La configurabilità del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 8 febbraio 2022, n. 4342).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito – Presidente

Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere

Dott. ACETO Aldo – Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni Filippo – Consigliere

Dott. GALTERIO Donatella – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da

(OMISSIS) JACOPO, nato a L’Aquila il 19.10.19xx;

(OMISSIS) ALESSIO, nato a L’Aquila il 3.10.19xx;

avverso la sentenza in data 23.10.2020 del Tribunale dell’Aquila;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Donatella Galterio;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Pasquale Fimiani, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

lette le conclusioni del difensore della parte civile, avv. Maria Teresa (OMISSIS), che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso o comunque per il suo rigetto, oltre alla rifusione delle spese processuali in favore della propria assistita.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 23.10.2020 il Tribunale dell’Aquila ha condannato Jacopo ed Alessio (OMISSIS) alla pena di €. 300,00 di ammenda ciascuno ritenendoli responsabili, in concorso fra loro, del reato di cui all’art. 659 cod. pen. per aver, in qualità il primo di legale rappresentante ed il secondo di socio della s.n.c. (OMISSIS) (OMISSIS), esercente attività ginnico-ricreativa all’interno di una palestra ubicata in un complesso residenziale di quaranta appartamenti con destinazione abitativa, disturbato con rumori provenienti da apparecchiature sonore installate nel locale, i residenti del suddetto agglomerato.

2. Avverso il suddetto provvedimento gli imputati hanno congiuntamente proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando due motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp.att. cod.proc.pen.

2.1. Con il primo motivo deducono, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’art. 659 cod. pen. e all’art. 10, secondo comma L. 447/1995, che la condanna era stata pronunciata sulla base del solo rilievo fonometrico del tecnico ARTA che aveva accertato, a seguito del sopralluogo eseguito in data 29.10.2015, il superamento di pochi decibel del limite di differenziale di immissione nella fascia diurna e notturna, contestando che per effetto di tale accertamento strumentale potesse ritenersi violato il bene giuridico tutelato dalla norma penale, costituito dal disturbo arrecato ad una collettività indistinta di persone.

Censurano la ritenuta irrilevanza delle deposizioni dei condomini che avendo riferito, esclusa la querelante, di non essere stati minimamente disturbati nelle proprie occupazioni e nel riposo dalla musica proveniente dalla palestra, dovevano invece ritenersi decisive al fine di escludere la rilevanza penale della condotta, configurabile solo allorquando le immissioni sonore all’interno di un condominio raggiungano tutti i soggetti ivi residenti e non quando rechino disturbo solo a determinati soggetti.

Lamentano peraltro che in nessuna considerazione fosse stato tenuto l’accertamento compiuto in altra data, peraltro su richiesta della p.o., che aveva avuto esito completamente negativo, a conferma dell’assoluta sporadicità delle immissioni sonore, emersa anche dalle deposizioni testimoniali raccolte.

2.2. Con il secondo motivo lamentano la mancanza di motivazione in ordine alle ragioni per le quali l’occasionale superamento del limite differenziale sonoro avesse potuto integrare il reato contestato sotto il profilo della lesività e diffusività del rumore, nonché la manifesta illogicità del ragionamento seguito dal Tribunale che facendo coincidere l’illecito amministrativo con quello penale, aveva finito con il travisare le prove dichiarative costituite dalla deposizione sia del teste (OMISSIS), che oltre ad essere il marito della denunciante era portatore di interessi propri avendo dichiarato di essersi dovuto sottoporre a cure mediche a causa dei suoni, sia dell’agente di PG dalla quale, avendo costui semplicemente riferito di aver sentito i rumori in occasione dell’accesso compiuto presso l’abitazione della querelante, non poteva trarsi la dimostrazione del disturbo percepito da costei né tantomeno della potenziale diffusività dei suoni nei confronti di altri soggetti.

Censurano altresì la valutazione di attendibilità della p.o., evidenziando come la stessa fosse sconfessata dalla deposizione del teste (OMISSIS) che aveva riferito di essersi recato più volte nell’abitazione di costei senza aver riscontrato alcun rumore.

