Superficiale il tagliando auto in concessionaria: legittimo il risarcimento alla proprietaria per la successiva fusione del motore (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 22 aprile 2022, n. 12859).

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15215-2017 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) SRL in persona del suo AMM.RE, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE (OMISSIS) (OMISSIS), 33, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FILIPPO (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) CARLA, rappresentata e difesa dall’avv. LUCIA (OMISSIS) (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 355/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 16/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/12/2021 dal Consigliere, Dott.ssa CHIARA BESSO MARCHEIS;

13. R.G. n. 15215/2017

PREMESSO CHE

1. Il Tribunale di Siena ha condannato la società (OMISSIS) (OMISSIS) s.r.l. a pagare euro 8.984 in favore dell’attrice Carla (OMISSIS) a titolo di risarcimento del danno subito dalla sua autovettura.

2. La società (OMISSIS) (OMISSIS) srl, ha impugnato la sentenza.

La Corte d’appello di Firenze, con la sentenza 16 febbraio 2017, n. 355, ha rigettato il gravame.

3. Avverso la sentenza della Corte d’appello ricorre per cassazione la società (OMISSIS) (OMISSIS) s.r.l.

Resiste con controricorso Carla (OMISSIS).

La ricorrente e la controricorrente hanno depositato memoria.

CONSIDERATO CHE

I. Il ricorso è articolato in sei motivi.

1) Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 244 c.p.c. e 2697 c.c.: la sentenza impugnata ritiene dimostrata l’esistenza dell’evento dannoso (fusione del motore) sulla base di “mere valutazioni prettamente tecniche” rese da un testimone, così violando l’art. 244 c.p.c. e l’art. 2697 c.c.

Il motivo non può essere accolto.

In relazione alla violazione dell’art. 244 c.p.c., va rilevato che la ricorrente non precisa nel motivo di avere fatto valere l’inammissibilità della prova testimoniale in quanto avente ad oggetto meri apprezzamenti tecnici (e secondo l’orientamento di questa Corte le regole attinenti alla deduzione, alla ammissione e all’assunzione della prova testimoniale di cui all’art. 244 c.p.c., “in quanto stabilite non per ragioni di ordine pubblico ma per la tutela degli interessi delle parti, danno luogo, per il caso di loro violazione, a nullità relative, dovendo essere eccepite nella prima udienza successiva a quella in cui si sono verificate, ove la parte interessata non era presente all’udienza” ovvero, quando “quest’ultima era presente all’assunzione della prova ed aveva assistito all’atto istruttorio senza formulare opposizione, la nullità, ove esistente, deve considerarsi sanata”, così Cass. 24292/2016).

Quanto poi alla violazione dell’art. 2697 c.c. per avere il giudice d’appello fondato la prova della fusione del motore e dell’errato posizionamento del tubo che portava acqua al motore sulle dichiarazioni del testimone, si osserva che secondo la giurisprudenza di questa Corte “il giudice del merito deve negare valore probatorio decisivo soltanto alla deposizione testimoniale che si traduca in una interpretazione del tutto soggettiva o in un mero apprezzamento tecnico del fatto senza indicare dati obiettivi e modalità specifiche della situazione concreta, tali da fare uscire la percezione sensoria da un ambito puramente soggettivo, sì da trasformarla in un convincimento scaturente obiettivamente dal fatto medesimo” (così Cass. n. 1173/1994).

Nel caso in esame la Corte d’appello, cui spettava valutare le dichiarazioni, ha specificato che il testimone aveva esposto fatti specifici e obiettivamente riscontrati (lo strusciamento dinamico del tubo contro un altro oggetto meccanico, la rottura del tubo stesso in detto punto di contatto e la perdita totale dell’acqua), non riducibili a meri apprezzamenti tecnici, anche considerata la sua qualifica lavorativa di semplice impiegato (v. p. 4 della sentenza impugnata).

2) Il secondo motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 1223 c.c.: la Corte d’appello ha erroneamente escluso che fosse “onere della parte attrice dimostrare l’esistenza e la consistenza dei danni asseritamente subiti” e “l’esistenza di un nesso di causalità” tra “usura o errata collocazione del tubo di recupero dell’acqua e fusione del motore”, così violando l’art. 2697 c.c.

