Audio WhatsApp contro gli Ufficiali, virale nella chat dei Carabinieri. Maresciallo punito, T.A.R. accoglie il ricorso: diffusione non imputabile a lui (T.A.R. – Lombardia, Sezione Terza, Sentenza 16 ottobre 2020, n. 1945).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

con l’intervento dei magistrati:

Dott. Ugo Di Benedetto, Presidente

Dott. Stefano Celeste Cozzi, Consigliere, Estensore

Dott. Roberto Lombardi, Consigliere

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1046 del 2019, proposto da

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Cremona e Mario Zenga, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo in Milano, Corso di Porta Vittoria, n. 13;

contro

MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Milano, Via Freguglia, n. 1;

per l’annullamento

della decisione prot. n. 107/2 assunta a Roma il 4 aprile 2019 dal Comandante della I Brigata Mobile dei Carabinieri, Ufficio SM Personale, notificata al ricorrente in data 11 aprile 2019, che ha respinto il suo ricorso gerarchico in data 20 febbraio 2019 contro la sanzione disciplinare della consegna di 5 giorni;

della decisione impugnata con detto ricorso gerarchico, assunta a Milano in data 22 gennaio 2019 con prot. n. 358/21 dal Comandante del III Reggimento dei Carabinieri Lombardia, Ufficio Comando, Sez. Segreteria e Personale, notificata al ricorrente in pari data, con cui è stata applicata al medesimo la sanzione disciplinare della consegna di 5 giorni;

di qualsiasi altro atto presupposto, consequenziale od altrimenti connesso ai precedenti;

nonché

per il risarcimento del danno patito dal ricorrente, con interessi e rivalutazione, se dovuta e vittoria di spese legali.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del giorno 8 luglio 2020 il dott. Stefano Celeste Cozzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente è un Maresciallo Maggiore dell’Arma dei carabinieri in servizio presso il Reggimento Carabinieri Lombardia.

Con il ricorso esame, lo stesso impugna il provvedimento prot. n. 358/4 del 3 dicembre 2018 emesso dal Comandante del III Reggimento dei Carabinieri Lombardia, con il quale gli è stata inflitta la sanzione disciplinare della consegna di cinque giorni per un illecito così descritto: “mediante l’utilizzo della piattaforma di messaggistica denominata WhatsApp, registrava un file audio, successivamente diffuso su scala nazionale, nel quale esprimeva giudizi sfavorevoli e gravemente lesivi della dignità degli Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri, con l’aggravante del grado rivestito”.

Il ricorrente impugna altresì la decisione prot. n. 107/2 del 20 febbraio 2019, assunta dal Comandante della I Brigata Mobile dei Carabinieri che ha respinto il suo ricorso gerarchico proposto avverso il suddetto provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare.

Oltre alla domanda di annullamento viene proposta domanda risarcitoria.

Si è costituito in giudizio, per resistere al ricorso, il Ministero della Difesa.

La Sezione, con ordinanza n. 729 del 14 giugno 2020, ha accolto l’istanza cautelare.

In prossimità dell’udienza di merito, le parti hanno depositato memorie insistendo nelle loro conclusioni.

La causa è stata trattenuta in decisione in esito all’udienza telematica dell’8 luglio 2020, tenutasi ai sensi dell’art. 84 del d.l. n. 18 del 2020, convertito con legge n. 27 del 2020.

Ritiene il Collegio che la domanda di annullamento sia fondata essendo meritevole di accoglimento la censura, avente carattere assorbente, con la quale viene dedotto il vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti.

Il ricorrente sostiene in particolare che, contrariamente da quanto ritenuto dall’Amministrazione intimata, il messaggio che costituisce oggetto della condotta sanzionata non avrebbe avuto diffusione nazionale, avendo egli provveduto ad inoltrarlo in un gruppo privato di WhatsApp, formato da soggetti determinati (i partecipanti ad un corso di Allievi Maresciallo tenutosi alla fine degli anni 90) i quali avrebbero dovuto astenersi dal divulgarlo a terzi.

In proposito si osserva quanto segue.

Come anticipato, la sanzione inflitta al ricorrente si fonda sull’avvenuta circolazione di un messaggio audio prodotto dallo stesso ricorrente contenete giudizi ritenuti sfavorevoli e lesivi della dignità degli Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri, messaggio che, secondo l’Amministrazione intimata, avrebbe avuto diffusione nazionale.

