REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. SCODITTI Enrico – Rel. Consigliere
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22343/2022 R.G. proposto da:
(omissis) (omissis), elettivamente domiciliato in (omissis) VIA (omissis), 278/E – DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato (omissis) (omissis) che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
(omissis) (omissis) (omissis), COMUNE DI SIGNA, rappresentati e difesi dall’avvocato (omissis) (omissis);
-controricorrenti-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 294/2022 depositata il 16/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 maggio 2024 dal consigliere dott. ENRICO SCODITTI
Rilevato che:
(omissis) (omissis) convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Firenze il Comune di Signa e (omissis) (omissis) (omissis), quale responsabile dell’ufficio edilizia e urbanistica del Comune convenuto, chiedendo il risarcimento del danno nella misura di Euro 55.000,00, avendo subito un processo penale, conclusosi con l’assoluzione “per non avere commesso il fatto”, a causa del comportamento omissivo del Comune, il quale aveva comunicato la notizia di reato per abuso edilizio alla Procura della Repubblica senza prima avviare il procedimento amministrativo di cui alla legge n. 241 del 1990.
Il Tribunale adito rigettò la domanda.
Avverso detta sentenza propose appello la (omissis).
Con sentenza di data 16 febbraio 2022 la Corte d’appello di Firenze rigettò l’appello.
Premise la corte territoriale che, a fronte del rigetto delle istanze istruttorie da parte del Tribunale, l’attrice in sede di precisazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado si era limitata al generico rinvio agli atti di causa, e che nell’atto di appello, come anche nelle conclusioni all’udienza, non vi era stata richiesta di ammissione con riferimento agli specifici mezzi di prova, sicché le istanze istruttorie dovevano intendersi rinunciate.
Osservò quindi che, in relazione al motivo avente ad oggetto l’illecita omissione di apertura del procedimento amministrativo prima della comunicazione della notizia di reato, vi era difetto di interesse perché il Tribunale aveva reputato insussistente il nesso causale fra tale addebito e l’evento dannoso rappresentato dal processo penale.
Aggiunse che per un verso non era stata fornita la prova di tale nesso causale (non era stato neppure allegato alcun elemento da cui inferire che il procedimento amministrativo avrebbe evitato il processo penale, né risultava allegata e provata l’impossibilità di interloquire con il pubblico ministero nella fase delle indagini preliminari al fine di addurre elementi idonei a provare l’infondatezza della notizia di reato), per l’altro il rinvio al giudizio penale era dipeso dall’iniziativa del pubblico ministero, interrompendo così ogni nesso causale con la condotta del denunciante, salvo il limite della calunnia.
Ha proposto ricorso per cassazione (omissis) (omissis) sulla base di quattro motivi e resistono con unico controricorso le parti intimate.
É stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ..
Considerato che:
con il primo motivo si denuncia omesso esame su punto decisivo.
Osserva la ricorrente che nella sentenza risulta omessa l’indicazione delle conclusioni nella parte in cui vi era il rinvio alle richieste fatte in primo grado, comprese quelle di cui alla memoria istruttoria.
Il motivo è inammissibile.
L’omessa, inesatta o incompleta trascrizione delle conclusioni delle parti nell’epigrafe della sentenza importa nullità della sentenza soltanto quando le suddette conclusioni non siano state esaminate, di guisa che sia mancata in concreto una decisione sulle domande ed eccezioni ritualmente proposte, mentre quando dalla motivazione risulta che le conclusioni sono state effettivamente esaminate, il vizio si risolve in una semplice imperfezione formale, irrilevante ai fini della validità della sentenza (Cass. n. 4079 del 2005 e altre conformi).
Il giudice del merito ha esaminato le conclusioni di cui si denuncia la pretermissione nella parte espositiva della sentenza, valutandole in termini di rinuncia alle istanze istruttorie.
Trattasi pertanto di motivo di censura per un verso estraneo alla ratio decidendi, per l’altro avente ad oggetto una mera irregolarità irrilevante al livello della validità della sentenza.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della legge n. 241 del 1990.
Osserva la ricorrente che l’interesse ad impugnare era in re ipsa perché se fosse stato introdotto il procedimento amministrativo non vi sarebbe stato il processo penale.
Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della legge n. 241 del 1990.
Osserva la ricorrente che se, fosse stato instaurato il procedimento amministrativo, non vi sarebbe stato il danno del processo penale e che la prova del danno risiede nell’assoluzione dall’imputazione.
I motivi secondo e terzo, da valutare congiuntamente, sono inammissibili.
In primo luogo, essi attengono al giudizio di fatto in ordine all’esistenza del nesso eziologico fra la condotta denunciata e l’evento dannoso, giudizio che è riservato al giudice del merito e non è sindacabile in sede di legittimità.
In secondo luogo, non risulta impugnata (da cui la non decisività della censura) la ratio decidendi rappresentata dalla mancanza di qualsivoglia allegazione in ordine all’esistenza del detto nesso eziologico.
In terzo luogo, non risulta aggredita (da cui, nuovamente, la non decisività della censura) la ratio decidendi costituita dalla idoneità interruttiva del nesso eziologico dell’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero rispetto alla precedente denuncia, salvo il limite della calunnia, coerentemente peraltro alla giurisprudenza di questa Corte (fra le tante, Cass. n. 30988 del 2018). Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ..
Osserva la ricorrente che, stante l’infondatezza della decisione impugnata, la condanna alle spese deve essere riformata e che, dato il mancato accoglimento della condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c., le spese dovevano essere compensate.
Il motivo è inammissibile.
In relazione alla riforma della pronuncia sulle spese la censura costituisce un non motivo, essendo stata disposta la rifusione delle spese sulla base del principio della soccombenza.
Quanto alla mancata compensazione delle spese, la relativa valutazione, ricorrendone i presupposti di legge, è riservata al giudice del merito e non è sindacabile in sede di legittimità.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 -quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il giorno 3 maggio 2024.
Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2024.