REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini, Presidente
Giulio Veltri, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Giovanni Pescatore, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere, Estensore
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3005 del 2019, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alberto De Chiara, Alessandro Lipani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Laura Cefalo in Roma, via Giunio Bazzoni 3;
contro
Ministero dell’Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Caserta, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Comune di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Irene Coppola, Rosanna Russo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini n. 30;
sul ricorso numero di registro generale 3007 del 2019, proposto da:
-OMISSIS- in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alberto De Chiara e Alessandro Lipani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Laura Cefalo in Roma, via Giunio Bazzoni 3;
contro
U.T.G. – Prefettura di Caserta, Prefetto della Provincia di Caserta, Ministero dell’Interno non costituiti in giudizio;
Comune di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Augusto De Matteis, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Marcello Cardi in Roma, viale Bruno Buozzi n. 51;
sul ricorso numero di registro generale 3008 del 2019, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alberto De Chiara e Alessandro Lipani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Laura Cefalo in Roma, via Giunio Bazzoni 3;
contro
Ministero dell’Interno, Ufficio Territoriale del Governo Caserta, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Comune di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Cutilli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ignazio Abrignani in Roma, piazza delle Belle Arti, n.8;
per la riforma
quanto a tutti i ricorsi:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, del Comune di -OMISSIS-, dell’Ufficio Territoriale del Governo di Caserta, del Comune di -OMISSIS- e del Comune di -OMISSIS-;
Viste le ordinanze collegiali n. -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Viste le istanze di passaggio in decisione senza discussione orale;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2020 il Cons. Giovanni Tulumello e dato atto della presenza ai sensi di legge degli avvocati delle parti come da verbale dell’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza n. -OMISSIS-, il T.A.R. Campania, sede di Napoli, ha rigettato i tre distinti ricorsi, e i relativi motivi aggiunti, proposti dalle odierne appellanti contro le informative prefettizie relative alla sussistenza, a loro carico, delle “situazioni di cui all’art. 84, comma 4 e all’art. 91, comma 6 del D.Lgs. 6/9/2011 n° 159 e s.m.i.”; nonché contro i provvedimenti che, in conseguenza, hanno revocato o risolto i rapporti negoziali a valle.
Con tre distinti ricorsi in appello le società -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- hanno impugnato l’indicata sentenza.
Si sono costituite, nei rispettivi giudizi, le amministrazioni intimate.
Con ordinanze collegiali n. -OMISSIS- i giudizi sono stati sospesi fino al decorso del termine di efficacia del controllo giudiziario ex art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011, disposto con decreto del Tribunale di -OMISSIS-
Le appellanti, all’esito del periodo di controllo giudiziario, hanno depositato istanze di fissazione di udienza a seguito della cessazione della causa di sospensione, nonché: i provvedimenti con cui sono state successivamente iscritte nella c.d. white list; la sentenza del Tribunale di Catanzaro del 23 marzo 2020 che ha assolto il sig. -OMISSIS-; infine, i provvedimenti del Tribunale di -OMISSIS-, quarta Sezione Penale, conclusivi della procedura di controllo giudiziario.
I ricorsi sono stati trattenuti in decisione all’udienza del 10 dicembre 2020, svoltasi ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020 n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, attraverso collegamento in videoconferenza secondo le modalità indicate dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.
2. Preliminarmente i ricorsi in appello devono essere riuniti – ai sensi dell’art. 96, primo comma, cod. proc. amm. – in quanto relativi alla medesima sentenza.
I ricorsi risultano altresì connessi, in quanto le tre società appellanti sono società di progetto costituite dalla -OMISSIS- per la realizzazione di specifiche opere, e sono state attinte da informativa antimafia a seguito dell’adozione di analogo provvedimento nei confronti della predetta s.p.a.
I gravami constano di un nucleo comune di censure, e di motivi specifici relativi solo ad alcuni ricorsi, che verranno esaminati separatamente.
Giova peraltro premettere che questa Sezione, con sentenza deliberata alla medesima camera di consiglio nel ricorso rubricato al n. 2468/2019, ha rigettato l’appello proposto dalla -OMISSIS-, che aveva respinto il ricorso proposto dalla medesima società avverso l’interdittiva antimafia ostativa del Prefetto della Provincia di Caserta.
