Gli obblighi a carico del centro di raccolta di veicoli abbandonati (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 24 maggio 2024, n. 14553).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. PAPA Patrizia – Rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. AMATO Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28803– 2018 proposto da:

(omissis) (omissis), elettivamente domiciliata in Massa, presso lo studio dell’avv. (omissis) (omissis) (omissis) che la rappresenta e difende giusta procura allegata al ricorso, con indicazione dell’indirizzo pec;

-ricorrente-

contro

PROVINCIA DI MASSA CARRARA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via (omissis) (omissis) 55, presso lo studio dell’avv. (omissis) (omissis) che la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso, con indicazione dell’indirizzo pec;

-controricorrente–

nonché contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato che lo rappresenta e difende ope legis

-controricorrente–

avverso la sentenza n. 730/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 02/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7/11/2023dal consigliere PATRIZIA PAPA;

sentite le conclusioni del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale CARMELO CELENTANOche ha chiesto il rigetto del ricorso;

lette le memorie della parte ricorrente e della Provincia.

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso ex. art. 702-bis cod. proc. civ. del 21/04/11, (omissis) (omissis), titolare di un’impresa esercente attività di deposito, custodia giudiziale e demolizione di veicoli per conto della pubblica amministrazione e di un centro di raccolta di veicoli abbandonati di cui all’art. 8 del d.P.R. n. 571/1982, chiese al Tribunale di Genova la condanna della Provincia di Massa Carrara al pagamento, in suo favore, del corrispettivo per il deposito di nove veicoli abbandonati sul territorio provinciale, a lei affidati ex decreto ministeriale 22/10/1999 n. 460 negli anni dal 2000 al 2002, rimasti in deposito per il mancato compimento, da parte degli enti competenti, delle formalità previste dall’art. 1 dello stesso decreto.

La Provincia eccepì la prescrizione del credito e chiamò in manleva il Ministero dell’Interno che si costituì, resistendo alla domanda.

2. Con sentenza 3265/2014, il Tribunale di Genova accolse la domanda di (omissis) (omissis), condannando la Provincia al pagamento di una somma a titolo di spese di custodia fino alla data di messa in mora e, poi, di una somma ulteriore per ciascun veicolo, calcolata dalla data di messa in mora e fino al soddisfo; rigettò la domanda di manleva.

3. Con sentenza n. 730/2018, la Corte d’appello di Genova, in accoglimento dell’appello della Provincia, ritenne fondata l’eccezione di prescrizione per i crediti maturati oltre dieci anni prima della proposizione della domanda giudiziale; quindi, in applicazione del comma 3 dell’art. 1 del d.m. 460/99, secondo cui, decorso il termine di 60 giorni di cui al precedente comma 2, il centro di raccolta procede alla demolizione e al recupero dei materiali, previa cancellazione dal P.R.A., ferma restando la necessità di comunicazione da parte degli organi di polizia di tutti i dati necessari per la presentazione, da parte del centro di raccolta, della formalità di radiazione, imputò la giacenza a tempo indeterminato dei veicoli alla depositaria sostenendo che ella avrebbe dovuto attivarsi e chiedere all’amministrazione i dati necessari per procedere alla demolizione.

Pertanto, la Corte calcolò il credito dovuto alla (omissis) per ciascun veicolo depositato soltanto in riferimento al tempo necessario, successivo ai 60 giorni previsti dal d.m. 460/99, per provvedere alle operazioni di cancellazione dal P.R.A. e di demolizione, previa acquisizione dei dati necessari.

Il termine necessario per effettuare tali operazioni venne stimato congruo in 90 giorni, salva l’applicazione della prescrizione.

Sulla base di queste argomentazioni la Corte di Appello di Genova rilevò che il primo atto interruttivo della prescrizione era stato recapitato alla Provincia in data 31/03/2011 e ritenne pertanto che fossero prescritti i crediti, maturati più di dieci anni prima di tale data, relativi a quattro veicoli.

