Correo responsabile se consapevole di agevolare la commissione di un reato (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 1 aprile 2020, n. 11039).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CERVADORO Mirella – Presidente –

Dott. PELLEGRINO Andrea – Rel. Consigliere –

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere –

Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi proposti rispettivamente nell’interesse di:

Di Muro Massimo, n. a Pianezza il xx/xx/xxxx, rappresentato ed assistito dall’avv. Vittorio Pesavento, di fiducia;

di Rizzo Gerardo, n. a Contursi Terme il xx/xx/xxxx, rappresentato ed assistito dall’avv. Tommaso Servetto, di fiducia;

avverso la sentenza della Corte di appello di Torino, terza sezione penale, n. 2559/2017, in data 22/05/2018;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;

sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Dott. Andrea Pellegrino;

udita la requisitoria del Sostituto procuratore generale Dott. Ettore Pedicini che ha concluso chiedendo di dichiararsi l’inammissibilità del ricorso di Di Muro Massimo e di disporsi l’annullamento senza rinvio in relazione ai capi 20, 27 e 29 per intervenuta prescrizione dei reati.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 10/11/2016, il Tribunale di Torino, previa riqualificazione dei fatti originariamente contestati come furti pluriaggravati continuati in concorso in appropriazioni indebite aggravate continuate in concorso (n. 41 episodi contestati) ai danni di 3G Automazione Industriale e di Nuova RBR, riconosceva Massimo Di Muro e Gerardo Rizzo (unitamente ai coimputati Patrizia Rizzi e Claudio Alesso) responsabili del reato de quo, condannandoli alle seguenti pene:

– il Di Muro, ritenuta la recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale, ad anni sei, mesi tre di reclusione ed euro 550,00 di multa (in relazione a tutti i 41 capi d’imputazione);

– il Rizzo, ad anni due, mesi cinque di reclusione ed euro 235,00 di multa (in relazione ai capi 7, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27 e 29).

Con condanna di tutti gli imputati al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile Gogna Carlo (legale rappresentante di Sas 3G Automazione Industriale e Srl Nuova RBR), ed assegnazione alla medesima di provvisionale, immediatamente esecutiva, di euro 90.400,20.

2. A seguito di proposto gravame difensivo, la Corte di appello di Torino, con sentenza in data 22/05/2018, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava non doversi procedere nei confronti di Gerardo Rizzo per i capi 7), 9), 10), 11), 12), 13), 14), 15) e 16) perché estinti per prescrizione e rideterminava la pena nei confronti del sunnominato nella misura di anni uno, mesi nove, giorni venti di reclusione ed euro 190,00 di multa, con riconoscimento dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale e limitazione della responsabilità solidale dello stesso nei confronti delle parti civili, con riferimento alla provvisionale assegnata, fino alla concorrenza di euro 50.300,00;

rideterminava altresì la pena nei confronti di Massimo Di Muro, nella misura di anni cinque, mesi sei, giorni dieci di reclusione ed euro 510,00 di multa.

3. Avverso la sentenza di secondo grado, nell’interesse di Massimo Di Muro e di Gerardo Rizzo, vengono proposti distinti atti di ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

4. Ricorso nell’interesse di Massimo Di Muro.

Lamenta il ricorrente, quale formale motivo unico, violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per carenza e vizio logico di motivazione. In particolare, assume il ricorrente come la Corte territoriale non abbia tenuto conto di quanto lamentato in atto di appello, e precisamente che dai documenti era risultato come sul proprio conto fossero stati effettuati solo tre bonifici, finendo per accedere alla tesi dei correi, tesi a scaricare sul medesimo ogni responsabilità.

Anche in punto diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche si censura la sentenza impugnata che ha fondato il proprio decisum sul fatto che l’imputato era rimasto assente dal processo, non aveva fornito alcun elemento di resipiscenza ed aveva assunto un ruolo fondamentale: motivazione utilizzata anche per la determinazione del trattamento sanzionatorio il cui quantum finale non risultava assistito da adeguata giustificazione.