A tale sentenza il Collegio rinvia, in ragione del rapporto di presupposizione logico-giuridica che avvince le due vicende, peraltro anche secondo la prospettazione delle odierne appellanti.
3. Come accennato, le società appellanti sono tre società di progetto partecipate dalla -OMISSIS- che fino all’11 gennaio 2018, avevano come amministratore unico -OMISSIS-, socio al 30% della predetta società.
I ricorsi di primo grado deducevano sia motivi inerenti l’illegittimità, a monte, dell’interdittiva adottata nei confronti della -OMISSIS-, sia motivi autonomi, a loro volta concernenti l’alterità soggettiva di ciascuna società rispetto alla -OMISSIS- e la pretesa autonomia oggettiva di ciascuna società di progetto.
Con una prima censura comune ai tre ricorsi, le appellanti contestano la sentenza gravata in relazione alla valutazione dell’automatica refluenza, sulle rispettive realtà aziendali, del pericolo di infiltrazione desunto dal collegamento societario con la -OMISSIS-
Sostengono che la Prefettura di Caserta avrebbe dovuto dimostrare, mediante elementi concreti e non mere supposizioni, la perdurante influenza del sig. -OMISSIS- sulle politiche ovvero sulle sorti delle aziende, e quindi la fittizietà ovvero il mero fine elusivo del suo allontanamento dall’azienda.
La censura è infondata.
3.1. In fatto, la tesi delle appellanti, per cui dopo l’arresto del sig. -OMISSIS- non vi sarebbe stato alcun pericolo di infiltrazione mafiosa in ragione dell’abbandono da parte del predetto delle cariche sociali, non può essere condivisa.
Con riguardo alla società -OMISSIS-risulta che la -OMISSIS- ha detenuto l’intero capitale sociale fino al 24.11.2017, ossia sino all’immediata vigilia dell’adozione in data 28.12.2017 della misura cautelare in carcere applicata al suo amministratore unico e legale rappresentante -OMISSIS-.
Risulta altresì che dalla sua costituzione (7.12.2012) sino alla sua sostituzione con la moglie, avvenuta il 12.1.2018 solo in conseguenza del suo arresto, Amministratore Unico e legale rappresentante della -OMISSIS- è stato il predetto -OMISSIS-.
Il nuovo Amministratore Unico e legale rappresentante della Società appellante – come pure per la -OMISSIS– è la signora -OMISSIS-, moglie – formalmente separata, ma convivente – di -OMISSIS-.
Vicende analoghe hanno riguardato la -OMISSIS-partecipata per il 30% dalla signora-OMISSIS-.
È pertanto evidente che l’arresto del -OMISSIS-, e la sua sostituzione nelle cariche sociali, non ha operato una cesura sul piano personale e familiare fra il predetto e le strutture aziendali interessate, ma anzi una sorta di continuità che non legittima l’affermazione di una reale separazione delle fasi gestionali.
3.2. Ciò che appare peraltro ulteriormente dirimente è l’infondatezza della censura in esame sul piano dei rapporti e dei collegamenti fra la -OMISSIS- da un lato, e le odierne appellanti dall’altro.
L’alterità soggettiva, da queste affermata, è in realtà solo formale, perché a differenza delle ordinarie forme di collegamento societario, in cui il condizionamento ad opera della capogruppo opera in relazione alla (sola) partecipazione al capitale sociale, nel caso delle società di progetto la connessione è molto più intensa, dal momento che la società viene costituita per il singolo affare ma pur sempre quale mero strumento operativo della dante causa, del tutto inautonoma rispetto a questa dal momento che lo scopo sociale della società di progetto è dato dal singolo affare della società “madre”.
Come spiega bene la stessa difesa delle parti appellate, la società di progetto “è subentrata automaticamente nel rapporto già facente capo all’aggiudicataria, sostituendola in tutti i rapporti con l’amministrazione utilizzatrice”.
In altre parole il soggetto giuridico, pur se formalmente distinto, è sostanzialmente il medesimo: la -OMISSIS-, aggiudicataria, è il reale centro di imputazione degli interessi afferenti la vicenda negoziale, ma la formula prescelta per l’attuazione del contratto prevede la costituzione di una società ad hoc.