Per gli altri veicoli, fu assegnato a (omissis) (omissis) un compenso per il deposito nella misura di 2,7 euro per 90 giorni (per un totale di 621,00 euro), oltre gli interessi moratori ex d.lgs. n. 231/02 dal 31/03/11 al saldo.

La sentenza condannò quindi (omissis) a restituire alla Provincia di Massa Carrara quanto a lei corrisposto in forza della sentenza di primo grado, scomputando il credito.

4. Avverso questa sentenza (omissis) (omissis) ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi.

La Provincia di Massa Carrara e il Ministero dell’Interno hanno resistito con controricorso.

La ricorrente (omissis) e la Provincia hanno depositato memorie.

La causa, fissata per la discussione in camera di consiglio, è stata rimessa alla trattazione in pubblica udienza in quanto involgente l’interpretazione del d.m. 460/99 che regola una fattispecie ricorrente.

Il Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, articolato in riferimento all’art. 360 comma I n. 3 cod. proc. civ., (omissis) (omissis) ha lamentato la violazione dell’art. 2935, degli artt. 2946 ss. cod. civ. e dell’art. 112 cod. proc. civ. per avere la Corte d’appello accolto l’eccezione di prescrizione sebbene formulata senza alcuna specifica indicazione del termine iniziale di decorrenza.

1.2. Con il secondo motivo, articolato in riferimento all’art. 360 comma I n. 5 cod. proc. civ, la ricorrente ha prospettato l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione agli artt. 2935 e 2946 cod. civ., costituito dalla incompatibilità tra la perdurante giacenza delle vetture presso il centro di raccolta e l’inizio del decorso della prescrizione, nel senso che l’esigibilità del credito del custode –e, perciò, la decorrenza della relativa prescrizione- avrebbe dovuto essere necessariamente ritenuta come conseguente alla cessazione del deposito.

1.3. Con il terzo motivo, articolato in riferimento all’art. 360 comma I n. 3 cod. proc. civ., (omissis) ha infine sostenuto la violazione dell’art. 1 comma 3 e 3 comma 2 del Regolamento recante la disciplina dei casi e delle procedure di conferimento ai centri di raccolta dei veicoli a motore o rimorchi rinvenuti da organi pubblici o non reclamati dai proprietari e di quelli acquisiti ai sensi degli articoli 927, 929 e 923 del codice civile, adottato con decreto ministeriale 22/10/1999 n. 460 e dell’art. 112 cod. proc. civ., per avere la Corte escluso la spettanza di un corrispettivo per l’intero periodo di deposito, imputandole un onere di cooperazione, laddove il depositario rimane estraneo al procedimento amministrativo di demolizione che inizia soltanto per effetto dell’attività degli organi di polizia; in capo al privato non graverebbero pertanto obblighi partecipativi all’esecuzione di adempimenti demandati ai pubblici uffici.

2. Il terzo motivo che deve essere trattato preliminarmente per priorità logica, è infondato.

Deve innanzitutto procedersi alla ricostruzione sistematica delle norme regolatrici della fattispecie del conferimento provvisorio dei veicoli presuntivamente abbandonati ad uno dei centri di raccolta individuati annualmente dai prefetti; l’individuazione avviene con le modalità di cui all’art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 571, tra quelli autorizzati ai sensi dell’art. 46 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.

Secondo il primo comma dell’art. 1 del Regolamento recante disciplina dei casi e delle procedure di conferimento ai centri di raccolta dei veicoli a motore o rimorchi rinvenuti da organi pubblici o non reclamati dai proprietari e di quelli acquisiti ai sensi degli articoli 927- 929 e 923 del codice civile, adottato con decreto ministeriale 22/10/1999 n. 460, devono intendersi come presuntivamente abbandonati i veicoli a motore o i rimorchi privi della targa di immatricolazione o del contrassegno di identificazione, ovvero di parti essenziali per l’uso o la conservazione.

