievo, al fine di ritenere cessate o diminuite le esigenze cautelari, ben potendo ella agire personalmente per spostare capitali, evidentemente ben occultati, all’estero o da un paese all’altro, al fine di rendere sempre più ardua la loro tracciabilità, in caso di maggiore recuperata libertà, nonché (in caso di rimozione di divieto di contatti ed incontri) attraverso i pregressi consolidati collegamenti familiari al di fuori di quelli societari esaminati, circa i quali emergono dalle indagini inquietanti prospettive.
Inoltre, ha continuato, vi è concreta traccia in atti di ingenti investimenti in Brasile, in ordine ai quali il pubblico ministero ha affermato essere in corso apposita attività investigativa, mentre le dichiarazioni difensive di una loro occasionalità e totale perdita non hanno avuto riscontro, secondo quanto emerge, in particolare, dalle dichiarazioni di Andrea Testino.
4. Ritiene il Collegio che la motivazione dell’ordinanza impugnata sia esente dalle censure sollevate dalla ricorrente e si ponga in linea di perfetta coerenza con le indicazioni fornite dalla Sezione Quinta di questa Corte con la sentenza di annullamento.
Da un canto, invero, è stata efficacemente tratteggiata la personalità dell’indagata, pienamente integrata nelle dinamiche aziendali ed impegnata a rafforzare il proprio ruolo a fianco del padre e degli altri congiunti coinvolti, anche attraverso la prosecuzione di condotte fraudolente intese a protrarre la distrazione delle risorse delle aziende per il soddisfacimento dei bisogni personali e familiari.
L’analitica specificazione delle cariche rivestite da Serena Fogliani in seno alle società del gruppo, dei poteri di fatto esercitati e delle attività concretamente poste in essere consente, dunque, di superare i rilievi svolti dalla Corte di cassazione in ordine alla descrizione del suo ruolo e del rapporto instaurato, in chiave gestoria oltre che familiare, con il principale protagonista delle vicende oggetto di approfondimento investigativo.
La gigantesca dimensione economica dei valori in gioco fa il paio, secondo quanto sopra indicato, con l’assuefazione, in apparenza irredimibile, dell’indagata ad un tenore di vita che solo grazie alla reiterazione delle condotte oggetto di accertamento potrebbe essere mantenuto.
La propensione criminale palesata da Serena Fogliani — palesata, tra l’altro, nel concorrere alla formazione di un business plan infedele e nel preoccuparsi della sottrazione a pignoramento delle risorse destinate a sostenere le spese per il faraonico matrimonio della sorella — concretizza le esigenze specialpreventive, che si riconnettono, come sottolineato dal Tribunale del riesame, all’enorme iato tra le somme sottoposte a vincolo e quelle sottratte alla massa dei creditori.
Conforme a logica, sotto questo profilo, appare il ragionamento seguito dal Tribunale del riesame, che trae argomento dal contenuto rischio d’impresa tipico del core business — la gestione di buoni pasto per aziende pubbliche e private — del gruppo facente capo a Gregorio Fogliani e dalla scarsa verosimiglianza della spiegazione difensiva, secondo cui le imprese avevano subito forti perdite d’esercizio, per accreditare la tesi della perdurante esistenza di fondi per decine o, addirittura, centinaia di milioni di euro, ancora nella disponibilità degli indagati i quali, se non assoggettati ad idonee misure di contenimento, potrebbero consolidare, avendone, in concreto, l’occasione e la possibilità, i profitti mediante la commissione di ulteriori illeciti, del tipo di quelli che sono loro valsi l’applicazione della misura della quale qui si discute.
Se ha ragione, allora, la ricorrente laddove sottolinea che, in un sistema accusatorio e basato sulla presunzione di innocenza, non è consentito utilizzare contra reum l’avere ella tenuto, nel corso dell’interrogatorio, un atteggiamento reputato di non piena collaborazione, non va trascurato, per contro, che il dato obiettivo dell’omesso rinvenimento della gran parte delle somme oggetto di distrazione — quand’anche quantificate nel ridotto, ma comunque esorbitante, importo di circa 80 milioni di euro, da lei indicato — e la propensione, emergente con assoluto nitore dalle conversazioni, a ricorrere, sostanzialmente ad ogni costo, alle risorse provenienti dalle aziende del gruppo per sostenere le ingentissime spese coessenziali allo stile di vita dell’intera famiglia concorrono a dimostrare, fuori da ogni non consentita presunzione e senza in alcun modo trascendere in impropri giudizi etici, l’elevata probabilità che alla Fogliani sia offerta l’occasione di tornare a delinquere e che ella sia pronta ad approfittarne.