Quest’ultima, che ha un oggetto limitato all’esecuzione della singola opera, non può che essere, dunque, una mera articolazione operativa dell’aggiudicataria: non anche, come ritenuto dalle appellanti, un soggetto giuridico realmente distinto, almeno sul piano sostanziale (che è quello che qui rileva al fine di valutare le ricadute del pericolo di infiltrazione mafiosa accertato in capo alla società dante causa).
3.3. Come detto, le tre società appellanti hanno prodotto in giudizio i provvedimento con i quali si è concluso il controllo giudiziario, i quali hanno affermato l’inesistenza, a quella data, di elementi che possano far desumere l’esistenza di un rischio infiltrativo attuale.
Tali dati non consentono di inferire una giudizio prognostico diverso da quello contenuto nelle informative impugnate.
Dedurre da tali provvedimenti – favorevoli – emanati all’esito del periodo di controllo giudiziario l’illegittimità dell’informativa resa in precedenza, è operazione logica non consentita dai parametri normativi di riferimento.
La valutazione del giudice della prevenzione penale circa l’assenza di elementi che lascino supporre una disponibilità attuale dell’impresa a condizionamenti illeciti attiene ad un profilo diverso ed ulteriore (l’accertamento della c.d. “messa a disposizione”) rispetto alla ricognizione probabilistica del rischio di infiltrazione, che costituisce invece presupposto del provvedimento prefettizio; ma soprattutto si colloca in un momento a questo successivo.
Non è peraltro casuale che nella sistematica normativa il controllo giudiziario presuppone l’adozione dell’informativa: rispetto alla quale rappresenta un post factum.
Pretendere di sindacare la legittimità del provvedimento prefettizio alla luce delle risultanze del (successivo) controllo giudiziario, finalizzato proprio ad un’amministrazione dell’impresa immune da (probabili) infiltrazioni criminali, appare dunque operazione doppiamente viziata: perché inevitabilmente diversi sono gli elementi fattuali considerati – anche sul piano diacronico – nelle due diverse sedi, ma soprattutto perché diversa è la prospettiva d’indagine, id est l’individuazione dei parametri di accertamento e di valutazione dei legami con la criminalità organizzata.
La valutazione finale del giudice della prevenzione penale si riferisce dunque alla funzione tipica di tale istituto, che è un controllo successivo all’adozione dell’interdittiva, ed ha riguardo alle sopravvenienze rispetto a tale provvedimento.
3.4. Per la medesima ragione non assumono rilievo in senso contrario i provvedimenti (solo apparentemente contraddittori) con cui la Prefettura di Caserta ha successivamente disposto l’iscrizione della società appellanti nella c.d. white list: com’è noto, si tratta dell’attualizzazione della valutazione sulla permeabilità dell’impresa a dinamiche di tipo mafioso, che al pari di ogni altro provvedimento amministrativo viene resa sulla base dello stato di fatto e di diritto sussistente all’atto della sua adozione.
3.5. In merito al rilievo della produzione nel presente giudizio della sentenza del G.I.P. presso il Tribunale di Catanzaro n. -OMISSIS-, depositata il 23 marzo 2020, che ha assolto – peraltro, ai sensi dell’art. 530, secondo comma, cod. proc. pen. – il signor -OMISSIS- dall’imputazione di cui agli artt. 110 e 416-bis cod. pen., il Collegio rinvia a quanto in proposito osservato nella sentenza resa nel giudizio n. 2468/2019, relativo alla -OMISSIS-
È sufficiente in questa sede limitarsi ad osservare che il giudice penale, in sede di cognizione piena, non ha ritenuto gli elementi di prova raccolti “elementi certi” per affermare la responsabilità a titolo di contiguità compiacente rilevante in termini di concorso esterno, laddove lo standard che secondo la norma attributiva del potere deve assistere la valutazione prognostica nel caso in esame non ha riguardo ad un giudizio di piena dimostrazione (come confermato di recente dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 57 del 2020).