Ai sensi dello stesso articolo, gli organi di polizia stradale di cui all’art. 12 del decreto legislativo 30/04/1992 n. 285, oltre a procedere alla rilevazione di eventuali violazioni alle norme di comportamento del codice della strada, devono dare atto, in separato verbale di constatazione, dello stato d’uso e di conservazione del veicolo e delle parti mancanti; dopo aver accertato, poi, che nei riguardi del veicolo non sia pendente denuncia di furto, ne dispongono il conferimento provvisorio ad uno dei suddetti centri di raccolta, procedendo contestualmente alla notificazione al proprietario del veicolo, se identificabile.

Il secondo comma dello stesso art. 1, quindi, stabilisce che, trascorsi sessanta giorni dalla notificazione, ovvero dal rinvenimento, qualora non sia identificabile il proprietario, il veicolo non reclamato dagli aventi diritto si considera cosa abbandonata ai sensi dell’art. 923 del codice civile.

Ai sensi del terzo comma, infine, è stabilito che, decorso lo stesso termine dei sessanta giorni dalla notificazione o dal rinvenimento in caso di proprietario non identificabile, il centro di raccolta conferitario procede alla demolizione e al recupero dei materiali, «previa cancellazione dal pubblico registro automobilistico (P.R.A.)., ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 103 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, ferma restando la necessità di comunicazione da parte degli organi di polizia di tutti i dati necessari per la presentazione, da parte del centro di raccolta, della formalità di radiazione».

Ancora e, in particolare, deve rimarcarsi che, nella seconda parte, lo stesso terzo comma prevede che la presentazione della richiesta di cancellazione sia corredata dell’attestazione dell’organo di polizia sulla sussistenza delle condizioni previste nel comma 1, nonché sul fatto che il veicolo non risulta oggetto di furto al momento della demolizione e dalla dichiarazione del gestore dello stesso centro di raccolta conferitario sul mancato reclamo del veicolo ai sensi del comma 2); è altresì regolato, nella terza parte, l’onere, a carico dei gestori dei centri di raccolta, della restituzione al P.R.A. delle targhe e dei documenti di circolazione.

2.1. Dalla stessa formulazione letterale dell’articolo, dunque, risulta evidente che l’incarico del gestore del centro di raccolta si sostanzia non nell’obbligo di custodia, ma nell’obbligo di procedere alla demolizione e al recupero dei materiali e nell’onere di cancellazione dal registro del P.R.A.: a riprova della correttezza di questa lettura, deve considerarsi che inequivocabilmente il comma secondo dello stesso articolo prevede che il veicolo divenga res nullius ex 923 cod. civ. già decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione, ovvero, qualora non sia identificabile il proprietario, dal rinvenimento, senza che il veicolo sia stato reclamato dagli aventi diritto; evidentemente, un deposito in custodia che si protragga dopo questo termine di sessanta giorni non avrebbe più alcuna giustificazione causale.

2.2. Ciò puntualizzato, deve allora chiarirsi che, diversamente da quanto prospettato dalla ricorrente, l’onere di cancellazione non costituisce un adempimento presupposto della demolizione e dello smaltimento; le due attività di cancellazione e demolizione con smaltimento, demandate al gestore, sono tra loro indipendenti, seppure entrambe dovute, sicché la prima, se non compiuta, non costituisce impedimento della seconda.

Questa mancanza di un nesso di interdipendenza tra le due attività risulta dalla ricostruzione sistematica delle norme richiamate dalla prima parte del terzo comma dello stesso art. 1.

Vi è, infatti, stabilito che, «decorso tale termine (ancora una volta i sessanta giorni dalla notificazione o dal rinvenimento, n.d.r.) il centro di raccolta di cui al precedente comma 1 procede alla demolizione e al recupero dei materiali, previa cancellazione dal pubblico registro automobilistico (P.R.A.)., ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 103 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285».

