Danneggiamento aggravato e legittimazione a proporre querela: i chiarimenti della Cassazione (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 17 giugno 2025, n. 22827).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. LUCIANO IMPERIALI – Presidente –

Dott. LUCIA AIELLI – Consigliere –

Dott. GIUSEPPE COSCIONI – Consigliere –

Dott. DONATO D’AURIA – Consigliere –

Dott. GIUSEPPE NICASTRO – Relatore –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 03/02/2025 della Corte d’appello di Genova;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. PIETRO MOLINO, il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;

lette le conclusioni dell’Avv. (OMISSIS) (OMISSIS), difensore della parte civile (OMISSIS) (OMISSIS), il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato e che il ricorrente sia condannato alla rifusione delle spese sostenute dalla suddetta parte civile, come da nota che allega;

letta la memoria dello stesso Avv. (OMISSIS) (OMISSIS), difensore della parte civile (OMISSIS) (OMISSIS), il quale ha argomentato sull’infondatezza dei motivi di ricorso, in ordine al quale ha reiterato la richiesta che esso sia rigettato e che il ricorrente sia condannato alla rifusione delle spese sostenute dalla suddetta parte civile;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NICASTRO.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 03/02/2025, la Corte d’appello di Genova confermava la sentenza del 03/02/2022 del Tribunale di Savona con la quale (omissis) (omissis) era stato condannato alla pena di sei mesi di reclusione per il reato di danneggiamento di un’autovettura, bene esposto per necessità e consuetudine alla pubblica fede, oltre che al risarcimento del danno di € 4.000,00 in favore della parte civile (omissis) (omissis).

2. Avverso tale sentenza del 03/02/2025 della Corte d’appello di Genova, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore avv. (omissis) (omissis), (omissis) (omissis), affidato a due motivi.

2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’«[i]nsussistenza ab origine del reato di danneggiamento per insussistenza dell’aggravante di cui all’art. 625 n. 7) c.p.; con conseguente inosservanza della legge penale (violazione dell’art. 625 n. 7 c.p. in tema di danneggiamento) […] e conseguente tardività della querela proposta in sede di costituzione di parte civile».

2.1.1. Sotto un primo profilo, il (omissis) contesta la ritenuta sussistenza della circostanza aggravante dell’esposizione dell’autovettura danneggiata alla pubblica fede, con la conseguenza che il fatto si sarebbe dovuto reputare costituire un mero illecito civile. Ciò per la ragione che si sarebbe dovuta escludere la «mancanza di custodia, dalla quale dipende l’applicabilità della circostanza contestata», atteso che:

a) come risultava dalla denuncia che era stata sporta da Gabriele Giusto il 28/11/2019, «un segmento rilevante della condotta ascritta» aveva avuto luogo alla presenza dello stesso (omissis) e del suo dipendente (omissis) (omissis);

b) «l’automobile veniva lasciata parcheggiata nella […] via privata di proprietà del consorzio per un tempo ragionevolmente breve in attesa dell’apertura del carrozziere [rectius: meccanico] di fiducia della ditta del signor (omissis), sicché l’assenza del custode – del tutto temporanea secondo la narrativa dei fatti rappresentata in sentenza – era incompatibile con l’affidamento del bene “alla pubblica fede” che presuppone, invece, l’assenza dell’esercizio di alcuna sorveglianza né saltuaria né continuativa»;

c) «la vigilanza tramite sistema di videosorveglianza comportava un controllo continuo e costante dei beni esposti».

2.1.2. Sotto un secondo profilo, il ricorrente denuncia la tardività della querela.

Dopo avere dedotto che il (omissis) ebbe notizia di chi fosse l’autore del reato già il 27/11/2019, giorno della commissione del fatto – dal quale decorreva pertanto il termine per la proposizione della querela – il (omissis) lamenta che la Corte d’appello di Genova si sia limitata ad affermare che «dalla costituzione di parte civile deve desumersi […] la manifestazione della volontà di proporre querela», senza però «po[rsi] il problema della sua tempestività», la quale non sussisteva, atteso che, «anche nell’ipotesi in cui nell’atto di costituzione di parte civile sia rinvenibile la volontà del (omissis) di proporre querela», tale manifestazione di volontà, in quanto espressa solo il 22/10/2020, sarebbe stata tardiva.

2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.: «[d]ifetto di querela.

Diversificazione tra poteri spettanti alla persona offesa e al danneggiato.

Assenza della qualità di persona offesa in capo a (omissis).

Qualifica di mero danneggiato […].

Assimilazione della costituzione di parte civile alla condizione di procedibilità.

Esclusione nel caso in cui la costituzione di parte civile provenga dal mero danneggiato dal reato».