5. Ricorso nell’interesse di Gerardo Rizzo.

Lamenta il ricorrente:

– erronea applicazione dell’art. 110 cod. pen., contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di una responsabilità concorsuale dell’imputato nei reati di cui ai capi 20), 21), 22), 23), 24), 25), 26), 27), 29) e, ai sensi dell’art. 578 cod. proc. pen., ai capi 7), 9), 10), 11), 12), 13), 14), 15) e 16), in particolare in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo (primo motivo);

– erronea applicazione degli artt. 157, 159 cod. pen. e 129 cod. proc. pen. in ordine alla mancata dichiarazione della prescrizione, maturata precedentemente alla sentenza impugnata dei reati ascritti ai capi 20), 21), 22), 23), 24), 25), 26), 27) e 29) dell’imputazione (secondo motivo).

5.1. In relazione al primo motivo, dopo aver evidenziato come il Rizzo sia stato ritenuto responsabile dei reati di appropriazione indebita ai danni di 3G Automazione Industriale e Nuova RBR per aver concorso nella realizzazione dei fatti appropriativi, materialmente posti in essere dalla dipendente Patrizia Rizzi, mettendo a disposizione il proprio conto corrente per gli accrediti, con successivo prelievo del denaro da parte sua e consegna integrale al coimputato Di Muro, si censura la decisione della Corte territoriale che ha ritenuto come la prova della volontà e consapevolezza del Rizzo di concorrere nella realizzazione di plurimi reati di appropriazione indebita si tragga dalla “peculiarità degli accrediti”, ed in particolare dal loro numero e dal fatto che il Rizzo sapesse che il denaro proveniva da soggetti che non avevano alcuna relazione con lui e con il Di Muro.

Quest’ultima appare chiaramente come un’affermazione apodittica, mancando totalmente i dati fattuali di riferimento.

Invero, il compendio probatorio offre, semmai, una prova contraria rispetto al presunto dato della conoscenza da parte dell’imputato della provenienza illecita del denaro (si veda, al riguardo, la testimonianza Pasqualone).

Inoltre, la stessa frequenza dei bonifici accettati dal Rizzo per conto del Di Muro, rappresenta un dato neutro rispetto alla natura, lecita o illecita, degli stessi, potendo, al più, fondare un addebito di natura colposa nei confronti dell’imputato per non avere diligentemente approfondito la questione, fidandosi incautamente del Di Muro.

Peraltro, anche ove si accedesse alla tesi della consapevolezza del Rizzo di agevolare, attraverso la messa a disposizione del proprio conto corrente, un’attività non consentita, non essendo il Di Muro titolato a ricevere il denaro, ciò non potrebbe ancora ritenersi sufficiente nell’accertamento della responsabilità concorsuale dell’imputato nei reati di appropriazione indebita a lui contestati, atteso che, l’accertamento della penale responsabilità del correo a titolo di concorso di persone nel reato altrui, non può prescindere dalla prova della consapevolezza di agevolare, con la propria condotta, la commissione non già di una generica attività (potenzialmente) illecita, bensì la realizzazione di un reato, specificamente indicato nei suoi elementi costitutivi.

5.2. In relazione al secondo motivo, si censura la sentenza impugnata che ha omesso di riconoscere e dichiarare l’intervenuta prescrizione per i reati di cui ai capi 20), 21), 22), 23), 24), 25), 26), 27) e 29) in conseguenza della erroneamente ritenuta sospensione dei termini per complessivi mesi otto e giorni sei.

Invero, all’udienza dibattimentale del 21/03/2014 in cui la difesa ha fatto valere l’astensione dalla partecipazione alle udienze indetta dal sindacato di appartenenza, il differimento del processo è intervenuto non solo per questa causa ma anche dalla necessità di rinnovazione della notifica (tardiva) al Rizzo del decreto di citazione a giudizio.

Sul punto la giurisprudenza si è più volte pronunciata nel senso di ritenere che la sospensione del corso della prescrizione non si verifica allorquando la causa di sospensione contemplata dall’art. 159 cod. proc. pen. concorra con altra causa legittimante il rinvio del processo.

Senza il periodo di sospensione di mesi otto e giorni sei, anche i reati di cui ai capi 20), 21), 22), 23), 24), 25), 26), 27) e 29) risultavano prescritti anteriormente alla pronuncia della sentenza di appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso nell’interesse di Gerardo Rizzo è parzialmente fondato, con conseguente accoglimento della domanda di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata pronunciata nei suoi confronti per essere i reati a lui ascritti estinti per prescrizione.

