È irragionevole vietare al detenuto di portare libri e riviste ai colloqui con il proprio avvocato se questi sono già entrati in carcere passando la censura (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 26 settembre 2023, n. 39102).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. FRANCESCO CENTOFANTI -Presidente-

Dott. FILIPPO CASA -Consigliere-

Dott. TERESA LIUNI -Consigliere-

Dott. MICAELA SERENA -Consigliere-

Dott. CARMINE RUSSO -Relatore-

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) nato a NAPOLI il xx/xx/19xx;

avverso l’ordinanza del 22/12/2022 del TRIB. SORVEGLIANZA di SASSARI

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CARMINE RUSSO;

lette le conclusioni del PG, Dott. Vincenzo Senatore, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 22 dicembre 2022 il Tribunale di sorveglianza di Sassari, accogliendo il reclamo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (D.A.P.), ha riformato il provvedimento del magistrato di sorveglianza di Sassari del 12 aprile 2022 con cui lo stesso aveva accolto l’istanza del condannato (OMISSIS) (OMISSIS) di poter portare con sé ai colloqui con il difensore libri giornali o riviste di interesse.

In particolare, il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato che il regolamento interno all’istituto dispone che, durante i colloqui tra difensore e detenuto, il detenuto possa portare con sé documenti giudiziari o processuali, che non vi è ragione per disapplicare questa previsione in quanto giornali e riviste non sono di per sé documenti che riguardano la tutela giurisdizionale, ma semplici beni che, in quanto tali, non rientrano automaticamente nel concetto di corrispondenza difensiva, e che pertanto il diritto di difesa del detenuto risulta adeguatamente tutelato, mentre una generalizzata autorizzazione a portar con sé qualsiasi libro giornale o rivista amplia i pericoli per l’ordine interno e per la pubblica sicurezza senza risolversi in un apprezzabile aumento della tutela difensiva.

2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il detenuto, per il tramite del difensore, lamentando con unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., violazione dell’art. 35-bis e 69 dell’ordinamento penitenziario e difetto di motivazione, perché l’ordinanza esprime una valutazione a priori circa la non necessità di portare la rivista il libro o il giornale a colloquio con il difensore, con ciò sottraendo a quest’ultimo la possibilità di valutarne la rilevanza nell’ambito di un reclamo giurisdizionale; inoltre non è vero che non ci sarebbe alcun controllo perché tutta la documentazione in possesso di un detenuto al 41-bis è sottoposto al vaglio dell’ufficio censura; inoltre, l’ordinanza è lesiva dell’articolo 24 della Costituzione, oltre ad evidenziare immotivati sospetti sull’esercizio dell’attività difensiva.

3. Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale, Vincenzo Senatore, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato.

Il magistrato di sorveglianza aveva disposto che il detenuto, in regime di art. 41-bis ord. pen., fosse autorizzato a portare a colloquio con il difensore, libri, giornali, riviste di interesse che hanno superato il vaglio di censura, legittimamente acquistate o comunque nella libera disponibilità del detenuto; nella prospettiva del magistrato il divieto, previsto dal regolamento di istituto, che consente di portare a colloquio soltanto atti giudiziari, memorie o manoscritti afferenti a procedimenti penali o amministrativi, violerebbe il diritto di difesa del detenuto, traducendosi in una limitazione che non ha giustificazione in esigenze di sicurezza, posto che tutti gli scritti in possesso del detenuto hanno superato il vaglio preventivo di censura e che non può escludersi che il materiale di interesse sia funzionale alla tutela del diritto di difesa del detenuto.

Il Tribunale di sorveglianza, accogliendo il reclamo del D.A.P., ha riformato la prima decisione; nella diversa prospettiva del secondo giudice, la pretesa del detenuto è, invece, generica e indimostrata, non evincendosi dal reclamo l’afferenza degli scritti a procedimenti giudiziari in corso o futuri.

Il ricorso lamenta manifesta irragionevolezza della limitazione, e si tratta di deduzione fondata.

Il detenuto chiede di portare a colloqui con il difensore libri, giornali o riviste, ovvero “beni”, come correttamente classificati dal Tribunale di sorveglianza, ma una particolare categoria di beni, che è quella dei documenti.

La potenziale inerenza al diritto di difesa della particolare categoria di beni costituita dai documenti si ricava dalle stesse norme del codice di procedura penale, che regolamentano in modo specifico l’utilizzo dei documenti quale prova nel processo penale (artt. 234 e ss. cod. proc. pen.).

Ne consegue che i documenti oggetto della richiesta del detenuto in astratto potrebbero avere rilievo ai fini dell’esercizio del suo diritto di difesa.

E’ vero, come nota il Tribunale di sorveglianza, che l’esercizio del diritto di difesa va contemperato con le esigenze di sicurezza interna all’istituto e con quelle di carattere generai-preventivo sottese al regime dell’art. 41-bis ord. pen., ma se la documentazione, che il ricorrente intende portare con sé al colloquio con il difensore, ha fatto ingresso in carcere previo superamento del visto di censura, si tratta di un bene che di per sé non è stato ritenuto pericoloso nel circuito penitenziario.

A quel punto, la limitazione imposta al diritto di difesa diventa irragionevole. Il richiamo alle modalità di consegna della corrispondenza, contenuto nell’ordinanza impugnata, è, invece, inconferente con l’istanza, perché il detenuto chiede soltanto di portare a colloquio con il difensore, non di consegnare allo stesso, i libri, riviste o giornali che abbiano superato il visto di censura. Il ricorso, pertanto, deve essere accolto con rinvio per nuovo giudizio.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Sassari.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2023.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.