All’interessato è stata quindi contestata la violazione di una serie di norme contenute nel d.P.R. n. 90 del 2010 (artt. 751, primo comma, lett. a; 732, commi 1,2, 3, lett. a e 5;713, secondo comma) che impongono agli appartenenti alle forze armate di tenere sempre comportamenti consoni al ruolo e di astenersi dal formulare apprezzamenti e giudizi gravemente lesivi della dignità personale di altro militare o di altri militari considerati come categoria.

Come noto, per costante orientamento giurisprudenziale, in materia di sanzioni disciplinari applicate in ambito militare, l’amministrazione procedente è dotata di ampia discrezionalità nella valutazione della gravità dei fatti addebitati, valutazione che, quindi, non è sindacabile in via generale dal giudice amministrativo, a meno che la stessa non sia viziata da eccesso di potere nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l’evidente sproporzionalità e/o il travisamento dei fatti.

In particolare, si è osservato che, siccome le norme relative alle infrazioni disciplinari sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi, spetta all’amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto, il quale assume pertanto rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità (cfr. Consiglio di Stato sez. IV, 23 marzo 2020, n. 2041; id., sez. VI, 20 aprile 2017, n. 1858; id., sez. III, 5 giugno 2015, n. 2791).

Ciò premesso, si deve ora osservare che, come ripetuto, l’Amministrazione intimata ha individuato il disvalore della condotta tenuta dal ricorrente, non tanto nel giudizio da egli formulato (che per quanto espresso in modo colorito, costituisce pur sempre espressione del libero pensiero), ma nel fatto questo giudizio abbia avuto diffusione a livello nazionale ed abbia perciò gettato ampio discredito sulla categoria degli Ufficiali dell’Arma dei carabinieri.

A questo proposito va però rilevato che, come correttamente osserva la parte interessata, la diffusione a livello nazionale del messaggio non è avvenuta per sua volontà: tale messaggio è infatti contenuto in un file audio che il ricorrente ha inoltrato in gruppo WhatsApp che, seppur numeroso, era formato da soggetti determinati (i partecipanti ad un corso di Allievi Maresciallo tenutosi alla fine degli anni 90). Non si può pertanto ritenere che il ricorrente abbia inteso dare diffusione nazionale al suo messaggio.

Né si può ritenere che la circolazione di tale messaggio al di fuori della stretta cerchia degli originari destinatari sia in qualche modo a lui imputabile, atteso che la diffusione è con tutta probabilità avvenuta proprio a causa del comportamento tenuto da uno dei destinatari che (volontariamente o inconsapevolmente) lo ha inoltrato ad altre persone innescando così un meccanismo che esula dalla sfera di controllo dell’autore.

Non è certo questa la sede per stabilire se la condotta tenuta dal destinatario di un messaggio telematico che lo diffonde a terzi sia lecita o illecita; ciò che rileva è semplicemente il fatto che l’autore del messaggio indirizzato ad uno o più soggetti determinati non può essere ritenuto responsabile dell’uso che di esso ne fanno i destinatari.

Si deve pertanto ritenere che, nel caso di specie, l’Amministrazione sia incorsa nel vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti, non essendo possibile imputare al ricorrente la responsabilità della diffusione a livello nazionale del messaggio WhatsApp da egli prodotto.

Per queste ragioni, va ribadita la fondatezza della censura in esame e, per l’effetto, deve essere disposto l’annullamento degli atti impugnati.

Venendo ora alla domanda risarcitoria, ritiene il Collegio che, per quanto concerne i profili riguardanti la carriera, l’annullamento della sanzione costituisca di per sé risarcimento in forma specifica, essendo evidente che, nelle procedure di progressione, l’Amministrazione dovrà assumere le proprie decisioni come se la sanzione stessa non fosse mai stata inflitta.

Per quanto concerne invece il profilo economico connesso alla mancata possibilità di partecipazione a missioni all’estero, ritiene il Collegio che la domanda non sia supportata da sufficienti elementi probatori, avendo il ricorrente solo allegato ma non dimostrato la reale entità della perdita stipendiale subita.

In conclusione, il ricorso deve essere accolto nei sensi e nei limiti sopra indicati.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e nei sensi e nei limiti indicati in motivazione.

Condanna l’Amministrazione resistente al rimborso delle spese di giudizio che vengono liquidate in euro 4.000 (quattromila), oltre accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 8 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020.

SENTENZA – è copia conforme -.