Il (omissis) rappresenta che, all’epoca del fatto costituente reato, la proprietaria dell’autovettura danneggiata sarebbe stata tale (omissis) (omissis), come risulterebbe dal prodotto certificato del Pubblico registro automobilistico (PRA), mentre (omissis) (omissis) era «un mero venditore cui la donna, che non ha proposto alcuna denuncia o querela, ha affidato la vettura per la vendita a terzi».

Ciò rappresentato, il ricorrente contesta l’affermazione della Corte d’appello di Genova secondo cui «dalla costituzione di parte civile deve desumersi […] la manifestazione della volontà di proporre querela» anche sotto il profilo che ««[a]ll’epoca della costituzione di parte civile il (omissis) non era più titolare del bene danneggiato, né lo era mai stato.

Conservava una mera posizione di titolare al risarcimento del danno (per avere pagato i pretesi costi di riparazione)». Si dovrebbe pertanto ritenere che «l’unico soggetto (inizialmente) titolare dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice fosse (omissis) (omissis) e dunque l’unica legittimata a proporre querela; certamente tale potere non spettava più al (omissis) al momento dell’esercizio dell’azione penale perché spogliatosi definitivamente del bene (che aveva detenuto per un breve lasso temporale) al quale competeva al più la qualifica di soggetto danneggiato dal reato».

Secondo il ricorrente, «(omissis) (omissis) non è il titolare dei poteri tipici della persona offesa e non riveste in particolare il duplice interesse che ha quest’ultima:

a) l’affermazione della responsabilità penale dell’autore del reato […];

b) il risarcimento del danno, esercitabile mediante la costituzione di parte civile».

Il ricorrente conclude che, «o il (omissis) (omissis) è la persona offesa dal reato, ma, non sussistendo i presupposti per l’applicazione dell’art. 625 n. 7 c.p., essendo il reato proponibile [sic] ab origine a querela, la stessa non poteva essere validamente considerata quella evincibile dalla costituzione di parte civile perché tardiva, oppure essendo quest’ultima ((omissis) (omissis)) l’unica legittimata alla proposizione della querela, essa è totalmente mancante non avendola proposta».

La Corte d’appello di Genova, col ritenere «sussistente una valida querela con la costituzione di parte civile del signor (omissis) (omissis)», avrebbe erroneamente omologato la posizione del danneggiato e della persona offesa dal reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo profilo del primo motivo (di cui al punto 2.1.1. della parte in fatto) è manifestamente infondato.

Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante dell’esposizione alla pubblica fede è necessario che il titolare della cosa oggetto dell’azione delittuosa non possa esercitare una vigilanza continua sulla stessa (Sez. 2, n. 42023 del 19/06/2019, Martino, Rv. 277046-01), mentre, agli stessi fini, è irrilevante la natura, privata o pubblica, del luogo di esposizione del bene (Sez. 4, n. 21285 del 08/05/2009, Bortolameolli, Rv. 243513-01).

Prendendo le mosse da tale principio, la Corte di cassazione ha ritenuto che la presenza del titolare nel momento in cui è commessa la condotta di aggressione o di sottrazione della cosa possa costituire elemento tale da impedire di ravvisare l’esposizione della stessa cosa alla pubblica fede nella misura in cui la medesima presenza sia rivelatrice della possibilità di esercitare in modo continuo la vigilanza sul bene.

Qualora, invece, la presenza del titolare non si possa ritenere rivelatrice di una tale possibilità, il che può costituire oggetto del ragionevole affidamento dell’agente, l’accidentale presenza dello stesso titolare al momento della commissione del fatto non comporta l’esclusione dell’aggravante (Sez. 2, n. 15604 del 25/03/2021, Berolo, Rv. 281120-01).

Invece, nel caso di danneggiamento di parti di un’autovettura compiuta alla presenza del proprietario che, a bordo del veicolo, ne esercita la custodia, non è configurabile la circostanza aggravante di cui all’art. 625, primo comma, n. 7), cod. pen. (Sez. 2, n. 5251 del 15/01/2019, Battista, Rv. 276620-01).

Posti tali principi, ai quali il Collegio, condividendoli, intende dare continuità, si deve anzitutto rilevare che, nella denuncia che fu sporta dal (omissis) il 28/11/2019 (e che è stata trascritta alla pag. 4 del ricorso), egli dichiarò che: «insieme al mio dipendente [(omissis) (omissis)], andavamo a ritirare il citato mezzo e, nella circostanza, abbiamo notato un uomo, che in giro è conosciuto con come un ex assistente di laboratorio elettronico dell’istituto scolastico IPSIA di Savona chiamato (omissis), che, con un oggetto appuntito stava danneggiando il citato veicolo su tutte e due le fiancate».

