Durante una manifestazione, anarchici lanciano dei volantini contro un docente. Condannati per minaccia (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 17 dicembre 2020, n. 36260).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BONI Monica – Presidente

Dott. CIAMPI Francesco Maria – Consigliere

Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere

Dott. BINENTI Roberto – Rel. Consigliere

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

BERDUSCO GIULIO nato a TREVISO il 28/06/1987;

TRENTIN AGNESE nato a CASTELFRANCO VENETO il 25/01/1988;

BEZERRA ALVES DE MELO KAMILLA nato a RECIFE (BRASILE) il 20/09/1980;

BATTISTI DANIELA nato a ROVERETO il 03/01/1977;

NAPOLI SABRINA nato a SALERNO il 07/07/1973;

OXOLI MANUEL nato a BRESCIA il 30/12/1981;

PERLOTTO GIULIA nato a BRESCIA il 14/11/1985;

BRAGAGNOLO LUDOVICA nato a CASTELFRANCO VENETO il 27/01/1989;

MOLINA LUKE FREDERICH nato a TRENTO il 17/02/1990;

MOLINA STELLA PAOLA nato a TRENTO il 28/07/1986;

NASCIMBEN MATTEO nato a TREVISO il 22/08/1990;

avverso la sentenza del 04/07/2019 della CORTE APPELLO SEZ. DIST. di BOLZANO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Roberto BINENTI;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generare Dott.ssa Franca ZACCO, che ha chiesto di dichiarare i ricorsi inammissibili.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Trento – Sezione distaccata di Bolzano, con la sentenza indicata in epigrafe resa in sede di giudizio rinvio ai sensi dell’art. 627 cod. proc. pen., in parziale riforma della sentenza di primo grado, previa esclusione dell’aggravante del modo simbolico della minaccia, riduceva la pena inflitta a Giulio Berdusco, Agnese Trentin, Kamilla Bezzera Alves De Melo, Daniela Battisti, Sabrina Napoli, Manuel Oxoli, Giulia Perlotto, Ludovica Bragagnolo, Frederich Molina Luke, Stella Paola Molina e Matteo Nascinben, in quanto ritenuti responsabili del reato di cui agli artt. 612, secondo comma, anche in relazione all’art. 339 cod. pen., limitatamente ai fatti commessi il 17 dicembre 2012, con esclusione pertanto di quelli, parimenti contestati ai predetti con il medesimo capo di imputazione, svoltisi nei giorni immediatamente precedenti e successivi (tale esclusione era già definitivamente intervenuta in primo grado).

Riduceva, inoltre, l’importo liquidato a titolo di risarcimento del danno in favore della persona offesa, costituita parte civile, Roberto Toniatti.

2. Secondo la ricostruzione esposta in detta sentenza di appello, l’antefatto si verificava il 28 ottobre 2010, quando la persona offesa, docente di diritto costituzionale comparato e relatore in un convegno sulle missioni di pace tenuto all’Università di Trento, veniva attaccato da un gruppo di persone che, lanciando contro di lui e altri relatori vernice rossa, impediva la prosecuzione dei lavori.

Nella stessa sentenza, passando all’esame del fatto per cui si è riconosciuta la responsabilità degli imputati, si espone che il 17 dicembre 2012 gli stessi, svolgendo un sit-in davanti al Tribunale di Trento, chiamato a celebrare il processo per i suddetti fatti del 28 ottobre 2010, distribuivano un volantino intitolato “Rosso sangue”, con la didascalia ” Nessuna pace per chi vive di guerra”; in un altro volantino distribuito dai medesimi imputati, recante l’effigie del prof. Roberto Toniatti imbrattata di vernice rossa, era riportata la dicitura “Per noi il concetto rimane ancora lo stesso: un po’ di vernice è il minimo!”.

Secondo gli apprezzamenti dei giudici di merito, tale fatto, pacificamente posto in essere dagli imputati, integrava gli estremi del reato di minaccia come contestato, poiché gli scritti si riferivano all’azione violenta subita dal docente il 28 ottobre 2010, minacciandone la ripetizione (anzi in modo più grave): si aveva così non già la manifestazione di un legittimo dissenso (esercizio di un diritto), ma una chiara condotta intimidatoria idonea a turbare la serenità della vittima.

La motivazione della sentenza prima di giungere a tali conclusioni, soffermandosi sui rilievi che avevano determinato l’annullamento in sede di legittimità, osservava che non potevano sorgere dubbi circa la verificazione/ dell’episodio delittuoso del 28 ottobre 2010, poiché essa era stata riconosciuta nella sentenza che lo aveva giudicato, pervenendo all’assoluzione di alcuni degli imputati in quel processo, ma soltanto per non avere commesso il fatto.

In forza di ciò, si riteneva confermata la carica intimidatoria insita nell’evocazione il 17 dicembre 2012 delle stesse modalità aggressive e violente del 28 ottobre 2010.

3. Propongono ricorso per cassazione tutti gli imputati, con un unico atto e tramite il comune difensore, svolgendo doglianze affidate a tre motivi.