Il Tribunale del riesame, dunque, non è incorso nella paventata torsione dell’istituto in chiave antigarantistica ma ha, più semplicemente, constatato l’assenza di attendibili informazioni in ordine alla destinazione impressa da Gregorio Fogliani e dai suoi collaboratori a somme stimabili, prudenzialmente, nell’ordine di decine di milioni di euro, che potrebbero, ragionevolmente, essere oggetto degli appetiti criminali di chi, come Serena Fogliani, ha mostrato, nel recentissimo passato, di essere interessata al loro sfruttamento.
D’altro canto, a riprova dell’attualità delle esigenze cautelari si pone l’epoca delle condotte per le quali è stata emessa la misura cautelare, che si protraggono, con continuità, dal 2017 sino alla primavera del 2019.
In questa cornice, il fatto, sottolineato dalla ricorrente, che gli accertamenti in ordine alla natura delle attività promosse da Gregorio Fogliani in Brasile siano in itinere non priva di linearità il ragionamento svolto dal Tribunale del riesame, che valorizza la riscontrata disponibilità di un canale estero, sul quale, eventualmente, far transitare le somme da sottrarre definitivamente al ceto creditorio, condizione che, è facile intendere, agevola la reiterazione del reato, prima ancora che la criminosità delle operazioni compiute in Sudamerica.
L’ordinanza impugnata si palesa, pertanto, rispettosa del dictum della Corte di cassazione e motivata secondo un percorso argomentativo coerente e fedele alle emergenze indiziarie anche nella parte in cui rileva che — una volta ritenuta la necessità di preservare la collettività dal rischio che l’indagata si renda protagonista di ulteriori condotte di riciclaggio, nel senso più ampio del termine, di quanto distratto e non ancora rinvenuto — deve essere giocoforza esclusa l’attitudine di misure cautelari meno restrittive degli arresti domiciliari, con l’annessa inibizione dei contatti, a garantire il conseguimento dell’obiettivo.
Essa resiste alle obiezioni della ricorrente, vertenti su profili diversi da quelli considerati dal Tribunale del riesame che, in primo luogo, ha ben spiegato come l’apprezzamento del quadro cautelare prescinda dalle condotte distrattive addebitate ad altri indagati e si concentri, piuttosto, sul consolidamento del pregiudizio che ne è derivato, risultato che Serena Fogliani potrebbe conseguire anche dopo l’intervento della giurisdizione civile e penale ed il conseguente subentro nell’amministrazione e nella gestione di quote societarie e conti correnti.
La ricorrente trascura, sul punto, che i riferimenti al contributo da lei fornito all’azione del padre e degli altri congiunti sono serviti a mettere in luce il suo livello di inserimento nella compagine e negli affari condotti ed a evidenziarne, al contempo, la spregiudicatezza nel concorrere alla deviazione di imponenti flussi finanziari ed economici in direzione della propria famiglia.
Il positivo riscontro della attualità e della concretezza delle esigenze cautelari si fonda, in altri termini, sul rilievo, nascente da un equilibrato approccio al materiale investigativo (eloquenti, al riguardo, appaiono le conversazioni intrattenute dall’indagata la mattina del 30 ottobre 2018, rispettivamente con il padre e con Stefano Becchetti), che una donna intraprendente, quale Serena Fogliani, abituata a maneggiare elevatissime somme di denaro e fermamente intenzionata a sfruttare ogni opportunità pur di mantenere il tenore di vita cui ella è adusa, si troverebbe, se non adeguatamente contenuta, nella favorevole condizione di detentrice di preziose informazioni in ordine alla collocazione delle somme, assai ingenti ancorché stimate al ribasso, illecitamente trafugate dalle casse delle società facenti parte della galassia creata dal padre; condizione della quale ella, deve ragionevolmente ipotizzarsi, non esiterebbe ad avvalersi in vista del compimento di nuove imprese criminose, analoghe a quelle che le sono ascritte nel presente procedimento.
Avuto riguardo, infine, alle ulteriori, e radicali, censure svolte con il ricorso, volte a proporre, sotto svariati aspetti, una lettura delle emergenze investigative opposta rispetto a quella privilegiata dal Tribunale del riesame ligure, occorre ricordare il principio di carattere generale per cui, in tema di misure cautelari personali, il giudizio di legittimità relativo alla verifica di sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza (ex art. 273 cod. proc. pen.) e delle esigenze cautelari (ex art. 274 cod. proc. pen.), deve riscontrare, nei limiti della devoluzione, la violazione di specifiche norme di legge o la mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato.
In particolare, il controllo di legittimità non può intervenire nella ricostruzione dei fatti, né sostituire l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza dei dati probatori; di conseguenza, non possono ritenersi ammissibili le censure che, pur formalmente investendo la motivazione, si risolvono in realtà nella sollecitazione a compiere una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Di Iasi, Rv. 269884; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, Lupo, Rv. 252178).
5. Dal rigetto del ricorso discende la condanna di Serena Fogliani al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 03/03/2020.
Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020.