Dal tenore di tale denuncia, risulta quindi come il (omissis) non fosse affatto nelle condizioni di esercitare una vigilanza continua sull’autovettura che era stata parcheggiata dal suo dipendente (omissis) su una strada accessibile a tutti e si sia trovato a essere solo accidentalmente presente al momento della commissione del danneggiamento, con la conseguenza che, alla luce dei principi, affermati dalla Corte di cassazione, che si sono rammentati sopra, tale presenza, contrariamente a quanto è sostenuto dal ricorrente, non si può ritenere idonea a escludere l’esposizione dell’autovettura alla pubblica fede.

Del resto, anche da quanto è stato esposto nel ricorso – là dove, in particolare, il (omissis) fa riferimento al fatto che solo «un segmento» della condotta di danneggiamento si era svolto alla presenza del (omissis) e del (omissis) – emerge come la condotta di aggressione del bene fosse iniziata prima dell’arrivo sul posto dei suddetti (omissis) e (omissis).

Quanto all’asserita (dal ricorrente) sorveglianza «del custode», che il ricorrente sembra identificare nel meccanico di fiducia del (omissis) (cioè in (omissis) (omissis)) e che sarebbe stato solo temporaneamente assente, si deve osservare come in nessuna parte delle sentenze di merito risulti che l’autovettura – che, come si è detto, era parcheggiata su una strada accessibile a tutti – fosse affidata alla continua (e, per il vero, neppure saltuaria) sorveglianza di un custode, fosse egli il (omissis) o altri.

Quanto all’asserita (sempre dal ricorrente) presenza, nel luogo in cui fu consumato il danneggiamento, di un sistema di videosorveglianza – circostanza che, peraltro, la Corte d’appello di Genova ha affermato essere indimostrata (pag. 3, ultimo capoverso, della sentenza impugnata) – è del tutto consolidato l’orientamento della Corte di cassazione che nega che tale circostanza possa escludere la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 625, primo comma, n. 7), cod. pen., atteso che il sistema di videosorveglianza costituisce un mero strumento di ausilio per la successiva individuazione degli autori del reato ma non è idoneo ad assicurare l’immediata interruzione dell’azione criminosa (Sez. 5, n. 1509 del 26/10/2020, dep. 2021, Saja, Rv. 280157-01; Sez. 2, n. 2724 del 26/11/2015, dep. 2016, Scalambrieri, Rv. 285808-01. Pronunce con le quali la Corte ha precisato che solo una sorveglianza specificamente efficace nell’impedire l’aggressione o la sottrazione del bene consente di escludere l’aggravante de quo).

2. Il secondo profilo del primo motivo (di cui al punto 2.1.2. della parte in fatto) è manifestamente infondato.

L’art. 1, comma 1, lett. b), del d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31, entrato in vigore il 04/04/2024, ha modificato il primo periodo del quinto comma dell’art. 635 cod. pen., introducendo la procedibilità a querela del delitto di danneggiamento commesso «su cose esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede».

Pertanto, l’attribuito reato di danneggiamento, che è stato consumato il 27/11/2019, essendo stato commesso, come si è detto esaminando il primo profilo del primo motivo, su una cosa esposta per necessità e per consuetudine alla pubblica fede, era all’epoca procedibile d’ufficio ed è divenuto procedibile a querela di parte solo per effetto del d.lgs. n. 31 del 2024.Orbene, l’art. 9 di tale d.lgs. n. 31 del 2024, rubricato “Disposizioni transitorie in materia di modifica del regime di procedibilità”, ha stabilito che, «[p]er il delitto di cui all’articolo 635 del codice penale, commesso prima della data di entrata in vigore del presente decreto, quando il fatto è commesso su cose esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, si osservano le disposizioni dell’articolo 85 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dal decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, ma i termini ivi previsti decorrono dalla data di entrata in vigore del presente decreto».

Pertanto, analogamente a come è stato chiarito dalla Corte di cassazione con riguardo alle modifiche del regime di procedibilità sulla base delle disposizioni del d.lgs. n. 150 del 2022, alla stregua della disposizione transitoria che si è sopra citata, è con riferimento al momento dell’entrata in vigore della nuova legislazione che vanno svolte le valutazioni in ordine alla sussistenza e alla ritualità della condizione di procedibilità della querela, senza che possano rilevare eventuali “deficit” legati a momenti processuali in cui la stessa condizione non era richiesta.