Di contro, il ricorso nell’interesse di Massimo Di Muro è manifestamente infondato e, come tale inammissibile.

2. Ricorso nell’interesse di Massimo Di Muro.

Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

2.1. Come è noto, il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. Sez. 3, n. 12110 del 19/03/2009, Campanella e altro, Rv. 243247; Sez. 3, n. 23528 del 06/06/2006, Bonifazi, Rv. 234155).

Ancora. La giurisprudenza ha affermato che l’illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).

Successivamente, è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene ne’ alla ricostruzione dei fatti ne’ all’apprezzamento del giudice 5 di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile:

a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato;

b) l’assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 2, n. 21644 del 13/02/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542).

2.2. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto.

Non c’è, in altri termini, come richiesto nel presente ricorso, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. E ciò anche alla luce del vigente testo dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e) come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46.

Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Il ricorrente non può, come nel caso che ci occupa limitarsi a fornire una versione alternativa del fatto senza indicare specificamente quale sia il punto della motivazione che appare viziato dalla supposta manifesta illogicità e, in concreto, da cosa tale illogicità vada desunta. Il vizio della manifesta illogicità della motivazione deve essere evincibile dal testo del provvedimento impugnato.

Com’è stato rilevato nella citata sent. n. 21644/13 di questa Corte la sentenza deve essere logica “rispetto a sè stessa”, cioè rispetto agli atti processuali citati.

In tal senso la novellata previsione secondo cui il vizio della motivazione può risultare, oltre che dal testo del provvedimento impugnato, anche da “altri atti del processo”, purché specificamente indicati nei motivi di gravame, non ha infatti trasformato il ruolo e i compiti di questa Corte, che rimane giudice della motivazione, senza essersi trasformato in un ennesimo giudice del fatto.

Avere introdotto la possibilità di valutare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo” costituisce invero il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto “travisamento della prova” che è quel vizio in forza del quale il giudice di legittimità, lungi dal procedere ad una (inammissibile) rivalutazione del fatto (e del contenuto delle prove), prende in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti per verificare se il relativo contenuto è stato o meno trasfuso e valutato, senza travisamenti, all’interno della decisione.

2.3. In altri termini, vi sarà stato “travisamento della prova” qualora il giudice di merito abbia fondato il suo convincimento su una prova che non esiste (ad esempio, un documento o un testimone che in realtà non esiste) o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale (alla disposta perizia è risultato che lo stupefacente non fosse tale ovvero che la firma apocrifa fosse dell’imputato).

Oppure dovrà essere valutato se c’erano altri elementi di prova inopinatamente o ingiustamente trascurati o fraintesi.

Ma – occorrerà ancora ribadirlo – non spetta comunque a questa Corte Suprema “rivalutare” il modo con cui quello specifico mezzo di prova è stato apprezzato dal giudice di merito.

Per esserci stato “travisamento della prova” occorre, tuttavia, che sia stata inserita nel processo un’informazione rilevante che invece non esiste nel processo oppure si sia omesso di valutare una prova decisiva ai fini della pronunzia.

In tal caso, però, al fine di consentire di verificare la correttezza della motivazione, va indicato specificamente nel ricorso per Cassazione quale sia l’atto che contiene la prova travisata o omessa. Il mezzo di prova che si assume travisato od omesso deve inoltre avere carattere di decisività.

Diversamente, infatti, si chiederebbe al giudice di legittimità una rivalutazione complessiva delle prove che, come più volte detto, sconfinerebbe nel merito. Se questa, dunque, è la prospettiva ermeneutica cui è tenuta questa Suprema Corte, le censure che il ricorrente rivolge al provvedimento impugnato, con l’unico motivo proposto, si palesano manifestamente infondate, non apprezzandosi nella motivazione della sentenza della Corte d’Appello di Torino alcuna illogicità che ne vulneri la tenuta complessiva.

2.4. Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia il ricorrente chiede, di fatto, una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione.

Ma per quanto sin qui detto, un siffatto modo di procedere è inammissibile perché trasformerebbe questa Corte di legittimità nell’ennesimo giudice del fatto.

