REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –
Dott. CASTORINA Maria Rosaria – Rel. Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. ARMONE Giovanni Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23514-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE PARIOLI 74/C, presso lo studio dell’avvocato SAVERIO (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato GIULIO ERMINIO (OMISSIS);
– resistente –
avverso la sentenza n. 291/2014 della COMM.TRIB.REG. della CALABRIA, depositata il 25/02/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/09/2020 dal Consigliere Dott. ROSARIA MARIA CASTORINA.
Svolgimento del processo
L’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti della (OMISSIS) s.r.l. un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2004, sulla base delle risultanze di un PVC della Guardia di Finanza in base al quale era emerso che la contribuente aveva effettuato la cessione di numerosi veicoli con illegittima applicazione dell’aliquota Iva agevolata del 4% prevista per i soggetti disabili.
La Commissione Tributaria Provinciale di Catanzaro, con la sentenza n. 56/02/12, accoglieva il ricorso rilevando che l’accertamento era stato notificato prima del termine di sessanta giorni dalla consegna del processo verbale di constatazione, senza che ricorressero ragioni di particolare e motivata urgenza.
La Commissione Tributaria Regionale della Calabria, con sentenza n. 291/1/14 depositata il 25.2.2014 confermava la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per Cassazione affidando il suo mezzo a un motivo.
(OMISSIS) s.r.l. si è difesa depositando una memoria di costituzione.
Ragioni della decisione
Con il motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. lamentando che la CTR non aveva ravvisato le ragioni d’urgenza consistenti nella necessità di rispettare il termine di decadenza per procedere all’accertamento.
La censura non è fondata.
E’ incontestato che vi sia stato un “accesso” presso l’azienda con consegna del PVC il 21.10.2009 mentre l’avviso è stato notificato il 16.12.2009 e che non sia stato rispettato il termine di sessanta giorni previsto dall’art. 12 comma 7 della legge 212/2000.
Per giurisprudenza di legittimità consolidata, confortata anche da una decisione delle sezioni unite, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus“, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva.
Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio (Cass. Civ., Sez. Un., 29 luglio 2013, n. 18184).
Va anche considerato che, in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la scadenza del termine di decadenza dell’azione accertativa non rappresenta una ragione di urgenza tutelabile ai fini dell’inosservanza del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della I. n. 212 del 2000 (Cass. Civ., 10 aprile 2018, n. 8749), ben potendo, invece, l’amministrazione offrire la prova che l’esercizio nell’imminenza della scadenza del termine sia dipeso da fattori ad essa non imputabili che hanno inciso sull’attività accertativa fino al punto da rendere comunque necessaria l’attivazione dell’accertamento, a pena di vedere dissolta la finalità di recupero delle imposte ritenute non versate dal contribuente.
Non è, quindi, l’imminenza della scadenza del termine ad integrare l’urgenza, ma, semmai, l’insorgenza di fatti concreti e precisi che possono rendere giustificata l’attivazione dell’ufficio quando non può più essere rispettato il termine dilatorio a pena di vedere decaduta l’amministrazione (per esempio in caso di reiterate violazioni delle leggi tributarie aventi rilevanza penale oppure per la partecipazione del contribuente ad una frode fiscale come da Cass. Civ., Sez. 6-5, 2 luglio 2018, n. 17211).
Peraltro, nella specie, l’avviso di accertamento emesso nel 2009 aveva ad oggetto l’anno 2004, sicché l’Agenzia avrebbe dovuto indicare fatti concreti e precisi che non le avevano consentito di procedere con l’accertamento tempestivamente per evitare la decadenza. (Cass. 27623/2018).
L’art. 12, comma 7, I. n. 212/2000 non distingue, inoltre, tra tributi armonizzati e non.
La norma, nel prevedere la deroga alla regola generale del rispetto del termine dilatorio nel caso di esistenza di ragioni di urgenza, opera un bilanciamento degli interessi coinvolti, escludendo che siano compromessi gli effetti della normativa unionale in tema di riscossione dell’IVA (Cass. 701/2019).
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Nulla sulle spese in considerazione del fatto che la resistente non si è costituita ritualmente con controricorso.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1- quater del d.P.R. 30 maggio 2012, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso il Roma nella Camera di consiglio del 15/09/2020.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021.