3. Con successiva memoria in replica alla requisitoria scritta del Procuratore Generale il difensore dell’imputato ha controdedotto, sottolineando l’incoerenza del ragionamento seguito dal Tribunale, che, nonostante fosse stato dato atto che i numerosi condomini escussi non erano stati disturbati dalle immissioni sonore, avendo raggiunto soltanto la denunciante, con conseguente insussistenza dell’elemento oggettivo del reato ex art. 659 cod. pen., era stata ciò nondimeno affermata la colpevolezza dei prevenuti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso, dovendosi procedere alla trattazione congiunta di entrambi i motivi tra loro intrinsecamente connessi, non può ritenersi ammissibile.

Va in primo luogo rilevato che non è affatto vero, al di là delle equivoche formulazioni sintattiche, che il giudice di merito abbia fondato l’affermazione di responsabilità degli imputati sul solo accertamento fonometrico eseguito dal funzionario dell’ARTA che pure aveva verificato il superamento del limite fissato ex lege dei suoni provenienti dalla palestra.

Va invece rilevato che, unitamente agli esiti della verifica tecnica, risultano altresì riprodotte dalla sentenza impugnata le specifiche dichiarazioni dei testi escussi che attestano, indipendentemente dalla mancata univoca percezione da parte dei dichiaranti di un disturbo o di un disagio, che la musica era percepibile anche dalle loro abitazioni: ciò è quanto emerge, al netto delle testimonianze della querelante e del marito, residenti nell’appartamento contiguo alla palestra, dalla deposizione del teste (OMISSIS) abitante in un appartamento vicino (elemento fattuale questo non oggetto di confutazione) al locale de quo, secondo il quale la musica era forte, dalle dichiarazioni del teste (OMISSIS), abitante in un’unità a circa dodici metri di distanza, dalla quale si desume che anche dopo la prima fase di avvio dell’esercizio commerciale in cui le propagazioni sonore erano più fragorose, le stesse a finestre aperte continuavano ad essere percepibili, dalle frasi della teste (OMISSIS), residente al piano sovrastante, secondo le quali soprattutto nelle ore serali la musica arrivava nel proprio appartamento anche con le finestre chiuse tanto da dover aumentare l’audio della (OMISSIS) tali risultanze si aggiunge la deposizione dell’operante di polizia giudiziaria che, lungi dall’essere irrilevante come ritiene la difesa trattandosi di fatti relativi all’appartamento della denunciante, è invece particolarmente significativa ai fini del livello di rumorosità raggiunto: la circostanza che i bicchieri riposti all’interno di un mobile con vetrina vibrassero fra loro è indice sicuramente emblematico della potenza delle onde sonore, capaci addirittura di provocare il movimento degli oggetti all’interno dell’unità abitativa, seppur limitrofa alla fonte di provenienza, le quali lasciano desumere la loro propagazione ben oltre le sue mura.

Orbene, in relazione alla configurabilità del reato contestato occorre ricordare che è approdo consolidato che per la configurabilità della contravvenzione di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone è necessario che le emissioni sonore rumorose siano tali, secondo la valutazione di fatto inequivocabilmente rimessa al giudice di merito e come tale insindacabile in sede di legittimità, da travalicare i limiti della normale tollerabilità, in modo da recare pregiudizio alla tranquillità pubblica, e che i rumori prodotti siano, anche in relazione alla loro intensità, potenzialmente idonei a disturbare la quiete ed il riposo di un numero indeterminato di persone, ancorché non tutte siano state poi in concreto disturbate.

Indeterminatezza che non esclude affatto che possa trattarsi dì una cerchia ristretta di soggetti come accade nel caso di un condominio in cui la condotta penalmente rilevante è configurata dalla produzione di rumori idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti dell’appartamento sovrastante o sottostante o adiacente la fonte di propagazione, ma di una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio (Sez. 1, n. 45616 del 14/10/2013 – dep. 13/11/2013, Virgillito e altro, Rv. 257345; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018 – dep. 02/05/2018, Ferri, Rv.).