3.1. Il primo motivo lamenta violazione dell’art. 51 cod. pen., sul rilievo che non è stato correttamente considerato il significato degli scritti che rivelava la libera espressione del pensiero e del diritto di critica costituzionalmente tutelato, con effetti scriminanti nonostante i modi e i toni forti e aspri adoperati.

Esercizio di tale diritto verificatosi nella specie attraverso i riferimenti alla responsabilità del sangue versato da chi rimane coinvolto nei cruenti fatti di guerra che il convegno – al quale si alludeva – “sdoganava” come giustificati.

3.2. Il secondo motivo denuncia vizi della motivazione, non essendo stati esaminati i rilievi che avevano rappresentato gli estremi di detta scriminante.

Inoltre, la sentenza impugnata, affermando la natura minacciosa del contenuto dei volantini distribuiti il 17 dicembre 2012, è incorsa in un chiaro travisamento, richiamando il diverso contenuto di altri volantini affissi nei giorni precedenti, in relazione ai quali però era intervenuta la pronuncia di assoluzione in primo grado, secondo conclusioni confermate in seguito dalla Corte di Cassazione.

Così, non si era neppure considerato che le parole “è il minimo”, contenute nello striscione in detta data, si riferivano invece ai “militari”.

3.3. Il terzo motivo, lamenta violazione dell’art. 339, primo e secondo comma, cod. pen., non ravvisandosi in motivazione idonee spiegazioni in ordine alle due aggravanti contestate, a fronte di contenuti del volantino preso in considerazione che non prospettavano specificamente un male “determinato” e di fatti addebitati a più di dieci persone, ma non posti in essere in presenza della persona offesa, sì da non potersi comunque riconoscere le suddette circostanze.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi vanno dichiarati inammissibili per le ragioni di seguito illustrate.

2. I primi due motivi richiedono una trattazione unitaria che deve prioritariamente considerare i rilievi che prospettano il travisamento con riferimento ai contenuti degli scritti che vennero diffusi il 17 dicembre 2012.

Le questioni poste a tal riguardo sono prive di qualsiasi incidenza sui chiari ragionamenti che hanno portato a ravvisare la minaccia, così come contestata.

Infatti, le deduzioni come esposte non intaccano la rappresentazione nella motivazione della sentenza secondo cui nella circostanza le frasi “Nessuna pace per chi vive di guerra” e “Per noi il conceirlyo rimane ancora lo stesso: un po’ di vernice è il minimo per chi vive di guerra”, costituivano la didascalia che accompagnava la fotografia di Roberto Toniatti con il viso e il busto imbrattati di vernice rossa.

Si richiamava così chiaramente la reiterazione, per gli stessi motivi, delle particolari modalità del gesto violento che il professore aveva subito il 28 ottobre 2010. Da ciò derivava la minaccia rivolta a tale persona offesa.

Questo fondamentale profilo ricostruttivo di merito non viene minimamente considerato dalle censure de í ricorrenti che prospettano il travisamento, facendo riferimento alla collocazione nello striscione non nei volantini di una parte delle frasi di cui sopra e alla mancata citazione delle parole “Contro i militari”, a fronte del chiaro significato sulla destinazione della minaccia mostrato dalla fotografia.

I rilievi di cui trattasi, pertanto, oltre a porre una questione neppure specificatamente dedotta nei motivi di appello (al cospetto della medesima rappresentazione di merito già intervenuta in primo grado), rimangono affetti da genericità e, comunque, non possiedono alcuna attitudine a smentire la logicità del percorso che ha portato a individuare la minaccia e il chiaro destinatario della stessa in Roberto Toniatti; mentre, per il resto, sullo stesso tema si espongono argomentazioni meramente rivalutative, basate su assertive letture alternative.

Gli altri rilievi, dedotti più diffusamente nel primo motivo, che evocano la scriminante dell’esercizio del diritto di espressione del pensiero, ripropongono un’impostazione che è stata disattesa dalla sentenza di appello in forza di considerazioni legate alla ben diversa qualità sostanziale della minaccia di cui il ricorso non tiene in alcun modo conto, quando ribadisce concetti, quali la possibilità di manifestare il dissenso e la critica anche mediante l’uso di toni forti e di espressioni particolarmente aspre, che non hanno nulla a che fare con l’intimidazione che invece prospettava alla persona offesa, le cui opinioni non erano condivise, la sottoposizione, così come già avvenuto, a un male ingiusto.

Da ciò deriva la manifesta infondatezza anche di queste ultime doglianze.

3. Il terzo motivo si rivela parimenti inammissibile, poiché deduce questioni e vizi motivazionali circa il riconoscimento degli estremi fattuali delle aggravanti, nonostante sul punto non fossero stati mossi rilievi e avanzate richieste davanti ai giudici di secondo grado, secondo quanto risulta dai motivi di appello.

4. Dalla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi, discende la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, considerati i profili di colpa, della somma determinata in euro tremila in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.