3. Ricorso nell’interesse di Gerardo Rizzo.

3.1. Infondato è il primo motivo.

4. Con motivazione del tutto congrua e priva di vizi logico-giuridici, la Corte territoriale ha ritenuto raggiunta la prova della consapevolezza del Rizzo di concorrere ad un’attività delittuosa avuto riguardo alla peculiarità dei numerosi accrediti effettuati tramite bonifici in tempi ravvicinati da soggetti con non avevano avuto alcuna relazione né con lui né con il Di Muro: accrediti effettuati “… evidentemente in base ad un preventivo accordo con Di Muro … (e) consapevole della (loro) illiceità … Per il favore Rizzo ha percepito un compenso, considerato il contenuto della proposta riferita dalla teste Pasqualone …

Il contenuto degli estratti conto, richiamato dalla difesa non costituisce una prova contraria univoca dell’assenza di un compenso perché, come osservato dal Tribunale, il prelievo dell’intera somma accreditata era compatibile con la dazione di una somma in contanti, e l’agevolazione sussiste anche senza un compenso …

Pertanto – si afferma conclusivamente – al tempo degli accrediti Rizzo era consapevole di agevolare un soggetto che stava sottraendo danaro approfittando della sua posizione, e non è rilevante, per escludere il concorso, che il Rizzo non conoscesse le società e Gogna …”.

3.2. Fondato è il secondo motivo.

La Corte territoriale ha ritenuto che per i reati di cui ai capi 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27 e 29 il termine massimo di prescrizione, avuto riguardo alla data di commissione dei fatti, al tempo di durata della proroga – calcolata nel massimo – per gli eventi interruttivi e all’ulteriore termine di mesi otto e giorni sei per eventi sospensivi (differimento dell’udienza dibattimentale del 21/03/2014 per adesione del difensore del Rizzo all’astensione delle udienze), la prescrizione, alla data della pronuncia della sentenza di appello (22/05/2018), non fosse ancora maturata.

E segnatamente:

– per il capo 20, la prescrizione ordinaria – calcolate le interruzioni – maturata al 25/09/2017, si sarebbe prorogata, per la citata sospensione, al 31/05/2018;

– per il capo 21, il termine finale sarebbe quello del 19/06/2018; -per il capo 22, il termine finale sarebbe quello del 26/06/2018;

– per il capo 23, il termine finale sarebbe quello del 26/06/2018;

– per il capo 24, il termine finale sarebbe quello del 12/07/2018;

– per il capo 25, il termine finale sarebbe quello del 02/08/2018;

– per il capo 26, il termine finale sarebbe quello del 02/08/2018;

– per il capo 27, il termine finale sarebbe quello del 23/08/2018;

– per il capo 29, il termine finale sarebbe quello del 13/09/2018.

3.2.1. Il calcolo compiuto dalla Corte territoriale è errato.

Invero, atteso che il differimento dell’udienza del 21/03/2014 aveva trovato una “duplice” causale (l’astensione del difensore dalle udienze e la necessità della rinnovazione della notifica del decreto di citazione all’imputato in quanto tardiva), la sospensione della prescrizione non poteva operare, dovendosi dare “priorità” alla causa di differimento che imponeva la regolarizzazione del contraddittorio tra le parti, “congelando” il corso della prescrizione del reato.

Invero, come riconosciuto a più riprese dalla giurisprudenza di legittimità in fattispecie del tutto assimilabili alla presente, la sospensione del corso della prescrizione non si verifica quando la causa di sospensione ex art. 159 cod. pen. concorre con altra causa legittimante il rinvio del dibattimento.

In particolare, vi sono diverse pronunce che hanno riconosciuto ed affermato che, in tema di prescrizione del reato, nel caso di concomitante presenza di due fatti legittimanti il rinvio del dibattimento, l’uno riferibile all’imputato o al difensore, l’altro ad esigenze di acquisizione della prova (art. 304, comma primo, lett. a, cod. proc. pen.), la predominante valenza di quest’ultima preclude l’operatività del disposto dell’art. 159 cod. pen. e la conseguente sospensione nel corso della prescrizione (cfr., Sez. 6, n. 41557 del 05/10/2005, Mele, Rv. 232835, in fattispecie in cui il rinvio era stato disposto per impedimento dell’imputato e per assenza di un testimone; Sez. 5, n. 49647 del 02/10/2009, Delli Santi, Rv. 245823, nella specie si trattava di rinvio disposto per impedimento del difensore che aveva aderito ad una iniziativa di categoria di astensione dalle udienze e per l’escussione di un teste assente; da ultimo, Sez. 3, n. 26429 del 01/03/2016, Bellia e altro, Rv. 267101).