Ebbene, in effetti il richiamato art. 103 del decreto legislativo 30/04/1992 n. 285 (Codice della strada) prevedeva, al terzo comma, che i gestori di centri di raccolta e di vendita di motoveicoli, autoveicoli e rimorchi da avviare allo smontaggio ed alla successiva riduzione in rottami non potessero «alienare, smontare o distruggere i suddetti mezzi senza aver prima adempiuto», qualora gli intestatari o gli aventi titolo non lo avessero già fatto, «ai compiti di cui al comma 1» (cioè alla cancellazione dall’archivio nazionale dei veicoli e dal P.R.A., restituendo le relative targhe e la carta di circolazione n.d.r.); quindi, al quarto comma, aggiungeva che «agli stessi obblighi di cui al comma 3 sono soggetti i responsabili dei centri di raccolta o altri luoghi di custodia di veicoli rimossi ai sensi dell’art. 159 (dello stesso cod. strada, n.d.r.) nel caso di demolizione del veicolo prevista dall’art. 215, comma 4»; nella statuizione erano, perciò, compresi anche i veicoli rimossi ai sensi del comma 5 dell’art. 159 cod. strada, cioè «i veicoli in sosta, ove per il loro stato o per altro fondato motivo si possa ritenere che siano stati abbandonati».

Questi commi terzo e quarto dell’art. 103 cod. strada, tuttavia, sono stati abrogati, sin dal 1997, dall’articolo 56, lettera f-bis, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, recante attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, come modificato dall’articolo 7, comma 19, del d.lgs. 8 novembre 1997, n. 389; successivamente, l’abrogazione è stata confermata dall’ articolo 264, comma 1, lettera g) del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

Con questa abrogazione, in sostanza, la materia era stata già ricondotta, prima dell’adozione del decreto, alla disciplina dello smaltimento dei rifiuti. Infatti, nell’art. 46 (Veicoli a motore e rimorchi) dello Titolo III (Gestione di particolari categorie di rifiuti) dello stesso d.lgs. n.22/1997, era stato stabilito, al comma 3, che «i veicoli a motore o rimorchi rinvenuti da organi pubblici o non reclamati dai proprietari e quelli acquisiti per occupazione ai sensi degli articoli 927-929 e 923 del codice civile (cioè i veicoli del d.m. 460/99, n.d.r.) sono conferiti ai centri di raccolta di cui al comma 1 nei casi e con le procedure determinate con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del tesoro, dell’ambiente e dell’industria, del commercio e dell’artigianato e dei trasporti e della navigazione»; al successivo comma 6-bis, quindi, era stato sì previsto che «i gestori di centri di raccolta, i concessionari e i gestori delle succursali delle case costruttrici» non possano alienare, smontare o distruggere i veicoli a motore e i rimorchi da avviare allo smontaggio ed alla successiva riduzione in rottami senza aver prima adempiuto ai compiti di cui al comma 5, cioè alla cancellazione, ma soltanto nelle ipotesi in cui la demolizione fosse chiesta dal proprietario (il richiamo era ai primi due commi dello stesso articolo e non al comma 3 che disciplinava l’ipotesi del conferimento per cui è giudizio); come precisato dal comma 6- quater, poi, la necessità della previa cancellazione ricorreva anche per la demolizione dei veicoli abbandonati soltanto nel caso dell’articolo 215, comma 4, cod. strada, cioè quando la demolizione costituisse sanzione accessoria (ciò che non è stato allegato sia accaduto nella specie).

Tirando le fila, all’epoca della consegna dei veicoli per cui è giudizio (tra dicembre 2000 e gennaio 2002), già il legislatore aveva escluso un nesso di interdipendenza tra le due attività di demolizione e cancellazione, seppure, come detto, entrambe dovute dal gestore del centro conferitario.