4. Con un ulteriore motivo comune ai tre ricorsi, le appellanti censurano per invalidità derivata le rispettive informative prefettizie: i provvedimenti in parola sarebbero illegittimi perché illegittime sarebbero le interdittive adottate a carico della -OMISSIS-, che sono state oggetto – come pure si è detto – di autonoma impugnativa, sulla base di censure che sono state riprodotte nei ricorsi introduttivi di primo grado dei giudizi conclusi con la sentenza gravata.
La censura è rivolta contro la parte della sentenza che ha ritenuto legittima l’informativa emessa a carico della -OMISSIS-.
Il mezzo in esame è infondato, in ragione del fatto che l’informativa emessa a carico della -OMISSIS- è stata ritenuta immune, nel giudizio n. 2468/2019, dai vizi denunciati in quel giudizio e riproposti nei giudizi culminati con la sentenza oggetto del presente gravame.
5. Con altra censura comune ai tre ricorsi le appellanti deducono l’illegittimità, per invalidità derivata, dei provvedimenti di risoluzione dei contratti a valle.
Anche questo motivo, che sconta la dipendenza logica dai precedenti, è infondato, atteso il rigetto delle censure presupposte.
6. Nel ricorso in appello n. 3007/2019 la -OMISSIS- s.r.l. contesta la sentenza impugnata per omessa pronuncia sulla censura del ricorso di primo grado – qui riproposta – con la quale si deduceva un vizio autonomo della revoca della concessione, e del recesso da un connesso contratto di transazione, da parte del Comune di -OMISSIS-.
Ad avviso dell’appellante l’amministrazione comunale non avrebbe dovuto procedere alla revoca versandosi nell’ipotesi di cui all’art. 92, comma 4, d. lgs. 159/2011, trattandosi di opere interamente ultimate.
6.1. In realtà la disposizione di riferimento, correttamente individuata dal T.A.R., è l’art. 94, comma 3: “I soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, non procedono alle revoche o ai recessi di cui al comma precedente nel caso in cui l’opera sia in corso di ultimazione ovvero, in caso di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell’interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi”.
L’art. 92, comma 4, stabilisce invece che “La revoca e il recesso di cui al comma 3 si applicano anche quando gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipula del contratto, alla concessione dei lavori o all’autorizzazione del subcontratto”.
Nel caso di specie la parte appellante non ha dimostrato la sussistenza dei presupposti della fattispecie derogatoria – rispetto all’ordinaria vicenda di cessazione del rapporto negoziale – ex art. 94, comma 3, d lgs 159/2011, che configura la prosecuzione del contratto con l’impresa attinta dall’informativa come evento eccezionale.
Inoltre, la peculiarità della fattispecie dedotta è data dal fatto che, come correttamente dedotto dal Comune di -OMISSIS-, nel project financing l’oggetto negoziale è più ampio rispetto alle ipotesi in cui l’esecuzione contrattuale si esaurisce con l’ultimazione dell’opera, giacché comprende la realizzazione e la gestione dell’opera stessa: sicché se l’interdittiva antimafia interviene durante la fase gestoria – vale a dire, nel corso di un rapporto di durata – non sussiste un particolare onere motivatorio in capo all’amministrazione che in applicazione di tale disposizione intenda recedere, dovendosi al contrario motivare rigorosamente l’opposta – e derogatoria – ipotesi in cui ragioni d’interesse pubblico connesse alla gestione impongano, nelle more della sostituzione del contraente, la conservazione del rapporto.
In questo senso, contrariamente a quanto sostenuto dell’appellante nella memoria depositata il 9 novembre 2020, non si determina alcuna “ingiusta disparità di trattamento nei casi di opere realizzate mediante project financing”, perché la superiore interpretazione ha riguardo ad una corretta applicazione della disposizione regolante l’esercizio del potere (consapevole dello specifico oggetto contrattuale), e non già ad una diseguale declinazione del suo contenuto normativo.
6.2. Con atto integrativo del 21.3.2018, accessorio rispetto all’originario contratto, il Comune e la -OMISSIS- avevano modificato parzialmente il contenuto di alcune obbligazioni caratterizzanti il rapporto in corso e derivanti dai titoli (autoritativi e pattizi) originari.