Ciò detto, il quadro probatorio complessivamente tratteggiato dal giudice abruzzese, in relazione al quale non ricorre alcun travisamento che del resto la difesa si limita soltanto ad invocare senza indicare quale sia l’errore percettivo commesso, delinea ampiamente come l’intensità dei suoni provenienti dalla palestra recasse pregiudizio alla tranquillità pubblica, trattandosi di rumori potenzialmente idonei a disturbare la quiete ed il riposo di un numero indeterminato di persone, raggiungendo anche gli appartamenti facenti parte del complesso condominiale non contigui al locale di provenienza della fonte sonora.

Il ricorrente con entrambi i motivi di ricorso si duole, in realtà, di tale accertamento di fatto compiuto dal Tribunale, sostenendo, per converso, che la musica e i rumori avevano disturbato solamente la denunciante ed il marito con costei convivente: viene tuttavia integralmente tralasciato quanto esposto dai giudici abruzzesi circa l’idoneità di tali emissioni sonore, anche alla luce degli accertamenti e delle misurazioni eseguite dai tecnici dell’ARTA e al riscontro fornito dalle deposizioni raccolte, ad arrecare disturbo a una cerchia più ampia di persone.

Per vero, emerge chiaramente dalla sentenza impugnata come la diffusività dei suoni fosse stata tale da raggiungere non solamente la famiglia della denunciante, residente in un appartamento limitrofo alla palestra, ma anche le persone dimoranti in altre unità abitative senza che risulti, né venga obiettato dalla difesa, che si trattasse esclusivamente di appartamenti adiacenti a quello del locale gestito dagli imputati.

Né in ogni caso rileva la circostanza che solo alcuni dei soggetti potenzialmente lesi dalle emissioni sonore se ne siano lamentati atteso che la configurabilità della contravvenzione non è esclusa allorquando, come nel caso in esame, sia stata accertata l’idoneità delle stesse ad arrecare disturbo non solamente a un singolo ma a un gruppo indeterminato di persone, quali gli abitanti nel medesimo condominio, con la conseguente incidenza della condotta sulla tranquillità pubblica che costituisce il bene giuridico protetto dalla norma applicata (ex multis Sez. 1, Sentenza n. 47298 del 29/11/2011 – dep. 20/12/2011, Iori, Rv. 251406).

Segue all’esito dei ricorsi la condanna di ognuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., nonché al versamento, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, in favore della Cassa delle ammende, della somma equitativamente fissata di €. 3.000.

Non si ravvisano, invece, i presupposti per procedere alla liquidazione delle spese richiesta dalla costituita parte civile, in difetto di alcun contributo utile al tema della decisione, limitandosi la memoria depositata dal difensore della (OMISSIS) a rassegnare le conclusioni in termini di inammissibilità o rigetto del ricorso, senza confutare le singole doglianze difensive, come sopra esposte che, ancorché cadute nella censura di inammissibilità, interessavano una pluralità di profili, tanto di diritto, quanto di fatto, devoluti alla cognizione di questa Corte.

Non avendo pertanto la difesa illustrato in alcun modo le rassegnate conclusioni così da offrire un concreto apporto alla decisione sulle questioni contestate, non può ritenersi essere stata svolta dalla parte civile l’attività defensionale necessaria a contrastare, a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, l’avversa pretesa (Sez. 5, n. 31983 del 14/03/2019 – dep. 18/07/2019, DI CIOCCIO ANNA, Rv. 277155).

La necessità del contributo defensionale è stata del resto di recente sottolineata anche nella vigenza delle norme processuali dettate dalla pandemia in corso da questa Corte che, in analoga fattispecie, ha ritenuto che nel giudizio di legittimità celebrato con il rito camerale non partecipato, anche allorquando trovi applicazione la normativa introdotta per contrastare l’emergenza epidemiologica da Covid-19, se il ricorso dell’imputato viene dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile, in difetto di richiesta di trattazione orale, ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali nell’esclusiva ipotesi in cui abbia effettivamente esplicato, sia pure solo attraverso memorie scritte, un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela degli interessi civilistici di cui è portatrice, fornendo un utile contributo alla decisione (Sez. 2, Sentenza n. 33523 del 16/06/2021 – dep. 09/09/2021, Rv. 281960 – 03).

P.Q.M.

Dichiara i ricorsi inammissibili e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di €. 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 21.12.2021.

Depositato in Cancelleria l’8 febbraio 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.