Nel medesimo solco interpretativo, si pone altra pronuncia (Sez. 2, n. 11559 del 09/02/2011, De Rinaldis, Rv. 249909) nella quale il principio viene ribadito affermando che, nel concorso di due fatti che legittimano il rinvio del dibattimento, l’uno riferibile all’imputato o al difensore e l’altro al giudice, deve accordarsi la prevalenza a quello riferibile al giudice e pertanto il rinvio non determina la sospensione del corso della prescrizione (nella fattispecie il dibattimento era stato rinviato per la contemporanea adesione del difensore e del giudice allo sciopero indetto nello stesso giorno dalle rispettive categorie).

3.2.2. Fermo quanto precede, ritiene il Collegio di dover enunciare il seguente principio di diritto: “Il differimento del processo per disporre la rinnovazione della citazione all’imputato per mancato rispetto del termine a comparire va necessariamente ascritto all’esigenza, prioritaria ed assorbente, di garantire la regolarità del contraddittorio, esigenza che il giudice è tenuto ad assicurare ben potendovi provvedere anche d’ufficio ed alla quale la concomitante istanza difensiva di differimento, per qualsivoglia causa determinata, si presenta come del tutto recessiva.

Ne consegue che il rinvio del dibattimento per tale prioritaria causa non determina, per tutto il tempo del differimento, la sospensione del termine di prescrizione del reato”.

3.2.3. Va infine rilevato che, secondo l’insegnamento di questa Suprema Corte nel suo più alto consesso (Sez. U, n. 12602 del 25/03/2016, Ricci) «… nessun dato positivo induce a ritenere che non possa censurarsi, con il ricorso per cassazione, l’errore del giudice di appello che ha omesso di dichiarare la già intervenuta prescrizione del reato, pur se non eccepita dalla parte interessata in quel grado.

Il ricorso per cassazione, anche se strutturato su questo solo motivo, è certamente ammissibile, perché volto a fare valere l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen.

L’error in iudicando si concretizza proprio nella detta omissione, che si riverbera sul punto della sentenza concernente la punibilità. L’impugnazione mira ad emendare tale errore.

L’ammissibilità del ricorso non è pregiudicata dal fatto che il ricorrente, con le conclusioni rassegnate in appello, non ha eccepito la prescrizione maturata nel corso di quel giudizio; né alcuna rilevanza preclusiva all’ammissibilità dell’impugnazione può attribuirsi, in caso di prescrizione verificatasi addirittura prima della proposizione dell’appello, alla mancata deduzione di parte con i relativi motivi (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.).

L’art. 129 cod. proc. pen. impone al giudice, come recita la rubrica, l’obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità e a tale “obbligo” il giudice di merito non può sottrarsi e deve ex officio adottare il provvedimento consequenziale.

Se a tanto non adempie, la sentenza di condanna emessa, in quanto viziata da palese violazione di legge, può essere fondatamente impugnata con atto certamente idoneo ad attivare il rapporto processuale del grado superiore, il che esclude la formazione del c.d. “giudicato sostanziale”».

Da qui l’affermazione del seguente principio di diritto: «In base a quanto argomentato al punto che precede, deve enunciarsi il principio di diritto che segue: “E’ ammissibile il ricorso per cassazione col quale si deduce, anche con un unico motivo, l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen.”».

4. Da qui:

– l’annullamento senza rinvio della impugnata nei confronti di Gerardo Rizzo per essere i reati a lui ascritti estinti per prescrizione;

– la declaratoria di inammissibilità del ricorso nell’interesse di Massimo Di Muro, con condanna dello stesso, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro duemila.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Rizzo Gerardo per essere i reati a lui ascritti estinti per prescrizione.

Dichiara inammissibile il ricorso di Di Mauro Massimo che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 03/12/2019.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.