Affissione di uno striscione, alle inferriate dello Stadio di Reggio Calabria, offensivo contro città e tifosi: legittimo il DASPO (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 28 maggio 2021, n. 21087).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENTILI Andrea – Presidente

Dott. SEMERARO Luca – Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

Dott. MENGONI Andrea – Rel. Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

(OMISSIS) Massimiliano, nato a (OMISSIS) l’1/1/19xx;

(OMISSIS) Matteo, nato a (OMISSIS) il 23/11/19xx;

avverso le ordinanze del 6/11/2020 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; sentita la relazione svolta dal consigliere Dott. Enrico Mengoni;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Giuseppina Casella, che ha chiesto dichiarare inammissibili i ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con distinte ordinanze del 6/11/2020, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria convalidava il provvedimento emesso dal locale Questore il 28/10/2020, con il quale era stato vietato a Massimiliano (OMISSIS) e Matteo (OMISSIS) di accedere per tre anni ad impianti sportivi, ed imposto agli stessi – per uguale periodo – di presentarsi presso una stazione dei Carabinieri in occasione degli incontri disputati dal Cosenza Calcio.

2. Propongono congiunto ricorso per cassazione i due intimati, a mezzo del proprio difensore, deducendo – con unico motivo – la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione.

Il Giudice avrebbe individuato la pericolosità sociale dei due soggetti con formule rituali, schematiche e fredde, che non terrebbero conto della giovane età, dell’attività lavorativa svolta, dello stato di incensuratezza e del carattere isolato del gesto compiuto.

Ne deriverebbe, dunque, una misura eccessiva ed irragionevole, meritevole dell’annullamento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. I ricorsi risultano infondati.

4. Per costante e condivisa giurisprudenza di questa Corte, in sede di convalida del provvedimento del questore che, incidendo sulla libertà personale, imponga a taluno, ai sensi dell’art. 6, comma secondo, della legge 13 dicembre 1989 n. 401 e succ. modif., l’obbligo di presentarsi ad un ufficio o comando di polizia in coincidenza con lo svolgimento di manifestazioni sportive, il controllo di legalità del giudice deve riguardare l’esistenza di tutti i presupposti legittimanti l’adozione dell’atto da parte dell’autorità amministrativa, compresi quelli imposti dalla circostanza che con esso si applica una misura di prevenzione (ragioni di necessità e urgenza, pericolosità concreta ed attuale del soggetto, attribuibilità al medesimo delle condotte addebitate e loro riconducibilità alle ipotesi previste dalla norma), coinvolgendo altresì la durata della misura che, se ritenuta eccessiva, può essere congruamente ridotta dal giudice della convalida (tra le altre, Sez. U., n. 44273 del 27/10/2004, Labbia, Rv. 229110; Sez. 3, n. 17753 del 6/3/2018, Fici, Rv. 272778; Sez. 3, n. 20789 del 15/4/2010, Beani, Rv. 247186).

5. Tanto premesso in termini generali, ritiene il Collegio che l’ordinanza impugnata abbia fatto corretta applicazione di questi principi, anche con riguardo alla pericolosità dei soggetti interessati.

5.1. In particolare, richiamato l’episodio che ha giustificato il provvedimento (l’affissione di un grande striscione, alle inferriate dello stadio di Reggio Calabria, contenente offese nei confronti della città e dei tifosi della squadra locale), peraltro ammesso da entrambi i ricorrenti (ultras del Cosenza calcio), l’ordinanza ha evidenziato che lo stesso fatto ben rientrava nell’alveo dell’art. 6, comma 1, lett. c), I. 13 dicembre 1989, n. 401, tale, dunque, da giustificare in sé l’applicazione della misura di prevenzione in esame, come infatti neppure in astratto contestato.

Di seguito, sono stati sottolineati i presupposti di necessità ed urgenza della misura medesima, legati alla possibilità che i ricorrenti potessero reiterare condotte analoghe in occasione delle successive e prossime manifestazioni sportive della propria squadra; anche questo profilo, peraltro, non forma oggetto di censura specifica, così come quello relativo alla durata della misura, ridotta dal Giudice da tre a due anni.

5.2. Su quest’ultima parte della motivazione, infine, si inserisce il passo relativo alla pericolosità dei ricorrenti.

Ebbene, l’ordinanza ha rilevato che questa non poteva esser invero esclusa (lo striscione affisso era di tenore fortemente offensivo, così da creare un pericolo per l’ordine pubblico), ma poteva di certo esser ridotta rispetto a quanto deciso nel provvedimento del Questore; ciò, considerando che i ricorrenti – incensurati – non avevano tenuto condotte violente ed avevano, poi, “manifestato pentimento per quanto commesso, riconducendolo a goliardia”.

Dal che, una valutazione congrua e complessiva del profilo soggettivo in esame, non manifestamente illogica o carente, che ha considerato sia la condotta in sé (e le sue potenzialità) sia la personalità degli intimati, alla luce della vita pregressa e del comportamento successivo al fatto commesso. Con argomento adeguato, dunque, ed immeritevole di esser censurato in questa sede.

6. I ricorsi, pertanto, debbono esser rigettati, ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, in data 6 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.