Proprio in quanto accessorio ed integrativo rispetto al negozio relativo alla costruzione e gestione dell’opera, legittimamente il Comune lo ha assoggettato alla medesima sorte riservata al contratto principale, conformemente al richiamato parametro normativo.
Tale conclusione era del resto resa obbligata sia dalla mancanza di autonomia funzionale del negozio di cui si discute, sia dagli effetti dell’interdittiva sui rapporti contrattuali a valle.
6.3. Come chiarito dal Comune di -OMISSIS- nella memoria depositata il 9 novembre 2020, e ribadito nella memoria di replica depositata il successivo 19 novembre, risulta dagli atti che l’amministrazione comunale, con la determinazione n. 77/2018, si era impegnato a provvedere al “… pagamento del valore delle opere già eseguite e (a)l rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite” (art. 94, 2° comma, D. Lgs. n. 159/2011).
Il ripristino del rapporto negoziale con la -OMISSIS-, reso possibile dal controllo giudiziario dell’impresa attinta da interdittiva, ha impedito che tale provvedimento, che presupponeva la cessazione del rapporto, spiegasse i propri effetti, dal momento che la società si è nuovamente insediata nella gestione dell’opera, ritraendo dalla stessa una pur parziale remunerazione dei costi sostenuti per la costruzione dell’opera.
La società appellante, nelle successive note difensive depositate in giudizio, non ha contestato tale ricostruzione, sicché ogni pretesa in merito appare infondata.
7. Nel ricorso in appello n. 3008/2019 la -OMISSIS- -OMISSIS- s.r.l. contesta la sentenza impugnata perché il T.A.R. non avrebbe ha esaminato il primo dei motivi aggiunti depositati il 16 ottobre 2018 – riproposto in appello – con il quale si sosteneva che il provvedimento di cui alla nota della Prefettura della Provincia di Caserta in data 5-OMISSIS-:
“-non è stato mai comunicato alla società ma al Comune di -OMISSIS-;
– non risulta essere stato preceduto dagli atti istruttori previsti dalla legge ed in particolare della relazione del gruppo interforze prevista dai commi 3 e segg. dell’art. 93 del D.Lgs. n. 159/2011;
– la relativa istruttoria, ove effettivamente esistente, è stata addirittura compiuta in relazione al soggetto sbagliato, dal momento che, dalla lettura degli atti depositati dalla Prefettura di Caserta in data 17.8.2018 solo in adempimento di ordinanza presidenziale istruttoria, si desume che gli stessi sono tutti riferiti ad una differente società, ovverossia alla -OMISSIS- s.r.l. (-OMISSIS-), e non alla -OMISSIS- -OMISSIS- s.r.l.”.
Il motivo è infondato.
Quanto al profilo di censura che pretende di far derivare l’illegittimità dell’informativa dalle forme della sua notificazione, esso è infondato in quanto al più l’elemento dedotto può refluire sull’individuazione del termine per impugnare.
Quanto invece ai denunciati vizi istruttori, gli stessi sono insussistenti alla luce del richiamato riscontro di specifici elementi (sopra richiamati), a carico della -OMISSIS- -OMISSIS- s.r.l., che lasciano in concreto inferire il pericolo di infiltrazione mafiosa in conseguenza dell’informativa che aveva attinto la -OMISSIS-, e che pertanto confermano, anche sotto i segnalati profili, la piena legittimità dei provvedimenti impugnati.
Il rigetto, nel merito, di tali censure rende superfluo l’esame dell’eccezione di difetto di legittimazione attiva sollevata dal Comune di -OMISSIS-.
8. I ricorsi in appello sono pertanto infondati, e come tale devono essere rigettati.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la regola della soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, riuniti gli appelli, li rigetta.
Condanna le società appellanti, in solido fra loro, e ciascuna per la quota di un terzo nei rapporti interni, al pagamento in favore delle parti appellate delle spese del giudizio, liquidate in complessivi euro dodicimila/00, oltre accessori come per legge, in ragione di euro tremila/00 oltre accessori per ciascuna parte appellata (Ministero dell’Interno, Comune di -OMISSIS-, Comune di -OMISSIS- e Comune di -OMISSIS-)
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Vista la richiesta delle parti interessate e ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti (persone fisiche e giuridiche) interessate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria l’11 gennaio 2021.