Pertanto, avendo riguardo al momento dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 31 del 2024 (come si è detto, il 04/04/2024), è sufficiente rilevare – come ha del tutto correttamente fatto la Corte d’appello di Genova (pag. 2 della sentenza impugnata) – come la persona offesa (omissis) (omissis) avesse già espresso la propria volontà punitiva costituendosi parte civile (costituzione mai revocata), tenuto conto che la volontà punitiva della persona offesa, non richiedendo formule particolari, può essere legittimamente desunta anche da atti che non contengano la sua esplicita manifestazione (in quest’ultimo senso: Sez. 1, n. 26575 del 14/05/2024, Barbaro, Rv. 286741-01, e Sez. 3, n. 27147 del 09/05/2023, S., Rv. 284844-01, le quali, sulla base della ratio sopra indicata, hanno affermato il pienamente condivisibile principio secondo cui la costituzione di parte civile non revocata equivale a querela ai fini della procedibilità di reati originariamente perseguibili d’ufficio e divenuti perseguibili a querela a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022).

3. Il secondo motivo (punto 2.2 della parte in fatto) è manifestamente infondato.

Con tale motivo, il ricorrente deduce che la costituzione di parte civile del (omissis) non potrebbe equivalere a querela in quanto il (omissis) non si potrebbe ritenere persona offesa dal reato ma mero danneggiato dallo stesso e anche in quanto il (omissis) «all’epoca della costituzione di parte civile non era più titolare del bene danneggiato».

In proposito, si deve anzitutto rilevare come, diversamente da quanto è sostenuto dal ricorrente, dalla sentenza di primo grado (pag. 1) risulti come il (omissis), alla data del 27/11/2019 in cui l’autovettura fu danneggiata, fosse il proprietario della stessa, per averla acquistata il 22/11/2019 da (omissis) (omissis), alla quale l’aveva pagata con bonifico sempre del 22/11/2019, e averla venduta solo il successivo 29/11/2019 (come da fattura di vendita in tale data).

Si deve osservare in proposito che, come è stato chiarito dalle Sezioni civili della Corte di cassazione:

a) il contratto di compravendita di un bene mobile non richiede la forma scritta a pena di nullità, essendo tale forma richiesta solo ai fini della registrazione (Sez. 3, n. 6385 del 19/12/2019, dep. 2020);

b) il trasferimento di proprietà di un veicolo si realizza per effetto del consenso delle parti e la trascrizione dell’atto nell’ufficio del PRA non costituisce un requisito di validità o di efficacia del trasferimento, ma soltanto un mezzo di pubblicità funzionale alla risoluzione di eventuali conflitti tra più aventi causa dal medesimo venditore (Sez. 1, n. 157 del 11/01/1999, Rv. 522127-01).

In ogni caso, come è stato correttamente reputato dalla Corte d’appello di Genova (pag. 4 della sentenza impugnata), anche a ritenere che il (omissis) non fosse il proprietario dell’autovettura alla data del 29/11/2019, egli si doveva comunque considerare detentore qualificato della stessa autovettura e, in quanto tale, persona offesa dal reato e, perciò, legittimato a proporre querela.

Infatti, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, il diritto di querela per il reato di danneggiamento spetta anche al legittimo detentore del bene danneggiato (tra le tante, Sez. 2, n. 41391 del 19/10/2010, Dimasi, Rv. 248925-01, relativa proprio al caso dell’utilizzatore dell’autovettura danneggiata; in senso analogo, Sez. 2, n. 17418 del 13/01/2015, Ghiuri, Rv. 263574-01, secondo cui il diritto di querela per il reato di danneggiamento «si riferisce non solo al proprietario ma anche a qualunque soggetto che, per un qualsiasi titolo giuridico, quel bene (sebbene non di sua proprietà) utilizzi o dal quale comunque ricavi un’utilità»).

La stessa Corte di cassazione ha altresì specificamente chiarito che, in quanto persona offesa dal reato, il legittimo detentore del bene danneggiato è anche legittimato a costituirsi parte civile per ottenere il risarcimento del danno cagionatogli dal reato (Sez. 2, n. 41391 del 19/10/2010, cit., relativa, come si è detto, proprio al caso dell’utilizzatore dell’autovettura danneggiata). Contrariamente a quanto mostra di ritenere il ricorrente, l’indicata qualità di persona offesa dal reato di danneggiamento e la legittimazione a costituirsi parte civile in tale qualità non vengono ovviamente meno per il fatto che il (omissis) aveva in seguito venduto ad altri l’autovettura.

4. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di € 3.000,00 in favore della cassa delle ammende. Il ricorrente deve inoltre essere condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile (omissis) (omissis), che si liquidano in complessivi C 3.500,00, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Condanna, inoltre, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile (omissis) (omissis), che si liquidano in complessivi € 3.500,00, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15/05/2025

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2025.

SENTENZA – parziale – copia non ufficiale -.

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