Ristorante chiuso causa COVID, legittimo il sequestro del locale per la presenza di carne in cattivo stato di conservazione (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 9 marzo 2021, n. 9349).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito – Presidente

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Rel. Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) CARLO BENEDETTO nato a (OMISSIS) il 27/02/19xx;

avverso l’ordinanza del 02/07/2020 del TRIB. LIBERTA’ di CALTANISSETTA;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Angelo Matteo SOCCI;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Procuratore generale Dott. LUIGI GIORDANO che ha chiesto dichiararsi inammissibile;

il difensore, Avv. Angela (OMISSIS), conclude con memoria chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Ricorso trattato ai sensi ex art, 23, co. 8 del DL n. 137/20.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Caltanissetta, in sede di riesame, con ordinanza del 2 luglio 2020 rigettava l’istanza di riesame proposta da (OMISSIS) Carlo Benedetto avvero il decreto di sequestro preventivo disposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta il 3 giugno 2020 dell’immobile luogo di esercizio dell’attività della società (OMISSIS) relativamente ai reati di cui agli art. 110 cod. pen., 5, lettera B, e 6, legge 283/1962 – capo 1, 110, 56 e 516 cod. pen. – capo 2-; reati accertati il 31 marzo 2020.

2. Ricorre in cassazione (OMISSIS) Carlo Benedetto, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., c.p.p.

2.1. Violazione di legge (art. 321 cod. proc. pen.) per aver individuato il periculum in relazione all’immobile e non alla sola merce.

Il sequestro dei locali e delle licenze non risulta giustificato.

La motivazione dell’ordinanza impugnata non si preoccupa di spiegare perché oltre ala carne è stato sequestrato anche il locale commerciale (vedi sul punto la sentenza della Cassazione n. 58328/2018).

2.2. Violazione di legge (art. 56 e 516 cod. pen.), per aver individuato un’ipotesi di tentativo alla vendita di carne situata in una cella frigorifera, in un locale chiuso per emergenza covid.

L’ordinanza impugnata contesta la tentata frode in commercio in relazione al possesso della carne mal conservata in cella frigorifera.

L’esercizio commerciale era chiuso al pubblico per emergenza covid e, quindi, nessun idoneo tentativo di messa in vendita poteva essersi concretato.

La carne non era esposta al pubblico e pertanto non sono configurabili gli atti idonei diretti in modo non equivoco alla vendita.

2.3. Violazione di legge (art. 5, lettera B e 6 legge 283/1962) in relazione alle condizioni della merce – carne destinata alla frollatura, come da criteri di buona conservazione e gusto -.

Per il Tribunale del riesame la carne era conservata in modo errato per la temperatura d 1 grado (invece che di -18 gradi) e per la presenza di muffe pur in assenza di agenti patogeni.

La carne non era in congelamento ma in frollatura (periodo di riposo e di stagionatura della carne alla temperatura di 0/4 gradi).

Per i bovini la frollatura varia da 10 a 20 giorni, ma anche per un periodo più lungo. La muffa nobile protegge e fa maturare la carne.

Al momento della messa in commercio la parte nera ammuffita viene eliminata.

Si tratta di una tecnica in uso nei migliori ristoranti italiani, custodita da artigiani del settore.

Ha chiesto, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

Con memoria di replica il ricorrente ha ribadito la fondatezza del ricorso, contestando le osservazioni scritte della Procura e chiedendo l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso risulta inammissibile perché proposto per vizi della motivazione, con motivi generici e manifestamente infondati; peraltro articolati in fatto.

4. Sia per il sequestro preventivo e sia per il sequestro probatorio è possibile il ricorso per cassazione unicamente per motivi di violazione di legge, e non per vizio di motivazione.

Nella specie i motivi di ricorso risultano proposti, sostanzialmente, per il vizio di motivazione del provvedimento impugnato (nella valutazione sostanziale del ricorso).

Il ricorso in cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009 – dep. 11/11/2009, Bosi, Rv. 245093; Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008 – dep. 26/06/2008, Ivanov, Rv. 239692).

Tuttavia, nella specie non ricorre una violazione di legge (e nemmeno l’apparenza della motivazione) e, conseguentemente, il ricorso deve ritenersi manifestamente infondato.

Infatti, il provvedimento impugnato contiene adeguata motivazione, non contraddittoria e non manifestamente illogica con corretta applicazione dei principi in materia espressi da questa Corte di Cassazione, e rileva come il fumus dei reati in accertamento risulta dagli esiti dell’accertamento di P.G. del 31 marzo 2020; la P.G. al controllo del locale ristorante rinveniva la carne in cattivo stato di conservazione, all’interno di una cella frigorifera, “carne destinata alla vendita che presentava muffe bianche, verdi e chiazze nere, oltre ad essere, al tatto, viscida e umida, caratteristiche queste ultime sintomatiche anche di un’alterazione organolettica del prodotto alimentare, per un peso complessivo di 800 kg”.

Gli stessi agenti di P.G. accertavano l’assenza di strumentazione idonea alla conservazione della carne e il mancato rispetto della procedura di mantenimento della carne destinata alla frollatura.

I controlli della P.G. intervenivano proprio allo scopo della verifica della conservazione degli alimenti nel periodo di chiusura Covid, in attesa delle riaperture.

Nel ricorso in cassazione non ci si confronta con la suddetta motivazione, ma in modo generico si contesta il fumus dei reati.

4.1. Relativamente al sequestro del ristorante e alle esigenze cautelari si deve rilevare che il provvedimento genetico del G.I.P., al quale il Tribunale del riesame si richiama, evidenziava come la libera disponibilità della sede (del ristorante) comportava un estremo pericolo per la salute pubblica, in relazione alla quantità (8 quintali) della merce sequestrata, in cattivo stato di conservazione.

Del resto per la configurabilità del reato di cui all’art. 5 legge 283/1962 non è necessaria la prova della messa in vendita (“Integra il reato di detenzione per la vendita di prodotti alimentari in cattivo stato di conservazione la condotta consistente nella materiale disponibilità di quel prodotto da parte dell’operatore commerciale, sia esso grossista o dettagliante, in vista della fornitura ai consumatori).

5. In applicazione di tale principio la Corte ha disatteso la tesi difensiva secondo cui mancava la prova della destinazione alla vendita degli alimenti, trovati abbandonati in evidente cattivo stato di conservazione all’interno di un automezzo, il cui impianto di refrigerazione era disattivato, parcheggiato nei pressi del deposito di generi alimentari all’ingrosso, di cui era titolare l’imputato (Sez. 3, n. 17548 del 25/03/2010 – dep. 07/05/2010, Seravini, Rv. 24748801).

Anche per la configurabilità del tentativo (artt. 56 e 516 cod. pen.) si tratta di accertamenti di fatto insindacabili in sede di legittimità, peraltro in sede di sequestro preventivo per l’inammissibilità di questioni attinenti alla motivazione, ma solo alla violazione di legge.

6. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di € 3.000,00, e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 19.11.2020.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.