Carta di credito bloccata: provare inutilmente a prelevare soldi da un bancomat vale comunque una condanna (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 3 marzo 2022, n. 7780).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo – Presidente

Dott. CATENA Rossella – Consigliere

Dott. TUDINO Alessandrina – Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Rel. Consigliere

Dott. DE MARZIO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) DOMENICO nato a BOSCOREALE il 06/07/19xx;

avverso la sentenza del 17/11/2020 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. ANGELO CAPUTO.

Rilevato che le parti non hanno formulato richiesta di discussione orale ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato, quanto alla disciplina processuale, in forza dell’art. 16 del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228.

Lette la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176, del Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione, Dott.ssa Perla Lori, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, nonché, per il ricorrente, le conclusioni dell’Avv. Giuseppe (OMISSIS), nel senso dell’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza deliberata il 06/02/2020, il Tribunale di Modena, per quanto è qui di interesse, aveva dichiarato, all’esito del giudizio abbreviato, Domenico (OMISSIS) responsabile del reato di indebita utilizzazione di due carte di credito (capo a), del reato di furto aggravato dalla violenza sulle cose (capo b) e del reato di porto ingiustificato di chiavi e grimaldelli (capo c) e, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’indicata circostanza aggravante e alla recidiva reiterata, con la continuazione e la diminuente per il rito, lo aveva condannato alla pena di anni 1 di reclusione ed euro 300 di multa.

Investita dall’impugnazione dell’imputato, la Corte di appello di Bologna, con sentenza deliberata il 17 novembre 2020, ha assolto l’imputato dal reato sub a), limitatamente a una delle due carte di credito oggetto di contestazione, ha ritenuto assorbita la contestazione sub c) nel reato di furto, ha rideterminato la pena in mesi 10 e giorni 20 di reclusione ed euro 233 di multa, confermando nel resto la sentenza di primo grado.

2. Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Bologna ha proposto ricorso per cassazione Domenico (OMISSIS), attraverso il difensore Avv. Giuseppe (OMISSIS), articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Il primo motivo denuncia inosservanza o erronea applicazione degli artt. 49 e 493-bis cod. pen., in quanto il tentativo di prelievo avvenne quando la carta di credito era già stata bloccata dalla persona offesa e una carta bloccata è uno strumento inefficiente per la realizzazione di un profitto mediante il suo inserimento in uno sportello bancomat; come si ricava dall’utilizzo del verbo “utilizzare” (e non della locuzione “usare con il fine di profitto”), il profitto non è una finalità al quale deve tendere la condotta, ma un carattere della stessa condotta, sicché se il profitto non è realizzabile per il blocco della carta di credito si verte nell’ipotesi del reato impossibile ex art. 49 cod. pen.

2.2. Il secondo motivo denuncia inosservanza o erronea applicazione degli artt. 56 e 493-bis cod. pen., in quanto sono diverse le condotte di chi utilizzi la carta di credito sottratta e bloccata per effettuare acquisti rispetto a quella di chi usi la carta di credito sottratta e bloccata per cercare di prelevare della somme da un bancomat, in quanto solo la prima condotta pone in pericolo il bene protetto, ma non la seconda, rispetto alla quale, come ritenuto in passato dalla giurisprudenza, è configurabile solo il tentativo.

3. Con requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione, Dott.ssa Perla Lori ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, mentre per il ricorrente, l’Avv. Giuseppe (OMISSIS) ha trasmesso conclusioni nel senso dell’accoglimento del ricorso

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere rigettato, essendo infondati entrambi i motivi, che, per l’affinità dei temi trattati, devono essere trattati congiuntamente.

2. Il primo motivo non merita accoglimento, in quanto, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il reato di indebita utilizzazione a fini di profitto di una carta di credito (già previsto dall’art. 55, comma 9, d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, oggi riproposto dall’art. 493-bis cod. pen.; cfr. Sez. 4, n. 13492 del 21/01/2020, Anselmo, Rv. 279002 – 02) si consuma anche nell’ipotesi in cui l’utilizzazione di una carta bancomat, di provenienza furtiva da parte di chi non è in possesso del codice PIN, sia effettuata mediante la digitazione casuale di sequenze numeriche presso uno sportello di prelievo automatico di denaro, senza ottenere alcun prelievo di denaro (Sez. 5, n. 17923 del 12/01/2018, Pasquale, Rv. 273033) e, dunque, indipendentemente dall’effettivo conseguimento di un profitto o dal verificarsi di un danno, non essendo richiesto dalla norma che la transazione giunga a buon fine (Sez. 5, n. 5692 del 11/12/2018, dep. 2019, Rv. 275109; Sez. 2, n. 45901 del 15/11/2012, Tracogna, Rv. 254358), sicché non si ha reato impossibile, in riferimento alla fattispecie criminosa in esame, nel caso in cui la carta di credito venga “bloccata” dal titolare (Sez. 2, n. 37016 del 05/10/2011, Zolli, Rv. 251155; Sez. 5, n. 34019 del 14/05/2021, Santori).

3. Anche il secondo motivo non è fondato.

La giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di rilevare come non sia ravvisabile l’ipotesi tentata per l’utilizzo della carta “non abilitata”, in quanto «l’indebita utilizzazione a fini di profitto di una carta di credito da parte di chi non ne sia titolare integra il reato (consumato) di cui alla L. n. 143 del 1991, art. 12 (ed ora quello di cui al D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55, comma 9) indipendentemente dal conseguimento di un profitto per il soggetto agente o dal verificarsi di un danno per il legittimo titolare della carta, non essendo necessario ai fini della consumazione del reato che la transazione giunga a buon fine» (Sez. 2, n. 7019 del 17/10/2013, dep. 2014, Balestra, Rv. 259004); conclusione, questa, in linea con il tenore letterale della norma e corroborata dal rilievo che la fattispecie in esame ha natura di reato di pericolo, in quanto «non prevede la verificazione di un evento in senso naturalistico, né il concreto raggiungimento del fine di profitto perseguito» (Sez. 3 2, n. 37016 del 2011, Zolli, cit.; Sez. 5, n. 34019 del 2021, Santori, cit.).

Del resto, anche le Sezioni unite di questa Corte hanno avuto modo di puntualizzare che la fattispecie in esame punisce l’indebita utilizzazione, ossia il concreto uso illegittimo della carta da parte del non titolare al fine di realizzare un profitto per sé o per altri, con un’anticipazione della «soglia di punibilità alla mera condotta fraudolenta finalizzata al conseguimento del profitto indipendentemente dalla verificazione di esso e del danno» (Sez. U, n. 22902 del 28/03/2001, Tiezzi, Rv. 218873).

4. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 04/02/2022.

Depositata in Cancelleria il 3 marzo 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.