False magliette della nazionale italiana di calcio: irrilevante la dicitura “non conforme all’originale” (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 29 aprile 2022, n. 16584).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SARNO Giulio – Presidente –

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere –

Dott. ROSI Elisabetta – Rel. Consigliere –

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere –

Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) CIRO nato a NAPOLI il 06/04/19xx;

avverso l’ordinanza del 10/09/2021 del TRIB. LIBERTA’ di PORDENONE;

udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott.ssa ELISABETTA ROSI;

sentite le conclusioni del PG, Dott. PASQUALE FIMIANI, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 10 settembre 2021 il Tribunale di Pordenone ha rigettato il riesame proposto da (OMISSIS) Ciro, in proprio e quale titolare dell’impresa individuale (OMISSIS) di (OMISSIS) Ciro, indagato dei delitti di cui agli artt. 474 e 514 cod. pen., avverso il decreto di sequestro probatorio del pubblico ministero in data 7 luglio 2021, avente ad oggetto n. 220 magliette e 54 accessori sportivi della nazionale di calcio italiana e di nazionali di calcio europee.

2. L’indagato, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata, deducendo l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale, in particolare degli artt. 474 e 514 cod. pen. e degli artt. 253, 262, 263 324 e 354 cod. proc. pen. sotto il profilo dell’omessa, abnorme, arbitraria e contraddittoria ed apparente motivazione, per violazione dell’obbligo motivazionale, in quanto il pubblico ministero non ha motivato il proprio decreto indicando gli elementi materiali della ipotizzata contraffazione; pertanto, il Tribunale del riesame non avrebbe potuto integrare la motivazione, i cui requisiti sono stati tracciati dalla giurisprudenza di legittimità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Come è noto, il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo“, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (così, Sez. U, n. 25932 del 26 giugno 2008, Ivanov, Rv. 239692; in precedenza, con la sentenza Sez. U, n. 5876 del 13 febbraio 2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710, è stato precisato che mentre rientra nel sindacato di legittimità la mancanza di motivazione o la presenza di una motivazione meramente apparente, non vi rientra la sua eventuale illogicità manifesta).

2. Va ricordato che il decreto di sequestro probatorio (così come il decreto di convalida) delle cose che costituiscono corpo del reato deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine alla sussistenza della relazione di immediatezza tra la “res” sequestrata ed il reato oggetto di indagine ed anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato deve contenere “una fl motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti” (Così S.U., n. 36072 del 19/04/2018, P.M. in proc. Botticelli, Rv. 273548 – 01).

La motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita in concreto per l’accertamento dei fatti può quindi essere enunciata mediante formule sintetiche qualora sia di immediata percezione la “diretta” connessione probatoria tra il vincolo di temporanea indisponibilità del bene sequestrato ed il corretto sviluppo dell’attività investigativa (in tal senso Sez. 2, n. 52619 del 11/11/2014 Djikine, Rv. 261614).

In pratica si deve tenere conto del caso concreto, per cui la motivazione deve certamente essere dettagliata ogni qual volta il nesso tra il bene e il reato per cui si procede sia indiretto, mentre è legittimo ricorrere ad una formula sintetica nei casi in cui la funzione probatoria del sequestro sia di immediata evidenza (così Sez. 2, n. 11325 del 11/02/2015, Caruso, Rv. 263130), dovendo tale modulazione dell’onere motivazionale essere correlata “in relazione al fatto ipotizzato, al tipo di illecito cui in concreto il fatto è ricondotto, alla relazione che le cose presentano con il reato, nonché alla natura del bene che si intende sequestrare” (cfr. Sez. 6, n. 56733 del 12/09/2018, PM c. Macis, Rv. 274781 – 01).

3. Orbene l’ordinanza impugnata ha esaustivamente spiegato le ragioni del rigetto del gravame proposto, indicando non solo gli elementi specifici fondanti il fumus delicti, posti a base del provvedimento di sequestro probatorio – richiamando la piena tutelabilità dei marchi delle società calcistiche impressi sulle maglie e sugli altri accessori sportivi in sequestro -, ma ha anche evidenziato come il decreto di sequestro abbia assolto al dovere motivazionale in ordine alla finalità perseguita per l’accertamento dei fatti, trattandosi di capi di abbigliamento rispetto ai quali è ipotizzata la contraffazione del marchio e sui quali devono essere esperiti accertamenti specifici.

3.1. L’ordinanza impugnata ha anche fornito ampia motivazione in ordine all’irrilevanza della dicitura “non conforme all’originale” impressa sull’etichetta interna delle magliette, ricordando come le fattispecie incriminatrici ipotizzate vogliano tutelare i prodotti ed il marchio originale da qualunque rischio di confusione.

Ciò il Collegio cautelare ha fatto non per supplire alle asserite carenze motivazionali del decreto di sequestro – che risulta disposto in linea con le sopraindicate indicazioni minime della motivazione – ma nel pieno rispetto delle indicazioni della giurisprudenza di legittimità che ha stabilito che, nelle ipotesi di sequestro probatorio di prodotti recanti marchi contraffatti, il controllo del giudice del riesame deve necessariamente essere esteso alla verifica degli indici fattuali che rivelino nei beni sequestrati l’avvenuta contraffazione o alterazione (cfr. Sez. 5, n. 57108 del 15/10/2018, Milev, Rv. 274405 – 01).

4. Il ricorso risulta pertanto manifestamente infondato, laddove censura plurimi profili di violazione di legge, nella realtà insussistenti, lamentando da un lato l’utilizzo della motivazione per relationem e dall’altro, contraddittoriamente, l’illegittima integrazione motivazionale che sarebbe stata operata dai giudici del riesame in riferimento al provvedimento di cautela reale a fini probatori, perché nella sostanza la portata censoria delle argomentazioni proposte finisce per incidere sulla congruità motivazionale, motivo non ammissibile, per l’appunto, in riferimento alle ordinanze in materia cautelare reale.

5. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.