Per queste premesse, deve escludersi che l’inerzia nell’attività di smaltimento protrattasi nel tempo possa essere compensata, perché oggetto dell’obbligo conseguente al conferimento non era la custodia del veicolo, ma il suo smaltimento e l’adempimento dell’obbligo di provvedere alla demolizione non era subordinato al previo ottenimento del provvedimento di cancellazione.

3. Infondati sono anche i primi due motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente per continuità di argomentazione, con cui la ricorrente ha censurato l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione sebbene formulata senza alcuna specifica indicazione del termine iniziale di decorrenza e ha sostenuto sussista incompatibilità tra la perdurante giacenza delle vetture presso il centro di raccolta e l’inizio del decorso della prescrizione, nel senso che l’esigibilità del credito del custode –e, perciò, la decorrenza della relativa prescrizione -avrebbe dovuto essere necessariamente ritenuta come conseguente alla cessazione del deposito.

3.1. Per giurisprudenza consolidata, l’eccezione di prescrizione è validamente proposta quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo, ossia l’inerzia del titolare, senza che rilevi l’erronea individuazione del termine applicabile, ovvero del momento iniziale o finale di esso, trattandosi di questione di diritto sulla quale il giudice non è vincolato dalle allegazioni di parte (in ultimo, Cass. Sez. L, n. 30303 del 27/10/2021; Sez. 6 -5, n. 1980 del 24/01/2022).

Per le considerazioni già svolte ai punti 2.1. e 2.2., la decorrenza iniziale del termine decennale, deve collocarsi alla scadenza del termine dei sessanta giorni previsto dal d.m. n. 460 del 1999, quando il gestore del centro deve procedere alla demolizione e al recupero dei materiali e alla cancellazione dal pubblico registro automobilistico, non potendosi individuare un nesso di subordinazione tra obblighi del conferitario e ulteriori provvedimenti della Pubblica amministrazione.

4. La motivazione della sentenza impugnata deve dunque essere corretta e integrata con le considerazioni che precedono.

Come pure rilevato dal Procuratore generale, in assenza di impugnazione sul punto da parte dei controricorrenti, non può essere esaminata in questa sede la spettanza del compenso per l’ulteriore termine, ritenuto congruo nella misura di 90 giorni, riconosciuto dalla Corte territoriale ai fini dell’adempimento delle pratiche per la radiazione dei veicoli.

5. Il ricorso è perciò respinto.

La novità della questione trattata giustifica la compensazione delle spese tra le parti.

Le spese di lite del Ministero, chiamato in manleva dalla Provincia nel giudizio di merito, restano irripetibili perché la notifica del ricorso nei suoi confronti non aveva valore di vocatio in ius, ma di mera litis denuntiatio: per giurisprudenza consolidata, infatti, in un giudizio svoltosi, come nella specie, con pluralità di parti in cause scindibili ai sensi dell’art.332 cod. proc. civ., cioè cause cumulate nello stesso processo per un mero rapporto di connessione, la notificazione dell’impugnazione e la sua conoscenza assolvono, infatti, alla funzione di litis denuntiatio, così da permettere l’attuazione della concentrazione nel tempo di tutti i gravami contro la stessa sentenza; in tal caso, pertanto, il destinatario della notificazione non diviene per ciò solo parte nella fase di impugnazione e, quindi, non sussistono i presupposti per la pronuncia a suo favore della condanna alle spese a norma dell’art. 91 cod. proc. civ. che esige per la sua applicazione la qualità di parte e, perciò, una vocatio in ius, e la soccombenza (Cass. Sez. 3, n. 2208 del 16/02/2012, Sez. 6 – 2, n. 34174 del 15/11/2021, Sez. 6 -2, n. 32350 del 03/11/2022, Sez. 2, n. 8491 del 24/03/2023).

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa interamente le spese tra la ricorrente e la Provincia di Massa Carrara; dichiara irripetibili le spese del Ministero.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1-bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte Suprema di cassazione il giorno 7 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.