Asl di Teramo, processo da rifare per le timbrature “fuori sede” (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 27 luglio 2020, n. 22503).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Presidente –

Dott. MESSINI D’AGOSTINO Piero – Consigliere –

Dott. DE SANTIS Anna Maria – Consigliere –

Dott. RECCHIONE Sandra – Rel. Consigliere –

Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

D’OSTILIO SERGIO nato a BISENTI il 23/09/1957;

VOLPI ALGESIRIO MARCELLO nato a BISENTI il 10/11/1957;

avverso la sentenza del 24/05/2019 della CORTE APPELLO di L’AQUILA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. FULVIO BALDI che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio;

i difensore degli imputati avv. Stefano Maranella e avv. Rodinò Toscano Anna presenti concludevano chiedendo raccoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello de L’Aquila riformava radicalmente la sentenza di primo grado che aveva assolto i ricorrenti dal reato di truffa ai danni dell’USL di Teramo.

Si contestava agli stessi di avere sistematicamente timbrato il cartellino in una sede USL prossima alla loro abitazione, ma diversa da quella dove svolgevano la loro attività lavorativa, lucrando illecitamente la retribuzione per il tempo utilizzato per raggiungere la sede di effettivo servizio.

2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione i difensori del D’Ostilio e del Volpi che, con ricorsi omogenei deducevano:

2.1. vizio di motivazione: la sentenza impugnata non si sarebbe confrontata con gli argomenti spesi dal primo giudice; in particolare non era stato affrontato il tema decisivo della conoscenza da parte dei ricorrenti del provvedimento di revoca dell’autorizzazione a timbrare fuori sede;

2.2. violazione di legge: l’incertezza sulla normativa amministrativa di riferimento avrebbe generato confusione sul regime delle timbrature, sicché i ricorrenti non avrebbero avuto la consapevolezza della illiceità della condotta posta in essere.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

1.1. In materia di ribaltamento della sentenza assolutoria il collegio ribadisce che incombe sul giudice di appello l’onere di offrire una motivazione “rafforzata” che si confronti con gli argomenti posti a sostegno della sentenza di assoluzione.

Tale onere è generale e riguarda anche i casi in cui il compendio probatorio non abbia una struttura dichiarativa, ma si fondi su prove di altra natura (prova scientifica, documentale, intercettazioni, perquisizioni, sequestri etc).

Sul punto la Cassazione ha affermato, con giurisprudenza che si condivide, che “nella sentenza di condanna che ribalta la decisione assolutoria di primo grado devono essere confutate in via specifica tutte le ragioni poste a sostegno della decisione assolutoria di primo grado, “dimostrando puntualmente l’insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti ivi contenuti”, questo perché la motivazione, sovrapponendosi a quella della sentenza riformata, deve dare compiuta ragione delle scelte operate e “della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati” (cfr., per tutte, Cass. sez. 5, n. 42033 del 17/10/2008, dep.11/11/2008, Pappalardo, Rv. 242330, Cass. sez. un, n. 33748 del 12/07/2005 – dep. 20/09/2005, Mannino, Rv. 231674).

1.2. Nel caso in esame la sentenza di primo grado aveva assolto i ricorrenti sulla base dell’emersione di un dubbio sull’ esistenza dell’elemento soggettivo.

Il Tribunale aveva ritenuto non raggiunta la certezza processuale in ordine alla conoscenza del provvedimento di revoca delle autorizzazioni a timbrare fuori sede rilevando: (a) come il D’Ostilio durante l’esecuzione di un atto irripetibile aveva gli atti autorizzativi, circostanza ritenuta compatibile con la sua buona fede, (b) e che la dirigente Marconi sul tema delle timbrature fuori sede aveva avuto una gestione contraddittoria firmando note amministrative di segno contrario, (c) che il sistema di comunicazione interno all’amministrazione era lacunoso, come confermato da diversi dipendenti (pag. 24 della sentenza di primo grado).

A fronte di tale approfondita motivazione la sentenza d’appello si limita a rilevare da un lato che la revoca era stata formalmente inviata a tutto il personale in servizio unitamente alla nota del Direttore del dipartimento di prevenzione dell’Usi di Teramo nella quale si chiariva il carattere eccezionale delle timbrature fuori sede (pag. 8 della sentenza impugnata) e, dall’altro, che le autorizzazioni esistenti dovevano necessariamente intendersi come riferite ai casi in cui il dipendente era impegnato in attività fuori sede.

In sintesi la Corte di appello ha ritenuto che la trasmissione “formale” della revoca univocamente alla natura ontologicamente eccezionale dell’autorizzazione dimostrasse la consapevolezza dell’illecito; tuttavia la Corte territoriale omette di confrontarsi con gli argomenti utilizzati dal primo giudice per porre in dubbio la conoscenza “sostanziale” della revoca delle autorizzazioni ritenendo plausibile un atteggiamento di buona fede generato dalla caotica gestione amministrativa della coimputata Marconi.

Pertanto rileva il collegio che l’onere di motivazione rafforzata non sia stato adempiuto dato che nella sentenza che ha riformato l’assoluzione non risulta scrutinato né il tema decisivo della conoscenza effettiva della revoca dei provvedimenti autorizzatori in capo ai ricorrenti, né quello, altrettanto rilevante, del contenuto dei provvedimenti di autorizzazione e revoca.

1.2. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.

Si rileva che il termine di prescrizione non è decorso dato che deve essere computato anche il periodo di sospensione correlato all’emergenza Covid periodo che va dal 9 marzo al 30 giugno 2020.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.

Così deciso in Roma, il 16 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.