Il motivo non può essere accolto.

A prescindere dal non chiaro riferimento all’art. 1223 c.c. (non sviluppato nello svolgimento del motivo), non è ravvisabile la violazione (o falsa applicazione) dell’art. 2697 c.c. prospettata dalla ricorrente.

La Corte d’appello non ha infatti escluso la necessità da parte di Carla (OMISSIS) di provare l’esistenza e la consistenza dei danni (fusione del motore), avendone tratto la prova – come si è visto supra – dalle dichiarazioni del testimone chiamato dalla medesima, dichiarazioni dalle quali il giudice d’appello ha ricavato anche la prova che la causa della fusione del motore andava individuata nell’errato posizionamento del tubo di recupero dell’acqua, così che non può condividersi il rilievo finale del motivo secondo cui “prova non c’è stata” che la fusione del motore sia stata provocata dalla “rottura” del tubo.

Nella trattazione del motivo si accenna alla necessità della dimostrazione da parte del danneggiato della sussistenza di un idoneo nesso causale tra l’azione o l’omissione imputata al debitore e il danno, come se la Corte d’appello non avesse affrontato la questione, non confrontandosi quindi con quanto questa ha affermato e con la giurisprudenza da essa richiamata (v. in particolare le pp. 4-6 della sentenza impugnata, con i richiami agli orientamenti in materia di condotta omissiva e accertamento del nesso causale).

3) Il terzo motivo contesta violazione e falsa applicazione degli artt.2729, 1223 e 2697 c.c. in quanto “la sentenza reputa dimostrati i danni errando nell’applicazione della regola sulle presunzioni”.

Il motivo è inammissibile.

La ricorrente genericamente contesta alla Corte di avere ritenuto dimostrato il quantum del risarcimento pure in mancanza di prove testimoniali o consulenze tecniche d’ufficio, senza riportare il motivo d’appello con il quale avrebbe sollevato la censura in secondo grado e limitandosi a fare un poco chiaro riferimento alla violazione della regola dettata dall’art. 2729 c.c., senza tale violazione sviluppare, se non mediante un oscuro riferimento alla “fede privilegiata” riconosciuta dal giudice d’appello alla fattura emessa dal concessionario.

4) Il quarto motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1374, 1375 e 2697 c.c.: il contratto concluso tra le parti aveva ad oggetto soltanto l’esecuzione del tagliando, prestazione che è stata esattamente adempiuta dalla ricorrente e che non comprendeva una revisione del motore né alcun tipo di intervento sul radiatore.

Il motivo non può essere accolto.

Secondo la ricorrente verificare il non corretto posizionamento del tubo avrebbe significato sottoporre a controllo il motore del veicolo, impiegando un proprio dipendente per un considerevole numero di ore, attività che non avrebbe poi trovato remunerazione nel corrispettivo del c.d. tagliando.

La Corte d’appello invece, con accertamento in fatto, incensurabile di fronte a questa Corte di legittimità, ha affermato che si trattava soltanto di verificare che il tubo era mal posizionato, verifica che rientrava nella manutenzione ordinaria propria del tagliando e che non avrebbe richiesto alcun gravoso accertamento tecnico.

5) Il quinto e il sesto motivo rispettivamente denunciano:

a) il quinto violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 2226 e 2697 c.c., in quanto la Corte d’appello non ha considerato che controparte si era limitata a chiedere che fosse effettuato un tagliando e che al momento del ritiro della vettura non vi era stata contestazione circa i lavori svolti;

b) il sesto violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 2697 c.c. perché la Corte d’appello ha omesso di considerare e specificamente valutare che la ricorrente ha dimostrato il proprio esatto adempimento.

I motivi non possono essere accolti in quanto, nella sostanza, si limitano a ribadire quanto già detto con il quarto motivo, ossia come l’oggetto della prestazione fosse unicamente l’esecuzione di un tagliando e come tale tagliando fosse stato correttamente eseguito.

II. Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio a favore della controricorrente, che liquida in euro 3.200 di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, ex art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della Sezione II civile, in data 1° dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria, Roma 22 aprile 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.