COVID-19: niente colloquio telefonico straordinario per i coniugi in custodia cautelare (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 26 ottobre 2020, n. 29658).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CERVADORO Mirella – Presidente –

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Rel. Consigliere –

Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SARACO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

CASAMONICA ROSARIA nato a ROMA il 05/05/1973;

avverso l’ordinanza del 06/04/2020 del TRIBUNALE di ROMA;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIOVANNI ARIOLLI;

lette le conclusioni del PG (inammissibilità del ricorso).

RITENUTO IN FATTO

1. Il difensore di Casamonica Rosaria ricorre per cassazione avverso il provvedimento con cui il Tribunale di Roma in data 6/4/2020 ha rigettato la richiesta dell’imputata, attualmente sottoposta alla custodia cautelare in carcere, ad intrattenere un colloquio telefonico straordinario con il coniuge, anch’egli ristretto in regime di custodia cautelare, in ragione delle esigenze cautelari derivanti dalla correità.

Al riguardo, evidenzia come l’istanza di colloquio fosse finalizzata a consentire ai coniugi di sincerarsi reciprocamente delle loro condizioni di salute in regime di emergenza epidemiologica da COVID-19 e come le esigenze cautelari avrebbero dovuto trovare un temperamento nella situazione eccezionale prima indicata e adeguata tutela attraverso la predisposizione di strumenti di controllo.

Il Tribunale, invece, mediante una motivazione del tutto generica aveva disatteso il tema relativo alla rilevanza delle esigenze di carattere familiare poste a base dell’istanza, omettendo peraltro di indicare le specifiche e motivate esigenze d’ordine processuale idonee a comprimere tale diritto, nonché le ragioni per cui non fossero idonei a salvaguardare le esigenze cautelari i meccanismi di controllo da parte dell’A.G. pure indicati nell’istanza.

Ciò premesso, deducendo il vizio di violazione di legge con riferimento agli artt. 125, comma 3, cod. proc. pen., 13 Cost. e 18 0.P., nonché anche sotto il profilo dell’omessa motivazione, chiede annullarsi il provvedimento impugnato.

2. Il Procuratore generale presso questa Corte, con requisitoria scritta del 1/7/2020, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso stante la manifesta infondatezza dei motivi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso deve dichiararsi inammissibile essendo il relativo motivo manifestamente infondato.

3.1. Premessa l’ammissibilità del ricorso per cassazione per violazione di legge, in quanto la questione, relativa ai colloqui telefonici dei detenuti, incide su diritti soggettivi (Sez. 1, n. 47326 del 29/11/2011, Rv 25.1419), ritiene il Collegio che la motivazione addotta dal Tribunale a sostegno del rigetto dell’istanza del colloquio telefonico, seppur stringata, non sia apparente né assertiva e, dunque, si sottragga alla categoria del vizio di violazione di legge in questa sede denunziabile.

Invero, il riferimento allo stato di coimputati nel medesimo procedimento dei soggetti tra i quali avrebbe dovuto intervenire il colloquio dà conto dell’esistenza di esigenze di stretta cautela processuale legate sia alla persistenza del titolo cautelare relativo a gravi reati (si procede, per quanto risulta dal certificato DAP in atti in ordine ai delitti di cui agli artt. 629, 416-bis.1, 71 D.Lgs. n. 159/2011 e 110, 512-bis cod. pen.) sia alle esigenze di acquisizione della prova, la cui necessità di salvaguardia non viene meno per il successivo passaggio alla fase processuale, potendo riguardare tanto le prove a carico che quelle a discarico (sul tema vedi: Sez. 3, n. 39972 del 12/6/2019, Rv. 276912; Sez. 5, n. 1958 del 26/11/2010, dep. 2011, Rv. 249093).

Con la conseguenza che le prospettate e comprensibili ragioni di ordine informativo poste a base dell’istanza (consentire ai coniugi di confrontare le rispettive esigenze di salute in periodo caratterizzata dall’emergenza epidemiologica da Covid-19), debbono considerarsi implicitamente disattese (sul rigetto “implicito” di deduzioni difensive incompatibili con la decisione presa, vedi Sez. 4, n. 26600 del 13/05/2011, Rv. 250900).

4. All’inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla per l’ammenda tenuto conto delle particolari ragioni sottese al ricorso.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso, il 20/7/2020.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.